CASSAZIONE

Riscossione di tributi, sanzioni e interessi: per le cartelle non opposte prescrizione di 5 anni

Tributi – Cartella di pagamento – Sanzioni amministrative per violazione di norme tributarie – Impugnazione – Prescrizione – Sentenza passata in giudicato – Diritto alla riscossione – Prescrizione – Termine decennale – Applicabilità – Fondamento.

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 12715 pubblicata il 20 giugno 2016, ha rammentato che le sanzioni tributarie e gli interessi derivanti da una cartella di pagamento divenuta definitiva per mancata impugnazione si prescrivono in cinque anni, con decorrenza dalla notifica dell’atto esattoriale. La cartella di pagamento non opposta, infatti, non è equiparabile a una sentenza passata in giudicato e non può, quindi, trovare applicazione l’art. 2953 del codice civile; di conseguenza, il termine di prescrizione decennale vale solo in presenza di una sentenza passata in giudicato. Dunque, la giurisprudenza continua a pronunciarsi in materia di prescrizione delle cartelle di pagamento, tema peraltro sempre molto “sentito” dai contribuenti. Questa volta la Cassazione ha sostenuto la presenza di due termini di prescrizione per le sanzioni e gli interessi relativi alla cartella di pagamento che diviene definitiva e per la sentenza non più impugnabile.

Il caso da cui trae origine la pronuncia ha riguardato l’impugnazione di un avviso di pagamento notificato nell 2012. Il contribuente ha quindi proposto ricorso in CTP (Commissione Tributaria Provinciale) evidenziando l’avvenuta prescrizione delle somme (interessi e sanzioni) relative alla cartella notificata nell’anno 2002 e non opposta. Erano infatti trascorsi 10 anni tra la notifica della cartella di pagamento e il relativo avviso di pagamento. Dopo l’accoglimento del ricorso in CTP e il rigetto in CTR, che ha sostenuto che per le sanzioni divenute definitive debba applicarsi la prescrizione di 10 anni, la vicenda è finita in Cassazione. La CTR ha sottolineato, infatti, che il termine di prescrizione entro cui si può far valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria che si riferisce alle sanzioni è sempre di tipo unitario (10 anni).

I giudici di Piazza Cavour hanno al contrario ritenuto che la prescrizione del diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie per la violazione di norme tributarie è di 10 anni se deriva da una sentenza passata in giudicato e questo in virtù dell’art. 2953 cod. civ., che prevede la prescrizione decennale per la sanzione che deriva da una sentenza oramai non impugnabile. Diversamente, se la definitività della sanzione amministrativa non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile (es. sentenza), come nel caso di specie, deve applicarsi il termine di prescrizione di 5 anni, previsto dall’art. 20 del D.lgs. n. 472/1997, termine che decorre dalla notifica dell’atto esattoriale.

Secondo gli Ermellini, quindi, è da ritenersi pacifico, in tal caso, il decorso del termine quinquennale di prescrizione, posto anche che gli effetti di cui all’art. 2953 cod. civ. sono diversi da quelli prodotti da una cartella divenuta definitiva proprio perché non opposta. Gli effetti che ne conseguono sono che in assenza di atti interruttivi della prescrizione, dopo i 5 anni, Equitalia non può più richiedere le somme per sanzioni e interessi, spesso poi più alti dell’originario debito tributario.

Sul punto la Suprema Corte, richiamando i propri precedenti giurisprudenziali (Cass. Sez. unite 25790/2009) e dopo aver verificato che, nel caso di specie, la definitività della sanzione non discende da provvedimento giurisdizionale irrevocabile, ha ritenuto applicabile il termine di prescrizione quinquennale di cui al citato art. 20, in quanto il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 cod. civ., che disciplina specificamente e in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 20 del citato D.lgs. n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario.

La cartella di pagamento non opposta non può essere parificata a una sentenza passata in giudicato. Una buona occasione, quindi, per ricordare anche che la prescrizione per l’iscrizione a ruolo è differenziata a seconda dell’origine del tributo.

Si ricorda, ad esempio, la prescrizione quinquennale per i contributi INPS, triennale per il bollo auto, decennale per l’IRPEF. Concludono così gli Ermellini: “In conclusione, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata l’impugnata sentenza, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (è pacifico il decorso del termine quinquennale di prescrizione), decidendo nel merito ex art. 384, comma 2, cpc, va accolto il ricorso introduttivo per sanzioni ed interessi. In considerazione dell’evoluzione delle decisioni, sussistono giusti motivi per dichiarare compensate le spese relative ai gradi di merito. Le spese relative al giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione in favore del difensore anticipatario”.

equitalia

 

Corte di Cassazione Ordinanza n.12715 del 20/6/2016

sul ricorso 23139-2014 proposto da:

DIBELLO LUCA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA L. MANTEGAZZA 24, presso il Dott. GARDIN MARCO, rappresentato e difeso dall’avvocato ANTONIO PIRRELLI giusta procura speciale in calce al ricorso;                                                                            – ricorrente

contro

EQUITALIA SUD SPA 11210661002, in persona dell’Amministratore Unico, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA FEDERICO CONFALONIERI 1,

presso lo studio dell’avvocato CARLO CIPRIANI, rappresentato e difeso dall’avvocato EMMANUELE VIRGINTINO giusta procura speciale in atti;                              – resistente-

 

Civile Ord. Sez. 6 Num. 12715 Anno 2016

Presidente: IACOBELLIS MARCELLO

Relatore: CIGNA MARIO

Data pubblicazione: 20/06/2016 Corte di Cassazione

– avverso la sentenza n. 420/14/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di BARI DEL 20/11/2013, depositata il 20/02/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio dell’11/05/2016 dal Consigliere Relatore Dott. MARIO CIGNA;

udito l’Avvocato Emmanuele Virgentino difensore della resistente che si riporta agli scritti.

In fatto

Il contribuente ricorre, affidandosi a tre motivi, per la cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale, in accoglimento dell’appello proposto da Equitalia ed in riforma della decisione di primo grado, ha dichiarato legittimo l’impugnato avviso di pagamento (notificato il 27-4-2012), relativo a cartella (notificata il 30- 7-2002) avente ad oggetto tributi erariali, sanzioni ed interessi relativi all’anno 1995;

la CTR, in particolare, dopo avere precisato che con il ricorso introduttivo il contribuente aveva eccepito l’intervenuta prescrizione quinquennale limitatamente agli importi per sanzioni ed interessi e che la CTP aveva accolto detta eccezione, ha evidenziato che il termine di prescrizione entro il quale si può far valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario (nel caso di specie, concernente cartelle esattoriali originate da crediti erariali, dieci anni) Equitalia Sud si costituisce al solo fine di partecipare all’udienza di discussione. Il contribuente presenta anche memoria ex art. 380 bis cpc.

In diritto

Il primo motivo è fondato, con assorbimento degli altri. Come affermato da Cass. sez. unite 25790/2009 e ribadito da numerose pronunce successive “il diritto alla riscossione delle sanzioni amministrative pecuniarie previste per la violazione di norme tributarie, derivante da sentenza passata in giudicato, si prescrive entro il termine di dieci anni, per diretta applicazione dell’art. 2953 cod. civ., che disciplina specificamente ed in via generale la cosiddetta “actio iudicati”, mentre, se la definitività della sanzione non deriva da un provvedimento giurisdizionale irrevocabile vale il termine di prescrizione di cinque anni, previsto dall’art. 20 del d.lgs. 18 dicembre 1997 n. 472, atteso che il termine di prescrizione entro il quale deve essere fatta valere l’obbligazione tributaria principale e quella accessoria relativa alle sanzioni non può che essere di tipo unitario“; nel caso di specie, ove la definitività della sanzione non discende da provvedimento giurisdizionale irrevocabile, è da ritenersi applicabile il termine di prescrizione quinquennale di cui al cit. art. 20. In conclusione, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata l’impugnata sentenza, e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (è pacifico il decorso del termine quinquennale di prescrizione), decidendo nel merito ex art. 384, comma 2, cpc, va accolto il ricorso introduttivo per sanzioni ed interessi. In considerazione dell’evoluzione delle decisioni, sussistono giusti motivi per dichiarare compensate le spese relative ai gradi di merito. Le spese relative al giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza, con distrazione in favore del difensore anticipatario.

  1. Q. M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata sentenza e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo; dichiara compensate tra le parti le spese dei gradi di merito e condanna parte resistente al pagamento delle spese di legittimità, che si liquidano in complessivi

Così deciso in Rom a in data 11-5-2016 I euro 800,00, oltre rimborso spese forfettarie al 15% ed oltre IVA, CAP ed accessori di legge.

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