EUROPA

UE: nessuna prescrizione per reati gravi di evasione IVA

La Corte di giustizia UE, con la sentenza 8 settembre 2015, n.C-105/2014, ha chiesto all’Italia di “disapplicare il regime della prescrizione” ex Legge Cirielli, perché quell’anno e mezzo previsto non è ritenuto sufficiente e in troppi casi impedisce di punire adeguatamente i colpevoli di evasione.

Questa ferma posizione espressa senza esitazione dalla Corte europea ha tratto origine dal caso inerente a una domanda pregiudiziale inoltrata dal Tribunale di Cuneo, dove ad alcuni imputati venivano contestate frodi che coinvolgevano – direttamente e/o indirettamente – l’applicazione e la riscossione dell’Imposta sul valore aggiunto (artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74/2000 ); fattispecie che, peraltro, si trovavano avvinte sotto il mantello dell’ulteriore ipotesi delittuosa di associazione per delinquere di cui all’art. 416 arton23377del Codice penale. Il tempus commissi delicti veniva individuato a cavallo degli anni 2005 e 2009. Pertanto, collocandosi dette ipotesi di reato anteriormente alla novella del 2011, la quale ha riformato parzialmente i dettami del decreto legislativo n. 74 succitato, nel senso di prevedere un irrigidimento relativamente ai termini di prescrizione del reato con riferimento alle ipotesi delittuose contemplate dagli articoli da 2 a 10 dello stesso decreto, i fatti contestati agli imputati dovevano considerarsi sottoposti alla disciplina della prescrizione così come risultante dal combinato disposto delle norme concernenti i delitti fiscali di cui agli artt. 2, 8 e 17, co. 1, D.Lgs. n. 74 cit. e le regole generali di cui agli artt. 157-161 c.p. (termine massimo di prescrizione del reato compreso). La Corte di Giustizia dell’Unione Europea veniva dunque adita ex art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea al fine di fornire un giudizio di conformità rispetto al c.d. diritto dell’Unione delle “disposizioni generali” sulla prescrizione dei reati vigenti in Italia e contenute negli artt. 160 e 161 c.p. In sostanza, è stato chiesto alla Corte europea se la normativa italiana sulla prescrizione trovi spazio e tolleranza in seno al diritto comunitario. La medesima istanza chiedeva anche se il medesimo diritto italiano, garantendo l’impunità alle persone e alle imprese che violano le disposizioni penali, abbia creato una possibile via di esenzione dall’IVA che però il diritto dell’Unione europea non prevede. Anche la Cassazione ha successivamente confermato che i Processi continuino senza tener conto della prescrizione. L’opinione fatta dalla Cassazione, che non ha ancora pubblicato le motivazioni, potrebbe avere, come conseguenza, che molti processi destinati a estinguersi per scadenza dei termini potranno invece andare avanti.
Ma l’esito non è sicuro.
arton28295Nel frattempo, infatti, la seconda sezione della Corte di appello di Milano ha deciso di chiamare in causa la Corte costituzionale chiedendole di pronunciarsi sulla legittimità dell’articolo 2 della legge che ha dato esecuzione in Italia al Trattato sul funzionamento della UE. Quest’ultimo impone agli Stati di coordinare l’azione diretta a tutelare l’Unione europea contro le frodi, ed è a quell’articolo che la Corte del Lussemburgo ha fatto riferimento quando ha imposto ai giudici nazionali di non far valere i termini di prescrizione fissati dal legislatore italiano. Infatti nel caso in esame ha riguardato nella fattispecie una frode fiscale nel campo del commercio di champagne: nell’ambito di una ben definita associazione per delinquere, gli imputati erano stati raggiunti dall’accusa di aver rilasciato dichiarazioni Iva fraudolente tramite fatture per operazioni inesistenti. La legge italiana, innanzi ai casi di grave frode in materia IVA, impedisce l’inflizione “effettiva e dissuasiva” di sanzioni a causa di un termine complessivo di prescrizione “troppo breve”. Questo modus operandi, secondo la Corte di giustizia dell’Unione, andrebbe a creare problemi agli interessi di natura finanziaria nutriti da Bruxelles. In effetti, hanno affermato i giudici europei “Sulle conseguenze di un’eventuale incompatibilità delle disposizioni nazionali di cui trattasi con il diritto dell’Unione e sul ruolo del giudice nazionale”, che “ Qualora il giudice nazionale giungesse alla conclusione che le disposizioni nazionali di cui trattasi non soddisfano gli obblighi del diritto dell’Unione relativi al carattere effettivo e dissuasivo delle misure di lotta contro le frodi all’IVA, detto giudice sarebbe tenuto a garantire la piena efficacia del diritto dell’Unione disapplicando, all’occorrenza, tali disposizioni e neutralizzando quindi la conseguenza rilevata al punto 46 della presente sentenza, senza che debba chiedere o attendere la previa rimozione di dette disposizioni in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (v., in tal senso, sentenze Berlusconi e a., C‑387/02, C‑391/02 e C‑403/02, EU:C:2005:270, punto 72 e giurisprudenza ivi citata, nonché Kücükdeveci, C‑555/07, EU:C:2010:21, punto 51 e giurisprudenza ivi citata). … A tale riguardo, è necessario sottolineare che l’obbligo degli Stati membri di lottare contro le attività illecite lesive degli interessi finanziari dell’Unione con misure dissuasive ed effettive nonché il loro obbligo di adottare, per combattere la frode lesiva degli interessi finanziari dell’Unione, le stesse misure che adottano per combattere la frode lesiva dei loro interessi finanziari sono obblighi imposti, in particolare, dal diritto primario dell’Unione, ossia dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE…Tali disposizioni del diritto primario dell’Unione pongono a carico degli Stati membri un obbligo di risultato preciso e non accompagnato da alcuna condizione quanto all’applicazione della regola in esse enunciata, ricordata al punto precedente… In forza del principio del primato del diritto contrastante della legislazione nazionale esistente (v. in tal senso, in particolare, sentenza ANAFE, C‑606/10, EU:C:2012:348, punto 73 e giurisprudenza ivi citata)… Occorre aggiungere che se il giudice nazionale dovesse decidere di disapplicare le disposizioni nazionali di cui trattasi, egli dovrà allo stesso tempo assicurarsi che i diritti fondamentali degli interessati siano rispettati. Questi ultimi, infatti, potrebbero vedersi infliggere sanzioni alle quali, con ogni probabilità, sarebbero sfuggiti in caso di applicazione delle suddette disposizioni di diritto nazionale. … A tale riguardo, diversi interessati che hanno presentato osservazioni alla Corte hanno fatto riferimento all’articolo 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (in prosieguo: ’la Carta’), che sancisce i principi di legalità e di proporzionalità dei reati e delle pene, in base ai quali, in particolare, nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. …. Tuttavia, con riserva di verifica da parte del giudice nazionale, la disapplicazione delle disposizioni nazionali di cui trattasi avrebbe soltanto per effetto di non abbreviare il termine di prescrizione generale nell’ambito di un procedimento penale pendente, di consentire un effettivo perseguimento dei fatti incriminati nonché di assicurare, all’occorrenza, la UEparità di trattamento tra le sanzioni volte a tutelare, rispettivamente, gli interessi finanziari dell’Unione e quelli della Repubblica italiana. Una disapplicazione del diritto nazionale siffatta non violerebbe i diritti degli imputati, quali garantiti dall’articolo 49 della Carta. … Infatti, non ne deriverebbe affatto una condanna degli imputati per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva un reato punito dal diritto nazionale (v., per analogia, sentenza Niselli, C‑457/02, EU:C:2004:707, punto 30), né l’applicazione di una sanzione che, allo stesso momento, non era prevista da tale diritto. Al contrario, i fatti contestati agli imputati nel procedimento principale integravano, alla data della loro commissione, gli stessi reati ed erano passibili delle stesse sanzioni penali attualmente previste… La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo relativa all’articolo 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, che sancisce diritti corrispondenti a quelli garantiti dall’articolo 49 della Carta, avvalora tale conclusione. Secondo tale giurisprudenza, infatti, la proroga del termine di prescrizione e la sua immediata applicazione non comportano una lesione dei diritti garantiti dall’articolo 7 della suddetta Convenzione, dato che tale disposizione non può essere interpretata nel senso che osta a un allungamento dei termini di prescrizione quando i fatti addebitati non si siano ancora prescritti [v., in tal senso, Corte eur D.U., sentenze Coëme e a. c. Belgio, nn. 32492/96, 32547/96, 32548/96, 33209/96 e 33210/96, § 149, CEDU 2000‑VII; Scoppola c. Italia (n. 2) del 17 settembre 2009, n. 10249/03, § 110 e giurisprudenza ivi citata, e OAO Neftyanaya Kompaniya Yukos c. Russia del 20 settembre 2011, n. 14902/04, §§ 563, 564 e 570 e giurisprudenza ivi citata]. … Alla luce delle suesposte considerazioni, occorre rispondere alla terza questione che una normativa nazionale in materia di prescrizione del reato come quella stabilita dalle disposizioni nazionali di cui trattasi – normativa che prevedeva, all’epoca dei fatti di cui al procedimento principale, che l’atto interruttivo verificatosi nell’ambito di procedimenti penali riguardanti frodi gravi in materia di IVA comportasse il prolungamento del termine di prescrizione di solo un quarto della sua durata iniziale – è idonea a pregiudicare gli obblighi imposti agli Stati membri dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE nell’ipotesi in cui detta normativa nazionale impedisca di infliggere sanzioni effettive e dissuasive in un numero considerevole di casi di frode grave che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, o in cui preveda, per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dello Stato membro interessato, termini di prescrizione più lunghi di quelli previsti per i casi di frode che ledono gli interessi finanziari dell’Unione, circostanze che spetta al giudice nazionale verificare. Il giudice nazionale è tenuto a dare piena efficacia all’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE disapplicando, all’occorrenza, le disposizioni nazionali che abbiano per effetto di impedire allo Stato membro interessato di rispettare gli obblighi impostigli dall’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE.dell’Unione, le disposizioni dell’articolo 325, paragrafi 1 e 2, TFUE hanno l’effetto, nei loro rapporti con il diritto interno degli Stati membri, di rendere ipso iure inapplicabile, per il fatto stesso della loro entrata in vigore, qualsiasi disposizione”.
A cura di Redazione
Fonte: www.diritto-online.com; www.neldiritto.it

CORTE DI GIUSTIZIA UE

Sentenza 8 settembre 2015, n. C-105/2014

Sentenza 

1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli articoli 101 TFUE, 107 TFUE e 119 TFUE nonché dell’articolo 158 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio, del 28 novembre 2006, relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto (GU L 347, pag. 1).

2 Tale domanda è stata presentata nell’ambito di un procedimento penale a carico dei sigg. Taricco e Filippi, della sig.ra Leonetti e dei sigg. Spagnolo, Salvoni, Spaccavento e Anakiev (in prosieguo, congiuntamente: gli “imputati”), ai quali viene imputata la costituzione e l’organizzazione di un’associazione allo scopo di commettere più delitti in materia di imposta sul valore aggiunto (IVA)….continua per leggere la sentenza completa

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay