FISCALITA

L’Ocse alza le stime dell’Italia, l’Istat le abbassa

L’Ocse ha alzato le stime sulla crescita dell’economia italiana, promosso la riforma del lavoro del Governo (Jobs Act) e gli sgravi per le assunzioni: secondo l’Organizzazione parigina il prodotto italiano crescerà “dello 0,8% quest’anno (2015, N.d.R.) e dell’1,4% nel 2016”.

A novembre, nell’ultima edizione del suo Economic Outlook, l’Organizzazione di Parigi ha affermato che per il Pil dell’Italia, ridottosi dello 0,4% nel 2014, è previsto un +0,8% nel 2015 e un’espansione dell’1,4% sia nel 2016 che nel 2017. Si tratta di una lieve prospettiva al rialzo rispetto alle previsioni contenute nell’Interim Economic Outlook di settembre (+0,7% nel 2015, +1,3% nel 2016). Queste altre stime, dopo quelle diffuse da Istat e Commissione Ue, risultano tutto sommato in linea con quelle del Governo per il 2015 (+0,9% per la nota di aggiornamento del Def) e un po’ meno ottimistiche per il prossimo (+1,6% secondo il Governo).

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Una nota positiva per il nostro Paese giunge da riforme e recupero del lavoro: il Governo italiano ha attuato “riforme significative che hanno stimolato la crescita”, in particolare il Jobs Act e gli sgravi per le assunzioni, che hanno portato a un “rilevante incremento dei contratti a tempo indeterminato e allargato la rete di sicurezza sociale, rendendo la crescita più inclusiva” e “stanno trainando la svolta del mercato del lavoro”. Tuttavia, prosegue l’Organizzazione, il credito bancario continua a essere frenato dall’elevato e crescente numero di crediti deteriorati, che ostacolano gli investimenti. Secondo l’Ocse il tasso di disoccupazione scenderà dal 12,3% del 2015 all’11,7% nel 2016 e 11% nel 2017, ma per rafforzare la crescita occorre rendere permanenti gli sgravi fiscali per i neoassunti, “spostando il carico fiscale dal lavoro ai consumi e al mercato immobiliare”, affermazione interpretata come una critica alla riduzione delle imposte sugli immobili. L’Organizzazione ritiene inoltre “fondamentale” l’istituzione di un’Agenzia Nazionale del Lavoro, poiché le politiche attive si riveleranno decisive per diminuire la disoccupazione strutturale: “Le riforme approvate o in corso di approvazione sulle bancarotte, sul sistema scolastico, sulla concorrenza e sulla pubblica amministrazione rafforzeranno le prospettive di crescita, e sono necessarie ulteriori iniziative per chiudere i ‘gender gap’ incoraggiando la partecipazione della forza lavoro femminile e per abbassare la disoccupazione giovanile, che resta elevata”.

Il miglioramento spingerà i consumi, con un progresso di +0,7% nel 2015, +1,4% quest’anno e +1,2% nel 2017.

Il deficit fiscale è atteso in calo nei prossimi due anni, “in larga parte per effetto del rafforzamento dell’economia, ma anche per alcuni tagli alla spesa”, mentre l’export (+3,3% nel 2016 dopo +4,1% nel 2015 e +4,6% nel 2017) risente della bassa crescita dei mercati esteri: sulle esportazioni potrebbe pesare la debolezza della Russia.

Nel complesso, però, “le prospettive di crescita globale si sono fatte più fosche quest’anno (2015, N.d.R.), le economie dei Paesi emergenti sono una fonte chiave di incertezza, dato il loro ampio contributo al commercio globale e alla crescita del Pil”. Per questa ragione il pronostico di espansione globale per il 2015 scende a +2,9% dal +3% prospettato nel rapporto intermedio di settembre e dal +3,1% indicato nell’outlook di giugno. Per l’anno appena iniziato le attese calano a +3,3% dal +3,6% stimato tre mesi fa e dal +3,8% di giugno, mentre per il 2017 le prime indicazioni sono di una crescita globale del 3,6%. In questa decelerazione rientra anche l’Eurozona, per la quale si prevede un aumento del Pil dell’1,8% nel 2016 (da +2,1% indicato a giugno, rivisto a settembre a +1,9%) e dell’1,9% nel 2017, dopo +1,5% nel 2015 (da +1,6% stimato a settembre e +1,4% nell’outlook primaverile).

Le preoccupazioni

A preoccupare è l’andamento del commercio globale: l’Ocse stima l’interscambio mondiale in progresso solo del 2% nel 2015, la metà del 3,9% prospettato a giugno e del 3,6% nel 2016 (contro il 5,3%), con una ripresa a +4,8% solo nel 2017. Nell’editoriale dell’outlook si legge che “Il commercio mondiale è un’importante ‘spia’ dell’andamento dell’output globale. I tassi di crescita dell’interscambio osservati finora nel 2015, nel passato sono stati associati a una recessione globale”. La differenza con il 2012-13, quando la debolezza dell’interscambio proveniva dai Paesi avanzati, è che ora il problema coinvolge i Paesi emergenti e secondo alcuni osservatori proprio questa debolezza non potrà non contagiare l’Italia e le sue esportazioni: ecco spiegato uno dei motivi della maggior cautela rispetto al governo sul Pil del 2016.

L’Istat taglia la stima di crescita

Come cambiano i numeri. A novembre, secondo i dati Istat, il Prodotto interno lordo italiano sarebbe aumentato dello 0,9% in termini reali, mentre un mese dopo non è più così, perché a dicembre la crescita del Pil risulta al di sotto delle attese nel terzo trimestre dell’anno. Nell’elaborazione diffusa ai primi di dicembre l’Istat ha scritto che la crescita italiana potrebbe essere dello 0,7%, 0,2 punti di Pil in meno di quanto messo in conto dal Governo (poco più di 3 miliardi di euro), dati peraltro in linea con un contemporaneo aggiornamento delle previsioni da parte dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Secondo l’Istituto di statistica, infatti, “la crescita ottenuta dal confronto tra i dati trimestrali corretti per i giorni lavorativi del 2015, che includono la previsione per il quarto trimestre, con quelli del 2014 è pari allo 0,7%”. Per quanto concerne i giorni lavorativi (nel 2015 ce ne sono 3 in più rispetto al 2014), il computo annuo definitivo verrà diffuso a inizio marzo.

Nella nota mensile con le prospettive italiane a breve termine si legge che “l’andamento positivo dell’economia italiana è stato guidato dalla crescita del valore aggiunto nel settore manifatturiero e, in misura limitata, nei servizi. Per il quarto trimestre ci si attende il proseguimento, seppure a ritmi moderati, della fase espansiva iniziata nei primi mesi dell’anno, con il percorso di crescita che rimane caratterizzato dall’attuale fase del ciclo internazionale che condiziona negativamente la dinamica delle esportazioni italiane”.
Dati lievemente migliori arrivano dal mondo del lavoro: sempre secondo l’Istituto di statistica, a ottobre il tasso di disoccupazione è rimasto invariato all’11,5%, dopo il calo dei tre mesi precedenti, anche se la stima dei disoccupati, nello stesso mese, diminuisce dello 0,5% (-13.000); il calo riguarda le donne e la popolazione con oltre 34 anni di età. Nei dodici mesi, invece, la disoccupazione scende del 12,3% (-410.000 persone in cerca di lavoro) e il tasso di disoccupazione di 1,4 punti. Si evidenzia che il tasso di disoccupazione di ottobre all’11,5% risulta essere il dato più basso dal dicembre 2012, quando i senza lavoro erano all’11,4%. In particolare, a ottobre il tasso di disoccupazione maschile, pari all’11,1%, aumenta di 0,1 punti percentuali, mentre quello femminile, del 12,2%, cala di 0,2 punti. Nello stesso mese, tuttavia, è salita al 39,8% la disoccupazione giovanile (dai 15 ai 24 anni), in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al mese precedente.

Sale la produzione industriale

Sulla base dei dati diffusi a novembre, una notizia positiva: l’Istat ha rilevato che a settembre la produzione industriale è tornata a crescere. L’indice destagionalizzato è aumentato dello 0,2% rispetto ad agosto (mese in cui si era registrato un calo congiunturale dello 0,5%): corretto per gli effetti di calendario, a settembre 2015 l’indice è aumentato in termini tendenziali dell’1,7% (i giorni lavorativi sono stati 22 come a settembre 2014). Nella media del trimestre luglio-settembre 2015 la produzione è cresciuta dello 0,4% nei confronti del secondo trimestre, a fronte di una variazione pari a zero registrata nel trimestre giugno-agosto rispetto al precedente. Nella media dei primi nove mesi dell’anno la produzione è aumentata dello 0,9% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

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Continua a correre la produzione di automobili: a settembre, rispetto allo stesso mese del 2014, il dato corretto per gli effetti di calendario ha segnato un +53,1%. Su base tendenziale, tra gennaio e settembre 2015 la produzione ha registrato un +45,6% (dato grezzo +46,9%). La crescita mensile è concentrata nel comparto dei beni intermedi, l’unico tra i principali raggruppamenti di industrie a registrare una variazione congiunturale positiva (+0,7%); variazioni negative per l’energia (-1,5%) e per i beni di consumo (-1,0%) mentre i beni strumentali segnano una variazione nulla. Nel confronto con settembre 2014 si registrano aumenti nei settori dei beni strumentali (+5,3%), dell’energia (+2,3%) e dei beni di consumo (+0,1%); diminuiscono invece i beni intermedi (-0,1%).

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