CASSAZIONE FISCALITA

Smaltimento dei rifiuti urbani: regole precise sulle tariffe e sull’imputazione temporale

TARES – TARSU- TIA – Esercizio alberghiero – Tariffa – Pagamento – D.lgs. 15 novembre 1993, n. 507.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 22307 del 25 settembre 2018, ha ricordato che anche in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti urbani le regole sull’imputazione temporale dei componenti di reddito d’impresa, dettate in via generale dall’art. 75 del DPR n. 917 del 1986, sono tassative e inderogabili.

Non è pertanto consentito al contribuente, continuano i giudici del Palazzaccio, di ascrivere a proprio piacimento un componente positivo o negativo di reddito a un esercizio diverso da quello individuato dalla legge come “esercizio di competenza”, né può essere ammessa l’imputazione in misura superiore a quella prevista per ciascun esercizio.

La polisistematicità del sistema tributario comporta necessariamente che, in relazione a ciascuna imposta, l’esistenza e la congruità della motivazione del singolo atto impositivo sia verificata secondo le regole dettate per il tributo cui l’atto stesso afferisce, prevedendo che per l’accertamento tributario l’onere di allegazione, posto a carico dell’Amministrazione finanziaria dall’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge 27 luglio 2000, n. 212, dell’“altro atto” richiamato nella motivazione dell’avviso di accertamento, che ha riferimento agli atti che rappresentano, appunto, la motivazione della pretesa tributaria.

Tale pretesa deve essere applicata nell’avviso e non agli atti di carattere normativo o regolamentare che legittimano il potere impositivo e che sono oggetto di conoscenza “legale” da parte del contribuente. Tale principio è pacificamente riferibile anche agli avvisi di accertamento emanati dalle amministrazioni comunali.

D’altronde, secondo varie sentenze della Suprema Corte, l’allegazione delle delibere a contenuto normativo non vale in alcun modo a integrare il requisito motivazionale dell’atto impositivo TARSU, che si collega all’ulteriore principio secondo cui “in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all’art. 65 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatari occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili”.

Il recupero a tassazione dei ricavi nell’esercizio di competenza non può pertanto trovare ostacolo nella circostanza che essi siano stati dichiarati in un diverso esercizio, non potendo lasciare il contribuente arbitro della scelta del periodo più conveniente in cui dichiarare i propri componenti di reddito, con innegabili riflessi sulla determinazione del proprio reddito imponibile.

Ricordiamo che solitamente l’attività di impresa è considerata come un continuum, che convenzionalmente viene frazionato in esercizi sociali annui: a ogni esercizio deve corrispondere un periodo di imposta. Nel diritto tributario, come nel diritto civile, l’imputazione temporale dei componenti negativi e positivi che concorrono a determinare il reddito di impresa deve essere fatta applicando il principio di competenza economica, che si contrappone al principio di cassa.

Il principio di competenza attribuisce rilievo al momento economico: i ricavi devono essere imputati all’esercizio in cui sono conseguiti in senso economico, ossia quando si verifica lo scambio con i terzi e i costi assumono rilievo quando sono realizzati i ricavi che contribuiscono a produrre.

Tanto premesso, ricordiamo che nel caso di specie la parte ricorrente lamentava che solo attraverso l’allegazione di detti atti, mai a suo dire notificati, avrebbe potuto essere posta in condizione di comprendere in virtù di quali criteri la tariffa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti era stata determinata per le aziende alberghiere in misura di ben cinque volte superiore a quella delle abitazioni, ma nell’illustrazione del motivo il contribuente non ha offerto, secondo gli Ermellini, elementi idonei a sollecitare un mutamento del succitato indirizzo.

I supremi Giudici ricordano, al riguardo, che l’indirizzo consolidato espresso dalla giurisprudenza di questa Corte in materia, secondo cui è legittima la delibera comunale di approvazione del regolamento e delle relative tariffe in cui la categoria degli esercizi alberghieri venga distinta da quella delle civili abitazioni e assoggettata a una tariffa notevolmente superiore a quella applicabile a queste ultime.

Risulta del tutto evidente come la maggiore capacità produttiva di rifiuti di un esercizio alberghiero, rispetto a una civile abitazione costituisce, infatti, un dato di comune esperienza, emergente da un esame comparato dei regolamenti comunali in materia, dovendo essere riferiti gli elementi di riscontro della legittimità delle determinazioni tariffarie, non alla differenza tra le tariffe applicate a ciascuna categoria classificata, ma alla relazione tra le tariffe e i costi del servizio discriminati in base alla loro classificazione economica (v.ex multis, Cass. sez. 5, 12 marzo 2007, n. 5722; Cass. sez. 5, 28 maggio 2008, n. 13957; Cass. sez. 5, 12 gennaio 2010, n. 302; Cass. sez. 5, 15 luglio 2015, n. 14758; Cass. sez. 6-5, ord. nn. 22115 e 22116 depositate il 31 ottobre 2016; Cass. sez. 6- 5, ord. 3 novembre 2016, n. 22248; Cass. sez. 6-5, ord. 24 novembre 2016, n. 24072).

La parte ricorrente, in definitiva, non ha addotto sul piano giuridico argomenti idonei a giustificare un mutamento dell’univoco orientamento espresso dalla Corte in materia, come sopra riportato, e la Corte ha concluso affermando: “… Infine deve rilevarsi che manca la riproduzione da parte della ricorrente dei precedenti avvisi di pagamento relativi a TARSU 2009 e TIA 2011, annullati per difetto di motivazione, al fine di accertare se l’avviso di pagamento per TARES 2013, il cui contenuto è stato invece riprodotto, per quanto fondato, come si è detto, su diverse basi normative, potesse considerarsi affetto dalle medesime lacune motivazionali che hanno indotto la CTR della Campania ad annullare con le succitate sentenze gli avvisi di pagamento relativi alle pregresse annualità 2009 e 2011 del tributo.(…)

Tale principio, nel contesto di quanto previsto dall’art. 1 comma 162, della legge n. 296/2006, è pacificamente riferibile anche agli avvisi di accertamento emanati dalle amministrazioni comunali (cfr., ad esempio, in tema di ICI, Cass. sez. 5, 24 novembre 2004, n. 22197; Cass. sez. 5, 17 ottobre 2008, n. 25371; Cass. sez. 5, ord. 25 luglio 2012, n. 13106; Cass. sez. 6-5, ord. 3 novembre 2016, n. 22254 e, specificamente, in tema di tassa sui rifiuti, Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1568, Cass. sez. 6-5, ord. 30 giugno 2017, n. 16289; Cass. sez. 6-5, ord. 5 luglio 2017, n. 16634; Cass. sez. 6-5, ord. 6 luglio 2017, n. 16740; Cass. sez. 6-5, ord. 14 luglio 2017, n. 17565, le ultime quattro rese specificamente in analoghe controversie tra Comune di Forio ed aziende alberghiere e/o di ristorazione). (…) Per completezza va osservato che le ulteriori considerazioni spese nell’ambito dell’illustrazione del motivo in esame circa il divario illegittimo tra tariffe per gli esercizi alberghieri e tariffe per gli immobili destinati ad abitazione, attengono poi, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, al merito della pretesa impositiva e non al profilo motivazionale dell’atto impugnato con l’originario ricorso dinanzi alla CTP di Napoli.

La stessa parte ricorrente dà atto che con delibera del Consiglio comunale n. 102 del 18 luglio 2013 quest’ultimo ha fatto propria anche ai fini TARES precedente determinazione tariffaria viceversa approvata dalla Giunta municipale con delibera n. 96 del 29 aprile 2010, sicché, di là dalle considerazioni svolte sul punto dalla sentenza impugnata, in ogni caso, vi è stata espressa ratifica da parte del Consiglio comunale della delibera di Giunta che aveva, invece, determinato le tariffe per annualità pregressa per il servizio di raccolta dei rifiuti”.

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 25 settembre 2018, n. 22307

 

Sul ricorso 12395-2017 proposto da:

  1. F. SNC DI R.R.& C., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE ANGELICO 70, presso lo studio dell’avvocato PAOLO PALMA, rappresentata e difesa dall’avvocato CARMINE BERNARDO;

– ricorrente –

contro COMUNE DI FORIO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato RICCARDO COTTONE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 9774/45/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di NAPOLI, depositata 11 09/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23/05/2018 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Ragioni della decisione

costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del d.l. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 197/2016, osserva quanto segue;

Con sentenza n. 9774/45/2016, depositata il 9 novembre 2016, non notificata, la CTR della Campania rigettò l’appello proposto da “V.F. S.n.c. di R.R. & C.” (di seguito società) nei confronti del Comune di Forio avverso la sentenza della CTP di Napoli, che aveva rigettato il ricorso della società avverso avviso di pagamento per TARES relativa all’anno 2013.

Avverso la sentenza della CTR la società ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, ulteriormente illustrato da memoria.

Il Comune di Forio resiste con controricorso.

  1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso che nella fattispecie in esame la contribuente potesse invocare il giudicato esterno a sé favorevole costituito dalla sentenza della CTR n. 68/34/2013, che aveva annullato per difetto di motivazione precedente avviso di pagamento riferito alla TARSU dovuta dall’esercizio alberghiero per l’anno 2009, aggiungendo altresì che nelle more analogo giudicato si era formato in relazione all’annullamento, da parte della sentenza n. 1191/47/2014, per la medesima ragione sull’avviso di pagamento per TIA relativo all’annualità 2011.
  2. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 1, comma 162 della L. n. 296/2006 e dell’art. 7 della L. n. 212/2000, dell’art. 3 della L. n. 241/1990 e dell’art. 24 Cost., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. nella parte in cui la decisione impugnata ha disatteso il motivo d’appello volto ad ottenere la riforma della pronuncia di primo grado, che aveva in ogni caso ritenuto l’avviso di pagamento sufficientemente motivato, avendo la CTR escluso che all’avviso, al fine d’integrarne la motivazione, dovessero essere allegate le delibere della giunta municipale e del consiglio comunale che hanno concorso a determinare la pretesa.

La contribuente osserva al riguardo che solo attraverso l’allegazione di detti atti, mai ad essa notificati, avrebbe potuto essere posta in condizione di comprendere in virtù di quali criteri la tariffa per la raccolta e lo smaltimento dei rifiuti era stata determinata per le aziende alberghiere in misura di ben cinque volte superiore a quella delle abitazioni.

  1. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia mancata e/o illegittima determinazione del tributo per violazione e falsa applicazione del d.P.R. n. 158/1999 e dell’art. 42 lett. f), del d. lgs. n. 267/2000, in combinato disposto con l’art. 49.8 del d. lgs. n. 22/1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., nella parte in cui la decisione impugnata ha ritenuto infondato il motivo d’appello concernente l’incompetenza della giunta comunale nella determinazione tariffaria.
  2. Infine, con il quarto motivo, la ricorrente lamenta error in procedendo, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per avere la sentenza impugnata omesso di esaminare l’eccezione relativa al motivo di appello col quale la contribuente si era doluta dell’illegittima richiesta di pagamento di acconto TARES.
  3. Il primo motivo è manifestamente infondato.

5.1. In primo luogo deve rilevarsi che, nell’articolazione del motivo, la ricorrente non ha contestato l’affermazione della CTR, che ha rilevato che la sentenza n. 68/34/2013 resa tra le parti dalla stessa CTR della Campania prodotta nel giudizio di merito fosse priva dell’attestazione del passaggio in giudicato, la qual cosa di per sé esclude che alla stessa potesse attribuirsi efficacia di giudicato esterno (cfr. Cass. sez. lav. ord. 29 novembre 2017, n. 28515).

5.2. In ogni caso deve osservarsi, anche in relazione all’ulteriore pronuncia della CTR della Campania n. 1191/47/2014, indicata in ricorso, della cui violazione come giudicato esterno la ricorrente pure si duole, che entrambe le anzidette sentenze, oltre a riferirsi ad annualità diverse (2009 e 2011), si riferiscono a tributi (TARSU/TIA), i cui fondamenti normativi sono diversi rispetto alla TARES istituita per l’anno 2013.

Difettano quindi i presupposti in relazione ai quali le Sezioni Unite di questa Corte, con la citata Cass. 16 giugno 2006, n. 13196, hanno chiarito in che termini possa operare l’efficacia ultrannuale del giudicato.

5.3. Infine deve rilevarsi che manca la riproduzione da parte della ricorrente dei precedenti avvisi di pagamento relativi a TARSU 2009 e TIA 2011, annullati per difetto di motivazione, al fine di accertare se l’avviso di pagamento per TARES 2013, il cui contenuto è stato invece riprodotto, per quanto fondato, come si è detto, su diverse basi normative, potesse considerarsi affetto dalle medesime lacune motivazionali che hanno indotto la CTR della Campania ad annullare con le succitate sentenze gli avvisi di pagamento relativi alle pregresse annualità 2009 e 2011 del tributo.

  1. Il secondo motivo è inammissibile (cfr. Cass. sez. unite 21 marzo 2017, n. 7155), avendo la sentenza impugnata giudicato in conformità all’indirizzo espresso dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «l’onere di allegazione posto a carico dell’amministrazione finanziaria dall’art. 7, comma 1, secondo periodo, della legge 27 luglio 2000, n. 212, dello “altro atto” richiamato nella motivazione dell’avviso di accertamento, ha riferimento agli atti che, rappresentano, appunto, la motivazione della pretesa tributaria che deve essere applicata nell’avviso e non agli atti di carattere normativo o regolamentare che legittimano il potere impositivo e che sono oggetto di conoscenza “legale” da parte del contribuente».

6.1. Tale principio, nel contesto di quanto previsto dall’art. 1 comma 162, della legge n. 296/2006, è pacificamente riferibile anche agli avvisi di accertamento emanati dalle amministrazioni comunali (cfr., ad esempio, in tema di ICI, Cass. sez. 5, 24 novembre 2004, n. 22197; Cass. sez. 5, 17 ottobre 2008, n. 25371; Cass. sez. 5, ord. 25 luglio 2012, n. 13106; Cass. sez. 6-5, ord. 3 novembre 2016, n. 22254 e, specificamente, in tema di tassa sui rifiuti, Cass. sez. 6-5, ord. 20 gennaio 2017, n. 1568, Cass. sez. 6-5, ord. 30 giugno 2017, n. 16289; Cass. sez. 6-5, ord. 5 luglio 2017, n. 16634; Cass. sez. 6-5, ord. 6 luglio 2017, n. 16740; Cass. sez. 6-5, ord. 14 luglio 2017, n. 17565, le ultime quattro rese specificamente in analoghe controversie tra Comune di Forio ed aziende alberghiere e/o di ristorazione).

6.2. D’altronde, che l’allegazione delle delibere a contenuto normativo non valga in alcun modo ad integrare il requisito motivazionale dell’atto impositivo, è stato già affermato in tema di TARSU con riferimento all’ulteriore principio secondo cui «in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani, non è configurabile alcun obbligo di motivazione della delibera comunale di determinazione della tariffa di cui all’art. 65 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, poiché la stessa, al pari di qualsiasi atto amministrativo a contenuto generale o collettivo, si rivolge ad una pluralità indistinta, anche se determinabile ex post, di destinatati occupanti o detentori, attuali o futuri, di locali ed aree tassabili» (cfr. Cass. sez. 5, 23 ottobre 2006, n. 22804; Cass. sez. 5, 26 marzo 2014, n. 7044).

6.3. Parte ricorrente non risulta aver addotto argomenti idonei a sollecitare la revisione di siffatto indirizzo interpretativo, dovendo pertanto il motivo ritenersi inammissibile in relazione al disposto dell’art. 360 bis n. 1), c.p.c..

6.4. Per completezza va osservato che le ulteriori considerazioni spese nell’ambito dell’illustrazione del motivo in esame circa il divario illegittimo tra tariffe per gli esercizi alberghieri e tariffe per gli immobili destinati ad abitazione, attengono poi, come correttamente rilevato dalla sentenza impugnata, al merito della pretesa impositiva e non al profilo motivazionale dell’atto impugnato con l’originario ricorso dinanzi alla CTP di Napoli.

  1. Il terzo motivo è infondato.

La stessa parte ricorrente dà atto che con delibera del Consiglio comunale n. 102 del 18 luglio 2013 quest’ultimo ha fatto propria anche ai fini TARES precedente determinazione tariffaria viceversa approvata dalla Giunta municipale con delibera n. 96 del 29 aprile 2010, sicché, di là dalle considerazioni svolte sul punto dalla sentenza impugnata, in ogni caso, vi è stata espressa ratifica da parte del Consiglio comunale della delibera di Giunta che aveva, invece, determinato le tariffe per annualità pregressa per il servizio di raccolta dei rifiuti.

In ragione del generale principio di conservazione di efficacia degli atti giuridici, la delibera consiliare, che risponde alla ratio legis quanto all’individuazione dell’organo competente in tema di disciplina generale delle tariffe, deve ritenersi esprimere validamente, per l’anno oggetto di causa, la volontà del Consiglio in ordine alla specifica competenza ad esso attribuita (in tal senso cfr. già la citata Cass. ord. n. 16740/17).

  1. Il quarto motivo è inammissibile, denunciando erroneamente come error in procedendo in relazione al parametro di cui all’art. 360, comma 1, n. 3, e non in relazione al n. 4 della citata norma per violazione dell’art. 112 c.p.c., un preteso vizio di omessa pronuncia in realtà insussistente, avendo la sentenza impugnata pronunciato espressamente e correttamente in ordine alla legittimità dell’acconto TARES a data precedente l’approvazione delle tariffe del tributo di nuova istituzione, ai sensi del disposto dell’art. 14, comma 35 del d.l. n. 201/2011, come convertito dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214 e modificato dall’art. 1, comma 387, lett. f), della l. n. 228/2012, applicabile ratione temporis, secondo cui, per quanto qui rileva, «per l’anno 2013, fino alla determinazione delle tariffe ai sensi dei commi 23 e 29, l’importo delle corrispondenti rate è determinato in acconto, commisurandolo all’importo versato, nell’anno precedente, a titolo di TARSU o di TIA 1 oppure di TIA 2».

Il ricorso va pertanto rigettato.

  1. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore del controricorrente delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge, se dovuti.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 – bis dello stesso articolo 13.

 

 

 

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