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Smart working svolto all’estero e in Italia per una società estera

Con due risposte a interpelli nel 2023, n. 98 (“Imponibilità nel territorio dello Stato di emolumenti corrisposti dal datore di lavoro non residente, a fronte dell’attività di lavoro prestata all’estero in smart working”) e 99 (“Assoggettamento a imposizione in Italia di redditi da lavoro dipendente prodotti in smart working in Italia da soggetto italiano residente all’estero”), l’Agenzia delle entrate ha trattato due casi di cittadini italiani che hanno svolto attività lavorativa in smart working in Italia nei confronti di soggetti stranieri.

Normativa nazionale e Convenzione Italia Svizzera

Un cittadino italiano attualmente residente in Svizzera per motivi di lavoro, chiede chiarimenti circa la sua posizione fiscale per l’anno d’imposta 2020. Dichiara di aver conseguito il dottorato nel 2020 e, durante il primo semestre dello stesso anno, per un periodo di due settimane ha avuto un contratto di collaborazione occasionale con una università elvetica; sempre nello stesso anno gli è stato accreditato il pagamento per una docenza aziendale, svolta per una ditta alla fine del 2019.

L’istante fa inoltre presente di aver ricevuto un’offerta di lavoro da parte di un’università svizzera, con la quale gli è stata assegnata la posizione di ricercatore post dottorato. A causa dell’emergenza sanitaria non è riuscito a trasferirsi immediatamente e ha lavorato in smart working fino a metà giugno, recandosi in Svizzera da metà giugno 2020, dove si è registrato presso l’ufficio immigrazione svizzero, per cui nello stesso anno d’imposta risulta residente nella Confederazione Elvetica per più di 183 giorni.

Anche a seguito della formale iscrizione all’AIRE, afferma l’Agenzia delle entrate, nei confronti di cittadini italiani trasferiti in Svizzera continua a sussistere una presunzione (relativa) di residenza fiscale in Italia per effetto dell’art. 2, comma 2­bis del TUIR, poiché la Svizzera è inserita nella lista degli Stati con un regime fiscale privilegiato; ciò significa che il contribuente continui a essere considerato residente in Italia e ivi assoggettato a imposizione in relazione a tutti i redditi ovunque prodotti (art. 3 del TUIR). 

Nella risposta n. 98 si evidenzia che una disposizione presente nel Trattato con la Svizzera prevede esplicitamente la soluzione al problema della doppia residenza mediante il frazionamento dell’anno d’imposta, in caso di trasferimento nel corso dell’anno. Nel caso prospettato, quindi, l’Italia può esercitare la propria potestà impositiva, basata sulla residenza, fino al giorno della data del trasferimento (nel giugno 2020), mentre la Svizzera può far valere, ai sensi della citata disposizione convenzionale, la propria pretesa impositiva a decorrere dal giorno successivo del giugno dello stesso anno.

Da ciò consegue che il reddito corrisposto dall’università elvetica a fronte del lavoro svolto in Svizzera, a partire dal giugno 2020, non dovrà essere assoggettato a imposizione in Italia e non dovrà essere riportato nella relativa dichiarazione dei redditi; viceversa, il reddito corrisposto per l’attività di post dottorato svolta fino a giugno 2020 dovrà essere tassato in Italia, ai sensi della vigente normativa interna e della Convenzione Italia­Svizzera.

Smart working svolto in Italia per una società estera

La risposta n. 99 riguarda il caso di un contribuente che risiede e lavora in Cina, regolarmente iscritto all’AIRE e che, in conseguenza dell’emergenza Covid­19, nel 2020 ha registrato meno di 183 giorni di permanenza all’estero. Con l’istanza di interpello chiede di chiarire se nell’anno di riferimento i redditi di lavoro dipendente conseguiti esclusivamente a fronte di un’attività prestata all’estero in smart working debbano essere assoggettati a imposizione in Italia o in Cina.

L’Agenzia delle entrate sostiene che una persona fisica iscritta all’AIRE e rientrata in Italia unicamente a seguito dell’emergenza pandemica è considerata fiscalmente residente in Italia secondo le disposizioni interne, se risulta avere il domicilio nel nostro Paese per la maggior parte del periodo d’imposta. Ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del TUIR, i soggetti non residenti sono tassati in Italia solo in relazione ai redditi prodotti nel territorio dello Stato italiano e, quindi, il reddito di lavoro dipendente percepito dall’istante residente in Cina, per l’attività di lavoro svolta nel 2020 in Italia, rileva fiscalmente anche nel nostro Paese, come previsto dagli articoli 49 e 51, commi da 1 a 8, del TUIR. Dunque, i redditi derivanti da un’attività lavorativa svolta in smart working nei confronti della società cinese sono assoggettati a tassazione in Italia.

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