CASSAZIONE

Riferimento errato a un atto non allegato e cartella nulla: i limiti al diritto di difesa

Tributi – Controllo della dichiarazione ex art. 36-bis del DPR n. 600/1973 – Impugnazione – Tardività del ricorso – Rilevabile ex officio in ogni stato e grado del giudizio – Motivazione della cartella di pagamento – Riferimento ad avviso di irregolarità non comunicato al contribuente – Limitazione del diritto di difesa

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 18224 dell’11 luglio 2018, ritorna sul tema dell’obbligo di motivazione di tutti gli atti impositivi, cartelle di pagamento incluse, affermando che la mancata indicazione in cartella della seconda comunicazione di irregolarità incide sul diritto di difesa, poiché contiene le ragioni poste a fondamento della cartella, che peraltro non erano esternate nell’atto originario.

E’ parimenti noto che nel regime introdotto dallo Statuto dei diritti del contribuente, legge 27 luglio 2000, n. 212, art. 7, l’obbligo di motivazione degli atti tributari può essere adempiuto anche “per relationem”, cioè mediante il riferimento a elementi di fatto risultanti da altri atti o documenti, a condizione che questi ultimi siano allegati all’atto notificato o questo ne riproduca il contenuto essenziale ovvero siano già conosciuti dal contribuente per effetto di precedente notificazione.

Principio peraltro ben ribadito dalla Corte di Cassazione già nella sentenza n. 562 del 12 gennaio 2017, in virtù del quale è stato rigettato il ricorso proposto da un contribuente – affidato all’unico motivo di violazione dell’art. 7 della legge n. 212/2000 – con il quale si censurava la sentenza resa dalla Commissione Tributaria Regionale.

Ricordano in quella sede i Supremi giudici che: “… va ricordato che lo Statuto del Contribuente (legge 212 del 2000) all’art. 7, nel disciplinare la chiarezza e motivazione degli atti dell’amministrazione finanziaria, stabilisce che questi devono essere motivati secondo quanto prescritto dall’articolo 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241, concernente la motivazione dei provvedimenti amministrativi, indicando i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell’amministrazione. Stabilisce inoltre che se nella motivazione si fa riferimento ad un altro atto (per relationem), questo deve essere allegato all’atto che lo richiama”.

Il filone giurisprudenziale in merito è difatti particolarmente robusto e dimostra senza dubbio che l’obbligo di motivazione degli atti impositivi costituisce indubbiamente uno dei motivi più diffusi di nullità degli avvisi di accertamento e degli atti esattoriali. La motivazione alla base del convincimento della S.C. consiste nel permettere di capire al cittadino l’iter logico giuridico in base alla pretesa, ossia come si è arrivati a chiedere quella cifra in base a quali norme e in base a quali calcoli e quali ragionamenti.

In definitiva ogni atto tributario, sia che si tratti di accertamenti fiscali dell’Agenzia delle Entrate che di cartelle di pagamento o altri atti esattoriali, deve permettere al contribuente di comprendere chiaramente la natura e l’ammontare della pretesa.

Diversamente, l’atto è illegittimo e quindi nullo (ex multis Cass. sentenza n. 21564 del 20/09/2013).

La controversia tributaria in questione traeva origine dalla notifica dell’intimazione di pagamento (a opera di Equitalia sud) nei confronti del contribuente, il quale – nel susseguente ricorso – censurava, tra i vari spunti difensivi, da un lato il vizio di notifica proprio dell’atto impugnato e dall’altro l’omessa notifica delle cartelle esattoriali indicate nell’intimazione.

Tesi non condivisa però dai giudici territoriali: la CTR riteneva che non potendosi esaminare in appello la questione relativa alla tempestività del ricorso introduttivo in quanto eccezione nuova, la mancata allegazione della comunicazione di irregolarità indicata in cartella, non comunicata previamente al contribuente, inficiava la validità della motivazione della cartella

La Suprema Corte, nel ricordare inizialmente quanto la precedente giurisprudenza abbia ritenuto che il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi in modo esatto, non può condurre alla dichiarazione di nullità, ha così decretato: “Ed invero, la CTR ha correttamente ritenuto viziato l’atto impugnato (cartella) che, nell’indicare le ragioni della pretesa attraverso il rinvio ad una comunicazione d’irregolarità, aveva fatto rinvio ad un atto non allegato e non comunicato previamente al contribuente, in tal modo pienamente uniformandosi all’indirizzo di questa Corte.

Si è infatti ritenuto che il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi in modo esatto, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia però dimostrato di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati, ricorrendo invece un’effettiva limitazione del diritto di difesa qualora il contribuente non sia stato posto in grado di conoscere le ragioni dell’intimazione di pagamento ricevuta e alleghi il pregiudizio patito effettivamente – cfr. Cass. 9778/2017. Orbene, nel caso di specie l’Agenzia sostiene che la precedente regolare notifica, fatta al contribuente, di altra comunicazione di irregolarità anche se diversa da quella indicata in cartella e mai posta a conoscenza della parte, non inficerebbe la motivazione dell’atto impugnato. Tale prospettiva non è convincente, se solo si consideri che, per stessa ammissione dell’ufficio, in esito alla comunicazione ritualmente inviata, il contribuente aveva allegato documenti che avevano indotto l’ufficio a ridurre l’originaria pretesa ipotizzata – cfr. pag. 10 ricorso per cassazione.

Tanto è sufficiente per ritenere che la mancata indicazione in cartella della seconda comunicazione di irregolarità abbia realmente inciso sul diritto di difesa, contenendo la stessa le ragioni poste a fondamento della cartella, non esternate nell’atto.

 

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 11 luglio 2018, N. 18224

 

Sul ricorso 5384-2017 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE (C.F. 06363391001), in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

contro C. F. EQUITALIA SUD SPA;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1966/13/2016 della COMMISSIONE TRIBTUARIA REGIONALE di BARI, depositata il 21/07/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 07/06/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatti e ragioni della decisione

L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, contro C.F. ed Equitalia sud spa, impugnando la sentenza resa dalla CTR Puglia indicata in epigrafe che ha rigettato l’appello dell’Ufficio, confermando l’annullamento della cartella notificata al contribuente per IRPEF relativa all’anno 2007 emessa sulla base di un controllo formale ex art. 36 bis dPR n. 600/73, oltre sanzioni e interessi.

Secondo la CTR, non potendosi esaminare in appello la questione relativa alla tempestività del ricorso introduttivo in quanto eccezione nuova, la mancata allegazione della comunicazione di irregolarità indicata in cartella, non comunicata previamente al contribuente, inficiava la validità della motivazione della cartella, in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte.

La parte intimata non si è costituita.

Il procedimento può essere definito con motivazione semplificata.

Con il primo motivo di ricorso si deduce la violazione dell’art. 21 c. 1 e dell’art. 57 d.lgs. n. 546/1992, nonché dell’art. 345 c.p.c. la CTR avrebbe erroneamente considerato la novità della questione concernente la tempestività del ricorso introduttivo, risultando detta questione esaminabile ex officio in qualsiasi stato e grado del giudizio.

La censura è fondata.

Ed invero, l’art. 21, primo comma, D.Lgs. n. 546/92 fissa per la proposizione del ricorso al giudice tributario un termine di decadenza di sessanta giorni dalla notifica dell’atto impugnato. Ora, il rispetto del suddetto termine costituisce condizione dell’azione d’impugnazione e pertanto, secondo i principi generali in materia di esercizio di azioni sottoposte a termini di decadenza, grava sul ricorrente l’onere di provare la tempestività del proprio ricorso. La decadenza per il decorso del termine anzidetto è rilevabile di ufficio – cfr. Cass. n. 4247/2013.

E poiché l’inammissibilità del ricorso è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio, e non è sanabile dall’avvenuta costituzione della parte resistente la sentenza impugnata, ha errato nel ritenere la novità dell’eccezione relativa all’intempestività del ricorso proposto dal contribuente avverso la cartella impugnata, non riferendosi né l’art. 345 cpc, né l’art. 57 d.lgs. n. 546/1992 (Cass. n. 20650/2015, Cass. n. 23592 del 20/12/2012) ad eccezioni rilevabili ex officio.

Il secondo motivo di ricorso, con il quale si prospetta la violazione dell’art. 36 ter dPR n. 600/73, in combinato disposto con l’art. 7 l. n. 212/2000 e dell’art. 25 del dPR n. 602/1973, è infondato.

Ed invero, la CTR ha correttamente ritenuto viziato l’atto impugnato (cartella) che, nell’indicare le ragioni della pretesa attraverso il rinvio ad una comunicazione d’irregolarità, aveva fatto rinvio ad un atto non allegato e non comunicato previamente al contribuente, in tal modo pienamente uniformandosi all’indirizzo di questa Corte.

Si è infatti ritenuto che il difetto di motivazione della cartella esattoriale, che faccia rinvio ad altro atto costituente il presupposto dell’imposizione senza indicarne i relativi estremi in modo esatto, non può condurre alla dichiarazione di nullità, allorché la cartella sia stata impugnata dal contribuente, il quale abbia però dimostrato di avere piena conoscenza dei presupposti dell’imposizione, per averli puntualmente contestati, ricorrendo invece un’effettiva limitazione del diritto di difesa qualora il contribuente non sia stato posto in grado di conoscere le ragioni dell’intimazione di pagamento ricevuta e alleghi il pregiudizio patito effettivamente – cfr. Cass. 9778/2017.

Orbene, nel caso di specie l’Agenzia sostiene che la precedente regolare notifica, fatta al contribuente, di altra comunicazione di irregolarità anche se diversa da quella indicata in cartella e mai posta a conoscenza della parte, non inficerebbe la motivazione dell’atto impugnato.

Tale prospettiva non è convincente, se solo si consideri che, per stessa ammissione dell’ufficio, in esito alla comunicazione ritualmente inviata, il contribuente aveva allegato documenti che avevano indotto l’ufficio a ridurre l’originaria pretesa ipotizzata – cfr. pag. 10 ricorso per cassazione.

Tanto è sufficiente per ritenere che la mancata indicazione in cartella della seconda comunicazione di irregolarità abbia realmente inciso sul diritto di difesa, contenendo la stessa le ragioni poste a fondamento della cartella, non esternate nell’atto.

Sulla base di tali considerazioni, in accoglimento del primo motivo di ricorso, disatteso il secondo, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR Puglia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

 

 

 

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