CASSAZIONE FISCALITA

Le società sportive dilettantistiche e la perdita della qualifica di ente non commerciale

Tributi – Accertamento – Agevolazioni tributarie – Associazioni sportive dilettantistiche – Registro

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 8182 del 27 aprile 2020, intervenendo sul tema delle agevolazioni fiscali previste per le associazioni sportive dilettantistiche (Asd), a seguito delle contestazioni della qualifica di ente non commerciale operate dall’Agenzia delle Entrate, ha affermato che si deve distinguere la questione relativa all’individuazione della qualità dell’ente da quella relativa alla qualificazione delle attività – commerciali o non commerciali – poste in essere dallo stesso.

In sostanza, la Suprema Corte ha ricordato che, secondo i principi di diritto affermati in analoghe controversie, l’esenzione d’imposta prevista dall’art. 148 del DPR n. 917/1986 (Tuir) in favore delle associazioni non lucrative dipende non dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma anche dall’effettivo svolgimento di attività senza fine di lucro, il cui onere probatorio incombe sulla contribuente e se non può ritenersi soddisfatto dal dato, del tutto estrinseco e neutrale, dell’affiliazione al Coni (cfr. Cassazione, n. 16449/2016), si deve comunque separare l’attività commerciale del proprietario degli impianti da quella non commerciale propria dell’Associazione. Si sottolinea in ogni caso che la giurisprudenza vigente della Cassazione ha ritenuto da tempo che le agevolazioni tributarie, di cui all’articolo 148 Tuir, in favore di enti come le associazioni sportive dilettantistiche senza scopo di lucro, “… si applicano solo a condizione che le associazioni interessate si conformino alle clausole riguardanti la vita associativa, da inserire nell’atto costitutivo o nello statuto” (cfr. Cassazione n. 4872/2015). Inoltre, secondo quanto anche affermato con la sentenza n. 8623/2012, e più recentemente con l’ordinanza n. 31427/2019, si può desumere che “… Affinché un’associazione sportiva dilettantistica possa beneficiare delle agevolazioni fiscali previste in materia di IVA e di IRPEG, rispettivamente, dall’art. 4 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e dall’art. 111 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, non è sufficiente la sua astratta sussumibilità in una delle categorie previste da tali norme, ma è necessario che essa dia prova di svolgere la propria attività nel pieno rispetto di tutte le prescrizioni imposte da esse”.

La pratica dell’attività sportiva a livello dilettantistico ha avuto, nel corso degli ultimi decenni, una diffusione costante e intensa tanto da assumere una rilevanza non solo sociale, ma anche economica.
Ciò spiega la crescente attenzione che il legislatore tributario ha dimostrato per la materia.

In particolare, gli interventi normativi succedutisi nel corso del tempo hanno perseguito un duplice scopo: da un lato, favorire e incentivare la pratica sportiva dilettantistica, delineando un regime fiscale differenziato e agevolato e, dall’altro, predisporre un adeguato sistema di controlli in grado di evitare fenomeni di utilizzo distorto degli strumenti giuridici a disposizione degli enti dilettantistici.

Innanzitutto, è utile sottolineare che per attività sportiva dilettantistica si intende l’esercizio di un’attività senza scopo di lucro e per finalità di natura ideale. Pertanto, gli sportivi dilettanti

svolgono la loro attività a titolo gratuito e senza carattere di continuità. L’attività sportiva dilettantistica viene esercitata prevalentemente in modo associato, secondo una delle seguenti forme giuridiche (comma 17, articolo 90, legge 289/2002), quali l’associazione sportiva dilettantistica (Asd) con o senza personalità giuridica e la società sportiva dilettantistica (Ssd), speciale categoria di società di capitali, caratterizzata dall’assenza del fine di lucro. Le

associazioni sportive

dilettantistiche rientrano nel novero degli enti non commerciali. Ai sensi dell’articolo 73, comma 1, lettera c), del Tuir, sono tali gli enti, pubblici o privati, diversi dalle società, residenti nel territorio

dello Stato che non hanno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali.

La qualifica di ente non commerciale, quindi, si ottiene e si conserva a condizione che l’attività istituzionale effettivamente esercitata abbia esclusivo o prevalente carattere non commerciale. In altri termini, ai fini del raggiungimento dei propri scopi istituzionali gli enti non commerciali possono svolgere anche attività commerciali, purché le stesse siano meramente accessorie e di

supporto rispetto all’attività istituzionale (non commerciale).

La definizione di oggetto esclusivo o principale è dettata dal comma 4, articolo 73, Tuir, in base al quale “l’oggetto esclusivo o principale dell’ente residente è determinato in base alla legge, all’atto costitutivo o allo statuto, se esistenti in forma di atto pubblico o di scrittura privata autenticata o registrata. Per oggetto principale si intende l’attività essenziale per realizzare direttamente gli

scopi primari indicati dalla legge, dall’atto costitutivo o dallo statuto”.

Tuttavia, come previsto dall’articolo 149 del Tuir l’ente, indipendentemente dalle previsioni statutarie, perde la qualifica di “non commerciale” se per un intero periodo d’imposta di fatto svolge prevalentemente attività commerciali. Pertanto, lo status di ente non commerciale va determinato in concreto, con riferimento cioè all’attività effettivamente svolta, non essendo sufficiente la mera analisi delle indicazioni contenute nell’atto costituivo e nello statuto. Il comma 4 del medesimo articolo 149, però, precisa che tale previsione non si applica alle associazioni sportive dilettantistiche, per le quali, infatti, vige una presunzione legale di sussistenza della natura non commerciale. Le Asd, quindi, sono sempre, dal punto di vista fiscale, enti non commerciali e il loro regime fiscale naturale è quello proprio di questi enti, come previsto e disciplinato dagli articoli da

143 a 149 del Tuir.

A tal proposito è bene allora sottolineare che le Asd, pur non essendo obbligate alla tenuta delle scritture contabili obbligatorie, devono porre in essere una serie di adempimenti documentali, da cui si possano dedurre la natura dilettantistica e le modalità di esercizio dell’attività.
Il rendiconto economico finanziario rappresenta senza dubbio, quindi, uno strumento di trasparenza e di controllo dell’intera gestione economica e finanziaria dell’associazione, da cui poter desumere non solo il risultato economico dell’anno, ma anche la corretta destinazione degli utili di esercizio o le modalità di copertura delle eventuali perdite.

Trattandosi di agevolazioni fiscali è lampante che sulle stesse associazioni pende l’onere della prova, al fine di dimostrare che tutti i proventi riscossi rientrino tra quelli di natura istituzionale e che l’eventuale avanzo di gestione sia reinvestito nell’ambito dell’attività sociale.
Il regime agevolativo non dipende dall’elemento formale della veste giuridica assunta, ma dall’effettivo svolgimento dell’attività senza scopo di lucro. Anche se le associazioni hanno ottenuto il riconoscimento dal Coni, il giudice tributario può appurare che tale veste formale non trova piena corrispondenza nell’attività esercitata, nascondendo una natura prettamente commerciale.

Infine, se le Asd esercitano attività di natura commerciale diventano soggetti passivi IVA solo con riferimento alle cessioni di beni e alle prestazioni di servizi effettuati nell’esercizio eventuale e occasionale di attività commerciali (o agricole). Ne consegue che per le operazioni realizzate nell’esercizio della propria attività istituzionale non assumono la veste di soggetti passivi (articolo 4, comma 4, Dpr 633/1972).

La non imponibilità dei proventi da bar ed esercizi similari, sancita dal comma 5, art. 148 del Tuir, è stata confermata dalla sentenza della Cassazione n. 280/2004.

Tornando al caso in esame, il Fisco notificava a un’associazione sportiva dilettantistica diversi avvisi di accertamento relativi a più periodi d’imposta, con i quali contestava che l’associazione operasse come ente commerciale, assoggettandone di conseguenza i proventi a tassazione. Dopo il ricorso, accolto dalla CTP con decisione confermata in appello, l’ufficio ricorreva per Cassazione lamentando che i giudici tributari avevano riconosciuto il trattamento fiscale agevolativo basandosi esclusivamente sull’appartenenza alla Federazione Italiana Nuoto. Ulteriore doglianza presente nel ricorso riguardava il presidente dell’associazione contribuente, il quale, oltre a essere tale rivestiva allo stesso tempo la carica di amministratore unico del centro sportivo, proprietario degli impianti con una S.r.l., nel medesimo periodo d’imposta oggetto di accertamento.

I giudici di legittimità non hanno però accolto il ricorso dell’Agenzia delle entrate, affermando che : “ …con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia l’omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso, per aver la Commissione regionale ha escluso la contestata natura commerciale dell’Associazione con argomentazione apodittica, essendosi limitata ad affermare che «l’associazione ha potuto dimostrare sulla base di esauriente documentazione prodotta che l’attività da lei svolta è assente la natura commerciale»; – siffatta argomentazione, per quanto succinta, è idonea a rendere percepibile l’iter logico seguito dal giudice, integrando il «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., a nulla rilevando gli allegati profili di sufficienza nell’esplicitazione dei singoli passaggi di interconnessione tra la conclusione (l’insussistenza della natura commerciale) e il fondamento di esse (il contenuto della documentazione richiamata); – con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 149, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, e 4, quarto comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per aver la sentenza impugnata riconosciuto il trattamento fiscale agevolato previsto da tali norme per le attività commerciali svolte dalle associazioni sportive dilettantistiche in ragione dell’appartenenza dell’Associazione alla Federazione Italiana Nuoto e al C.O.N.I, nonché della partecipazione dei suoi atleti a gare ufficiali; – il motivo è inammissibile; – può evidenziarsi che l’art. 73, d.P.R. n. 917 del 1986 (già 87), nell’annoverare tra i soggetti passivi (anche) gli enti non societari, opera una distinzione tra enti commerciali e enti non commerciali, in relazione al fatto che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali; – qualora si è in presenza di un ente non commerciale trova applicazione il regime di favore previsto dall’art. 143 (già, 108), in base al quale non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c. rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione; – l’art. 148 (già, 111), poi, prevede una «decommercializzazione» specifica per alcune categorie di associazioni (tra cui le associazioni sportive dilettantistiche), estendendo il regime agevolativo alle attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, qualora tali associazioni’ si conformino ad una serie di clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti, tra cui quelle aventi ad oggetto il divieto di distribuzione di utili durante la vita dell’associazione (salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge), la disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, l’obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie e la partecipazione effettiva degli associati alla vita dell’ente (commi 3 e 4 -quinquies) (cfr., in tema, Cass. 26 settembre 2018, n. 22939; Cass.9 maggio 2018, n. 11050); – deve, pertanto, distinguersi la questione relativa alla individuazione della qualità dell’ente da quella relativa alla qualificazione delle attività poste in essere dall’ente, ai fini fiscali, quali commerciali o non commerciali; – conseguentemente, le questione prospettata dall’Amministrazione può assumere rilevanza ai fini dell’esclusione dell’applicazione della richiamata norma agevolativa di cui all’art. 148, terzo comma, d.P.R. n. 917 del 1986, ostando alla qualifica delle attività svolte dall’ente quali attività non commerciali, ma non anche del contestato mancato riconoscimento della qualità di ente non commerciale dell’Associazione, la quale richiede che l’attività dell’ente abbia avuto per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività

commerciali; – tale questione, pertanto, si presenta, ai fini che qui interessano, irrilevante, in quanto priva di decisività ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno della qualità di ente commerciale dell’ente; – con il terzo motivo la ricorrente si duole dell’insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso decisivo, nella parte in cui ha affermato che il signor L. F. aveva rivestito contemporaneamente la carica di presidente dell’associazione contribuente e amministratore unico della Centro Sportivo La Vela s.r.l. solo a far data dal 23 maggio 2009 e, dunque, in data successiva al periodo di imposta in oggetto, benché le evidenze documentali dimostrassero che tale duplicità di carica era riscontrabile anche per il periodo 29 maggio 2006 – 11 luglio 2008; – il motivo è inammissibile, in quanto si risolve in una contestazione della valutazione delle risultanze probatorie effettuata dal giudice di merito; – una siffatta censura non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale e non può riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959); – con il quarto motivo la ricorrente lamenta l’insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo nella parte in cui la sentenza ha attribuito rilevanza, ai fini dell’accertamento della natura non commerciale dell’Associazione, alla circostanza che quest’ultima fosse appartenente alla Federazione Italiana Nuoto e al C.O.N.I, nonché che i suoi atleti partecipassero a gare ufficiali; – con l’ultimo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso decisivo, nella parte in cui ha argomentato dal fatto che nell’anno 2005 era stato emesso avviso di accertamento nei confronti della Centro Sportivo La Vela s.r.I., proprietaria degli impianti, la separazione dell’attività commerciale, da quest’ultimo gestita, da quella non commerciale, propria dell’Associazione; – i motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati, in quanto le contestate argomentazioni della Commissione regionale, così come correttamente riferite dall’Agenzia, rendono palese l’iter seguito dal giudice e consentono di apprezzarne la sufficienza sotto il profilo logico – giuridico;

– pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 27 aprile 2020, n. 8182

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sul ricorso iscritto al n. 25935/2012 R.G. proposto da:
Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12
– ricorrente –
contro Associazione Sportiva Dilettantistica Nuoto Vela, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Nunzio Lanteri, con domicilio eletto presso il suo studio, sito in Roma, via dei Ruderi di Grottarossa, 5
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 196/14/12, depositata il 22 marzo 2012.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18 dicembre 2019 dal Consigliere Paolo Catallozzi; RILEVATO CHE:
– l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, depositata il 22 marzo 2012, di reiezione dell’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza di primo grado che aveva accolto il ricorso della Associazione Sportiva Dilettantistica Nuoto Vela per l’annullamento degli avvisi di accertamento emessi con riferimento ai periodi di imposta dal 2003 al 2007;
– dall’esame della sentenza impugnata si evince che con tali atti impositivi l’Ufficio aveva contestato che l’Associazione aveva operato quale ente commerciale e aveva recuperato le imposte non versate;
– il giudice di appello ha disatteso il gravame erariale evidenziando che l’Associazione aveva offerto prova sufficiente del fatto che l’attività dalla stessa esercitata non aveva natura commerciale;
– il ricorso è affidato a cinque motivi;
– resiste con controricorso l’Associazione Sportiva Dilettantistica Nuoto Vela;
CONSIDERATO CHE:
– con il primo motivo di ricorso l’Agenzia denuncia l’omessa motivazione su un fatto decisivo e controverso, per aver la Commissione regionale ha escluso la contestata natura commerciale dell’Associazione con argomentazione apodittica, essendosi limitata ad affermare che «l’associazione ha potuto dimostrare sulla base di esauriente documentazione prodotta che l’attività da lei svolta è assente la natura commerciale»;
– siffatta argomentazione, per quanto succinta, è idonea a rendere percepibile l’iter logico seguito dal giudice, integrando il «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost., a nulla rilevando gli allegati profili di sufficienza nell’esplicitazione dei singoli passaggi di interconnessione tra la conclusione (l’insussistenza della natura commerciale) e il fondamento di esse (il contenuto della documentazione richiamata);
– con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 148 e 149, T.U. 22 dicembre 1986, n. 917, e 4, quarto comma, d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, per aver la sentenza impugnata riconosciuto il trattamento fiscale agevolato previsto da tali norme per le attività commerciali svolte dalle associazioni sportive dilettantistiche in ragione dell’appartenenza dell’Associazione alla Federazione Italiana Nuoto e al C.O.N.I, nonché della partecipazione dei suoi atleti a gare ufficiali;
– il motivo è inammissibile;
– può evidenziarsi che l’art. 73, d.P.R. n. 917 del 1986 (già, 87), nell’annoverare tra i soggetti passivi ise.s. (anche) gli enti non societari, opera una distinzione tra enti commerciali e enti non commerciali, in relazione al fatto che abbiano o meno per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;
– qualora si è in presenza di un ente non commerciale trova applicazione il regime di favore previsto dall’art. 143 (già, 108), in base al quale non si considerano attività commerciali le prestazioni di servizi non rientranti nell’art. 2195 c.c. rese in conformità alle finalità istituzionali dell’ente senza specifica organizzazione e verso pagamento di corrispettivi che non eccedono i costi di diretta imputazione;
– l’art. 148 (già, 111), poi, prevede una «decommercializzazione» specifica per alcune categorie di associazioni (tra cui le associazioni sportive dilettantistiche), estendendo il regime agevolativo alle attività svolte in diretta attuazione degli scopi istituzionali, effettuate verso pagamento di corrispettivi specifici nei confronti degli iscritti, associati o partecipanti, qualora tali associazioni’ si conformino ad una serie di

clausole, da inserire nei relativi atti costitutivi o statuti, tra cui quelle aventi ad oggetto il divieto di distribuzione di utili durante la vita dell’associazione (salvo che la destinazione o la distribuzione non siano imposte dalla legge), la disciplina uniforme del rapporto associativo e delle modalità associative volte a garantire l’effettività del rapporto medesimo, l’obbligo di redigere e di approvare annualmente un rendiconto economico e finanziario secondo le disposizioni statutarie e la partecipazione effettiva degli associati alla vita dell’ente (commi 3 e 4 – quinquies) (cfr., in tema, Cass. 26 settembre 2018, n. 22939; Cass.9 maggio 2018, n. 11050);

– deve, pertanto, distinguersi la questione relativa alla individuazione della qualità dell’ente da quella relativa alla qualificazione delle attività poste in essere dall’ente, ai fini fiscali, quali commerciali o non commerciali; – conseguentemente, le questione prospettata dall’Amministrazione può assumere rilevanza ai fini dell’esclusione dell’applicazione della richiamata norma agevolativa di cui all’art. 148, terzo comma, d.P.R. n. 917 del 1986, ostando alla qualifica delle attività svolte dall’ente quali attività non commerciali, ma non anche del contestato mancato riconoscimento della qualità di ente non commerciale dell’Associazione, la quale richiede che l’attività dell’ente abbia avuto per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali;

– tale questione, pertanto, si presenta, ai fini che qui interessano, irrilevante, in quanto priva di decisività ai fini dell’accertamento della sussistenza o meno della qualità di ente commerciale dell’ente;
– con il terzo motivo la ricorrente si duole dell’insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso decisivo, nella parte in cui ha affermato che il signor L. F. aveva rivestito contemporaneamente la carica di presidente dell’associazione contribuente e amministratore unico della Centro Sportivo La Vela s.r.l. solo a far data dal 23 maggio 2009 e, dunque, in data successiva al periodo di imposta in oggetto, benché le evidenze documentali dimostrassero che tale duplicità di carica era riscontrabile anche per il periodo 29 maggio 2006 – 11 luglio 2008;

– il motivo è inammissibile, in quanto si risolve in una contestazione della valutazione delle risultanze probatorie effettuata dal giudice di merito;
– una siffatta censura non può trovare ingresso in questa sede in quanto la Corte di cassazione non è mai giudice del fatto in senso sostanziale e non può riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa (cfr. Cass. 28 novembre 2014, n. 25332; Cass., ord., 22 settembre 2014, n. 19959);

– con il quarto motivo la ricorrente lamenta l’insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo nella parte in cui la sentenza ha attribuito rilevanza, ai fini dell’accertamento della natura non commerciale dell’Associazione, alla circostanza che quest’ultima fosse appartenente alla Federazione Italiana Nuoto e al C.O.N.I, nonché che i suoi atleti partecipassero a gare ufficiali;

– con l’ultimo motivo di ricorso censura la sentenza impugnata per insufficiente motivazione in ordine ad un fatto controverso decisivo, nella parte in cui ha argomentato dal fatto che nell’anno 2005 era stato emesso avviso di accertamento nei confronti della Centro Sportivo La Vela s.r.l., proprietaria degli impianti, la separazione dell’attività commerciale, da quest’ultimo gestita, da quella non commerciale, propria dell’Associazione;

– i motivi, esaminabili congiuntamente, sono infondati, in quanto le contestate argomentazioni della Commissione regionale, così come correttamente riferite dall’Agenzia, rendono palese l’iter seguito dal giudice e consentono di apprezzarne la sufficienza sotto il profilo logico – giuridico;
– pertanto, per le suesposte considerazioni, il ricorso non può essere accolto;

– le spese del giudizio di legittimità seguono il criterio della soccombenza e si liquidano come in dispositivo;

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione dell’intero giudizio, liquidate in euro 8.000,00, oltre rimborso forfettario nella misura del 15% e accessori di legge.
Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale del 18 dicembre, 2019.

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