IVA

IVA ridotta su mascherine e dispositivi medici

L’articolo 124 del decreto legge 34/2020 (decreto rilancio) ha introdotto una disciplina IVA agevolata per l’acquisto dei beni considerati necessari per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica tra i quali, oltre

ai ventilatori polmonari per terapia intensiva, i caschi per ventilazione, umidificatori e laringoscopi, troviamo anche le mascherine chirurgiche, le mascherine Ffp2 e Ffp3, guanti in lattice e in vinile, visiere e occhiali protettivi, camici, termometri, detergenti disinfettanti per mani, dispenser a muro per disinfettanti, ecc. Le vendite di questi beni, effettuate entro il 31 dicembre 2020, sono esenti da IVA, con diritto alla detrazione dell’imposta (articolo 19, comma 1, DPR 633/1972).

In particolare, il citato articolo 124 ha introdotto una modifica (e una nuova voce, 1-ter.1) alla tabella A, parte II-bis, allegata al DPR 633/72), con l’indicazione puntuale di tutti i beni da considerare agevolati. In pratica, le cessioni di tutti i beni indicati nella nuova voce attuate entro il 31 dicembre 2020 sono esenti dall’IVA, con diritto alla detrazione dell’imposta, mentre a quelle attuate dal 1° gennaio 2021 viene applicata l’aliquota IVA del 5%.

Considerata la situazione di grave emergenza e la conseguente proliferazione di norme agevolative susseguitesi, è stata emanata la circolare 26/E del 15 ottobre 2020, che rispondendo a una serie di quesiti si propone di fornire i primi chiarimenti di carattere interpretativo e di indirizzo operativo.

La definizione di “mascherine”

Intanto si chiede se le mascherine comprendono anche quelle chirurgiche parificate dall’Istituto Superiore della Sanità e quelle Ffp2 e Ffp3.

Nella risposta si legge che soltanto le mascherine chirurgiche e quelle Ffp2 e Ffp3 rientrano nell’ambito oggettivo di applicazione dell’agevolazione, a prescindere dall’uso ospedaliero delle stesse, le sole per le quali sia il Ministero della salute sia l’ISS costituiscono idonei strumenti di prevenzione, purché siano validamente certificate come dispositivo medico (DM) o di protezione individuale (DPI). Le mascherine chirurgiche, in particolare, rientrano nell’ambito dei dispositivi medici la cui funzione è evitare che chi le indossa contamini l’ambiente limitando la trasmissione di agenti infettivi, mentre le mascherine Ffp2 e Ffp3, dette anche “facciali filtranti”, rientrano nei DPI   utilizzati per proteggere chi le indossa dagli agenti esterni (come le goccioline di saliva). Secondo il Ministero della salute, per essere sicure, le mascherine chirurgiche devono essere prodotte rispettando la norma tecnica UNI EN 14683:2019, mentre quelle Ffp2 e Ffp3 devono rispettare le norme tecniche armonizzate UNI EN 149:2009: ogni altra mascherina in commercio, diversa da quelle elencate, non è un dispositivo medico né un dispositivo di protezione individuale e può essere prodotta sotto la responsabilità del produttore, che deve comunque garantirne la sicurezza, ma non possono essere utilizzate in ambiente ospedaliero o assistenziale in quanto non hanno i requisiti tecnici previsti.

Ogni altra mascherina in commercio diversa da quelle descritte, come quelle in tessuto prodotte per uso igienico non sanitario, e prodotta senza il rispetto dei requisiti tecnici citati, non può beneficiare dell’IVA agevolata.

Le mascherine ricaricabili

Si intendono come tali quelle riutilizzabili perché dotate di filtro intercambiabile, venduto anche separatamente, e anche queste rientrano nell’ambito dell’agevolazione (articolo 124 del Dl 34/2020), poiché rispettano la norma in commento e le indicazioni ministeriali, che si limitano a definire le norme tecniche di produzione e i relativi requisiti filtranti da rispettare per essere sicure. La cessione della mascherina riutilizzabile, venduta insieme al relativo filtro, è quindi esente da IVA sino al 31 dicembre 2020 e poi imponibile con IVA al 5%, a condizione che abbia le caratteristiche tecniche per essere certificata dall’autorità competente come DM o DPI. Riguardo alla cessione dei singoli filtri, l’Agenzia sottolinea come questa componente sia l’elemento principale della mascherina, che ne definisce le caratteristiche filtranti e di sicurezza, per cui la cessione del singolo filtro può fruire del trattamento IVA previsto dall’articolo 124, sempre a condizione che abbia le caratteristiche tecniche sopra ricordate.

I detergenti disinfettanti per mani

Si chiede se nella definizione di detergenti disinfettanti per mani rientrano i detergenti, gli igienizzanti e i disinfettanti per le mani a prescindere dai principi attivi che contengono, dalla registrazione come PMC o dall’autorizzazione BPR (Biocidi).

Considerata la finalità della norma, tesa a favorire il contrasto, la gestione e il contenimento non solo del Covid-19 ma delle pandemie e malattie causate da altri virus, con la dizione “detergenti disinfettanti per mani” si è voluto far riferimento ai soli prodotti per le mani con potere disinfettante, in particolare ai biocidi o presidi medico-chirurgici, a prescindere dalle dimensioni della confezione. I semplici detergenti, infatti – per i quali non è prevista alcuna registrazione o autorizzazione – non possono rientrare nell’elenco dell’articolo 124 del decreto rilancio, poiché non svolgono un’azione disinfettante ma si limitano a rimuovere lo sporco e i microrganismi presenti. Come indicato dall’ISS, solo la disinfezione ha un’azione virucida, battericida o fungicida volta a distruggere, eliminare o rendere innocui i microrganismi, fermo restando che, per un’efficace azione disinfettante, questa deve essere preceduta dalla detersione della cute o delle superfici. Per svolgere questa azione però devono essere utilizzati i biocidi (BPR) o i presidi medico chirurgici (PMC), cioè i disinfettanti, autorizzati dal Ministero della salute o dall’ISS, che obbligatoriamente hanno nell’etichetta il numero di registrazione o autorizzazione. Questi prodotti, i biocidi e i presidi medico chirurgici, permettono dunque un’efficace azione disinfettante sulla cute (PT1) e sulle superfici (PT2) e in genere sono a base di principi attivi come l’acido lattico, l’acido cloridrico, l’ipoclorito di sodio, etanolo, perossido di idrogeno, in percentuali diverse a seconda del tipo di utilizzo. Sono dunque questi i prodotti che rientrano nell’ambito oggettivo di applicazione dell’articolo 124, ed i loro principi attivi devono rispettare le percentuali indicate dall’ISS, che sono soggetti alla preventiva autorizzazione del Ministero della salute, in assenza della quale la vendita non potrà beneficiare dell’esenzione IVA prevista dall’articolo 124, comma 2, o “a regime” dell’aliquota IVA del 5%.

Il credito d’imposta per la sanificazione

L’articolo 125 del citato Dl 34/2020 riconosce un credito d’imposta a imprenditori, artisti e professionisti, agli enti non commerciali compresi quelli del Terzo settore ed agli enti religiosi civilmente riconosciuti, pari al 60% delle spese sostenute nel 2020 per sanificare gli ambienti e gli strumenti utilizzati, oltre che per l’acquisto di DPI e altri dispositivi atti a garantire la salute di lavoratori e utenti. Il credito è utilizzabile nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa oppure in compensazione (articolo 17, D.lgs. 241/1997). Il credito d’imposta non concorre alla formazione del reddito ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP.

Tra le spese ammissibili si trovano quelle sostenute per acquistare:

– DPI, quindi mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea;

– prodotti detergenti e disinfettanti;

– dispositivi di sicurezza diversi dai precedenti, come termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, conformi ai requisiti di sicurezza previsti dalla normativa europea, comprese le eventuali spese di installazione. La circolare 26 riporta, in proposito, l’esempio di un’azienda che acquista mascherine chirurgiche, mascherine Ffp2 e Ffp3 o mascherine chirurgiche autorizzate in deroga dall’Istituto Superiore di Sanità o dall’INAIL, che quindi fruisce dell’esenzione da IVA fino al 31 dicembre 2020 ed alla quale spetta un credito d’imposta del 60% della spesa sostenuta.

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