CASSAZIONE

La cartella di pagamento è nulla se manca la prova della notifica

Tributi – Riscossione – Cartella di pagamento – Notificazione – Agente della riscossione – Art. 26, DPR n. 602 del 1973 – Notifica con raccomandata A/R – Legittimità – Attività diversa da quella degli Ufficiali giudiziari – Redazione della relata di notifica 

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6887 dell’8 aprile 2016 e l’Ordinanza n. 7156 del 12 aprile 2016, entrambe presenti in appendice, è nuovamente tornata in un brevissimo lasso di tempo ad affrontare e ricordare i punti essenziali necessari per eseguire regolarmente la notifica di una cartella esattoriale di pagamento. Il tema è assai delicato, considerando la massiva presenza di liti pendenti sull’argomento, ma di sicuro oggi più favorevole al contribuente, avendo uno strumento in più e di facile opposizione. Cerchiamo di capire il lungo iter che ha preceduto tale orientamento.

Nell’ambito del contenzioso tributario il procedimento di notifica assume rilevanza sotto vari aspetti. All’interno del giudizio già avviato le notificazioni e le comunicazioni degli atti processuali sono disciplinate dagli articoli 16 e 17 del D.Lgs. n. 546/1992 con un rinvio alle norme generali sulla notifica degli atti processuali contenute nel codice di procedura civile (articoli 137 e seguenti) e con la specifica previsione contenuta nel citato articolo 17 del luogo in cui tali notifiche devono essere effettuate.

Sotto altro e più rilevante profilo occorre richiamare la disciplina contenuta nell’articolo 60 del D.P.R. n. 600/1973 della notifica degli atti sostanziali in materia tributaria con cui gli enti impositori esternano la loro volontà in ordine nei rapporti con i contribuenti, nonché quella specifica relativa alla notifica della cartella di pagamento prevista dall’art. 26 del D.P.R. n. 602/1973. In materia di notifica a mezzo posta rileva anche l’art. 14 legge 20.11.1982, n. 890, nella parte in cui prevede, al primo comma, che: “… La notificazione degli avvisi e degli altri atti che per legge devono essere notificati al contribuente deve avvenire con l’impiego di plico sigillato e può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari, nonché, ove ciò risulti impossibile, a cura degli ufficiali giudiziari, dei messi comunali ovvero dei messi speciali autorizzati dall’Amministrazione finanziaria, secondo le modalità previste dalla presente legge. Sono fatti salvi i disposti di cui agli artt. 26, 45 e seguenti del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, e 60 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, nonché le altre modalità di notifica previste dalle norme relative alle singole leggi di imposta”.

Sul punto le Sezioni Unite della Cassazione, senza negare la differente funzione della notifica degli atti sostanziali rispetto a quella degli atti processuali, ha ritenuto applicabile ad entrambe le categorie di atti la disciplina di cui agli artt. 156 e ss c.p.c., dettata per gli atti processuali, in materia di sanatoria della nullità della notifica per il raggiungimento dello scopo (rappresentato principalmente nel contenzioso tributario dalla presentazione del ricorso), fatte salve le decadenze già maturate prima dell’intervenuta sanatoria (Cass. civ. Sez. Unite, n. 19854 del 05.10.2004), privilegiando la funzione di provocatio ad opponendum, cioè quando l’atto impositivo (cartella di pagamento, accertamento ecc.) con vizi formali (notifica irregolare) è sanato con l’impugnazione innanzi al giudice ex art 156 c.p.c, per cui l’atto ha raggiunto il suo scopo, quello di essere posto a conoscenza del destinatario per cui nulla osta il vizio formale. Tale teoria applicabile solo agli atti processuali, viene di fatto anche applicata agli atti sostanziali e quindi amministrativi da parte degli enti impositori.

Il ripetuto art. 60 pur chiamando nuovamente la disciplina generale sulle notificazioni contenuta nel codice civile elenca espressamente delle modifiche più volte oggetto di controverse interpretazioni giurisprudenziale ed in alcuni casi di dichiarazione di incostituzionalità.

L’opera del legislatore, della Corte Costituzionale e della giurisprudenza di legittimità in relazione ai richiamati articoli 60 e 26 è stata ripetutamente rivolta ad assimilare la particolare disciplina prevista in materia tributaria a quella ordinaria prevista dal codice di procedura civile (art. 137 e seguenti). Sulla notifica diretta a mezzo posta avviso di accertamento a mezzo posta, la disciplina relativa alla raccomandata con avviso di ricevimento, mediante la quale può essere notificato l’avviso di accertamento senza intermediazione dell’ufficiale giudiziario, e’ quella dettata dalle disposizioni riguardanti il servizio postale ordinario per la consegna dei plichi raccomandati, in quanto le disposizioni di cui alla legge 20 novembre 1982, n. 890, sono pertinenti esclusivamente alla notifica eseguita dall’ufficiale giudiziario ex articolo 140 cod. proc. civ. Ne consegue che, mancando apposite previsioni della disciplina postale, non deve essere redatta alcuna relata di notifica o annotazione specifica sull’avviso di ricevimento in ordine alla persona cui è stato consegnato il plico, e l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo, stante la presunzione di conoscenza di cui all’articolo 1335 cod. civ., superabile solo se il medesimo dia prova di essersi trovato senza sua colpa nell’impossibilità di prenderne cognizione (V. pure Cass. Sentenze n. 9111 del 6/6/2012, n. 270 del 2012). Cassazione Ordinanza 3 marzo 2014, n. 4895.

Riguardo alla notifica diretta a mezzo posta delle cartelle di pagamento l’orientamento, in via di costante consolidamento, è quello che “… in tema di notificazione a mezzo del servizio postale della cartella esattoriale emessa per la riscossione di imposte o sanzioni amministrative, la notificazione può essere eseguita anche mediante invio, da parte dell’esattore, di lettera raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso si ha per avvenuta alla data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto dal ricevente o dal consegnatario, “senza necessità di redigere un’apposita relata di notifica, rispondendo tale soluzione al disposto di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, articolo 26 che prescrive l’onere per l’esattore di conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione di notifica o l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta.”(Cass. 16949/2014).

Inoltre la Cassazione con la sentenza n. 6395/2014, ha precisato che tale validità nasce quando: “… è l’ufficiale postale a garantirne, nel menzionato avviso, l’esecuzione effettuata su istanza del soggetto legittimato e l’effettiva coincidenza tra destinatario e consegnatario della cartella, come confermato implicitamente dal penultimo comma del citato articolo 26”, secondo il quale il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione.

Tali precedenti traggono origine dal primo chiaro arresto con cui questa Corte affermò che la cartella esattoriale può essere notificata, ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, articolo 26, anche direttamente da parte del Concessionario mediante raccomandata con avviso di ricevimento, nel qual caso, secondo la disciplina del Decreto Ministeriale 9 aprile 2001 – articoli 32 e 39 – è sufficiente, per il relativo perfezionamento, che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senza alcun ulteriore adempimento ad opera dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alla ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente (e si aggiunse che :“… se, come nella specie, manchino nell’avviso di ricevimento le generalità della persona cui l’atto e’ stato consegnato, adempimento non previsto da alcuna norma, e la relativa sottoscrizione sia addotta come inintelligibile, l’atto e’ pur tuttavia valido, poiché la relazione tra la persona cui esso e’ destinato e quella cui e’ stato consegnato costituisce oggetto di un preliminare accertamento di competenza dell’ufficiale postale, assistito dall’efficacia probatoria di cui all’articolo 2700 c.c. ed eventualmente solo in tal modo impugnabile, stante la natura di atto pubblico dell’avviso di ricevimento della raccomandata (Cass. 11708/2011, e Cass. 14327/09)”. La sfera della disciplina normativa della notificazione della cartella, contenuta nel D.P.R. n. 602 del 1973, articolo 26, trova riscontro anche nella stessa Legge n. 890 del 1982 che, all’articolo 14 comma 1, dispone che la notifica degli atti tributari al contribuente, da effettuarsi con l’impiego di plico sigillato, “può eseguirsi a mezzo della posta direttamente dagli uffici finanziari”, venendo fatti espressamente salvi i disposti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, articoli 26 e 45.

Dunque il D.P.R. n. 602 del 1973, articolo 26, comma 1, dopo aver individuato, nella prima parte, i soggetti abilitati ad eseguire la notifica della cartella di pagamento (“ufficiali della riscossione” e “messi notificatori nominati abilitati dal Concessionario – ora Agente – nelle forme previste dalla legge – Decreto Legislativo 13 aprile 1999, n. 112, articoli 42 e 45 – ; “messi comunali” o “agenti della polizia municipale”), nella seconda parte, dispone che “… La notifica può essere eseguita anche mediante invio di raccomandata con avviso di ricevimento; in tal caso la cartella e’ notificata in plico chiuso e la notifica si considera avvenuta nella data indicata nell’avviso di ricevimento sottoscritto da una delle persone previste dal comma 2 attuale comma 3 o dal portiere dello stabile dove è l’abitazione, l’ufficio o l’azienda”.

Tale procedimento è tenuto distinto da quello del comma 3, che prevede la notifica eseguita mediante consegna a mani proprie e di persona di famiglia o addetta alla casa, ufficio, azienda, e dal comma 4, che disciplina – mediante rinvio alle modalità stabilite dal D.P.R. n. 600 del 1973, articolo 60 – la notifica in caso di temporanea assenza del destinatario ovvero di irreperibilità, incapacità o rifiuto delle altre persone idonee a ricevere l’atto. La medesima norma, al comma 5, dispone che il Concessionario – al fine di comprovare la eseguita notifica della cartella – deve conservare per cinque anni “o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notifica, o l’avviso di ricevimento”, con obbligo di esibizione su richiesta del contribuente o dell’Amministrazione.

La norma tributaria in esame accomuna, dunque, modalità procedimentali distinte per la notifica della cartella di pagamento in quanto accanto alla individuazione dei soggetti abilitati assimilati all’Ufficiale giudiziario, competenti ad eseguire la notifica della cartella nelle forme previste per la notifica degli atti giudiziari, come disciplinate dal Codice di rito e dalla Legge n. 890 del 1982, ha previsto altresì una forma alternativa di notifica – corrispondente a quella effettuata “direttamente” dagli Uffici finanziari a mezzo posta: Legge n. 890 del 1982, articolo 14, comma 1 – che consente al Concessionario (Agente) di avvalersi “direttamente” del servizio postale ordinario, consegnando in plico sigillato la cartella all’ufficio postale per la spedizione con raccomandata con avviso di ricevimento.

La notifica, in tal caso, si perfeziona con l’indicazione nell’avviso di ricevimento della data e della sottoscrizione della persona che ha ricevuto l’atto, conformemente alle disposizioni del decreto del Ministero delle Comunicazioni in data 9/4/2001 recante “Approvazione delle condizioni generali del servizio postale”, che per gli invii di posta raccomandata richiede che il plico venga consegnato “al destinatario o ad altra persona individuata come di seguito specificato, dietro firma per ricevuta. Se il destinatario e’ impossibilitato a firmare, l’attestazione dell’avvenuta consegna e’ fornita dall’operatore postale, quale incaricato di pubblico servizio” (articolo 32), e per gli invii di posta raccomandata AR che “… 1. Il destinatario di un invio a firma con avviso di ricevimento deve sottoscrivere anche l’avviso. Se la sottoscrizione è rifiutata, la prova della consegna è fornita dall’operatore postale, quale incaricato di pubblico servizio. 2. Analogamente, la prova della consegna è fornita dall’operatore postale nel caso di invii multipli diretti allo stesso destinatario, per i quali la sottoscrizione di ciascun avviso di ricevimento contestualmente alla consegna risulti impraticabile” (articolo 33).

Tale forma speciale di notifica, pertanto, si colloca al di fuori delle attività di competenza degli Ufficiali giudiziari, e soggetti abilitati assimilati, esaurendosi nel compimento delle modalità richieste per la ordinaria spedizione postale in raccomandazione con avviso di ricevimento, rimanendo quindi estranea alla fattispecie notificatoria in questione la redazione della relata di notifica. Deve peraltro escludersi che la norma del D.P.R. n. 602 del 1973, articolo 26 con la disposizione dell’u.c. – che in via residuale rinvia al D.P.R. n. 600 del 1973, articolo 60 per quanto non diversamente prescritto – abbia inteso operare un generale richiamo anche alle forme di notifica degli atti giudiziari, e quindi anche all’obbligo di redazione della relazione di notifica, atteso che tale adempimento è funzionale a rendere edotta la parte richiedente della avvenuta consegna dell’atto notificando e, la prova della notifica della cartella può risultare o “dalla relazione di notificazione iscritta sulla cartella” o “dall’avviso di ricevimento” (cfr. Corte Cass. Sez. 5, Sentenza n. 14327 del 19/06/2009; id. Sez. 5, Sentenza n. 11708 del 27/05/2011; id. Sez. 5, Sentenza n. 6395 del 19/03/2014).

Tanto premesso e tornando alla sentenza n. 6887/16 i supremi giudici, seguendo la linea tracciata dalle precedenti pronunce, le nn. 26683/09, 1842/11 e 19696/14, hanno chiarito che solamente l’esibizione della relazione di notifica dell’ufficiale giudiziario o del messo comunale, oppure l’originale dell’avviso di ricevimento della raccomandata a.r. può dimostrare l’avvenuta notifica della cartella. È, nel caso di specie, Equitalia e non il contribuente a dover dimostrare la corretta notifica della cartella di pagamento. Non c’è spazio per eventuali strumenti alternativi come, ad esempio, la stampa dell’estratto di ruolo nel quale viene indicato che la cartella di pagamento è stata notificata in una specifica data: si tratta, infatti, di una attestazione priva di alcun valore certificatorio, prodotta internamente agli stessi uffici di Equitalia, che non ha alcuna valenza di prova. Né alla stessa stregua può valere la schermata del tracking (ricerca spedizioni) online del servizio postale che rintraccia l’iter della raccomandata, dalla spedizione alla consegna.

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Dunque, l’onere di provare, in causa, la regolarità della notifica di una cartella esattoriale è sempre di Equitalia. Anche se sono passati più di 5 anni.

La legge (il Dpr n. 602/1973, art. 26) impone all’ agente della riscossione di conservare per solo cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento della raccomandata al fine di esibirli su richiesta del contribuente o dell’amministrazione (cui spetta, quindi, il diritto a prenderne visione solo entro tale periodo).

Interpretando però questa norma alla lettera, Equitalia, dopo il quinquennio, perde le tracce di tale documentazione. Tuttavia come spesso accade, un processo può durare molto più di 5 anni. Senza considerare che vi sono tributi che si prescrivono in 10 anni o, quando i termini sono più brevi, gli stessi potrebbero essere interrotti con dei solleciti o altri atti e, quindi, essere richiesti ben oltre il quinquennio. In questa ipotesi il contribuente che si trova a sollevare l’eccezione di omessa notifica della cartella, potrebbe trovare l’esattore nella condizione di non riuscire a dimostrare il contrario. Non a caso infatti i giudici amministrativi del Consiglio di Stato hanno recentemente esteso l’obbligo di custodia delle cartelle esattoriali e degli altri atti presupposti a 10 anni. Hanno ritenuto, infatti, che questo è un obbligo minimo di conservazione e non un termine massimo (sentenza n .5410/15).

La sentenza della Cassazione chiarisce ora a Equitalia che una cosa è l’obbligo di conservare per 5 anni le prove della notifica della cartella a soli fini amministrativi, organizzativi e ispettivi previsti dalla legge, un’altra è invece la conservazione ai fini dell’onere della prova in causa, necessità che potrebbe sopraggiungere anche dopo tale termine. Di conseguenza, se l’Esattore perde la relata di notifica o l’avviso di ricevimento non potrà più far valere le proprie ragioni e perderà il giudizio. Le conseguenze sono immediate e il contribuente avrà 10 anni di tempo per presentare istanza di accesso e il diritto di prendere visione e di esaminare tutti gli atti relativi alle fasi di accertamento, riscossione e versamento, da cui possano emergere vizi sostanziali e procedurali. Riportano così gli Ermellini: “ … Fermo restando che, per le anzidette ragioni, gravava sull’esattore l’onere di provare la regolare notificazione delle cartelle di pagamento poste a base dell’iscrizione ipotecaria contestata, tale onere doveva essere assolto mediante produzione in giudizio della “relata” di notificazione, ovvero dell’avviso di ricevimento “essendo esclusa la possibilità di ricorrere a documenti equipollenti, quali, ad esempio, registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria o attestazioni dell’ufficio postale” (Cass. n. 23213 del 31/10/2014). Salva l’applicabilità – qui non ricorrente, ed anzi nemmeno invocata da Equitalia – “del principio del raggiungimento dello scopo, in virtù del quale si determina uno spostamento dell’onus probandi, gravando sulla parte, che abbia dimostrato di conoscere l’atto e che intenda far valere in giudizio un diritto il cui esercizio è assoggettato a ter e di decadenza, l’onere di dimostrare la diversa data di ricezione dell’atto e la tempestività della pretesa” (ivi). In assenza di tali produzioni, corretta deve dunque ritenersi l’affermazione della Commissione tributaria regionale di mancato assolvimento dell’onere probatorio relativo da parte di Equitalia. Né quest’ultima potrebbe fondatamente avvalersi del disposto di cui alla D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, di cui si lamenta la violazione o falsa applicazione. Questa disposizione, nello stabilire che “l’esattore deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” non enuclea un’ipotesi di esenzione, oltre il quinquennio, dall’onere della prova a vantaggio del concessionario, limitandosi a stabilire che quest’ultimo conservi la prova documentale della cartella notificata a soli fini di esibizione al contribuente o all’amministrazione. Ciò non toglie che, per le esigenze connaturate al contenzioso giurisdizionale, trovino pieno e continuativo vigore – se necessario, anche oltre i cinque anni – le disposizioni generali sul riparto e sul soddisfacimento dell’onere probatorio; con la conseguenza che il concessionario sarà comunque tenuto, indipendentemente dal suddetto obbligo di conservazione nel quinquennio, a fornire in giudizio la prova della notificazione della cartella: una cosa essendo l’obbligo di conservazione a fini amministrativi, organizzativi ed ispettivi, e tutt’altra l’osservanza dell’art. 2697 c.c., non derogato dalla norma speciale. Si tratta di soluzione armonica con quanto più volte affermato – in diversa materia, ma in analoga fattispecie legale di tenuta documentale obbligatoria – in ordine all’obbligo di conservazione decennale delle scritture contabili ex art. 2220 c.c.; obbligo non idoneo a sollevare l’imprenditore, successivamente al decorso dei dieci anni, dall’onere della prova posto a suo carico nel giudizio secondo le regole generali (Cass.26683/09; 1842/11; 19696/14 ed altre)”.

Sempre in tema di notifiche a mezzo posta la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n.7156/2016, ha statuito che il D.Lgs. n. 261/1999, pur liberalizzando i servizi postali, ha continuato a riservare in via esclusiva, per esigenze di ordine pubblico, all’Ente Poste, gli invii raccomandati relativi alle procedure amministrative e giudiziarie. La Corte di Cassazione ritiene che in tali procedure, la consegna e la spedizione con raccomandata, affidata ad un servizio di posta privata, devono considerarsi inesistenti, perché non assistite da alcuna funzione probatoria collegata dalla legge al concetto di “invii raccomandati”. Diversamente, qualora la notifica della cartella di pagamento è stata effettuata tramite raccomandata postale da un soggetto privato a cui sia stato affidato il servizio di notifica, per conto del concessionario della riscossione, essa sarà pienamente valida solo se eseguita per il tramite di Poste Italiane SpA. Concludono così i supremi giudici: “Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando – ex art. 360 n. 3 cpc – nullità della sentenza per violazione dell’art. 156, comma 2, si duole che la CTR abbia ritenuto inesistente la notifica;al riguardo sostiene che, tenuto conto che la consegna della cartella era stata effettuata per il tramite Poste Italiane, l’eventuale irregolarità della notifica operata dal Consorzio Olimpo doveva ritenersi sanata ex art. 156 cpc dalla proposizione del ricorso da parte del contribuente. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono fondati nei limiti di quanto sarà precisato. E’ vero, infatti, che, come più volte chiarito da questa Corte, ‘in tema di notifiche a mezzo posta, il d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, pur liberalizzando i servizi postali in attuazione della direttiva 97/67/CE, all’art. 4, comma quinto, ha continuato a riservare in via esclusiva, per esigenze di ordine pubblico, al fornitore del servizio universale (l’Ente Poste), gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie. Ne consegue che, in tali procedure, la consegna e la spedizione mediante raccomandata, affidata ad un servizio di posta privata, non sono assistite dalla funzione probatoria che l’art. 1 del citato d.lgs. n. 261 del 1999 ricollega alla nozione di “invii raccomandati” e devono, pertanto, considerarsi inesistenti’ (Cass. 2262/2013; v. in senso conforme, 11095/08, 22375/2006, 20440/06 e, più di recente, 27021/2014). Nel caso di specie, tuttavia, la CTR non appare avere esaminato la circostanza, decisiva ai fini della decisione, che la cartella in questione sarebbe sì stata spedita per conto di Serit Sicilia SpA dal consorzio Olimpo ma ‘per il tramite di Poste Italiane’, sicché l’ipotesi in esame non ricade nella fattispecie cui si riferiscono le su riportate pronunce”.

POSTINO

Corte di Cassazione, Sez. Tributaria Civile

Sentenza n. 6887 del 24 febbraio – 8 aprile 2016

Presidente Chindemi – Relatore Stalla

Svolgimento del giudizio

Equitalia Centro SpA propone tre motivi di ricorso per la cassazione della sentenza n. 6 del 16 gennaio 2012 con la quale la Commissione tributaria regionale della Toscana, in riforma della prima decisione, ha dichiarato l’illegittimità delle iscrizioni ipotecarie da essa ricorrente eseguite a carico di G.G, ex art. 77 D.P.R. 602/73, per il mancato pagamento di numerose cartelle emesse tra il 1998 ed il 2008.

Lamenta, in particolare, che la sentenza impugnata abbia disposto l’annullamento di tutte indistintamente le iscrizioni ipotecarie eseguite da Equitalia su immobili di proprietà della G., e non soltanto di quella (n. 6505/041/08 del 29 gennaio 2009) fatta specificamente oggetto di contestazione da parte di quest’ultima con ricorso dell’aprile 2009; e che, inoltre, tale annullamento sia stato pronunciato per la mancata prova, da parte di Equitalia, dell’avvenuta regolare notificazione delle cartelle di pagamento poste a fondamento dell’iscrizione. Ciò, nonostante che tale incombente non fosse stato contestato dalla G. e che, comunque, l’onere di conservazione della prova documentale dell’avvenuta notificazione della cartella non potesse gravare sul concessionario oltre il quinquennio di cui all’art. 26 D.P.R. 602/73.

Resiste con controricorso la G.

Motivi della decisione

p.1.1 Con il primo motivo di ricorso Equitalia Centro lamenta – ex art. 360, 1^ co. n. 4 cod.proc.civ. – violazione dell’articolo 112 cod.proc.civ. per avere la Commissione tributaria regionale pronunciato l’illegittimità di tutte indistintamente le iscrizioni ipotecarie eseguite su immobili della G., nonostante che quest’ultima si fosse limitata ad impugnare unicamente l’iscrizione ipotecaria di cui alla comunicazione 9 febbraio 2009 n. 6505/041/08 per l’importo di Euro 493.718,42, pari al doppio dell’importo iscritto a ruolo.

p.1.2 Il motivo è fondato.

Nel riformare la prima decisione, la Commissione tributaria regionale ha dichiarato l’illegittimità “delle iscrizioni ipotecarie” adottando in tal maniera una formula, plurale ed indeterminata, non rispondente all’oggetto della domanda della G. viceversa inequivocabilmente basata (v. ricorso introduttivo presentato alla Commissione tributaria provinciale di Firenze il 23 aprile 2009, in proc. rg. 1269/09) sull’annullamento, previa sospensione, del “provvedimento impugnato” meglio descritto dalla contribuente come segue (ric. cit., pag.1): “iscrizione ipotecaria di cui alla comunicazione (doc. 1) datata 9 febbraio 2009, successivamente notificata alla ricorrente, avente per oggetto l’immobile lotto, quota 1/2 di piena proprietà in comune di (OMISSIS) , foglio 6, particella 996, subalterno 17, categoria A2; – lotto, quota 1/2 di piena proprietà comune di (OMISSIS) , foglio 6, particella 996, subalterno 11, categoria C6, per la somma complessiva di Euro 493.718,42, pari al doppio dell’importo dell’asserito credito”. Gli estremi identificativi dell’iscrizione ipotecaria impugnata venivano poi ribaditi, nei medesimi termini, nell’esposizione del ricorso (v. pag. 2, ed altre sedi) e nella documentazione allegata, con esclusivo richiamo alla “nota di iscrizione n. 6505/041/08 del 29 gennaio 2009”.

È dunque evidente che nel disporre – utilizzando in dispositivo un’espressione quantomeno ambigua e generica – l’annullamento delle iscrizioni ipotecarie che avevano indistintamente colpito la G. ad opera di Equitalia, la commissione tributaria regionale sia andata oltre il petitum, circoscritto alla sola iscrizione ipotecaria come sopra individuata dalla stessa contribuente; dunque, con almeno potenziale pregiudizio degli effetti di garanzia sortiti dalle diverse iscrizioni ipotecarie che Equitalia aveva eseguito su ulteriori immobili della G. Diversamente da quanto da quest’ultima sostenuto in controricorso, non vi sono i presupposti per fare qui applicazione del – pur astrattamente condivisibile – principio giurisprudenziale volto ad imporre al giudice una interpretazione della domanda processuale di parte in termini sostanziali e di effettività; posto che nel caso di specie, come si è detto, non si poneva in realtà dubbio di sorta circa l’esatta delimitazione della domanda (quanto a petitum e causa petendi); riferita all’annullamento della sola iscrizione ipotecaria testé individuata.

Con il risultato che, disponendo l’accoglimento del ricorso della contribuente con formula di annullamento a tal punto ampia ed indefinita da potervi ricomprendere tutte indistintamente le iscrizioni ipotecarie eseguite da Equitalia sul patrimonio immobiliare della G., la CTR non si è limitata ad una mera operazione ricostruttiva della reale volontà della parte (la quale in alcun modo si era espressa per l’ottenimento di una pronuncia di illegittimità di “tutte” le iscrizioni), ma ha senz’altro violato il principio di necessaria correlazione tra il chiesto ed il pronunciato ex art. 112 cod.proc.civ. Violazione, tra l’altro, tanto più evidente in considerazione del fatto che il ricorso poteva ritenersi ammissibilmente proposto solo con riguardo, appunto, all’iscrizione ipotecaria del 2009, non anche con riferimento alle altre ipoteche (del 2005 e 2007), per le quali erano da tempo perenti i relativi termini di impugnazione.

In accoglimento del motivo, la sentenza va dunque cassata sotto questo specifico profilo.
Non sussistendo la necessità di ulteriori accertamenti, vi sono i presupposti per pronunciare nel merito mediante limitazione della pronuncia di illegittimità alla sola iscrizione ipotecaria di cui alla nota “n. 6505/041/08 per l’importo di Euro 493.718,42: – lotto, quota 1/2 di piena proprietà in comune di (OMISSIS) , foglio 6, particella 996, subalterno 17, categoria A2; – lotto, quota 1/2 di piena proprietà comune di (OMISSIS) , foglio 6, particella 996, subalterno 11, categoria C6, per l’importo di Euro 493.718,42 pari al doppio del credito”.

p.2.1 Con il secondo motivo di ricorso si deduce – ex art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5 – omessa o insufficiente motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio; nonché violazione o falsa applicazione delle norme sull’onere probatorio in ipotesi di mancata contestazione. Ciò, per avere la commissione tributaria regionale annullato l’iscrizione ipotecaria per mancata prova della previa notificazione di tutte le cartelle di pagamento, nonostante che, per la maggior parte di queste, la contribuente non avesse mai contestato la regolarità della notificazione.

p.2.2 La doglianza è infondata, perché basata su un presupposto che non trova riscontro nella realtà processuale che ha originato la decisione qui impugnata. La concessionaria assume l’erroneità dell’assunto con il quale la Commissione tributaria regionale ha ritenuto di accogliere l’appello della contribuente “atteso che Equitalia non ha prodotto in giudizio la ricevuta di avvenuta notifica delle cartelle esattoriali” (sent. pag. 1); ciò perché essa non poteva ritenersi gravata di un onere probatorio (asseritamente non soddisfatto) che in realtà non le spettava, a fronte della circostanza che la contribuente non aveva mai contestato la pregressa notificazione delle cartelle di pagamento, ric. pag. 16: “per la maggior parte delle cartelle di pagamento, tale onere non incombeva sull’agente della riscossione, non essendone stata contestata la notifica”.

Equitalia si richiama in sostanza al principio generale di non contestazione di cui all’art. 115 cod.proc.civ. ma tale richiamo è errato.

A parte l’osservazione che nel presente giudizio (introdotto prima dell’entrata in vigore della legge 69/09 di modificazione dell’art. 115 in esame) non è applicabile il “nuovo” regime, che pone a carico della parte costituita un onere di“specifica contestazione” dei fatti dedotti ex adverso, è dirimente qui osservare come la G. lungi dal riconoscere, o anche soltanto dal non contestare, la regolare esecuzione delle notificazioni delle cartelle poste a fondamento dell’iscrizione ipotecaria – abbia, fin dall’atto introduttivo del contenzioso, motivato l’impugnativa di tale iscrizione, oltre che sulla natura non tributaria di parte dei crediti dedotti nelle cartelle, nonché sulla affermata prescrizione del credito erariale, proprio sulla mancata notificazione delle cartelle medesime: “invece, per tutte le altre cartelle indicate nella comunicazione impugnata di avvenuta iscrizione ipotecaria si rileva, innanzitutto, la mancanza di regolare notifica delle stesse; circostanza che già di per sé determina la illegittimità e nullità dell’ipoteca legale. Inoltre, giova rilevare che, conseguentemente a ciò, non è dato sapere se tali cartelle presentino l’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento, come la legge richiede (…)”. Anche la sentenza di primo grado (CTP Firenze n. 72, 11 maggio 2010) osservava come, tra i motivi di impugnazione dell’atto, la contribuente avesse lamentato “che la notifica di tutte le cartelle era irregolare”. Doglianza, quest’ultima, che la Commissione provinciale ebbe poi a disattendere, non già per genericità di formulazione, ma per mancanza di prova; posta quest’ultima, erroneamente, a carico della contribuente stessa.

Deve, in definitiva, concludersi nel senso che il richiamo all’art. 115 cod.proc.civ. ed al principio di non contestazione in esso disciplinato, non ha qui ragion d’essere in linea di puro fatto, prima che di diritto; risultando dalle emergenze processuali (e, a ben vedere, dalla stessa narrativa di Equitalia, con riguardo ad almeno parte delle cartelle poste a base dell’iscrizione ipotecaria) come: – la contribuente avesse, tra il resto, formulato uno specifico motivo di impugnazione dell’atto concernente la mancata regolare notificazione delle cartelle (ritenuta rilevante sia in sé, sia in quanto ostativa alla possibilità di individuare l’indicazione in esse del responsabile del procedimento); – a seguito di tale contestazione, fosse onere della società concessionaria fornire la prova dell’avvenuta regolare notificazione di tutte le cartelle, in quanto atti prodromici, D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 19, comma 3, portanti il credito fatto oggetto della garanzia ipotecaria (Cass. 21123/11).

3.1 Con il terzo motivo di ricorso si deduce analoga censura relativamente al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26; per avere la commissione tributaria regionale posto erroneamente a carico di essa concessionaria un onere (la conservazione della prova dell’avvenuta regolare notificazione della cartella) che tale disposizione normativa limita al quinquennio dalla notificazione, nella specie decorso.

3.2 La doglianza è infondata. Fermo restando che, per le anzidette ragioni, gravava sull’esattore l’onere di provare la regolare notificazione delle cartelle di pagamento poste a base dell’iscrizione ipotecaria contestata, tale onere doveva essere assolto mediante produzione in giudizio della relata di notifica, ovvero dell’avviso di ricevimento “essendo esclusa la possibilità di ricorrere a documenti equipollenti, quali, ad esempio, registri o archivi informatici dell’Amministrazione finanziaria o attestazioni dell’ufficio postale” (Cass. n. 23213 del 31/10/2014). Salva l’applicabilità – qui non ricorrente, ed anzi nemmeno invocata da Equitalia – “del principio del raggiungimento dello scopo, in virtù del quale si determina uno spostamento dell’onus probandi, gravando sulla parte, che abbia dimostrato di conoscere l’atto e che intenda far valere in giudizio un diritto il cui esercizio è assoggettato a ter e di decadenza, l’onere di dimostrare la diversa data di ricezione dell’atto e la tempestività della pretesa” (ivi). In assenza di tali produzioni, corretta deve dunque ritenersi l’affermazione della commissione tributaria regionale di mancato assolvimento dell’onere probatorio relativo da parte di Equitalia. Né quest’ultima potrebbe fondatamente avvalersi del disposto di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 26, comma 5, di cui si lamenta la violazione o falsa applicazione. Questa disposizione, nello stabilire che “l’esattore deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione” non enuclea un’ipotesi di esenzione, oltre il quinquennio, dall’onere della prova a vantaggio del concessionario, limitandosi a stabilire che quest’ultimo conservi la prova documentale della cartella notificata a soli fini di esibizione al contribuente o all’amministrazione. Ciò non toglie che, per le esigenze connaturate al contenzioso giurisdizionale, trovino pieno e continuativo vigore – se necessario, anche oltre i cinque anni – le disposizioni generali sul riparto e sul soddisfacimento dell’onere probatorio; con la conseguenza che il concessionario sarà comunque tenuto, indipendentemente dal suddetto obbligo di conservazione nel quinquennio, a fornire in giudizio la prova della notificazione della cartella: una cosa essendo l’obbligo di conservazione a fini amministrativi, organizzativi ed ispettivi, e tutt’altra l’osservanza dell’art. 2697 c.c., non derogato dalla norma speciale. Si tratta di soluzione armonica con quanto più volte affermato – in diversa materia, ma in analoga fattispecie legale di tenuta documentale obbligatoria – in ordine all’obbligo di conservazione decennale delle scritture contabili ex art. 2220 c.c.; obbligo non idoneo a sollevare l’imprenditore, successivamente al decorso dei dieci anni, dall’onere della prova posto a suo carico nel giudizio secondo le regole generali (Cass. 26683/09; 1842/11; 19696/14 e altre). Sicché non appare esatto sostenere che nella sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale abbia posto a carico di Equitalia l’obbligo di conservare la prova documentale dell’avvenuta notifica per un termine eccedente quello legale (ché in questo sarebbe consistita la violazione lamentata); vero è, invece, che la Commissione tributaria regionale ha valutato la fattispecie secondo l’ordinario regime dell’onere della prova, correttamente escludendo che, in virtù del mero decorso del quinquennio di conservazione obbligatoria, la prova in giudizio della regolare notificazione della cartella non fosse più necessaria, ovvero dovesse essere posta a carico della contribuente. Il parziale accoglimento del ricorso depone per la compensazione delle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte:

– accoglie il primo motivo di ricorso;

– cassa, nei limiti del motivo accolto, la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, limita la pronuncia di illegittimità alla sola iscrizione ipotecaria di cui alla nota n. 6505/041/08 per l’importo di Euro 493.718,42: – lotto, quota 1/2 di piena proprietà in comune di (OMISSIS), foglio 6, particella 996, subalterno 17, categoria A2; – lotto, quota 1/2 di piena proprietà comune di (OMISSIS), foglio 6, particella 996, subalterno 11, categoria C6, per l’importo di Euro 493.718,42 pari al doppio del credito;

– rigetta gli altri motivi di ricorso;

– compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

 

Corte di Cassazione sentenza n. 7156 del 12 aprile 2016

 

Corte di Cassazione, Sez. 6^ Tributaria Civile

Sentenza n. 7156 del 12 aprile 2016

Presidente: Iacobellis Marcello

Relatore: Cigna Mario

Ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

Sul ricorso 7157-2015 proposto da: Riscossione Sicilia Spa Agente della riscossione per la provincia di Enna, in persona del Direttore Generale, elettivamente domiciliata in Roma, Viale Bruno Buozzi 53A, presso lo studio dell’avvocato Angela Maria Lorena Cordaro, rappresentata e difesa dall’avvocato Giuseppe Balistreri, giusta procura in calce al ricorso;

contro

ricorrente – EMMA GIOVANNI; – intimata – avverso la sentenza n. 3040/21/2014 della Commissione Tributaria Regionale Sezione Distrettuale di Caltanissetta, del 10/02/2014, depositata il 13/10/2014;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/03/2016 dal Consigliere Relatore Dott. Mario Cigna.

 

FATTO E DIRITTO

La Riscossione Sicilia SpA (già SE.RI.T. Sicilia SpA), Agente della Riscossione per la Provincia di Enna, ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza con la quale la Commissione Tributaria Regionale Sicilia, sez. staccata di Caltanissetta, ha rigettato l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza con cui la CTP di Enna, in accoglimento del ricorso proposto da Emma Giovanni, aveva annullato l’impugnata cartella di pagamento, ritenendone inesistente la notificazione in quanto effettuata (in violazione dell’art. 4 L. 261/99) direttamente dall’Ente di riscossione a mezzo di agenzia privata; la CTR, in particolare, ha ribadito l’inesistenza della notifica, evidenziando che la norma citata, pur liberalizzando i servizi postali, aveva riservato in via esclusiva, per esigenze di ordine pubblico, all’Ente Poste gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie, sicché la consegna e la spedizione mediante raccomandata affidata ad un servizio di posta privata non potevano ritenersi assistite dalla funzione probatoria per legge ricollegata agli invii raccomandati.

Il contribuente non resiste.

Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando – ex art. 360 n. 5 cpc – nullità della sentenza per omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, si duole che la CTR non abbia tenuto conto che, come risultante da documentazione depositata in atti e riportata nello ricorso per cassazione, la spedizione della cartella impugnata era stata effettuata con plico raccomandato inviato dall’Ente Poste, che aveva poi provveduto alla consegna dell’atto; irrilevante era, invece, la circostanza che la Riscossione Sicilia SpA avesse delegato un soggetto privato (Consorzio Olimpo) per provvedere alla notifica delle cartelle quando (per come precisato) tale incombenza era stata poi materialmente in concreto svolta dall’Ente Poste.

Con il secondo motivo di ricorso l’Agenzia, denunziando – ex art. 360 n. 3 cpc – nullità della sentenza per violazione dell’art. 156, comma 2, si duole che la CTR abbia ritenuto inesistente la notifica; al riguardo sostiene che, tenuto conto che la consegna della cartella era stata effettuata per il tramite Poste Italiane, l’eventuale irregolarità della notifica operata dal Consorzio Olimpo doveva ritenersi sanata ex art. 156 cpc dalla proposizione del ricorso da parte del contribuente. I motivi, da esaminarsi congiuntamente in quanto tra loro connessi, sono fondati nei limiti di quanto sarà precisato. E’ vero, infatti, che, come più volte chiarito da questa Corte, “in tema di notifiche a mezzo posta, il d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, pur liberalizzando i servizi postali in attuazione della direttiva 97/67/CE, all’art. 4, comma quinto, ha continuato a riservare in via esclusiva, per esigenze di ordine pubblico, al fornitore del servizio universale (l’Ente Poste), gli invii raccomandati attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie.

Ne consegue che, in tali procedure, la consegna e la spedizione mediante raccomandata, affidata ad un servizio di posta privata, non sono assistite dalla funzione probatoria che l’art. 1 del citato d.lgs. n. 261 del 1999 ricollega alla nozione di “invii raccomandati” e devono, pertanto, considerarsi inesistenti” (Cass. 2262/2013; v. in senso conforme, 11095/08, 22375/2006, 20440/06 e, più di recente, 27021/2014).

Nel caso di specie, tuttavia, la CTR non appare avere esaminato la circostanza, decisiva ai fini della decisione, che la cartella in questione sarebbe sì stata spedita per conto di Serit Sicilia SpA dal consorzio Olimpo ma “per il tramite di Poste Italiane”, sicché l’ipotesi in esame non ricade nella fattispecie cui si riferiscono le su riportate pronunce.

Alla luce di tali considerazioni, pertanto, in accoglimento del ricorso, va cassata l’impugnata decisione, con rinvio per nuovo esame alla CTR Sicilia, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

  1. Q. M.

La Corte accoglie il ricorso; cassa l’impugnata decisione, con rinvio per nuovo esame alla CTR Sicilia, diversa composizione, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese del presente giudizio di legittimità.

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