CASSAZIONE

Nulla la cartella esattoriale priva dell’indicazione del calcolo degli interessi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 27071 del 15 novembre 2017, intervenendo sulle procedure effettuate per la determinazione del calcolo degli interessi maturati sul debito tributario ha ritenuto che la carenza di motivazione relativa al calcolo degli interessi, nella cartella di pagamento, determina l’invalidità dell’atto, non rilevando che il debito sia stato riconosciuto in una sentenza passata in giudicato, dal momento che il contribuente dev’essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi, tanto più che alle cartelle di pagamento notificate dopo l’entrata in vigore della legge n. 212/2000 dev’essere allegata la sentenza.

I Supremi Giudici, supportati anche da una vigorosa linea giurisprudenziale, hanno accolto il ricorso presentato da un contribuente, soccombente nei primi gradi di giudizio, che si era lamentato del mancato accoglimento delle proprie eccezioni da parte dei giudici di merito e, in particolare, quando la CTR adita aveva affermato che la cartella di pagamento, assolvendo a una funzione meramente riscossiva, non deve obbligatoriamente indicare le modalità di calcolo degli interessi in quanto tali chiarimenti erano già indicati nell’avviso di accertamento.

In buona sostanza il contribuente lamentava che la cartella esattoriale deve specificare i criteri di calcolo degli interessi, anche al fine di verificare se è stato applicato l’anatocismo o se i tassi e le sanzioni sono davvero quelli previsti dalla legge e non superiori.

Il principio che emerge chiaramente dalla vigente giurisprudenza è inequivocabile: non esiste alcuna presunzione di legittimità dei calcoli fatti dalla Riscossione quando chiede, oltre all’imposta, anche le sanzioni e gli interessi. Il contribuente non è tenuto a fidarsi di quello che gli dice l’esattore, ma deve poterlo verificare concretamente sino all’ultimo centesimo. Del resto, si tratta di un principio sacrosanto espresso dalla legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del Contribuente).

La Suprema Corte ha accolto la tesi del contribuente ricordando la precedente giurisprudenza, nella quale viene costantemente propugnato che: “… in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario deve essere motivata; non rilevando che il debito sia stato riconosciuto in una sentenza passata in giudicato, dal momento che il contribuente dev’essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi, tanto più che alle cartelle di pagamento notificate dopo l’entrata in vigore della legge n. 212 del 2000 dev’essere allegata la sentenza» (Cass. nn. 15554/2017, 8651/2009; cfr. in motivazione Cass. n. 4516/2012). La Commissione, nel disattendere tale principio, non ha nemmeno chiarito sulla scorta di quali specifici elementi di fatto fosse addivenuta alla contraria conclusione e la decisione risulta viziata. 2. Conclusivamente, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la controversia va rinviata alla CTR della Puglia in diversa composizione per il riesame e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità”.

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza n. 27071 del 15 novembre 2017

Rilevato che:

  1. La CTR della Puglia, con la sentenza in epigrafe indicata, ha confermato la prima decisione con la quale era stato respinto il ricorso proposto da A.P. avverso ruolo e cartella di pagamento emessi per IRPEF ed ILOR, anni di imposta 1991 e 1992.

Il giudice di appello ha affermato che la cartella di pagamento, assolvendo ad una funzione meramente riscossiva, non doveva obbligatoriamente indicare le modalità di calcolo degli interessi – come sostenuto dal contribuente- in quanto tali chiarimenti erano già indicati nell’avviso di accertamento.

  1. Il contribuente ricorre per cassazione con due motivi, ai quali replicano l’Equitalia ETR SPA e l’Agenzia delle entrate con separati controricorsi. La memoria depositata dal contribuente risulta tardiva.
  2. Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio ai sensi degli artt. 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ.

Considerato che:

1.1. Primo motivo – Si denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 17 della legge n.212/2000 in combinato disposto (art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ.) da parte della CTR, per avere negato che la cartella dovesse essere motivata in merito alla norma disciplinatrice, alle percentuali ed ai criteri di calcolo e liquidazione degli interessi per ritardata iscrizione a ruolo del tributo.

Secondo il contribuente, erroneamente era stata ritenuta legittima la cartella priva di tali indicazioni, posto che – contrariamente a quanto assunto dalla CTR -, la liquidazione degli interessi non era avvenuta in sede di avvisi di accertamento costituenti la fonte della loro iscrizione a ruolo.

1.2. Secondo motivo – Si denuncia la insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art.360, comma 1, n.5, cod. proc. civ.).

Secondo il ricorrente la CTR ha erroneamente assunto che gli avvisi di accertamento, atti presupposti, contenessero le indicazioni circa le modalità di calcolo degli interessi, di modo da rendere legittima la successiva cartella, mentre – al contrario – erano privi di tali elementi.

1.3. I motivi possono essere trattati congiuntamente per connessione; sono fondati e vanno accolti.

1.4. Come si evidenzia dalla lettura della sentenza, la cartella venne emessa, in ragione di avvisi di accertamento che erano stati impugnati, solo all’esito del passaggio in giudicato della relativa sentenza.

Nel caso in esame, quindi, trova diretta applicazione il principio già espresso da questa Corte, in ragione del quale «in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario deve essere motivata; non rilevando che il debito sia stato riconosciuto in una sentenza passata in giudicato, dal momento che il contribuente dev’essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi, tanto più che alle cartelle di pagamento notificate dopo l’entrata in vigore della legge n. 212 del 2000 dev’essere allegata la sentenza» (Cass. nn. 15554/2017, 8651/2009; cfr. in motivazione Cass. n. 4516/2012).

La Commissione, nel disattendere tale principio, non ha nemmeno chiarito sulla scorta di quali specifici elementi di fatto fosse addivenuta alla contraria conclusione e la decisione risulta viziata.

  1. Conclusivamente, il ricorso va accolto; la sentenza impugnata va cassata e la controversia va rinviata alla CTR della Puglia in diversa composizione per il riesame e la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

– accoglie il ricorso;

– cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR della Puglia in diversa composizione per il riesame e la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità

 

 

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