EUROPA FISCALITA

Le indagini del Fisco sui redditi esteri e il CRS dell’Ocse

Il Common Reporting Standard (CRS), introdotto dalla Direttiva 2014/107/UE con l’intento di semplificare i controlli antievasione, è il sistema multilaterale di raccolta e condivisione di dati e informazioni dell’Ocse sui conti esteri, operativo da settembre 2017, anche se l’iniziativa è stata avviata nel 2013 e porta la firma di Francia, Itali, Spagna, Regno Unito e Germania.

L’adozione di questo modello fa sì che i Paesi aderenti sono tenuti a far rispettare a tutti gli intermediari finanziari, bancari e assicurativi detentori di conti bancari e titoli del loro Paese l’obbligo di individuare i residenti esteri e di comunicarli in automatico ai rispettivi Paesi di residenza.

Il nuovo regime di cooperazione fiscale internazionale prevede una reciprocità nello scambio fra i 98 Paesi compresi nella lista, aggiornata a gennaio 2018: tra questi, Italia, Argentina, Germania, Regno Unito, Turchia, Olanda, Cina, Arabia Saudita, Federazione Russa, Sud Africa, Canada, Danimarca, Brasile, Hong Kong e Israele, ma anche Cayman, Bermuda, e Liechtenstein.

In base all’accordo i Paesi aderenti, su base reciproca, raccolgono determinate informazioni sui titolari dei conti (persone fisiche ed entità non finanziarie) per identificare i soggetti fiscalmente residenti all’estero e le inviano alle rispettive autorità per poi eseguire lo scambio, che è automatico, non su richiesta delle varie giurisdizioni, e a seguito del quale tali informazioni vengono inserite in una sorta di database internazionale.

Sono esclusi da questi obblighi di trasparenza le società quotate e i conti degli intermediari finanziari.

 

In Italia

Il modello internazionale di accordo è stato recepito in Italia tramite l’attuazione di due Direttive dell’Unione Europea, la 16 del 2011 e la 107 del 2014, che hanno introdotto nell’ordinamento Ue gli standard internazionali Ocse del CRS.

Gli intermediari finanziari, bancari e assicurativi (IF) sono obbligati a inviare all’Agenzia delle Entrate le segnalazioni sui clienti che risultano fiscalmente residenti nei Paesi aderenti al CRS, completi di dati anagrafici e patrimoniali, ai fini della condivisione dei seguenti dati: numero e giacenza media annuale del conto offshore, nome, indirizzo, codice fiscale, data e luogo di nascita.

Restano fuori dalle comunicazioni le società quotate e i conti detenuti dagli intermediari finanziari. Da questo scambio automatico di dati scaturiscono i questionari che nel 2018 sono arrivati o arriveranno a contribuenti italiani con redditi, attività, o altre attività all’estero, al quale dovranno rispondere per chiarire le anomalie su investimenti, conti esteri, plusvalenze finanziarie o redditi da lavoro assoggettati a tassazione in altri Paesi e non indicati nella dichiarazione dei redditi.

 

Sanzioni per chi non risponde al questionario

Per la risposta, che deve recare spiegazioni e documentazione, sono previsti 15 giorni, con l’alternativa di avviare un iter di regolarizzazione: la mancata risposta fa scattare la sanzione da 250 a 2.000 euro (art. 11, D.lgs. 471/1997), oltre alla possibilità di subire controlli fiscali nel corso dei quali sarebbe preclusa la possibilità di produrre documentazione probatoria.

L’obiettivo dichiarato è sollecitare la regolarizzazione spontanea di quei contribuenti che una volta riconosciuta la mancanza commessa, potrebbero ricorrere al ravvedimento operoso presentando un modello Unico integrativo con il quadro RW, con la conseguente riduzione delle sanzioni.

 

 

 

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