Sanzione ridotta al commercialista che spedisce le dichiarazioni in ritardo
Tributi – Adempimenti – Intermediario – Violazioni di norme tributarie – Tardiva trasmissione telematica di più dichiarazioni – Concorso formale tra le violazioni – Applicazione del cumulo giuridico ex art. 12 del D.lgs. n. 472 del 1997 – Sanzioni – Cumulo giuridico – Cumulo materiale – Principio del favor rei
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 26911 del 5 ottobre 2021, occupandosi delle conseguenze che scaturiscono dal reato di omessa o tardiva trasmissione telematica di dichiarazioni, ha affermato che in caso di più violazioni riguardanti l’omessa o ritardata trasmissione di dichiarazioni fiscali la sanzione dovuta dall’intermediario incaricato è determinata applicando il cumulo giuridico e non quello materiale, per la semplice ragione che il comportamento dell’intermediario in buona sostanza non determina alcuna evasione o, comunque, un minor incasso erariale, ma solo qualche ritardo o difficoltà alle operazioni di accertamento o riscossione. In base alla disciplina sanzionatoria (art. 7-bis, D.lgs. n. 241/1997), in caso di tardiva od omessa trasmissione delle dichiarazioni da parte dei soggetti incaricati, a loro carico si applica la sanzione amministrativa da 516 a 5.164 euro, tenendo altresì presente che l’art. 7, c. 4-bis, del D.lgs. 472/1997 dispone la riduzione alla metà in caso di presentazione entro i 30 giorni successivi alla scadenza (quindi, da 258 a 2.582 euro).
È il caso di evidenziare che si tratta di una sanzione tributaria, autonoma e distinta, che colpisce gli intermediari a prescindere dalle sanzioni ulteriori per le violazioni tributarie in capo ai contribuenti per l’omessa o tardiva dichiarazione. Tale condotta integra pertanto solo una violazione formale, se rientra nell’ipotesi in cui il ritardo nella trasmissione delle dichiarazioni non incida sulla posizione fiscale dei contribuenti perché questi hanno comunque provveduto a pagare l’imposta scaturente dalle dichiarazioni.
In proposito la Corte Suprema ha affermato che l’adozione di provvedimenti sanzionatori di competenza dell’Agenzia delle entrate è soggetta alle disposizioni del D.lgs. 472/1997, in materia di sanzioni amministrative per le violazioni di norme tributarie, richiamando anche la circolare n. 52/E/2007 in cui l’Agenzia aveva già affermato che il tardivo invio di un file contenente più dichiarazioni, integrando la condotta illecita imputabile a un soggetto diverso dal contribuente e non collegata all’obbligo di versamento delle imposte, non è suscettibile di essere classificata quale violazione formale o sostanziale e, quindi, non trova applicazione la disciplina del cumulo giuridico.
Nello specifico tale circolare, che era titolata “Modifiche apportate dalla legge 27 dicembre 2006 n. 296 (legge finanziaria per il 2007) al sistema delle sanzioni poste a carico dei soggetti abilitati a prestare assistenza fiscale nonché degli intermediari incaricati della trasmissione telematica delle dichiarazioni, di cui agli articolo 7-bis e 39 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241”,specificava esattamente che “… Al riguardo si rammenta che l’articolo 7, comma 7, del d.P.R. 22 luglio 1998, n. 322 dispone che ‘sono considerate valide le dichiarazioni presentate entro novanta giorni dalla scadenza del termine, salva restando l’applicazione delle sanzioni amministrative per il ritardo. Le dichiarazioni presentate con ritardo superiore a novanta giorni si considerano omesse, ma costituiscono, comunque, titolo per la riscossione delle imposte dovute in base agli imponibili in esse indicati e delle ritenute indicate dai sostituti d’imposta’. Ragioni di coerenza sistematica inducono, dunque, a ritenere che la possibilità di ravvedersi per l’intermediario che non abbia trasmesso tempestivamente la dichiarazione presuppone necessariamente la validità della dichiarazione tardivamente presentata, che sussiste, come detto, quando la stessa sia presentata entro novanta giorni dalla scadenza del termine naturale di presentazione. Lo stretto legame esistente tra la presentazione della dichiarazione e la sua trasmissione telematica, dovuto alla circostanza che in assenza di trasmissione telematica la dichiarazione, pur consegnata nei termini all’intermediario, è da considerare omessa, comporta che il ravvedimento relativo alla tardiva 10 trasmissione telematica deve seguire le regole dettate dall’articolo 13, comma 1, lettera c), del d.lgs. n. 472 del 1997”.
In altre parole, la Suprema Corte ha ricordato che il rinvio ai principi generali recati dal D.lgs. 472/1997 implica che nella determinazione della sanzione per la tardiva trasmissione telematica di più dichiarazioni fiscali da parte dell’intermediario incaricato possa conseguirne altresì l’applicazione del principio del favor rei (art. 3, c. 3, D.lgs. 472/1997), in base al quale “se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo”.
In buona sostanza la Suprema Corte ha disatteso le osservazioni proposte dall’Amministrazione finanziaria nell’odierno dibattito, ricordando preliminarmente il maggioritario orientamento della giurisprudenza di legittimità, favorevole, nelle fattispecie come quella in esame, all’applicazione del cumulo giuridico in forza del principio del favor rei, come peraltro affermato dalle recenti pronunzie, le nn. 14246/2021 e 1892/2021, nelle quali si ribadiva espressamente che “nel caso di plurimi ‘files’ di trasmissione telematica tardiva della dichiarazione da parte dell’intermediario, non trova applicazione il cumulo materiale, bensì quello giuridico ex art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 in forza del principio del favor rei”.
Se ne declina allora che, qualora l’intermediario incaricato s’imbatta in più violazioni riguardanti la trasmissione telematica delle dichiarazioni avendo omesso o ritardato la trasmissione di più dichiarazioni fiscali, si può applicare il cumulo giuridico previsto dall’art. 12 del D.lgs. 472/1997 e non il cumulo materiale, che importerebbe invece l’applicazione della pena risultante dalla somma algebrica del quantum di pena irrogato in relazione a ciascun singolo reato commesso.
Gli Ermellini hanno anche ben precisato che si possono distinguere, nell’ambito delle infrazioni commesse dall’intermediario, le violazioni formali da quelle non formali (e anche individuare le meramente formali), in quanto sono ipotizzabili fattispecie in cui la condotta dell’intermediario agevola l’evasione o comunque determina un minor incasso erariale (infrazioni non meramente formali), e ipotesi in cui tale condotta arreca solo un qualche ritardo o difficoltà alle operazioni di accertamento o riscossione (infrazioni formali).
Ricordiamo che le irregolarità, le infrazioni e le inosservanze di obblighi o adempimenti di natura formale, che non rilevano sulla determinazione della base imponibile ai fini delle imposte sui redditi, dell’IVA e dell’IRAP e sul pagamento dei tributi, commesse fino al 24 ottobre 2018, possono essere regolarizzate mediante il versamento di una somma pari a 200 euro per ciascun periodo d’imposta cui si riferiscono le violazioni, come peraltro anche ricordato dall’ordinanza n. 1892/2021, che era tornata a smentire l’orientamento dell’Agenzia ribadendo che, in caso di tardivo invio di plurimi files contenenti distinte dichiarazioni, si trova l’applicazione del cumulo giuridico previsto dalle più favorevoli disposizioni tributarie (art. 12, D.lgs. 472/1997) in luogo di quello meno vantaggioso previsto per la generalità delle sanzioni amministrative (art. 8, L. 689/1981).
Tanto premesso e tornando al caso oggetto del contenzioso odierno, la controversia attiene a un avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle entrate aveva contestato a un intermediario di avere tardivamente inviato molte dichiarazioni dei redditi di clienti, dopo quasi tre mesi dalla scadenza dei termini di presentazione, con irrogazione della sanzione ai sensi dell’art. 7-bis, D.lgs. 241/1997. Il professionista adiva in giudizio tributario nel quale, secondo il Fisco, doveva applicarsi il cumulo materiale e non il cumulo giuridico ex art. 12, D.lgs. 472/1997. La tesi del contribuente professionista è stata accolta sia dalla CTP che dalla CTR, che hanno annullato l’avviso di accertamento.
Da qui il ricorso in Cassazione proposto dalla difesa erariale in difesa dell’Agenzia, che affermava che il ritardato invio delle dichiarazione a lui affidate dal contribuente-cliente costituisce una violazione sostanziale e non meramente formale, rispetto alla quale è del tutto irrilevante la circostanza se tale violazione abbia comportato effetti sulla determinazione della base imponibile e/o al versamento del tributo. Secondo le Entrate, quindi, se la violazione consiste nel tardivo invio in tempi diversi di più file, contenenti ciascuno più dichiarazioni, si applicheranno tante sanzioni quanti sono i fil tardivi.
Esattamente la stessa tesi difensiva presentata nella recente ordinanza numero 14246 del 25 maggio 2021, che aveva visto la soccombenza dell’Agenzia.
I giudici della Corte Suprema, però, hanno respinto questa tesi precisando che per le violazioni degli intermediari che trasmettono le dichiarazioni è possibile individuare la natura formale e sostanziale della stessa violazione, a seconda che la condotta determini l’evasione o un incasso erariale più basso o, più semplicemente, un qualche ritardo o qualche difficoltà alle operazioni di accertamento o riscossione. Nel particolare la Corte ha ritenuto fondato il motivo di applicazione del cumulo giuridico per le violazioni commesse dagli intermediari abilitati in relazione alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali, affermando che “L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 52/E/2007, assumendo un orientamento che è rimasto immutato nel tempo, ha affermato che la violazione consistente nel tardivo invio di un file contenente più dichiarazioni, integrando condotta illecita imputabile ad un soggetto diverso dal contribuente e non collegata all’obbligo di versamento delle imposte, «non è suscettibile di essere classificata quale violazione formale o sostanziale» e quindi «non trova applicazione la disciplina del cumulo giuridico.., bensì quella di cui all’articolo 8 della legge n. 689 del 1981 (unica sanzione pari a quella prevista per la violazione più grave aumentata sino al triplo)». Con la ulteriore precisazione che «nei casi in cui vengano inviati in tempi diversi più file, contenenti ciascuno più dichiarazioni, si applicheranno tante sanzioni quanti sono i file, ciascuna delle quali sarà calcolata tenendo conto del cumulo giuridico di cui all’art. 8 della legge n. 689 del 1981 delle sanzioni riferibili alle dichiarazioni». Anche se con un precedente isolato (Cass., sez. 5, 11/10/2013, n. 23123) questa Corte ha fatto propria la soluzione espressa dall’Agenzia delle entrate, prevale l’orientamento favorevole, in ipotesi del genere, all’applicazione del cumulo giuridico in forza del principio del favor rei (Cass., sez. 6-5, 18/06/2015, n. 12682; Cass., sez. 6-5, 5/06/2015, n. 11742; Cass., sez. 5, 26/10/2016, n. 21570; Cass., sez. 6-5, 21/02/2017, n. 4458; Cass., sez. 5, 24/03/2017, n. 7661; Cass., sez. 5, 28/01/2021, n. 1892). Invero, il nuovo comma 7-bis dell’art. 36-bis del d.l. n. 223 del 2006 prevede che: «L’adozione dei provvedimenti sanzionatori… di competenza dell’Agenzia delle entrate è soggetta alle disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472…, ad eccezione del comma 2 dell’art. 16». Il rinvio ai principi generali recati dal d.lgs. n. 472 del 1997, con l’unica esclusione della preventiva notifica dell’atto di contestazione previsto dal comma 2 dell’art. 16 di tale decreto, comporta che nella determinazione della sanzione in parola debba trovare applicazione anche il principio del favor rei di cui all’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997. La norma da ultimo citata stabilisce che: «Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo». Ne discende che ove uno dei soggetti indicati nel d.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, art. 3, comma 3, incorra in più violazioni del d.lgs. n. 241 del 1997, art. 7-bis (in materia di trasmissione telematica delle dichiarazioni) avendo omesso o ritardato la trasmissione di più dichiarazioni fiscali, trova applicazione l’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997. Non è, pertanto, condivisibile l’assunto dell’Avvocatura erariale secondo cui si verterebbe in un caso di non compatibilità della disposizione del decreto n. 472 del 1997 con quelle del d.lgs. n. 241 del 1997, tale da rendere inapplicabile l’art. 12, comma 1, del decreto n. 472, in quanto l’infrazione all’art. 7-bis non sarebbe mai qualificabile come «formale» posto che solo alle infrazioni commesse dal contribuente si attaglierebbero le qualifiche di «formali» e «non formali», mentre tale classificazione sarebbe incompatibile con le infrazioni commesse dall’intermediario. L’argomento non è convincente, atteso che «ben si possono distinguere anche nell’ambito delle infrazioni commesse dall’intermediario le violazioni formali da quelle non formali (ed anche individuare le «meramente formali» di cui al d.lgs. n. 472, art. 6, ultimo comma), in quanto sono ipotizzabili fattispecie in cui la condotta dell’intermediario agevola l’evasione o comunque determina un minor incasso erariale (infrazioni non meramente formali) ed ipotesi in cui tale condotta arreca solo un qualche ritardo o difficoltà alle operazioni di accertamento o riscossione (infrazioni formali) (Cass., sez. 6-5, 5/06/2015, n. 11741; Cass., sez. 5, 15/11/2017, n. 27059). Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va rigettato, avendo la C.T.R. ritenuto nella specie applicabile il cumulo giuridico ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997, nel rispetto dei principi su esposti. Nulla deve disporsi in merito alle spese di lite, essendo il contribuente rimasto intimato”.
Corte di Cassazione – Ordinanza 5 ottobre 2021, n. 26911
sul ricorso iscritto al n. 11666/15 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso cui è elettivamente domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12
– ricorrente –
contro A. M.
– intimato –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 501/1/14 depositata in data 11 marzo 2014
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 luglio 2021 dal Consigliere dott.ssa Pasqualina Anna Piera Condello
Rilevato che
1. M. A., professionista abilitato alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali, impugnò, con distinti ricorsi, gli avvisi con i quali l’Agenzia delle entrate gli aveva irrogato, ai sensi dell’art. 7-bis del d.lgs. n. 241 del 1997, la sanzione di euro 16.512,00 per avere tardivamente inviato n. 32 dichiarazioni dei redditi, relative agli anni d’imposta 2003 e 2004, con plurimi file, oltre 90 giorni dalla scadenza dei termini di presentazione.
L’Ufficio finanziario, costituendosi in giudizio, rilevò che doveva applicarsi il cumulo materiale e non il cumulo giuridico ex art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997, non essendo configurabile, in relazione alla violazione, né concorso formale, né concorso materiale.
2. La Commissione tributaria provinciale di Firenze accolse il ricorso con sentenza che, in esito all’appello dell’Agenzia delle entrate, venne confermata dalla Commissione tributaria regionale, la quale osservò che la questione prospettata doveva essere risolta alla luce della legge n. 296 del 2006, che aveva inserito nell’art. 39 del d.lgs n. 241 del 1997 il comma 1- bis secondo cui «nei casi di violazioni commesse ai sensi dei commi 1 e 3 del presente articolo e dell’art. 7-bis, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472». Precisò che, diversamente da quanto sostenuto dall’Amministrazione finanziaria, anche nell’ambito delle infrazioni commesse dall’intermediario si potessero distinguere le violazioni formali da quelle non formali, ben potendo ipotizzarsi fattispecie in cui la condotta dell’intermediario agevolava l’evasione o comunque determinava un minor incasso erariale (infrazione non meramente formale) e quella in cui tale condotta arrecava solo un qualche ritardo o difficoltà alle operazioni di accertamento o riscossione (infrazioni formali).
3. Contro la decisione d’appello l’Agenzia delle entrate ricorre per cassazione, con un unico motivo. Il contribuente non ha svolto attività difensiva in questa sede.
Considerato che
1. Con l’unico motivo la difesa erariale censura la decisione impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997 e della legge finanziaria n. 296 del 2006, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Essendo incontestato che l’intermediario abbia trasmesso telematicamente, oltre i termini di legge, le dichiarazioni fiscali con distinti file, la ricorrente imputa alla C.T.R. di avere erroneamente ritenuto che tale condotta possa dare origine ad un concorso formale tra le violazioni con l’effetto dell’applicazione del cumulo giuridico ex art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997; ribadisce, al contrario, che, nella fattispecie, debba trovare applicazione il cumulo materiale delle sanzioni irrogate per ogni singolo file contenente le dichiarazioni trasmesse tardivamente, non potendo ravvisarsi il concorso materiale o formale delle violazioni, e richiama a supporto di tale tesi la sentenza n. 23123 del 2013 di questa Corte.
2. La censura è infondata.
2.1. L’Agenzia delle entrate, con la circolare n. 52/E/2007, assumendo un orientamento che è rimasto immutato nel tempo, ha affermato che la violazione consistente nel tardivo invio di un file contenente più dichiarazioni, integrando condotta illecita imputabile ad un soggetto diverso dal contribuente e non collegata all’obbligo di versamento delle imposte, «non è suscettibile di essere classificata quale violazione formale o sostanziale» e quindi «non trova applicazione la disciplina del cumulo giuridico.., bensì quella di cui all’articolo 8 della legge n. 689 del 1981 (unica sanzione pari a quella prevista per la violazione più grave aumentata sino al triplo)».
Con la ulteriore precisazione che «nei casi in cui vengano inviati in tempi diversi più file, contenenti ciascuno più dichiarazioni, si applicheranno tante sanzioni quanti sono i file, ciascuna delle quali sarà calcolata tenendo conto del cumulo giuridico di cui all’art. 8 della legge n. 689 del 1981 delle sanzioni riferibili alle dichiarazioni».
2.2. Anche se con un precedente isolato (Cass., sez. 5, 11/10/2013, n. 23123) questa Corte ha fatto propria la soluzione espressa dall’Agenzia delle entrate, prevale l’orientamento favorevole, in ipotesi del genere, all’applicazione del cumulo giuridico in forza del principio del favor rei (Cass., sez. 6-5, 18/06/2015, n. 12682; Cass., sez. 6-5, 5/06/2015, n. 11742; Cass., sez. 5, 26/10/2016, n. 21570; Cass., sez. 6-5, 21/02/2017, n. 4458; Cass., sez. 5, 24/03/2017, n. 7661; Cass., sez. 5, 28/01/2021, n. 1892).
Invero, il nuovo comma 7-bis dell’art. 36-bis del d.l. n. 223 del 2006 prevede che: «L’adozione dei provvedimenti sanzionatori… di competenza dell’Agenzia delle entrate è soggetta alle disposizioni del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472…, ad eccezione del comma 2 dell’art. 16».
Il rinvio ai principi generali recati dal d.lgs. n. 472 del 1997, con l’unica esclusione della preventiva notifica dell’atto di contestazione previsto dal comma 2 dell’art. 16 di tale decreto, comporta che nella determinazione della sanzione in parola debba trovare applicazione anche il principio del favor rei di cui all’art. 3, comma 3, del d.lgs. n. 472 del 1997.
La norma da ultimo citata stabilisce che: «Se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo».
Ne discende che ove uno dei soggetti indicati nel d.P.R. 22 luglio 1998 n. 322, art. 3, comma 3, incorra in più violazioni del d.lgs. n. 241 del 1997, art. 7-bis (in materia di trasmissione telematica delle dichiarazioni) avendo omesso o ritardato la trasmissione di più dichiarazioni fiscali, trova applicazione l’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997.
2.3. Non è, pertanto, condivisibile l’assunto dell’Avvocatura erariale secondo cui si verterebbe in un caso di non compatibilità della disposizione del decreto n. 472 del 1997 con quelle del d.lgs. n. 241 del 1997, tale da rendere inapplicabile l’art. 12, comma 1, del decreto n. 472, in quanto l’infrazione all’art. 7-bis non sarebbe mai qualificabile come «formale» posto che solo alle infrazioni commesse dal contribuente si attaglierebbero le qualifiche di «formali» e «non formali», mentre tale classificazione sarebbe incompatibile con le infrazioni commesse dall’intermediario.
L’argomento non è convincente, atteso che «ben si possono distinguere anche nell’ambito delle infrazioni commesse dall’intermediario le violazioni formali da quelle non formali (ed anche individuare le «meramente formali» di cui al d.lgs. n. 472, art. 6, ultimo comma), in quanto sono ipotizzabili fattispecie in cui la condotta dell’intermediario agevola l’evasione o comunque determina un minor incasso erariale (infrazioni non meramente formali) ed ipotesi in cui tale condotta arreca solo un qualche ritardo o difficoltà alle operazioni di accertamento o riscossione (infrazioni formali) (Cass., sez. 6-5, 5/06/2015, n. 11741; Cass., sez. 5, 15/11/2017, n. 27059).
3. Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso va rigettato, avendo la C.T.R. ritenuto nella specie applicabile il cumulo giuridico ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 472 del 1997, nel rispetto dei principi su esposti. Nulla deve disporsi in merito alle spese di lite, essendo il contribuente rimasto intimato. Quanto alla regolazione dell’obbligo del pagamento del doppio del contributo unificato, va fatta applicazione – nei confronti dell’Agenzia delle entrate – del principio secondo cui, nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della I. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che sono istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., sez. 5, 15/05/2015, n. 9974; Cass., sez. U, 25/11/2013, n. 26280).
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Così deciso in Roma nella camera di consiglio il 6 luglio 2021.