CASSAZIONE

Nulla la cartella che non riporta il calcolo degli interessi

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10481 del 2 maggio 2018, ha stabilito che la cartella esattoriale che non acclude il calcolo degli interessi sul debito tributario preteso è nulla, in quanto non consente al contribuente di verificare la correttezza della pretesa dell’Amministrazione finanziaria e di difendersi adeguatamente.

Secondo la Suprema Corte – che conferma d’altronde l’esistenza di un consolidato principio giurisprudenziale ribadito peraltro nelle sentenze n. 8651 del 2009, n. 15554 e 5554 del 2017 – e semplificando, si può tradurre che in tema di riscossione delle imposte sui redditi la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario dev’essere sempre motivata. Nel concetto di motivazione rientra anche il dettaglio del conteggio degli interessi sul debito, dal momento che il contribuente dev’essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo.

Il caso in esame, da cui trae origine questa apprezzabile decisione, riguarda, per l’appunto, l’impugnazione di una cartella esattoriale in cui non solo non erano stati indicati i criteri di calcolo degli interessi dovuti ma anche il tasso applicato e la decorrenza del pagamento degli interessi.

Il ricorso presentato evidenziava questa situazione, sottolineando come l’atto fosse privo delle indicazioni riguardanti i criteri di calcolo svolti per giungere a determinare la cifra degli interessi dovuti.

Per quanto riguarda questi ultimi, la Commissione tributaria regionale intervenuta in giudizio aveva ritenuto nulla la cartella.

Da qui, l’Agenzia delle entrate decideva di ricorre in Cassazione, sostenendo che non è necessario riportare i criteri di calcolo in quanto sono predeterminati per legge, e che la redazione della cartella segue un modello ministeriale che non prevede alcuna specifica in merito.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia confermando la decisione della Commissione tributaria regionale.

In particolare, i giudici di legittimità hanno ricordato che la cartella di pagamento deve motivare gli interessi maturati sul debito tributario in quanto il contribuente deve essere in grado di verificare la correttezza del calcolo e pertanto: “ … va rigettato il primo motivo di ricorso con cui la difesa erariale, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11, comma 1, 20 e 25, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973, sostiene che avevano errato i giudici di appello nel ritenere necessaria l’esplicitazione nella cartella di pagamento, peraltro redatta secondo l’approvato modello ministeriale, dei criteri di calcolo degli interessi, essendo gli stessi rigidamente predeterminati per legge;

— che, invero, il motivo in esame si pone in aperta contraddizione con il principio giurisprudenziale, più volte ribadito da questa Corte e dal quale non v’è ragione di discostarsi, secondo cui, «in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario dev’essere motivata dal momento che il contribuente dev’essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi» (Cass. n. 8651 del 2009 e n. 15554 del 2017)”.

 

 

Corte di Cassazione Ordinanza 2 maggio 2018, n. 10481

Sul ricorso iscritto al n. 6048-2017 R.G. proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, C.F. 06363391001, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, presso la quale è domiciliata in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;

– ricorrente –

contro C. M. P.;

– intimata –

avverso la sentenza n. 7664/32/2016 della Commissione tributaria regionale della CAMPANIA, depositata 1’1/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 21/03/2018 dal Consigliere Lucio LUCIOTTI.

RILEVATO

— che l’Agenzia delle entrate ricorre con due motivi nei confronti di M. P. C., che resta intimata, per la cassazione della sentenza in epigrafe indicata con la quale la CTR, in controversia relativa ad impugnazione di cartella di pagamento recante iscrizione a ruolo delle somme dovute dalla contribuente ai fini IRPEF per l’anno 1996 così come risultanti da un avviso di accertamento divenuto definitivo a seguito di sentenza irrevocabile (n. 2781/46/2014), annullava la predetta cartella limitatamente all’importo degli interessi dovuti, mancando l’indicazione dei criteri di calcolo;

— che sulla proposta avanzata dal relatore ai sensi del novellato art.380 bis cod. proc. civ., risulta regolarmente costituito il contraddittorio;

— che il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata;

CONSIDERATO

— che è infondato e va rigettato il primo motivo di ricorso con cui la difesa erariale, deducendo la violazione e falsa applicazione degli artt. 10, 11, comma 1, 20 e 25, comma 2, d.P.R. n. 602 del 1973, sostiene che avevano errato i giudici di appello nel ritenere necessaria l’esplicitazione nella cartella di pagamento, peraltro redatta secondo l’approvato modello ministeriale, dei criteri di calcolo degli interessi, essendo gli stessi rigidamente predeterminati per legge;

— che, invero, il motivo in esame si pone in aperta contraddizione con il principio giurisprudenziale, più volte ribadito da questa Corte e dal quale non v’è ragione di discostarsi, secondo cui, «in tema di riscossione delle imposte sul reddito, la cartella di pagamento degli interessi maturati su un debito tributario dev’essere motivata dal momento che il contribuente dev’essere messo in grado di verificare la correttezza del calcolo degli interessi» (Cass. n. 8651 del 2009 e n. 15554 del 2017);

— che il secondo motivo di ricorso, con cui la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 della legge n. 212 del 2000 e 3 della legge n. 241 del 1990, per avere la CTR sancito la nullità della cartella per omessa allegazione alla stessa della sentenza definitiva emessa nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento, deve ritenersi assorbito, essendo comunque inammissibile perché diretta a censurare una ratio decidendi non rinvenibile nella predetta statuizione, in quanto il riferimento alla questione della necessaria allegazione alla cartella di pagamento della sentenza definitiva sul credito erariale si spiega per il fatto che la CTR opera una mera riproduzione della motivazione della sentenza di questa Corte n. 8651 del 2009, sopra citata, che anche di tale questione tratta, ma senza assumerla a fondamento della propria decisione;

— che, conclusivamente, il ricorso va rigettato senza necessità di provvedere sulle spese, stante la mancata costituzione in giudizio dell’intimata, mentre risultando soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115;

P.Q.M.

rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma il 21/03/2018

 

 

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