CASSAZIONE FISCALITA

Via libera al bottigliometro e al tovagliometro

Tributi – IVA – IRAP – Avvisi di accertamento – Imputazioni reddituali dei soci per trasparenza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25129 del 7/12/2016, in riferimento all’impresa di ristorazione ha statuito che l’esistenza di utili non dichiarati può essere contestata dall’Amministrazione finanziaria sulla base dei consumi di acqua minerale e di tovaglioli. Occorre osservare che i Supremi giudici non hanno fatto altro che rimarcare i principi di diritto affermati da una consolidata giurisprudenza di legittimità relativa all’efficacia probatoria, nel processo tributario, della “contabilità in nero”. La Cassazione, infatti, già con la sentenza 2217/2006 si è espressa affermando che “…La documentazione extracontabile legittimamente reperita presso il contribuente, quand’anche risolventesi in annotazioni personali dell’imprenditore, costituisce elemento probatorio, ancorché meramente presuntivo, utilmente valutabile in sede di accertamento…, indipendentemente dal contestuale riscontro di irregolarità nella tenuta della contabilità e di inadempimenti di obblighi di legge”.

Successivamente, gli stessi giudici di ultima istanza hanno contribuito a fissare un costante orientamento giurisprudenziale, in tema di accertamento delle imposte sui redditi, secondo il quale “… la cosiddetta contabilità in nero, costituita da appunti personali ed informazioni dell’imprenditore, rappresenta un valido elemento indiziario, dotato dei requisiti di gravità, precisione e concordanza prescritti dall’art. 39 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, dovendo ricomprendersi tra le scritture contabili disciplinate dagli artt. 2709 e seguenti del codice civile tutti i documenti che registrino, in termini quantitativi o monetari, i singoli atti d’impresa ovvero rappresentino la situazione patrimoniale dell’imprenditore ed il risultato economico dell’attività svolta, ed incombendo al contribuente l’onere di fornire la prova contraria(Cassazione, 13061/2011, 10590/2011, 5947/2009, 25101/2008, 17817/2007, 14218/2007, 25610/2006 e 11459/2001).

Inoltre, è possibile ritrovare anche una nutrita e solida giurisprudenza di legittimità sulle ricostruzioni fondate sui consumi, che ha visto più volte confermate le ricostruzioni indirette dei maggiori ricavi operate dall’Amministrazione finanziaria basate sui cosiddetti misuratori, quali il tovagliometro, il bottigliometro e anche il farinometro.

La Cassazione ha infatti stabilito che l’accertamento induttivo, per quanto riguarda i ristoranti, può fondarsi sia sul numero di tovaglioli portati in lavanderia – che sono indice dei coperti e, quindi, degli incassi (sentenze 18475/2009, 8643/2007 e 9884/2002) – sia sul consumo di acqua minerale, costituendo lo stesso un elemento fondamentale, se non addirittura indispensabile, nelle consumazioni erogate (sentenza 17408/2010).

Nel luglio 2011, con la sentenza 15580, i giudici di legittimità hanno ritenuto legittimo un avviso di accertamento induttivo emesso nei confronti di un ristoratore basato sul consumo di farina, dando quindi via libera al farinometro.

Tutto ciò dimostra un certo apprezzamento della Corte suprema per l’attività di controllo dell’Agenzia delle Entrate espletata attraverso metodi induttivi di ricostruzione dei maggiori ricavi: le conferme più rilevanti si trovano nelle sentenze 22122/2010, 3542/2010, 21147/2009, 10077/2009, 13915/2009, 15754/2009, 13952/2008, 9884/2002, 6465/2002, 51/1999. 17408/2010, 5870/2012).

Anche nel caso di specie i Supremi giudici hanno accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Entrate nell’ambito di un giudizio concernente alcuni avvisi di accertamento emessi per IVA e IRAP nei confronti di una Snc esercente attività di ristorazione e dei suoi soci, per trasparenza.

La ricorrente Agenzia, secondo gli Ermellini, ha giustamente lamentato il vizio di motivazione della sentenza della CTR del Lazio che ha dichiarato illegittima la ripresa fiscale, commentando: “…Questa Corte (Cass. nn. 17408/2010, 5870/2012) in ipotesi simile a quella in esame ha osservato che ‘nella prova per presunzioni, la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevole probabilità’. Pertanto, in tema di accertamento presuntivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), è stato ritenuto legittimo l’accertamento che abbia ricostruito i ricavi di un’impresa di ristorazione sulla base del consumo unitario dei tovaglioli utilizzati (Cfr., tra le altre, Cass. nn. 51/1999 in tema di materia prima per produrre prodotti di ristorazione, 6465 e 9884/2002, 15808/2006 in tema di consumo di tovaglioli, e, in altro settore, consumo guanti monouso in odontoiatria). Si è anche rilevato che l’acqua minerale può costituire valido elemento per la ricostruzione presuntiva del volume di affari della società intimata, esercente la medesima attività, in quanto il consumo dell’acqua minerale deve ritenersi un ingrediente fondamentale, se non addirittura indispensabile, nelle consumazioni effettuate sia nel settore del ristorante che della pizzeria. Si deve altresì rammentare che la facoltà per l’Amministrazione Finanziaria di procedere ad accertamento induttivo, sussiste non solo quando la dichiarazione del contribuente non sia congrua con gli studi di settore, ma quando gli accertamenti possano essere fondati sull’esistenza di gravi incongruenze tra ricavi, compensi ed corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività, ed a ciò consegue, quindi, l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente. La CTR, nel caso in esame, non ha reso intellegibile il percorso logico giuridico seguito per giungere a definire, in modo assertivo e pur avendo ritenuto legittimo  l’accertamento induttivo, le presunzioni offerte dall’Ufficio come “scarsamente attendibili”: non vi è infatti alcun passaggio motivazionale che ne espliciti le ragioni alla luce dei principi prima enunciati, che regolano tale modalità accertativa, né viene esaminata alcuna delle presunzioni, di guisa che la deduzione circa il mancato assolvimento di un ulteriore e non meglio specificato onere probatorio a carico dell’Amministrazione, appare anch’essa immotivata”.

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CORTE DI CASSAZIONE Sentenza 7 dicembre 2016, n. 25129

 

Ritenuto in fatto

  1. L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione su due motivi avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n. 09/03/09, depositata il 27.01.2009 e non notificata, con la quale, previa riunione dei giudizi promossi nei confronti della società H. B. di P. A. e c. SNC e dei soci C. R. e P. A., rigettando l’appello dell’Ufficio, è stata confermata l’illegittimità degli avvisi di accertamento emessi per IVA ed IRAP nei confronti della società per l’anno 2002 e per le imputazioni reddituali dei soci per trasparenza.

Il giudice a quo ha affermato che il metodo seguito dall’Ufficio, che aveva proceduto ad una ricostruzione analitica dei ricavi per presunzioni ai sensi dell’art. 39, comma 1, del DPR n.600/1973, era plausibile, ma che “in concreto, si presta alle censure del contribuente atteso che le operazioni eseguite implicano una serie di presunzioni scarsamente attendibili non sorrette da un valido apparato probatorio” e che l’Agenzia aveva riprodotto argomentazioni non persuasive.

Gli intimati P. A. e C. R., nella qualità di soci e gerenti della società, a mezzo del difensore munito di procura speciale notarile, hanno partecipato alla discussione in pubblica udienza.

Considerato in diritto

1.1. Il Collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della motivazione In forma semplificata.

1.2. Con il primo motivo di ricorso si denuncia la omessa motivazione da parte della CTR in merito alle risultanze istruttorie o deduzioni difensive in ragione delle quali è stata esclusa la attendibilità dei rilievi dell’Ufficio e, quindi, l’esistenza di utili non dichiarati in capo alla società (art. 360, comma 1, n.5, c.p.c.).

1.3. Con il secondo motivo si denuncia la violazione degli artt. 38, 39 e 40 del DPR n.600/1973, 54 del DPR n. 633/1972, 115 c.p.c., 2697, 2727 e 2729 c.c. (art.360, comma 1, n.3, c.p.c.) perché la CTR, pur ritenendo sussistenti i presupposti per l’accertamento analitico-induttivo, aveva affermato che l’Ufficio avrebbe dovuto fornire ulteriore sostegno probatorio alle presunzioni.

1.4. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto il corretto iter motivazionale è connesso alla questione relativa ai poteri dell’Ufficio conferiti dalla superiore normativa. Sono fondati e vanno accolti.

Invero la CTR pur avendo ritenuto legittimamente eseguita l’attività accertativa con metodo analitico-induttivo, come si desume dalla affermazione che il metodo seguito è stato “strettamente plausibile”, ha tuttavia disatteso i risultati dell’accertamento e ritenuto che le operazioni per il computo dei maggiori ricavi avevano implicato “una serie di presunzioni scarsamente attendibili non sorrette da un valido apparato probatorio”, senza ulteriori delucidazioni motivazionali.

Questa Corte (Cass. nn. 17408/2010, 5870/2012) in ipotesi simile a quella in esame ha osservato che “nella prova per presunzioni, la relazione tra il fatto noto e quello ignoto non deve avere carattere di necessità, essendo sufficiente che l’esistenza del fatto da dimostrare derivi come conseguenza del fatto noto alla stregua di canoni di ragionevole probabilità. Pertanto, in tema di accertamento presuntivo del reddito d’impresa, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, art. 39, comma 1, lett. d), è stato ritenuto legittimo l’accertamento che abbia ricostruito i ricavi di un’impresa di ristorazione sulla base del consumo unitario dei tovaglioli utilizzati (Cfr., tra le altre, Cass. nn. 51/1999 in tema di materia prima per produrre prodotti di ristorazione, 6465 e 9884/ 2002, 15808/06 in tema di consumo di tovaglioli, e, in altro settore, consumo guanti monouso in odontoiatria). Si è anche rilevato che l’acqua minerale può costituire valido elemento per la ricostruzione presuntiva del volume di affari della società intimata, esercente la medesima attività, in quanto il consumo dell’acqua minerale deve ritenersi un ingrediente fondamentale, se non addirittura indispensabile, nelle consumazioni effettuate sia nel settore del ristorante che della pizzeria.

Si deve altresì rammentare che la facoltà per l’Amministrazione Finanziaria di procedere ad accertamento induttivo, sussiste non solo quando la dichiarazione del contribuente non sia congrua con gli studi di settore, ma quando gli accertamenti possano essere fondati sull’esistenza di gravi incongruenze tra ricavi, compensi ed corrispettivi dichiarati e quelli fondatamente desumibili dalle caratteristiche e dalle condizioni di esercizio della specifica attività, ed a ciò consegue, quindi, l’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente.

1.7. La CTR, nel caso in esame, non ha reso intellegibile il percorso logico giuridico seguito per giungere a definire, in modo assertivo e pur avendo ritenuto legittimo  l’accertamento induttivo, le presunzioni offerte dall’Ufficio come “scarsamente attendibili”: non vi è infatti alcun passaggio motivazionale che ne espliciti le ragioni alla luce dei principi prima enunciati, che regolano tale modalità accertativa, né viene esaminata alcuna delle presunzioni, di guisa che la deduzione circa il mancato assolvimento di un ulteriore e non meglio specificato onere probatorio a carico dell’Amministrazione, appare anch’essa immotivata.

1.8. Concludendo il ricorso va accolto sui due motivi, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla CTR laziale in altra composizione per il riesame e la statuizione anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR del Lazio in altra composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del presente giudizio.

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