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Le scadenze per la rottamazione ter e il saldo e stralcio. L’Agenzia delle entrate-Riscossione ricorda le prossime scadenze per i due provvedimenti, sottolineando che anche un solo versamento effettuato in ritardo,

oltre a far perdere il diritto all’adesione agevolata dei debiti, comportano la decadenza del piano di rientro e si trasforma in acconto sugli importi iscritti nei ruoli.

Queste le prossime scadenze per la rottamazione ter: a) chi ha aderito entro aprile 2019 e ha pagato le prime due rate entro il 2 dicembre, deve effettuare i versamenti successivi ogni anno entro il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre; b) per chi è rientrato automaticamente nella rottamazione ter dopo aver parzialmente fruito di quella bis, le scadenze delle rate sono il 31 luglio e il 30 novembre dal 2020 in poi; c) chi ha presentato la domanda di adesione entro il 31 luglio 2019 e ha optato per il pagamento dilazionato, dovrà pagare le prossime rate entro il 28 febbraio, il 31 maggio, il 31 luglio e il 30 novembre 2020.

Per il cosiddetto saldo e stralcio, con la prima o unica rata scaduta il 2 dicembre (il 30 novembre era sabato), per chi ha optato per il pagamento rateale le successive 4 rate devono essere pagate: il  20% entro il 31 marzo 2020; il 15% entro il 31 luglio 2020; il 15% entro il 31 marzo 2021 e il restante 15% entro il 31 luglio 2021.

Pochi investimenti, economia in stagnazione. Il Centro studi Confindustria rileva l’attuale condizione di difficoltà dell’industria, che resta in stagnazione anche nel quarto trimestre 2019. Le cause, si legge nel documento, sono la mancanza di investimenti e il calo del credito. Il mese di novembre è stato fiacco per i consumi delle famiglie e l’Istat stima un calo dello 0,2% per le vendite al dettaglio. Aumentano le vendite dei beni alimentari (+2,2%) e sono stazionarie le vendite dei beni non alimentari (+0,1%). Continua il trend positivo per il commercio al dettaglio, ma l’andamento positivo è limitato al commercio elettronico e alla grande distribuzione.

Nel 2019 l’inflazione si è dimezzata. Riguardo il conteggio sull’andamento dei prezzi dello scorso anno, l’Istat ha comunicato che sono cresciuti dello 0,6%, contro il +1,2% registrato nel 2018. Anche escludendo dal conteggio i prezzi energetici e degli alimentari freschi (i più soggetti alla volatilità), ottenendo così la cosiddetta “inflazione di fondo”, la crescita resta minima, dello 0,5%, rispetto dal +0,7% del 2017. A dicembre l’inflazione è stata dello 0,2% su base mensile e dello 0,5% su base annua. Secondo l’Istituto di statistica la leggera ripresa dell’inflazione a dicembre è da attribuire principalmente all’accelerazione dei prezzi dei carburanti. La crescita in media annuale dei prezzi al consumo del paniere, dimezzata rispetto al 2018, conferma la debolezza dell’inflazione che si è registrata per tutto l’anno scorso. Riguardo i diversi capitoli di spesa, nel 2019 i prezzi hanno subito un rallentamento per i trasporti (da +2,7% a +0,8%), abitazione, acqua, elettricità e combustibili (da +2,5% a +1,3%), Ricreazione, spettacoli e cultura (da +0,4% a -0,1%).

Banche, nel 2019 persi oltre 75.000 posti. Un anno da dimenticare, il 2019, per il lavoro nel settore bancario, già penalizzato dal rallentamento dell’economia, dai tassi negativi e delle innovazioni digitali. Il problema non è locale, ma planetario, visto che gli istituti di credito di tutto il mondo hanno predisposto un ridimensionamento del personale: ci sono dati (Bloomberg) e documenti presentati dalle società e dai sindacati nei quali si parla di oltre 50 banche che hanno annunciato il taglio di 75.000 posti di lavoro, secondo solo agli oltre 91.000 del 2015. Dalla grande crisi del 2008 l’Europa ha perso il 20% degli addetti (circa 300.000), gli Stati Uniti il 7,5%. In Italia il nuovo piano industriale 2020-2023, presentato di recente da Unicredit, prevede di  eliminare 8.000 posti di lavoro a tempo pieno e secondo i sindacati 5-6.000 saranno in Italia, dove potrebbero essere chiuse 450 delle 500 filiali previste nei quattro anni.

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