CASSAZIONE

Il litisconsorzio non integro porta alla nullità della sentenza

Tributi – Contenzioso tributario – Rettifica dichiarazioni dei redditi delle società di persone – Violazione dell’obbligo di litisconsorzio necessario – Mancata integrazione del contraddittorio da parte del giudice di merito – Nullità delle sentenze con rinvio al giudice di primo grado

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17353 del 19 agosto 2020, intervenendo sul tema  del litisconsorzio necessario, ex art. 102 c.p.c., premettendo che è principio ormai consolidato che l’unitarietà dell’accertamento comporta, in linea di principio, la configurabilità di un litisconsorzio necessario tra tutti i soggetti, società e tutti i soci ai quali il suddetto accertamento si riferisce, ha sentenziato che la sanzione in caso di violazione di tale disposto normativo è quella della nullità dell’intero giudizio, quindi anche del provvedimento finale.

Inoltre il Collegio, riscontrando che sulla base degli atti esaminabili in sede di legittimità, se il contraddittorio risultasse non integro fin dal primo grado, ricorda che è sempre onere del giudice verificare caso per caso quando tale istituto operi e, in caso di carenza, ordinarne l’integrazione.

Ricordiamo, come nel caso di specie, che i redditi delle società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice residenti nel territorio dello Stato sono imputati a ciascun socio indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di partecipazione agli utili (ex art. 5, DPR n. 917/86).

La Corte di Cassazione-Sez. Tributaria, del resto, aveva da tempo ritenuto (ex multis Sent. n. 18690/2016) che deve essere esaminata, anche d’ufficio, la questione della corretta instaurazione del contraddittorio in presenza di un litisconsorzio necessario ex art.102 c.p.c. e della conseguente nullità della sentenza di appello.

La Suprema Corte, infatti, ha più volte osservato che per litisconsorzio necessario si intende la necessità di far partecipare alla causa tutte le parti interessate e lo stesso termine, da un lato indica la situazione di comunanza della lite ad altri soggetti oltre alla parte che l’ha promossa e contro la quale è stata iniziata, dall’altro indica la necessità o possibilità che alla lite partecipino anche tali altri soggetti.

La norma che si occupa della questione, contenuta nel D.lgs. n. 546/92, si trova nell’art. 14, il quale espressamente così dispone al comma 1: “Se l’oggetto del ricorso riguarda inscindibilmente più soggetti, questi devono essere tutti parte dello stesso processo e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni di essi”.

In linea con questo parere assume importanza l’Ordinanza della Cassazione n. 4193/2019 la quale, richiamando tre precedenti pronunce, si è così espressa: “Nel processo tributario la nozione di litisconsorzio necessario, quale emergente dalla norma del D.Lgs. n. 546/1992, art. 14, si configura come fattispecie autonoma rispetto a quella di cui all’art. 102 c.p.c. poiché non detta, come quest’ultima, “una norma in bianco”, ma positivamente indica i presupposti nella inscindibilità della causa determinata dall’oggetto del ricorso, così che la citata fattispecie si configura ogni volta che, per effetto della norma tributaria o per l’azione esercitata dall’amministrazione finanziaria, l’atto impositivo coinvolga nell’unicità della fattispecie costitutiva dell’obbligazione, una pluralità di soggetti e il ricorso, pur proposto da uno o più obbligati, abbia ad oggetto non la singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, cioè gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell’obbligazione” (Cass. 18 giugno 2013, n. 15189; Cass. 27 maggio 2013, n. 10644; Cass. Sez. Un. 18.01.2007, n. 1052).

Quindi, se pare evidente che la disciplina nasca in ambito processualcivilistico per una più facile gestione dei rapporti plurisoggettivi, essa ha finito per essere individuata, nel processo tributario, per una fattispecie autonoma, come riconosciuto dalla citata sentenza.

La Cassazione, poi, con l’Ordinanza n. 5474/2017 ha confermato il consolidato principio che, qualora il contribuente citi in giudizio solamente Equitalia, non vi è alcun difetto di contraddittorio se non è citato anche l’Ente creditore (Agenzia delle entrate, Inps, Comune e altri Enti pubblici).

In passato la Cassazione ha emesso la sentenza n. 1052 del 18 gennaio 2007, secondo la quale ogni volta che per effetto della norma tributaria o per l’azione esercitata dall’Amministrazione finanziaria l’atto impositivo debba essere o sia unitario, coinvolgendo nella unicità della fattispecie costitutiva dell’obbligazione una pluralità di soggetti, e il ricorso proposto da uno o più degli obbligati abbia ad oggetto non la singola posizione debitoria del ricorrente ma la posizione inscindibilmente comune a tutti i debitori rispetto all’obbligazione dedotta nell’atto autoritativo impugnato, ricorre una ipotesi di litisconsorzio necessario nel processo tributario ai sensi dell’ art. 14, comma 1, D.lgs. n. 546 del 1992.

La Suprema Corte ha inoltre precisato che la disciplina litisconsortile, nel processo tributario, risponde a regole non omogenee a quelle che presidiano la disciplina avente lo stesso oggetto nel processo ordinario, il quale prevede che se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti, queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo. Se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito.

Pertanto, se il giudizio viene promosso senza la presenza di tutti i litisconsorti, e cioè da alcune parti o contro alcune soltanto di esse, il giudice deve ordinare l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito; se tale onere non viene adempiuto nel termine, il processo si estingue (art. 307, c.p.c.) se la decisione non può pronunciarsi che in confronto di più parti. Queste debbono agire o essere convenute nello stesso processo: se questo è promosso da alcune o contro alcune soltanto di esse, il giudice ordina l’integrazione del contraddittorio in un termine perentorio da lui stabilito.

La norma in commento appartiene alla categoria delle c.d. “norme in bianco”, per cui spetta all’interprete accertare i casi in cui sussiste il litisconsorzio necessario oltre quelli già normativamente previsti.

Tanto premesso e tornando al caso di specie, l’Agenzia delle entrate notificava a una società contribuente ed ai soci l’avviso di accertamento emesso a seguito di annullamento, in sede giurisdizionale, del precedente avviso con il quale, contestando l’emissione di fatture passive per operazioni oggettivamente inesistenti e di fatture false, elevava recupero ai fini dell’IVA e dell’IRAP.

Tale avviso di accertamento veniva impugnato davanti alla Ctp dal legale rappresentante della società, ma anche quale socio in proprio, il quale deduceva la nullità, tra l’altro, per violazione del principio del ne bis in idem e dell’art. 43, comma 3, DPR n. 600 del 1973.

La Commissione Tributaria Regionale rigettava sia l’appello principale che quello incidentale, ritenendo che fino alla scadenza del termine di legge per l’accertamento, questo potesse essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, ma non integralmente sostituito, come nella specie, se non nel caso di riconosciuta presenza di una causa di nullità formale dell’atto, insussistente nella fattispecie de quo, oltretutto in assenza della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, e che anche l’appello incidentale fosse infondato alla luce delle prove offerte dalla Agenzia delle entrate, non contrastate dai contribuenti.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso per cassazione lamentando essenzialmente la violazione e falsa applicazione dell’art. 43, comma 3, DPR n. 600 del 1973, dell’art. 57, comma 3, DPR n. 633 del 1972, nonché dell’art. 2697 c.c., laddove riteneva illegittimo il nuovo avviso di accertamento sostitutivo di quello annullato dalla Ctp.

Gli Ermellini, citando un precedente arresto, precisamente la sent. n. 6329 del 13 marzo 2013, ricordavano preliminarmente che l’accertamento bis è possibile solo dopo l’annullamento del primo, confermando che: “… Questa Corte osserva, peraltro, in via del tutto preliminare rispetto all’esame del merito dei motivi di ricorso, che il contraddittorio non appare integro: ed infatti, se l’accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, ove autonomamente operato, non determina, in caso d’impugnazione, la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti dei relativi soci, cionondimeno, qualora l’Agenzia – come nella specie – abbia contestualmente proceduto, con un unico atto, ad accertamenti ai fini delle imposte dirette, IVA ed IRAP, fondati su elementi comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile IVA, che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus per l’inscindibilità delle due situazioni (Cass., Sez. 5, 30.12.2015, n. 26071, Rv. 638421-01; Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 6303 del 14/03/2018 Rv. 647467 – 01; Cass. N. 26071 del 2015 Rv. 638421 -01). E’ infatti principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte – cui si ritiene di dare continuità in questa sede – quello per cui in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa, a pena di nullità assoluta rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, limitatamente ad alcuni soltanto di essi (v., per tutte, Sezioni Unite n. 14815 del 2008; da ultimo, Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25300 del 28/11/2014 Rv. 633451 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7789 del 20/04/2016 Rv. 639568 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16730 del 25/06/2018 Rv. 649377-01).

Ne consegue che l’accertato difetto del simultaneus processus nei gradi di merito, peraltro rilevabile d’ufficio da questo giudice, comporta la nullità della sentenza impugnata e dell’intero processo.Tale rilievo ben può essere svolto in via ufficiosa dalla Corte, essendo consolidato il principio per cui, quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354, comma 1, cod. proc. civ. resta viziato l’intero processo e s’impone, in sede di giudizio di cassazione, l’annullamento, anche d’ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell’art. 383, comma 3, cod. proc. civ. (Cass. Sez. 6-3, 16.3.2018, n. 6644, Rv. 648481-01; Cass. S.U., 16.2.2009, n. 3678, Rv. 607444-01).E’ opportuno aggiungere che, con ordinanza n. 2596 del 2019 in data 12.9.2018, questa Corte ha già adottato analoga decisione nel ricorso RG n. 265/2012 con riguardo alla socia G.P., in relazione allo stesso avviso di accertamento in questa sede impugnato, mentre, quanto al socio M.T. sempre questa Corte ha emesso sentenza n. 6329 in data 13.3.2013 con cui, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, speculare al secondo motivo del presente ricorso, ha annullato la sentenza n. 163 del 2010 della CTR della Sicilia e rinviato ad altra sezione della CTR della Sicilia sulla base dei principi affermati da questa Corte con sentenze 22.2.2002 n. 2531 e 20.11.2006 n. 24620, secondo cui “il potere di autotutela tributaria ha come autonomo presupposto temporale uno dei due seguenti fatti: la mancata formazione di un giudicato o la mancata scadenza del termine decadenziale fissato per l’accertamento” e “l’esercizio di tale potere (di autotutela tributaria)… può aver luogo soltanto… entro il termine previsto per il compimento dell’atto, non può tradursi nell’elusione o nella violazione del giudicato eventualmente formatosi sull’atto viziato, e dev’essere preceduto dall’annullamento di quest’ultimo, a tutela del diritto di difesa del contribuente ed in ossequio al divieto di doppia imposizione in dipendenza dello stesso presupposto”.Pertanto, non essendo presenti in giudizio gli altri soci della E. S.A.S. DI M.V. E C., nei cui confronti è stato emesso l’avviso di accertamento in questa sede impugnato, in applicazione del predetto principio, l’impugnata sentenza va cassata, con dichiarazione di nullità delle sentenze di primo e secondo grado e rinvio alla C.T.P. di Agrigento, in diversa composizione, per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci della stessa società che non hanno partecipato al giudizio, nonché per la regolamentazione delle spese dell’intero giudizio”.

Ordinanza 19 agosto 2020, n. 17353

sul ricorso 298-2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro E. DI M. V. & C. SAS;

– intimato –

avverso la sentenza n. 164/2010 della COMM.TRIB.REG. di PALERMO, depositata il 28/11 2010;

udita la relazione della cosa svolta nella camera di o consiglio del 12/02/2020 dal Consigliere Dott. GRAZIA CORRADINI.

Fatti di causa

In data 9.9.2005 l’Agenzia delle Entrate – Ufficio di Canicattì notificò alla società E. S.A.S. DI M.V. E c., nonché ai soci, l’avviso di accertamento n. RJ102SC00014/2005, emesso a seguito di annullamento, in sede giurisdizionale, del precedente avviso n. RJ102SC00095/2004, con il quale, contestando l’emissione di fatture passive per operazioni oggettivamente inesistenti, nonché di fatture false, elevò, ai fini del recupero dell’I.V.A. e dell’I.R.A.P., il reddito di impresa per il 1999 da Lit. 1.120.886.000 a Ut. 16.822.275.000.

Tale avviso di accertamento fu impugnato davanti alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento da M.V., quale legale rappresentante della E. S.A.S. DI M.V. E c., ma anche quale socio in proprio, il quale dedusse – per quanto in questa sede ancora interessa – la nullità, tra l’altro, per violazione del principio del ne bis in idem e dell’art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973.

Il ricorso fu parzialmente accolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento con sentenza n. 215/7/2006, per la parte in cui si basava sul processo verbale della Guardia di Finanza di Agrigento che aveva costituito il fondamento del primo avviso di accertamento, già annullato in sede giurisdizionale e fu invece rigettato per la parte basata sulla successiva verifica del 2004 eseguita dalla Guardia di Finanza di Firenze nei confronti di quattro società che aveva avuto rapporti commerciali con la società E.

La Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, investita dall’appello principale della Agenzia delle Entrate e da quello incidentale della società e del socio M.V., rigettò sia l’appello principale che quello incidentale, ritenendo che, fino alla scadenza del termine di legge per l’accertamento, questo potesse essere integrato o modificato in aumento mediante la notificazione di nuovi avvisi in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi, ma non integralmente sostituito, come nella specie, se non nel caso di riconosciuta presenza di una causa di nullità formale dell’atto, insussistente nella fattispecie de quo, oltretutto in assenza della sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi e che anche l’appello incidentale fosse infondato alla luce delle prove offerte dalla Agenzia delle Entrate, non contrastate dai contribuenti.

Avverso tale decisione l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, mentre sono rimasti intimati la società ed il socio M.V.

Ragioni della decisione

Con il primo motivo la Agenzia delle Entrate assume la insufficiente motivazione della decisione impugnata, che si era limitata ad un mero richiamo alle statuizioni contenute nella sentenza appellata senza alcuna confutazione specifica dei motivi di impugnazione articolati nell’atto di appello.

Con il secondo motivo la ricorrente assume la violazione e falsa applicazione dell’art. 43, comma 3, d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 57, comma 3, d.P.R. n. 633 del 1972, nonché dell’art. 2697 c.c., laddove ha ritenuto illegittimo il nuovo avviso di accertamento (n. RJ102SC00014/2005), sostitutivo di quello (n. RJ102SC00095/2004) annullato dalla CTP.

Questa Corte osserva, peraltro, in via del tutto preliminare rispetto all’esame del merito dei motivi di ricorso, che il contraddittorio non appare integro: ed infatti, se l’accertamento di maggior imponibile IVA a carico di una società di persone, ove autonomamente operato, non determina, in caso d’impugnazione, la necessità d’integrare il contraddittorio nei confronti dei relativi soci, cionondimeno, qualora l’Agenzia – come nella specie – abbia contestualmente proceduto, con un unico atto, ad accertamenti ai fini delle imposte dirette, IVA ed IRAP, fondati su elementi comuni, il profilo dell’accertamento impugnato concernente l’imponibile IVA, che non sia suscettibile di autonoma definizione in funzione di aspetti ad esso specifici, non si sottrae al vincolo necessario del simultaneus processus per l’inscindibilità delle due situazioni (Cass., Sez. 5, 30.12.2015, n. 26071, Rv. 638421-01; Cass. Sez. 5 -, Ordinanza n. 6303 del 14/03/2018 Rv. 647467 – 01; Cass. N. 26071 del 2015 Rv. 638421 -01).

E’ infatti principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa Corte – cui si ritiene di dare continuità in questa sede – quello per cui in materia tributaria, l’unitarietà dell’accertamento, che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui all’art. 5 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, comporta che il ricorso tributario proposto, anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci – salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali – sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa, a pena di nullità assoluta rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, limitatamente ad alcuni soltanto di essi (v., per tutte, Sezioni Unite n. 14815 del 2008; da ultimo, Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 25300 del 28/11/2014 Rv. 633451 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 7789 del 20/04/2016 Rv. 639568 – 01; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16730 del 25/06/2018 Rv. 649377-01).

Ne consegue che l’accertato difetto del simultaneus processus nei gradi di merito, peraltro rilevabile d’ufficio da questo giudice, comporta la nullità della sentenza impugnata e dell’intero processo.

Tale rilievo ben può essere svolto in via ufficiosa dalla Corte, essendo consolidato il principio per cui, quando risulta integrata la violazione delle norme sul litisconsorzio necessario, non rilevata né dal giudice di primo grado, che non ha disposto l’integrazione del contraddittorio, né da quello di appello, che non ha provveduto a rimettere la causa al primo giudice ai sensi dell’art. 354, comma 1, cod. proc. civ. resta viziato l’intero processo e s’impone, in sede di giudizio di cassazione, l’annullamento, anche d’ufficio, delle pronunce emesse ed il conseguente rinvio della causa al giudice di prime cure, a norma dell’art. 383, comma 3, cod. proc. civ. (Cass. Sez. 6-3, 16.3.2018, n. 6644, Rv. 648481-01; Cass. S.U., 16.2.2009, n. 3678, Rv. 607444-01).

E’ opportuno aggiungere che, con ordinanza n. 2596 del 2019 in data 12.9.2018, questa Corte ha già adottato analoga decisione nel ricorso RG n. 265/2012 con riguardo alla socia G.P., in relazione allo stesso avviso di accertamento in questa sede impugnato, mentre, quanto al socio M.T. sempre questa Corte ha emesso sentenza n. 6329 in data 13.3.2013 con cui, in accoglimento del secondo motivo di ricorso, speculare al secondo motivo del presente ricorso, ha annullato la sentenza n. 163 del 2010 della CTR della Sicilia e rinviato ad altra sezione della CTR della Sicilia sulla base dei principi affermati da questa Corte con sentenze 22.2.2002 n. 2531 e 20.11.2006 n. 24620, secondo cui “il potere di autotutela tributaria ha come autonomo presupposto temporale uno dei due seguenti fatti: la mancata formazione di un giudicato o la mancata scadenza del termine decadenziale fissato per l’accertamento” e “l’esercizio di tale potere (di autotutela tributaria)… può aver luogo soltanto… entro il termine previsto per il compimento dell’atto, non può tradursi nell’elusione o nella violazione del giudicato eventualmente formatosi sull’atto viziato, e dev’essere preceduto dall’annullamento di quest’ultimo, a tutela del diritto di difesa del contribuente ed in ossequio al divieto di doppia imposizione in dipendenza dello stesso presupposto”.

Pertanto, non essendo presenti in giudizio gli altri soci della E. S.A.S. DI M.V. E C., nei cui confronti è stato emesso l’avviso di accertamento in questa sede impugnato, in applicazione del predetto principio, l’impugnata sentenza va cassata, con dichiarazione di nullità delle sentenze di primo e secondo grado e rinvio alla C.T.P. di Agrigento, in diversa composizione, per l’integrazione del contraddittorio nei confronti dei soci della stessa società che non hanno partecipato al giudizio, nonché per la regolamentazione delle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

Cassa la gravata sentenza, dichiara la nullità delle sentenze di primo e secondo grado e rinvia alla Commissione Tributaria Provinciale di Agrigento, in diversa composizione, che, previa integrazione del contraddittorio tra le parti necessarie, provvederà sul ricorso introduttivo ed anche sulla liquidazione delle spese dell’intero giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della V Sezione Civile Tributaria, il 12.2.2020.

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