CASSAZIONE

Processo tributario: nulla la notifica dell’appello presso il difensore non domiciliatario

Tributi – Contenzioso tributario – Procedimento – Appello – Notifica eseguita presso il procuratore costituito in primo grado ma non domiciliatario – Nullità della notifica – Nullità o inesistenza – Distinzione – Criteri (Art. 17 del d.lgs. n. 546/1992) – Contumacia dell’appellato – Effetti

La Corte di Cassazione, nell’ordinanza n. 22909 del 21 ottobre 2020 ha sentenziato sulla validità di una notifica di un appello effettuata presso il difensore di primo grado non domiciliatario, confermando che non è possibile considerare la notifica come inesistente, ma che deve ritenersi nulla. Gli Ermellini hanno poi ricordato che la notifica dell’appello deve essere eseguita presso il domicilio eletto dalla controparte nel giudizio e, come nel contenzioso tributario, alla notifica dell’appello si applica l’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1992, avente carattere di specialità rispetto all’art. 330 c.p.c.

Pertanto la notifica deve essere effettuata, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio, con la conseguenza appena rammentata che la notifica è nulla se eseguita presso il procuratore costituito in primo grado ma non domiciliatario.

Tale vizio è sanabile solo con la regolare costituzione dell’appellato. 

Appare del tutto evidente che la pronuncia odierna ricalchi in larga misura quanto asserito dalle SS.UU. con le sentenze n. 14916 e 14917 del 2016, che si proponevano come soluzione a un contrasto creato da alcune sentenze precedenti che avevano affermato l’inesistenza (Cass. n. 13477/2012), mentre altre avevano configurato la nullità (Cass. n. 13451/2013).

Il duplice intervento delle SS. UU. segna un traguardo interpretativo importante in tema di notificazione degli atti giudiziari, che ha dissipato ogni dubbio sulla distinzione tra nullità e inesistenza della notifica e ha avuto modo di chiarire che il luogo in cui la notificazione viene eseguita non costituisce elemento costitutivo essenziale dell’atto.

Così riportavano gli Ermellini nelle citate Sentenze n. 14916 e 14917 del 2016: “… L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costituitivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento, restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente. Il luogo in cui la notificazione del ricorso per cassazione viene eseguita non attiene agli elementi costitutivi essenziali dell’atto. Ne consegue che i vizi relativi alla individuazione di detto luogo, anche qualora esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, ricadono sempre nell’ambito della nullità dell’atto, come tale sanabile, con efficacia ex tunc, o per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata, o in conseguenza della rinnovazione della notificazione”.

Il Supremo Consesso, con il principio di diritto appena enunciato ha avuto modo di chiarire che il luogo in cui la notificazione viene eseguita non costituisce elemento costitutivo essenziale dell’atto. Da tanto consegue che i vizi relativi alla individuazione di detto luogo, anche qualora esso si riveli privo di alcun collegamento col destinatario, non causano l’inesistenza della notifica ma ricadono sempre nell’ambito della nullità sanabile con efficacia ex tunc per raggiungimento dello scopo, a seguito della costituzione della parte intimata anche se compiuta al solo fine di eccepire la nullità, oppure in conseguenza della rinnovazione della notificazione effettuata spontaneamente dalla parte stessa o su ordine del giudice ai sensi dell’art. 291 c.p.c.. E’ invece configurabile l’inesistenza della notificazione solo se vi è la totale mancanza materiale dell’atto e se viene posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a qualificare un atto come notificazione.

Assume inoltre particolare rilievo la presa d’atto che il codice non contempla la categoria dell’inesistenza in tema di notificazione, e in genere degli atti processuali, nemmeno con riguardo alla sentenza priva della sottoscrizione del giudice, qualificata come affetta da nullità insanabile, ai sensi dell’art. 161 c.p.c. comma 2 (v. Cass. sez. un., n. 11021/2014), che la dottrina e la giurisprudenza maggioritaria riconducono alla figura della inesistenza.

Per le Sezioni Unite, invece, l’assimilazione della nullità insanabile all’inesistenza non coglie nel segno, in quanto il legislatore non ha motivo di disciplinare gli effetti di ciò che non esiste.

E’ pur vero, comunque, che la tradizionale distinzione tra nullità e inesistenza, fondata sul collegamento tra luogo della notifica e destinatario della stessa, è stata da sempre foriera di vigorosi contrasti nella giurisprudenza di legittimità, soprattutto con riguardo alla notificazione del ricorso per cassazione eseguita nel domicilio eletto per il primo grado di giudizio, non più valido all’atto dell’esecuzione della notifica in quanto variato in grado di appello, con la nomina di un diverso procuratore.

Nell’individuare un criterio discretivo, il Supremo Consesso richiama l’unica norma che si occupa dell’invalidità della notificazione, contenuta nell’art. 160 c.p.c., a mente del quale “La notificazione è nulla se non sono osservate le disposizioni circa la persona alla quale deve essere consegnata la copia o se vi è incertezza assoluta sulla persona a cui è fatta o sulla data, salva l’applicazione degli artt. 156 e 157”. Il riferimento all’art. 156 c.p.c. contenuto nella norma citata assume per le Sezioni Unite centrale rilievo, in quanto in base a tale disposizione: “… Non può essere pronunciata la nullità per inosservanza di forme di alcun atto del processo, se la nullità non e’ comminata dalla legge. Può tuttavia essere pronunciata quando l’atto manca dei requisiti formali indispensabili per il raggiungimento dello scopo. La nullità non può mai essere pronunciata, se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato”.

Nella notifica, dunque, il vizio relativo al luogo che non presenti alcun collegamento con il destinatario è da ritenersi vizio che impedisce il perfezionamento dell’atto, ma di un atto che è comunque esistente, pur se viziato, e quindi comporta la nullità dello stesso.

Tanto premesso e tornando alla vicenda de quo, a un contribuente veniva notificato un accertamento con il quale si contestava una sopravvenienza attiva non dichiarata e l’omessa contabilizzazione e conservazione di operazioni passive. L’atto impositivo veniva impugnato e annullato dalla CTP. L’ufficio proponeva appello notificando il relativo atto direttamente al difensore del contribuente in primo grado, nonostante lo stesso non fosse domiciliatario del proprio cliente. Quest’ultimo rimaneva quindi contumace nel relativo giudizio instaurato.

La CTR riformava la pronuncia di primo grado ritenendo legittima e fondata la pretesa erariale.

Nella conclusione, oggetto di impugnazione in Cassazione, il contribuente lamentava la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 16, 17, 20 e 53, D.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per aver la sentenza impugnata omesso di rilevare l’inammissibilità dell’appello dell’ufficio per inesistenza della relativa notifica, effettuata al difensore non domiciliatario nel giudizio di primo grado e, dunque, a soggetto estraneo al giudizio di primo grado.

Per la Corte il ricorso è fondato e va accolto e pertanto, concludono i Supremi Giudici, “… dall’esame degli atti si evince che, come allegato dal ricorrente, l’atto di appello dell’ufficio è stato notificato presso il dott. A.B.G., difensore del contribuente nel giudizio di primo grado, benché presso lo stesso non era stato eletto domicilio – eletto presso lo studio legale C. – e a ciò aveva fatto seguito lo svolgimento del giudizio di secondo grado nella sua contumacia; – orbene, in tema di contenzioso tributario, la notifica dell’appello, cui si applica l’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1992, avente carattere di specialità rispetto all’art. 330 c.p.c., va effettuata, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio, con la conseguenza che è nulla (e non inesistente) ove eseguita presso il procuratore costituito in primo grado ma non domiciliatario (cfr. Cass. 17 febbraio 2017, n. 4233; vedi, altresì, sulla natura del vizio della notificazione e sui suoi effetti, Cass., Sez. Un., 20 luglio 2016, n. 14916);tale nullità, in quanto non sanata dalla costituzione del convenuto e rilevata solo in sede di legittimità, comporta la cassazione della sentenza con rinvio ad altro giudice di pari grado, dinanzi al quale, essendo ormai l’impugnazione pervenuta a conoscenza dell’appellato, è sufficiente la riassunzione della causa nelle forme di cui all’art. 392 c.p.c.; – all’accoglimento, nei limiti riferiti, dei primi due motivi di ricorso segue l’assorbimento dei motivi in cui il contribuente si duole della motivazione apparente della sentenza impugnata (terzo motivo), della violazione e falsa applicazione dell’art. 55, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917 (quarto motivo) e della violazione e falsa applicazione degli artt. 7, primo comma, I. 27 luglio 2000, n. 212, e 3, I. 7 agosto 1990, n. 241 (quinto motivo); – la sentenza impugnata va, dunque, cassata, con riferimento ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. dist. di Catania, in diversa composizione”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 21 ottobre 2020, n. 22909

sul ricorso iscritto al n. 20779/2012 R.G. proposto da

L. A. G., rappresentato e difeso dall’avv. Maria Grazia Ciaramitaro, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Giuseppe Lipera, sito in Roma, via Attilio Regolo, 19

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, e Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12

– controricorrenti –

avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. dist. di Catania, n. 306/34/11, depositata il 13 giugno 2011.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio 2020 dal Consigliere Paolo Catallozzi

Rilevato che

– L. A. G. propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. dist. di Catania, depositata il 13 giugno 2011, che, in accoglimento dell’appello dell’Ufficio, ha respinto il suo ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento con cui era stata rettificata la dichiarazione resa per l’anno 2000;

– il giudice di appello, dopo aver dato atto che la Commissione provinciale aveva accolto il ricorso, ha accolto il gravame erariale, ritenendo legittimo l’atto impositivo sia nella parte in cui ha qualificato l’agevolazione finanziaria riconosciuta al contribuente ai sensi della I. 19 dicembre 1992, n. 488, quale contributo in conto capitale, in quanto tale rilevante quale sopravvenienza attiva, sia nella parte in cui ha contestato l’omessa conservazione e contabilizzazione di operazioni passive;

– il ricorso è affidato a cinque motivi;

– resistono, con unico controricorso, l’Agenzia delle Entrate e il Ministero dell’Economia e delle Finanze;

Considerato che

– con il primo motivo di ricorso il contribuente denuncia, con riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 16, 17, 20 e 53, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, per aver la sentenza impugnata omesso di rilevare l’inammissibilità dell’appello dell’Ufficio per inesistenza della relativa notifica, effettuata al difensore non domiciliatario nel giudizio di primo grado e, dunque, a soggetto estraneo al giudizio di primo grado;

– con il secondo motivo deduce, con riferimento all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 1, 16, 17, 20 e 53, d.lgs. n. 546 del 1992, e 325 c.p.c., poiché, accertata l’inesistenza della notifica dell’atto di appello, la Commissione regionale avrebbe dovuto dare atto del passaggio in giudicato della sentenza di primo grado, astenendosi dal pronunciarsi sui motivi di gravame;

– i motivi, esaminabili congiuntamente per la loro evidente connessione, sono, nei limiti che seguono, fondati;

– dall’esame degli atti si evince che, come allegato dal ricorrente, l’atto di appello dell’ufficio è stato notificato presso il dott. A.B.G., difensore del contribuente nel giudizio di primo grado, benché presso lo stesso non era stato eletto domicilio – eletto presso lo studio legale C. – e a ciò aveva fatto seguito lo svolgimento del giudizio di secondo grado nella sua contumacia;

– orbene, in tema di contenzioso tributario, la notifica dell’appello, cui si applica l’art. 17 del d.lgs. n. 546 del 1992, avente carattere di specialità rispetto all’art. 330 c.p.c., va effettuata, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio, con la conseguenza che è nulla (e non inesistente) ove eseguita presso il procuratore costituito in primo grado ma non domiciliatario (cfr. Cass. 17 febbraio 2017, n. 4233; vedi, altresì, sulla natura del vizio della notificazione e sui suoi effetti, Cass. Sez. Un., 20 luglio 2016, n. 14916);

– tale nullità, in quanto non sanata dalla costituzione del convenuto e rilevata solo in sede di legittimità, comporta la cassazione della sentenza con rinvio ad altro giudice di pari grado, dinanzi al quale, essendo ormai l’impugnazione pervenuta a conoscenza dell’appellato, è sufficiente la riassunzione della causa nelle forme di cui all’art. 392 c.p.c.;

– all’accoglimento, nei limiti riferiti, dei primi due motivi di ricorso segue l’assorbimento dei motivi in cui il contribuente si duole della motivazione apparente della sentenza impugnata (terzo motivo), della violazione e falsa applicazione dell’art. 55, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917 (quarto motivo) e della violazione e falsa applicazione degli artt. 7, primo comma, I. 27 luglio 2000, n. 212, e 3, I. 7 agosto 1990, n. 241 (quinto motivo);

– la sentenza impugnata va, dunque, cassata, con riferimento ai motivi accolti e rinviata, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. dist. di Catania, in diversa composizione.

P.Q.M.

Accoglie, nei limiti riferiti, il primo e il secondo motivo di ricorso e dichiara assorbiti i restanti; cassa la sentenza impugnata con riferimento ai motivi accolti e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale della Sicilia, sez. dist. di Catania, in diversa composizione. Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 31 gennaio 2020

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