ECONOMIA FISCALITA

Impatriati, iscrizione all’Aire e Convenzione contro le doppie imposizioni

Con la pubblicazione delle Risposte 495 e 497 del 2019 l’Agenzia delle entrate ha illustrato il collegamento esistente tra il regime fiscale agevolativo riservato agli impatriati, la eventuale assenza di iscrizione all’Aire

(o iscrizione per un periodo inferiore a quello richiesto dalla relativa normativa) e la possibilità di dimostrare la durata del periodo di residenza all’estero in base a una Convenzione contro le doppie imposizioni.

Mancata iscrizione all’Aire

Un contribuente dichiarava di possedere i requisiti per fruire dell’agevolazione spettante ai lavoratori impatriati, affermando: a) di essere è cittadino italiano in possesso di laurea; b) di aver lavorato in Norvegia con continuità come dipendente da luglio 2015 a gennaio 2018, trasferendovi la propria residenza ma senza cancellarsi dal registro anagrafico italiano; c) di essere rientrato in Italia a marzo 2018 iniziando un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la società ALFA.

La richiesta di chiarimenti riguarda la possibilità di fruire del regime speciale anche in assenza del requisito dell’iscrizione all’Aire.
L’istante, ritenendo di essere in regola, intende assoggettare il proprio reddito da lavoro dipendente a tassazione in misura pari al 50% a partire dal primo anno di trasferimento della residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi; inoltre, pur non essendosi iscritto all’Aire, sostiene di poter provare di essere stato residente all’estero dal 2015 fino alla data di rientro (marzo 2018) in base alla Convenzione per evitare le doppie imposizioni sottoscritta tra Italia e Norvegia. Nella Risposta n. 497 l’Agenzia ricorda che il regime per i lavoratori impatriati è rivolto ai soggetti che acquisiscono la residenza fiscale in Italia a partire dal periodo d’imposta 2020.

In caso di trasferimento delle residenza fiscale in Italia entro il periodo d’imposta 2019, i redditi di lavoro dipendente e di lavoro autonomo prodotti in Italia concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 50%, agevolazione applicabile per un quinquennio dal periodo d’imposta in cui si trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi (art. 16, comma 3, D.lgs. 147/2015). Per accedere all’agevolazione la norma presuppone, inoltre, che il soggetto non sia residente in Italia per un periodo minimo precedente al rientro e si impegni a permanervi per almeno due anni, pena la decadenza del beneficio: in proposito l’Agenzia ricorda che la risoluzione 51/E del 2018 ha chiarito che la residenza all’estero per almeno due periodi d’imposta costituisce il periodo minimo sufficiente come requisito della non residenza nel territorio dello Stato.

Con riferimento, infine, al requisito della residenza estera, se il periodo di iscrizione all’Aire risulta insufficiente o l’iscrizione non risulti affatto, si applica quanto previsto dall’art. 16, comma 5-ter, del D.lgs. 147/2015, per cui ai cittadini italiani non iscritti all’Aire rientrati in Italia entro il 31 dicembre 2019 i benefici fiscali spettano purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni: tale norma è volta proprio a concedere la possibilità di provare il periodo di residenza all’estero sulla base, appunto, delle Convenzioni contro le doppie imposizioni.

Residenza fiscale all’estero

Nell’istanza di interpello presentata lo scorso anno una cittadina italiana residente in Irlanda da oltre sei anni, che dichiarava che il contratto di lavoro all’estero sarebbe terminato in agosto e che prevedeva di rientrare in Italia a settembre acquisendo la residenza fiscale (come previsto dall’art. 2 del TUIR), chiedeva chiarimenti sulla possibilità di fruire del regime speciale per lavoratori impatriati. Al riguardo riteneva di poter beneficiare di tale regime e pertanto, acquisendo la residenza fiscale in Italia dal periodo di imposta 2020, i redditi conseguiti nel territorio dello Stato nel corso del 2019 sarebbero dovuti essere tassati in Italia come percepiti da soggetto non residente senza diritto ad alcuna agevolazione; invece, dall’anno d’imposta 2020 e per i quattro periodi

d’imposta successivi, il reddito derivante dalla propria attività di lavoro potrà concorrere alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30%.
Nella Risposta n. 495 l’Agenzia delle entrate asseriva che l’agevolazione in esame è fruibile dalla contribuente per un quinquennio a partire dal periodo d’imposta in cui trasferisce la residenza fiscale in Italia (art. 2 del TUIR) e per i quattro periodi di imposta successivi (art. 16, comma 3, D.lgs. 147/2015). Inoltre, per accedere al regime speciale il citato articolo 16 presuppone che il soggetto non sia stato residente in Italia per un periodo minimo prima del rientro, che trasferiscano la residenza fiscale in Italia e si impegnino a rimanervi per almeno due anni, pena la decadenza dall’agevolazione (art. 3, decreto del Ministro dell’Economia 26 maggio 2016). L’art. 2 del TUIR stabilisce che sono residenti in Italia le persone fisiche che per almeno 183 giorni (184, in caso di anno bisestile) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile, condizioni alternative fra loro, per cui è sufficiente che una sola delle due sia rispettata.

In merito al caso in questione, ai fini della residenza fiscale all’estero la normativa vigente prevede che “I cittadini italiani non iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (Aire) rientrati in Italia a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2019 possono accedere ai benefici fiscali purché abbiano avuto la residenza in un altro Stato ai sensi di una convenzione contro le doppie imposizioni sui redditi” nei due periodi di imposta precedenti il trasferimento. Quindi, se la contribuente può provare la residenza estera per gli anni d’imposta 2018 e 2019 sulla base della Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra Italia e Irlanda (ratificata con la legge 5836/1974), ha diritto all’agevolazione a decorrere dall’anno d’imposta 2020. Ne consegue che i redditi percepiti in Italia nel 2019 non potranno fruirne, mentre quelli prodotti prevalentemente in Italia per nel 2020 potranno.

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