FISCALITA

La tassazione per un dipendente fiscalmente non residente

Una istanza di interpello è stata presentata da una Srl appartenente a un gruppo mondiale. Vista la dimensione internazionale del gruppo capita sovente, soprattutto ai dirigenti, di dover lavorare all’estero, presso una delle sedi ubicate in vari

Paesi del mondo. Il 1° settembre 2019 la società ha assunto un dirigente, che riveste la carica di Chief Executive Officer (Ceo), che per il periodo di imposta 2019 si è qualificato come soggetto fiscalmente non residente in Italia ai sensi dell’art. 2 del TUIR (DPR 917/1986). Poiché in base agli articoli 3 e 23 del TUIR sono imponibili in Italia solo i redditi derivanti da attività lavorativa svolta nel territorio dello Stato, secondo la società, nella sua veste di sostituto di imposta, deve essere tassato in Italia il reddito di lavoro dipendente corrisposto al Ceo esclusivamente per i giorni di presenza fisica nel territorio dello Stato, con esclusione, quindi, del reddito relativo all’attività svolta all’estero.

La determinazione del reddito

Per calcolare il reddito imponibile la Srl intende applicare il rapporto tra il numero di giorni della prestazione esercitata in Italia e il numero totale dei giorni lavorativi fra la data di assunzione (1/9/2019) e il 31 dicembre 2019, al netto dei giorni di ferie, malattie, festività e week-end, richiamando in proposito la circolare 17/2017 e la Risposta 148//2018. Il calcolo sarà effettuato dalla società in sede di conguaglio, dopo la presentazione, da parte del dirigente, di una autocertificazione di non residenza fiscale in Italia (ai sensi dell’art. 2 del TUIR) e di un registro compilato dallo stesso da cui risultano i giorni di lavoro in Italia e all’estero.

Per determinare la base imponibile tassabile, la società procederà a:

1. determinare il rapporto tra i giorni di lavoro svolto in Italia e il totale dei giorni lavorati;

2. applicare il risultato del rapporto al reddito di lavoro complessivamente erogato al Ceo;

3. calcolare la parte imponibile del reddito riferito all’attività italiana da assoggettare a tassazione;

4. quantificare, in sede di conguaglio di fine anno, la differenza tra le ritenute operate sulla retribuzione totale e l’imposta dovuta sull’imponibile riferito all’attività italiana, restituendo le eventuali ritenute operate in eccesso;

5. indicare nella CU il reddito imponibile riferito all’attività estera, escluso dalla tassazione e solo i giorni di lavoro italiani.

Convenzioni contro le doppie imposizioni e Modello Ocse

Nella risposta n. 36/2020 l’Agenzia delle entrate evidenzia che nei casi come quello prospettato, ai sensi della normativa vigente, sono imponibili in Italia solo gli emolumenti corrisposti ai lavoratori dipendenti non residenti per l’attività lavorativa svolta in Italia. Inoltre, tenuto conto dell’effetto delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, rimarca che il Modello Ocse di Convenzione per eliminare le doppie imposizioni che ispira gran parte di quelle stipulate dal nostro Paese, statuisce, tra l’altro, che “i salari, gli stipendi e le altre remunerazioni che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tal titolo sono imponibili in questo altro Stato. 2. Nonostante le disposizioni del paragrafo 1, le remunerazioni che un residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività dipendente svolta nell’altro Stato contraente sono imponibili soltanto nel primo Stato se: a) il beneficiario soggiorna nell’altro Stato per un periodo o periodi che non oltrepassano in totale i 183 giorni nel corso dell’anno fiscale considerato, b) le remunerazioni sono pagate da o per conto di un datore di lavoro che non è residente dell’altro Stato, e c) l’onere delle remunerazioni non è sostenuto da una stabile organizzazione o da una base fissa che il datore di lavoro ha nell’altro Stato”. Ciò conferma che per i soggetti non residenti il criterio che guida la tassazione dei redditi di lavoro dipendente è connesso al luogo in cui si svolge l’attività.

La corretta compilazione della CU

Al fine di determinare il reddito di lavoro dipendente imponibile in Italia, l’Agenzia ritiene congruo quanto indicato dalla società istante, anche in considerazione dei chiarimenti contenuti nella già richiamata circolare 17/E del 2017.

Riguardo alla corretta compilazione della Certificazione Unica, nella sezione “Dati fiscali” il sostituto d’imposto dovrà:

– indicare, al punto 1, il totale della retribuzione imponibile in Italia;

– riportare, al punto 6, il numero di giorni di lavoro in Italia che danno diritto alla detrazione prevista dall’art. 13, comma 1, del TUIR;

– indicare al punto 8, la data di inizio del rapporto di lavoro;

– barrare il punto 10, per indicare che il lavoratore è ancora in forza alla data del 31 dicembre 2019;

– riportare al punto 11 il codice 4, previsto per segnalare ipotesi in cui non c’è coincidenza tra i giorni di lavoro che danno diritto alle detrazioni sopra citate e la durata del rapporto di lavoro.

In caso di redditi solo parzialmente esentati da imposizione in Italia perché il percipiente risiede in uno Stato estero con cui è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni, la società sostituto dovrà anche compilare la sezione “Altri Dati” per indicare l’importo del reddito escluso dalla tassazione

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