FISCALITA

Rimborsi IVA e requisiti per l’esonero dalla presentazione della garanzia

Con la circolare n. 33/E del 22 luglio 2016, l’Agenzia delle Entrate fornisce chiarimenti in materia di rimborsi IVA, a seguito delle novità introdotte dai decreti legislativi attuativi della legge delega n. 23/2014 per la revisione del sistema fiscale. Fra i provvedimenti attuativi di tale delega ci sono, fra gli altri, il D.Lgs. n. 156/2015 – che modifica la disciplina degli interpelli e del contenzioso tributario – e il D.Lgs. n. 158/2015 (revisione del sistema sanzionatorio).

Il decreto n. 156 ha modificato l’istituto dell’interpello (art. 11 dello Statuto dei diritti del contribuente, legge n. 212/2000), sostituendo l’interpello ordinario con cinque diverse categorie di interpello: ordinario puro, qualificatorio, probatorio, antiabuso e disapplicativo (oggetto della circolare n. 9/E del 2016). Nella nuova tipologia dell’interpello probatorio rientrano le istanze, che secondo la nuova disciplina sono divenute facoltative, presentate dalle società in possesso dei requisiti per essere considerate non operative o dalle cosiddette “società di comodo” (società in perdita sistematica): ne consegue che in assenza di istanza di interpello, ai fini del riconoscimento del diritto al rimborso, il contribuente può non applicare la disciplina delle società di comodo mediante un’autovalutazione della sussistenza delle “oggettive situazioni” (art. 30, comma 4-bis).

Il decreto legislativo n. 158 del 2015 ha revisionato il sistema sanzionatorio per violazioni tributarie, sia in campo penale sia in campo amministrativo.

Tra le novità introdotte, l’art. 23, D.Lgs. n. 472/1997, nella nuova formulazione prevede un’operatività più ampia dei provvedimenti di sospensione e di compensazione dei rimborsi, in presenza di un atto con il quale vengono accertati maggiori tributi, per cui vengono sospesi non solo l’importo relativo alle sanzioni ma tutti gli importi dovuti in base all’atto.

Il documento di prassi, inoltre, contiene ulteriori indicazioni circa la possibilità di erogare rimborsi IVA senza presentare la garanzia, in presenza di avvisi di accertamento o rettifica, l’applicabilità del fermo amministrativo ai rimborsi IVA, l’obbligo di garanzia per i contribuenti con meno di due anni di attività e per i soggetti in liquidazione volontaria e la sanzione per omessa prestazione della garanzia nell’IVA di gruppo in caso di franchigia.

Richieste di rimborso IVA di società non operative e/o in perdita sistematica

Secondo la nuova stesura dell’art. 11, comma 1, lettera b), dello Statuto, il contribuente “può interpellare” l’Amministrazione finanziaria per ottenere una risposta riguardo “la sussistenza delle condizioni e la valutazione della idoneità degli elementi probatori richiesti dalla legge per l’adozione di specifici regimi fiscali nei casi espressamente previsti”. L’Amministrazione risponde all’istanza entro 120 giorni e, in assenza di risposta, il silenzio equivale all’accettazione della soluzione prospettata dallo stesso. Come già detto, nel nuovo interpello probatorio rientrano le istanze presentate dalle società dotate dei requisiti per essere considerate non operative o dalle società in perdita sistematica, che non possono richiedere il rimborso o la compensazione dell’eccedenza del credito risultante dalla dichiarazione annuale IVA, né tale eccedenza – se richiesta a rimborso – può essere oggetto di cessione (art. 5, comma 4-ter, legge n. 154/1988).

Nondimeno, ai fini della non applicazione della normativa sulle società di comodo, “in presenza di oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito (…) la società interessata può interpellare l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 1, lettera b), della legge 27 luglio 2000, n. 212”.

La società che ritenga sussistenti tali “oggettive situazioni” può disapplicare la disciplina delle società di comodo presentando istanza di interpello o tramite autovalutazione della sussistenza delle “oggettive situazioni”, che deve essere indicata in dichiarazione dei redditi, nella quale, inoltre, la società deve dare indicazione dell’eventuale presentazione dell’istanza di interpello e dell’esito della relativa risposta. La circolare n. 9/E del 2016 precisa che le società di comodo che intendano richiedere il rimborso IVA possono attestare la presenza delle “oggettive situazioni” presentando una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà, compilando l’apposito campo del quadro VX della dichiarazione IVA.

La presenza della dichiarazione sostitutiva e l’assenza di ulteriori cause ostative permettono l’erogazione del rimborso in procedura semplificata o ordinaria. In alternativa alla dichiarazione sostitutiva, le società hanno facoltà di presentare, prima della richiesta di rimborso, l’istanza di interpello ai fini della disapplicazione della disciplina delle società non operative e/o della disciplina delle società in perdita sistematica.

La sospensione del rimborso

Con la riforma del sistema sanzionatorio (D.Lgs. n. 158/2015) è stato ampliato il campo di applicabilità della sospensione e della compensazione dei rimborsi. Il nuovo art. 23 del D.Lgs. n. 472/1197 prevede, al comma 1, che “Nei casi in cui l’autore della violazione o i soggetti obbligati in solido, vantano un credito nei confronti dell’amministrazione finanziaria, il pagamento può essere sospeso se è stato notificato atto di contestazione o di irrogazione della sanzione o provvedimento con il quale vengono accertati maggiori tributi, ancorché non definitivi. La sospensione opera nei limiti di tutti gli importi dovuti in base all’atto o alla decisione della commissione tributaria ovvero dalla decisione di altro organo”, mentre al comma 2 – che non è cambiato – che “In presenza di provvedimento definitivo, l’ufficio competente per il rimborso pronuncia la compensazione del debito”. E’ inoltre prevista la possibilità di sospendere e, in caso di provvedimento definitivo, compensare il credito chiesto a rimborso non solo con gli importi dovuti per sanzioni, ma con tutti gli importi (imposta e interessi) dovuti in base all’atto. Nel caso, quindi, di atti anche non definitivi relativi a tributi, sanzioni e interessi, il rimborso del credito può essere temporaneamente sospeso e, una volta divenuto definitivo l’atto, il credito può essere compensato: in alternativa, al contribuente può esser chiesto di garantire i carichi pendenti presentando una fideiussione a tempo indeterminato. La sospensione può essere disposta dall’ufficio competente sulla base degli elementi e dei dati risultanti agli atti d’ufficio o al sistema informativo dell’Anagrafe Tributaria: il relativo provvedimento deve essere notificato all’autore della violazione e ai soggetti obbligati in solido.

Pagamenti rateizzati per cartelle di pagamento

Per quanto riguarda la rateazione di cartelle di pagamento, l’obbligo di presentazione della garanzia era già stato abrogato (legge n. 133/2008): è previsto che il debitore decada automaticamente dal beneficio della rateazione in caso di mancato pagamento di 5 rate, anche non consecutive, e che l’importo residuo sia immediatamente e automaticamente riscuotibile in unica soluzione (art. 19, comma 3, DPR n. 602/1973). Il ruolo può comunque essere di nuovo dilazionato se, alla presentazione della richiesta, le rate scadute alla stessa data sono saldate per intero, nel qual caso il nuovo piano di rateazione può essere ripartito nel numero massimo di rate non ancora scadute alla medesima data (art. 19, comma 3, lett. c). Ai fini dell’esecuzione dei rimborsi IVA anche le rate non ancora versate di una cartella di pagamento non sono considerate carichi pendenti e non determinano la sospensione totale o parziale del rimborso, fatta eccezione per le ipotesi in cui l’inadempimento del contribuente determini la decadenza dalla rateazione.

Nella circolare in commento si precisa che non si considerano carichi pendenti le rate non ancora versate nel caso in cui il contribuente abbia iniziato e stia regolarmente rispettando un piano di rateazione relativo a cartelle di pagamento derivanti da iscrizioni a ruolo di somme dovute per decadenza dal beneficio della rateazione (art. 15-ter, DPR n. 602). Considerata, infine, la particolare situazione economico-finanziaria del contribuente o la intervenuta incertezza della pretesa tributaria, gli atti la cui riscossione è stata oggetto di sospensione amministrativa o giudiziale non comportano la sospensione del rimborso.

Applicabilità ai rimborsi IVA del fermo amministrativo

Il fermo amministrativo costituisce un provvedimento cautelare volto alla tutela delle ragioni di credito delle amministrazioni statali, come previsto dal Regio Decreto n. 2440/1923, che all’art. 69, comma 6, dispone che “Qualora un’amministrazione dello Stato che abbia, a qualsiasi titolo, ragione di credito verso aventi diritto a somme dovute da altre amministrazioni, richieda la sospensione del pagamento, questa deve essere eseguita in attesa del provvedimento definitivo”.

In proposito, ai fini dell’individuazione dei presupposti sulla sua applicazione, la circolare n. 4/E del 2010 ha precisato che “L’istituto del fermo amministrativo ha carattere generale ed è utilizzabile quando la pretesa creditoria della pubblica amministrazione non è ancora certa, liquida ed esigibile” e che “La ragione di credito è caratterizzata dalla sussistenza di elementi tali da determinare nell’Amministrazione il convincimento che esiste una ragionevole fondatezza del suo diritto”. La “ragione di credito” deve comunque avere una “rappresentazione formale” e quindi il debito tributario “deve essere espresso almeno a livello di processo verbale di constatazione”. Il fermo amministrativo, inoltre, poiché grava sulle disponibilità finanziarie del contribuente derivanti da crediti che egli vanta nei confronti di altre amministrazioni, può essere utilizzato dopo un’attenta valutazione degli effetti che avrebbe sull’attività economica del contribuente, stante che potrebbe impedire la riscossione di crediti, ad esempio per appalti o forniture, che il soggetto vanta nei confronti di altri settori della PA. Riguardo l’applicabilità ai rimborsi IVA dell’art. 69, RD n. 2440/1923, la Corte di Cassazione ha puntualizzato – sentenza n. 7320 del 2014 – che il provvedimento di sospensione del pagamento “ha portata generale in quanto mira a garantire la certezza dei rapporti patrimoniali con lo Stato, mediante la concorrente estinzione delle poste reciproche (attive e passive). Ne consegue l’applicabilità della norma ai rimborsi dell’IVA”.

Rimborsi IVA senza garanzia e avvisi di accertamento

Con l’intento di semplificare e velocizzare l’erogazione dei rimborsi IVA è stato eliminato l’obbligo generalizzato di prestazione della garanzia che vige, per quelli superiori a 15.000 euro, solo quando si verificano situazioni di rischio. L’art. 38-bis, DPR n. 633 del 1972, prevede che i rimborsi IVA di importo superiore a 15.000 euro si eseguono “previa prestazione della garanzia quando richiesti da soggetti passivi ai quali, nei due anni antecedenti la richiesta di rimborso, sono stati notificati avvisi di accertamento o di rettifica da cui risulti, per ciascun anno, una differenza tra gli importi accertati e quelli dell’imposta dovuta o del credito dichiarato superiore: al 10% degli importi dichiarati se questi non superano 150.000 euro; al 5% degli importi dichiarati se questi superano 150.000 euro ma non superano 1.500.000 euro; all’1% degli importi dichiarati, o comunque a 150.000 euro, se gli importi dichiarati superano 1.500.000 euro”.

Le Entrate hanno già chiarito che gli atti da considerare sono sia gli avvisi di accertamento e rettifica ai fini IVA, sia quelli relativi agli altri tributi amministrati dall’Agenzia e hanno inoltre precisato (circolare n. 35/E del 2015) che quando la pretesa erariale è rideterminata per effetto di accertamento con adesione, conciliazione giudiziale o reclamo/mediazione, anche dopo l’istanza di rimborso, il raffronto tra imposta dichiarata e accertata sarà eseguito con riferimento agli importi rideterminati e non a quelli originariamente accertati. La circolare n. 41/E del 2010 ha chiarito che l’irregolarità fiscale può dirsi integrata in presenza del definitivo accertamento di una qualunque delle violazioni relative agli obblighi di pagamento di imposte e tasse amministrate dall’Agenzia delle Entrate; onde evitare che la violazione possa pregiudicare qualunque successiva partecipazione a procedure di affidamento, lo stesso documento ha inoltre spiegato che “l’irregolarità può considerarsi venuta meno nel caso in cui il contribuente abbia integralmente soddisfatto la pretesa dell’amministrazione finanziaria, anche mediante definizione agevolata”.

Per quanto riguarda i rimborsi IVA, il completo pagamento della pretesa erariale nei termini da parte del soggetto passivo – senza bisogno di alcuna ulteriore attività di riscossione da parte dell’Amministrazione, con lo spontaneo versamento di quanto richiesto, anche a seguito di istituti di definizione agevolata – può considerarsi “idoneo a rimuovere gli effetti pregiudizievoli dell’avvenuta notifica dell’avviso di accertamento ai fini dell’erogazione del rimborso IVA”.

Casi particolari

Si tratta, in particolare, dei rimborsi IVA chiesti da contribuenti che hanno avviato l’attività da meno di 24 mesi e da soggetti in liquidazione. Come si è detto, per semplificare e velocizzare le procedure di rimborso, è stato eliminato l’obbligo di prestare la garanzia, con la sola eccezione di specifiche ipotesi di rischio elencate (art. 38-bis, , comma 4, DPR n. 633/1972). L’obbligo di prestare la garanzia sussiste per i rimborsi IVA di importo superiore a 15.000 euro chiesti da soggetti in attività d’impresa da meno di 2 anni – diversi dalle start-up (DL n. 179/2012) – e per il rimborso del credito IVA risultante all’atto della cessazione dell’attività.

Riguardo l’attività di impresa da meno di 2 anni, la circolare n. 6/E del 2015 ha chiarito che “…per esercizio dell’attività di impresa si intende l’effettivo svolgimento dell’attività stessa, che ha inizio con la prima operazione effettuata e non con la sola apertura della partita IVA…” e che “il termine temporale di due anni è riferito ai due anni antecedenti la data di richiesta del rimborso annuale o trimestrale”. Ai fini del calcolo dei 2 anni, si deve verificare l’effettiva esistenza dell’organizzazione aziendale e l’effettivo esercizio d’impresa, che può essere arguito anche “dagli investimenti realizzati, dai lavori eseguiti, dai contratti, aventi data certa, stipulati, o dalle operazioni passive effettuate in funzione di future operazioni attive”.

E’ obbligatorio prestare garanzia anche in caso di rimborso del credito IVA “risultante all’atto della cessazione dell’attività”; in relazione ai crediti IVA maturati durante il periodo di liquidazione ordinaria, “nulla esclude che gli stessi possano essere chiesti a rimborso senza prestare garanzia, purché – nonostante il contribuente non si trovi più in un uno stato di normale operatività e continuità aziendale – lo stesso possa dichiarare” la reale presenza delle condizioni previste dall’art. 38-bis, comma 3, ovvero: a) il patrimonio netto non è diminuito di oltre il 40% rispetto all’ultimo periodo d’imposta né, nello stesso periodo, la consistenza immobiliare si è ridotta di oltre il 40% per cessioni non effettuate nell’ambito della normale gestione dell’attività; b) se la società richiedente è quotata nei mercati regolamentari, non ne sono state cedute azioni o quote di ammontare superiore al 50%; c) i versamenti contributivi previdenziali e assicurativi sono stati eseguiti.

rimborso-iva

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay