FISCALITA IVA LEGGE

Partite IVA apri e chiudi, nuove misure contro evasione e frodi

Tra le novità introdotte con la legge di legge di bilancio (n. 197/2022), anche una serie di misure deterrenti volte a contrastare le frodi e l’evasione fiscale, che introducono nuove regole, controlli e sanzioni. Nel mirino del Fisco le cosiddette partite IVA apri e chiudi: si tratta di attività che

comportano l’apertura di una partita IVA per un breve periodo e la sua chiusura nel corso dello stesso anno, prima di versare le imposte dovute e senza che se ne possa individuare il titolare, per poi aprirne una nuova sotto un’altra denominazione: un fenomeno che sembra risultare particolarmente praticato da stranieri, che aprono partite IVA fittizie e diventano poi irreperibili.

Il contesto normativo è delineato dai commi da 148 a 150 dell’art. 1, che intervengono sull’art. 35 del DPR 633/1972, in materia di dichiarazioni di inizio, variazione e cessazione attività. L’Agenzia delle Entrate è chiamata a eseguire specifiche e accurate analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite IVA per rintracciare soggetti fiscalmente pericolosi, per poi invitarli a esibire i documenti attestanti l’effettivo esercizio di un’attività economica.

I dettagli operativi per definire i criteri, le modalità e i termini per l’attuazione delle nuove disposizioni saranno stabiliti da uno o più provvedimenti dell’Agenzia delle entrate.

Le analisi del rischio

In particolare, il nuovo comma 15-bis.1 sancisce che l’Agenzia delle entrate effettua specifiche analisi del rischio connesso al rilascio di nuove partite IVA, all’esito delle quali l’ufficio finanziario invita il contribuente a comparire di persona per esibire la documentazione atta a verificare l’effettivo esercizio dell’attività, ovvero le scritture contabili obbligatorie per imprese commerciali, società ed enti equiparati e titolari di attività d’impresa, professionale o artistica (bilancio, fatture, ricevute), per comprovare l’assenza dei profili di rischio individuati.  

In caso di esito negativo, come la mancata comparizione di persona del contribuente o il riscontro operato sui documenti esibiti non provano lo svolgimento dell’attività, l’ufficio finanziario emana il provvedimento di cessazione della partita IVA e il contribuente è soggetto alla sanzione amministrativa di 3.000 euro, che viene irrogata contestualmente al provvedimento che dispone la cessazione.

Nuova apertura, la garanzia necessaria

Ai sensi del nuovo comma 15-bis.2, invece, in caso di cessazione la partita IVA può essere successivamente richiesta dallo stesso soggetto, come imprenditore individuale, lavoratore autonomo o rappresentante legale di società, associazione o ente, con o senza personalità giuridica, costituiti in data successiva al provvedimento di cessazione.

In questi casi, però, il soggetto che intende riaprire la partita IVA dopo aver ricevuto un provvedimento di cessazione d’ufficio, considerato evidentemente poco affidabile, potrà farlo soltanto a seguito del rilascio di una polizza fideiussoria o fideiussione bancaria della durata di 3 anni dalla data del rilascio e per un importo non inferiore a 50.000 euro.

In caso di eventuali violazioni fiscali commesse prima dell’emanazione del provvedimento di cessazione, l’importo della fideiussione deve essere pari all’importo, se superiore a 50.000 euro, dovuto a seguito di dette violazioni fiscali, sempreché nel frattempo non siano state versate.

Eliminata la responsabilità degli intermediari La stesura iniziale del disegno di legge prevedeva la responsabilità solidale degli intermediari, per cui i commercialisti o gli altri intermediari abilitati che comunicano l’apertura della partita IVA e l’inizio attività da parte di terzi dovevano essere assoggettati alla sanzione di 3.000 euro prevista per la chiusura d’ufficio. Nel corso dell’iter parlamentare di approvazione, accogliendo le rimostranze e le osservazioni formulate e del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili (CNDCEC) e dell’Associazione nazionale commercialisti (ANC), con un emendamento approvato in Commissione Bilancio della Camera la responsabilità in solido per i professionisti è stata eliminata e la sanzione resta prevista solo in capo al contribuente, unico destinatario.

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