CASSAZIONE

TARSU ridotta del 40% quando perdura il disservizio

Tributi – TARSU – – Tasse e servizi – Regolamento comunale che escluda o limiti il diritto alla riduzione Tarsu e D.Lgs. n. 507 del 1993 – Irregolare attivazione del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani nel quartiere – Riduzione della tariffa ex art. 59, co. 4, D.Lgs. n. 507/1993 – Applicabilità – Condizioni

La Corte di  Cassazione, con l’ordinanza n. 22767 del 12 settembre 2019, intervenendo in materia di TARSU ricorda che per la legge, se un Comune non effettua il servizio di raccolta dei rifiuti urbani, il contribuente ha diritto a una riduzione della tassa nella misura del 40%, affermando che l’amministrazione comunale è sempre responsabile per i disservizi nella raccolta e nello smaltimento dei rifiuti, a prescindere dalle cause che li hanno determinati.

In altre parole, la Suprema Corte ha ammesso la riduzione della tassa rifiuti per un albergo per continuata disfunzione nel servizio di nettezza urbana, riconoscendo nella raccolta un obbligo di legge al quale  il Comune deve sempre rispondere.

E’ solo il caso di ricordare che già  la Cassazione Civile, sezioni unite, sentenza 28/06/2013 n. 16304, stabiliva la competenza del giudice amministrativo anche nel caso di richiesta di risarcimento danni per la mancata raccolta dei rifiuti. In quel tempo gli Ermellini ricordano che con l’entrata in vigore del D.lgs. del 31 marzo 1998, n. 80, il servizio pubblico di raccolta e smaltimento dei rifiuti solidi urbani è disciplinato dall’art. 33, lett. e), che attribuisce appunto la giurisdizione al giudice amministrativo; tale competenza è stata confermata anche dalla legge n. 123/2008 e dal nuovo codice amministrativo.

Inoltre, a margine della questione trattata vige, in particolari e prolungati casi di mancato funzionamento della raccolta dei rifiuti, il dispositivo dell’articolo n. 340 del codice penale, a titolo “Interruzione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità”, espressamente stabilisce che: “1. Chiunque, fuori dei casi preveduti da particolari disposizioni di legge, cagiona una interruzione o turba la regolarità di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità è punito con la reclusione fino a un anno. 2. I capi, promotori od organizzatori sono puniti con la reclusione da uno a cinque anni”.

E’ comunque pacifico, e in linea con la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, ritenere che il diritto alla riduzione presuppone l’accertamento specifico – mirato sul periodo, sulla zona di ubicazione dell’immobile sulla tipologia dei rifiuti conferiti e, in generale, su ogni altro elemento utile a verificare la ricorrenza in concreto della richiesta riduzione – della effettiva erogazione del servizio di raccolta rifiuti in grave difformità dalle previsioni legislative e regolamentari, il cui onere probatorio grava sul contribuente che invoca la riduzione, il quale deve dimostrare il presupposto della riduzione della TARSU ai sensi del D.lgs. n. 507/1993, art. 59, comma 4; che consiste nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato: che non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente; ovvero, che si sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacita dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso, pur nella notorietà del grave e perdurante disservizio nella raccolta e conferimento dei rifiuti che ha colpito una determinata città (Cass. n. 3265/2019).

Inoltre, come confermato dalla pronunzia Cass. n. 22531/2017, il presupposto della riduzione della TARSU ai sensi del richiamato D.lgs. n. 507/1993, non richiede che il grave e non temporaneo disservizio sia imputabile a responsabilità dell’amministrazione comunale o comunque a causa del fatto che, rientrando nella sua sfera di controllo ed organizzazione, sia da questa prevedibile o prevenibile.

Di conseguenza, per i Giudici di piazza Cavour (sentenza n. 3265, del 5 febbraio 2019) il vincolo oggettivo derivante dal giudicato, in relazione alle imposte periodiche, deve essere riconosciuto  nei soli casi in cui vengano in esame fatti che per legge hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende magari  più periodi di imposta, che stabilisce che l’interruzione temporanea del servizio di raccolta per motivi sindacali o, per imprevedibili impedimenti organizzativi non comporta esonero o riduzione del tributo.

Tale posizione  si pone in linea col principio, costantemente affermato dai Supremi Giudici, secondo i quali l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa, mentre l’onere di provare eventuali esenzioni o riduzioni tariffarie è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.lgs. n. 507/1993, ex art. 70 e Cass. nn. 4766 e 17703 /2004, 1759/2009, 775/2011, 1635/2015, 10787/2016, 21250/2017 e 13395/ 2018). Una volta provato, da parte del contribuente, che il servizio di smaltimento non è stato reso dal Comune, non rilevano le situazioni di imprevedibilità o non imputabilità all’ente territoriale del disservizio.

Tornando al caso di specie, che vedeva una Srl ricorrere alla Commissione Tributaria Provinciale per una cartella di pagamento con cui il Comune chiedeva l’importo di 47.216 euro a titolo di tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani per il 2010, relativi al compendio immobiliare in cui la Srl svolgeva la propria attività alberghiera.

La Commissione Provinciale, accogliendo in parte il ricorso annullava la cartella impugnata limitatamente alle somme eccedonti il 40%, in applicazione dell’art. 59 comma 2, del D.lgs. 507/1993.

La sentenza veniva impugnata dal Comune e la Commissione Regionale rigettava l’appello poiché il contribuente aveva provato e documentato che nel 2010 l’ente non aveva svolto servizio di smaltimento dei rifiuti urbani. 

Nel  ricorso presentato dal Comune si poneva in evidenza che la mancata erogazione del servizio era dipesa da cause non imputabili all’ente stesso, ma rilevavano i Giudici, una volta provato da parte del contribuente che il servizio di smaltimento non è stato reso dal Comune, non possono avere rilievo le presunte situazioni di imprevedibilità o non imputabilità all’ente territoriale del disservizio.

Tanto premesso, i Supremi Giudici di legittimità hanno respinto questa tesi difensiva e confermato la decisione della Commissione provinciale, ricordando infine che: “Una volta provato da parte del contribuente che il servizio di smaltimento non è stato reso dal Comune non rilevano le situazioni di imprevedibilità o non imputabilità all’ente territoriale del disservizio.  Secondo quanto affermato da questa Corte in una pronuncia resa tra le stesse parti per una diversa annualità « il presupposto della riduzione della Tarsu ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 59, comma 4, non richiede che il grave e non temporaneo disservizio sia imputabile a responsabilità dell’amministrazione comunale o comunque a causa che, rientrando nella sua sfera di controllo ed organizzazione, sia da questa prevedibile o prevenibile; tale presupposto si identifica invece nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato: – non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente; – ovvero, vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso; b. va disapplicato, per contrasto con la disciplina primaria di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, il regolamento comunale che escluda o limiti il diritto alla riduzione Tarsu, subordinandone il riconoscimento ad elementi – quale quello della responsabilità dell’amministrazione comunale ovvero della prevedibilità o prevenibilità delle cause del disservizio» ( cfr. Cass. 22531/2017). La CTR sulla scorta dell’ accertata interruzione del servizio di smaltimento ha correttamente operato la riduzione senza indagare « di chi fosse la colpa del disservizio”.

Corte di  Cassazione – Ordinanza 12 settembre 2019, n. 22767

sul ricorso 20692-2016 proposto da:

COMUNE N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FRANCESCO DENZA 50-A, presso lo studio dell’avvocato NICOLA LAURENTI, rappresentato e difeso dall’avvocato FABIO MARIA FERRARI;

– ricorrenti –

contro HOTEL B. SRL, elettivamente domiciliato in 2019 ROMA, PIAZZA ADRIANA 4, presso lo studio dell’avvocato 3351 FERDINANDO BARUCCO, rappresentato e difeso dall’avvocato MARIO CIANCIO;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1302/2016 della COMM.TRIB.REG. di NAPOLI, depositata il 12/02/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/06/2019 dal Consigliere Dott. COSMO CROLLA.

CONSIDERATO IN FATTO

1. La soc. Hotel B. srl proponeva ricorso davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Napoli avverso la cartella di pagamento, notificata in data 25.1.2012, con la quale veniva richiesto dal Comune di Napoli il pagamento di € 47.216 a titolo di tassa di smaltimento dei rifiuti solidi urbani per l’anno 2010 relativamente al compendio immobiliare ove si svolge l’attività alberghiera sito in Napoli Corso Vittorio Emanuele nr.133.

2. La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, in parziale accoglimento del ricorso, annullava la cartella impugnata limitatamente alle somme eccedenti il 40%, in applicazione dell’art 59 II comma d.lvo 507/1993.

3. La sentenza veniva impugnata dal Comune di Napoli e la Commissione Regionale Tributaria della Campania rigettava l’appello rilevando che il contribuente aveva dimostrato, attraverso la documentazione prodotta, che il servizio di smaltimento dei rifiuti non fu effettuato dal Comune di Napoli nel 2010. 5. Avverso la sentenza della CTR il Comune di Napoli ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a tre motivi. La soc. Hotel B. srl si è costituita depositando controricorso. La resistente ha depositato memoria.

RITENUTO IN DIRITTO

1.Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente denuncia violazione degli artt 65 e 68 d.lvo 507/93, in relazione all’art. 360 nr 3 cpc , si sostiene la legittimità della determinazione della tariffa degli alberghi in misura superiore a quella per gli immobili adibiti a civile abitazione essendo dato di comune esperienza che nei locali adibiti ad attività alberghiera si producono quantità di rifiuti superiori rispetto a quelli producibili dalla abitazioni private.

1.2 Con il secondo motivo la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 59 d.lvo e dell’art. 9 del Regolamento TARSU in vigore nel 2009 in relazione all’art 360 nr 3 per aver la CTR erroneamente riconosciuto la riduzione del tributo in quanto la mancata raccolta dei rifiuti era stata determinata da cause non ascrivibili al Comune o, comunque, da imprevedibili disfunzioni organizzative imputabili ad altre P.A.

1.3 Con il terzo motivo viene dedotto omesso esame circa un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti costituito dalle circostanze oggettive e comportamenti di altre Pubbliche amministrazioni che hanno determinato l’impossibilità per il Comune di Napoli, tramite la propria azienda partecipata Asia, di assicurare l’attività di rimozione e smaltimento dei rifiuti.

2. Il primo motivo è inammissibile.

2.1 La tematica relativa alla differenziazione della tariffa applicata agli alberghi rispetto alle unità immobiliari adibite ad abitazioni è stata trattata nel giudizio di primo grado; la Commissione Tributaria Provinciale nell’annullare la cartella esattoriale limitatamente alle somme eccedenti il 40% delle somme dovute ha implicitamente rigettato il motivo del ricorso originario che faceva leva sulla illegittima previsione di tariffe diverse tra alberghi ed abitazioni accogliendo il motivo relativo alla riduzione della tariffa non essendo stato assicurato il servizio di smaltimento.

2.2 La contribuente non ha proposto appello incidentale alla sentenza e, quindi, in punto di determinazione della tariffa si è formato il giudicato interno per cui tale questione non può essere riproposta nel giudizio della Cassazione.

3. Il secondo motivo è infondato.

3.1 L’art 59 comma 4 d.lvo 507/93 stabilisce che: «se il servizio di raccolta, sebbene istituito e attivato, non si è svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione ovvero di esercizio dell’attività dell’utente o è effettuato in grave violazione delle prescrizioni del regolamento di cui al primo comma, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, da stabilire in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio di raccolta, il tributo è dovuto nella misura ridotta di cui al secondo periodo del comma 2» (cioè in misura non superiore al 40% della tariffa).

Il sesto comma della medesima disposizione prescrive che: «l’interruzione temporanea del servizio di raccolta per motivi sindacali o, per imprevedibili impedimenti organizzativi non comporta esonero o riduzione del tributo.

Qualora tuttavia il mancato svolgimento del servizio si protragga, determinando una situazione riconosciuta dalla competente autorità sanitaria di danno o pericolo di danno alle persone o all’ambiente secondo le norme e le prescrizioni sanitarie nazionali, l’utente può provvedere a proprie spese con diritto allo sgravio o restituzione, in base a domanda documentata, di una quota della tassa corrispondente al periodo di interruzione, fermo restando il disposto del comma 4».

3.2 Secondo un recente orientamento giurisprudenziale «Il diritto alla riduzione presuppone l’accertamento specifico (mirato sul periodo, sulla zona di ubicazione dell’immobile sulla tipologia dei rifiuti conferiti e, in generale, su ogni altro elemento utile a verificare la ricorrenza in concreto della richiesta riduzione) della effettiva erogazione del servizio di raccolta rifiuti in grave difformità dalle previsioni legislative e regolamentari, il cui onere probatorio grava sul contribuente che invoca la riduzione, il quale deve dimostrare il presupposto della riduzione della Tarsu ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 59, comma 4; che consiste nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato: – non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente; – ovvero, vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacita dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso, pur nella notorietà del grave e perdurante disservizio nella raccolta e conferimento dei rifiuti che ha colpito la città di Napoli.» (cfr. Cass.3265/2019)

3.3 Tale orientamento si pone in linea col principio, costantemente affermato da questa Corte, secondo il quale l’onere della prova dei fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria spetta all’amministrazione, per quanto attiene alla quantificazione della tassa, mentre l’onere di provare eventuali esenzioni o riduzioni tariffarie è posto a carico dell’interessato (oltre all’obbligo della denuncia, D.Lgs. n. 507 del 1993, ex art. 70) (Cass. nn. 4766 e 17703 /2004, 1759/2009, 775/2011, 1635/2015, 10787/2016, 21250/2017 e 13395/ 2018).

3.4 Una volta provato da parte del contribuente che il servizio di smaltimento non è stato reso dal Comune non rilevano le situazioni di imprevedibilità o non imputabilità all’ente territoriale del disservizio .Secondo quanto affermato da questa Corte in una pronuncia resa tra le stesse parti per una diversa annualità « il presupposto della riduzione della Tarsu ai sensi del D.Lgs. n. 507 del 1993, art. 59, comma 4, non richiede che il grave e non temporaneo disservizio sia imputabile a responsabilità dell’amministrazione comunale o comunque a causa che, rientrando nella sua sfera di controllo ed organizzazione, sia da questa prevedibile o prevenibile; tale presupposto si identifica invece nel fatto obiettivo che il servizio di raccolta, istituito ed attivato: – non sia svolto nella zona di residenza o di dimora nell’immobile a disposizione o di esercizio dell’attività dell’utente; – ovvero, vi sia svolto in grave violazione delle prescrizioni del regolamento del servizio di nettezza urbana, relative alle distanze e capacità dei contenitori ed alla frequenza della raccolta, in modo che l’utente possa usufruire agevolmente del servizio stesso; b. va disapplicato, per contrasto con la disciplina primaria di cui al D.Lgs. n. 507 del 1993, il regolamento comunale che escluda o limiti il diritto alla riduzione Tarsu, subordinandone il riconoscimento ad elementi – quale quello della responsabilità dell’amministrazione comunale ovvero della prevedibilità o prevenibilità delle cause del disservizio» ( cfr. Cass. 22531/2017)

3.5 La CTR sulla scorta dell’ accertata interruzione del servizio di smaltimento ha correttamente operato la riduzione senza indagare « di chi fosse la colpa del disservizio ».

4. Il terzo motivo è inammissibile.

4.1 Ai sensi dell’ad 348 ter cpc IV e V comma cpc , applicabile a norma dell’art. 54 comma 2 d.I.83/2012 al caso concreto, in quanto il giudizio di appello è stato introdotto dopo 1’11.09.2012, « Quando l’inammissibilità è fondata sulle stesse ragioni, inerenti alla questione di fatto, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per Cassazione di cui al comma precedente può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui ai nr. 1),2),3) e 4) del primo comma dell’ad 360.

La disposizione di cui al quarto comma si applica , fuori dai casi di cui all’ad 348 bis, secondo comma , lettera a) anche al ricorso per cassazione avverso la sentenza d’appello che conferma la decisione di primo grado.» 4.2 Nella fattispecie in esame in punto di riduzione del tributo entrambi i giudizi hanno concluso per l’accoglimento del motivo Non vi è prova che la «doppia conforme» si fondi su differenti ragioni di fatto poste a base delle decisioni di primo e secondo grado.

Dalla lettura dell’impugnata sentenza emerge che la CTR abbia condiviso la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di prime cure Si legge infatti nella motivazione che << ritiene altresì corretto l’operato dei giudici di prime cure che pur non contestando le tariffe applicate, hanno ridotto, applicando il regolamento comunale, la cartella al 40% »

5 In conclusione il ricorso va rigettato.

6 Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo

PQM

La Corte, rigetta il ricorso condanna il Comune di Napoli al pagamento delle spese del presente giudizio che si liquidano in € 4.100 per compensi oltre rimborso forfettario ed accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo.

Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 19 giugno 2019

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