ECONOMIA

Il fondo per il cargiver familiare: sostegno a chi assiste infermi, anziani e disabili

I fondi destinati a finalità di carattere sociale rappresentano uno strumento indispensabile della politica socio-assistenziale di un Paese e anche il nostro, pur in un periodo di crisi e con la costante precarietà dei conti, l’enormità del debito pubblico, ecc. ecc., è riuscito a dedicare delle risorse – certo non bastevoli, ma tant’è… – destinate annualmente al finanziamento di misure a sostegno della famiglia e al contrasto alla povertà. Con le ultime leggi di stabilità sono state introdotte misure, anche se di carattere temporaneo, a sostegno dei nuclei familiari con determinati redditi Isee, il bonus di 800 euro alla nascita o all’adozione di un minore, un buono per pagare le rette per la frequenza di asili nido pubblici o privati, per il supporto presso la propria abitazione dei bimbi con meno di 3 anni affetti da gravi patologie, aiuti economici di sostegno per acquistare beni e servizi per nuclei familiari disagiati.

La legge di bilancio 2018 ha istituito, presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, il “Fondo per il sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare” (Art. 1, commi 254-256), con una dotazione iniziale di 20 milioni di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020. Il fondo è destinato alla copertura finanziaria di interventi legislativi finalizzati al riconoscimento del valore sociale ed economico dell’attività di cura non professionale del caregiver familiare, che il comma 255 definisce come “la persona che assiste e si prende cura del coniuge, dell’altra parte dell’unione civile tra persone dello stesso sesso o del convivente di fatto ai sensi della legge 20 maggio 2016, n. 76, di un familiare o di un affine entro il secondo grado, ovvero, nei soli casi indicati dall’articolo 33, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, di un familiare entro il terzo grado che a causa di malattia, infermità o disabilità anche croniche o degenerative, non sia autosufficiente e in grado di prendersi cura di sé, sia riconosciuto invalido in quanto bisognoso di assistenza globale e continua di lunga durata ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, o sia titolare di indennità di accompagnamento ai sensi della legge 11 febbraio 1980, n. 18”.

 

La legge 76/2016

E’ quella che disciplina le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto, che possono riguardare sia coppie omosessuali che eterosessuali: l’unione civile tra persone dello stesso sesso, considerata “formazione sociale” ai sensi degli artt. 2 e 3 della Costituzione, è costituita da due persone maggiorenni dello stesso sesso mediante dichiarazione dinanzi all’ufficiale di stato civile e alla presenza di due testimoni. Sono considerati conviventi di fatto, in base alla citata legge n. 76, due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale e coabitanti con dimora abituale nello stesso Comune.

 

La legge 104 e l’universo anziani

Nel nostro ordinamento abbiamo la legge 104/1992 per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone disabili, che ha fissato disposizioni in materia di diritti, integrazione sociale e assistenza al fine di agevolare, in linea con l’art. 3 della Costituzione, la loro partecipazione alla vita della collettività e il loro inserimento nel mondo del lavoro, e inoltre la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali. L’art. 3, comma 3, della legge 104 definisce come disabile grave la persona che, a causa di “minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione”. E’ inoltre prevista, per il lavoratore dipendente pubblico o privato, l’assistenza per parenti o affini entro il terzo grado con handicap grave, tramite un permesso di tre giorni al mese retribuiti e coperti da contribuzione figurativa, anche in maniera continuativa.

La legge 18/1980 disciplina l’indennità di accompagnamento come sostegno economico a carico di risorse statali erogate dall’INPS in 12 mensilità, indipendentemente dal reddito del beneficiario e in regime di esenzione fiscale, corrisposto a persone per le quali viene accertato uno stato di totale invalidità o incapacità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore e con la necessità di assistenza continua in quanto incapaci di svolgere da soli i comuni atti della vita quotidiana.

Ma al di là delle pur necessarie quanto encomiabili previsioni di tali norme, esiste una generazione, quella degli attuali 50/60enni, che qualcuno ha definito “generazione sandwich”, schiacciata dalle incombenze, preoccupazioni e bisogno di aiuto prospettate – loro malgrado – da figli e genitori. Perché il prolungamento dell’aspettativa di vita non produce effetti solo in termini pensionistici con le previsioni della legge Fornero, ma spesso anche in termini assistenziali e umani con tutti gli aspetti legati al dover far fronte alle esigenze di un genitore anziano e spesso malato, esigenze solitamente indifferibili da “incastrare” fra il dover svolgere la propria attività lavorativa, le incombenze della vita quotidiana, la imprescindibile necessità di ricorrere alla presenza di una badante, ecc.

 

La figura del caregiver

E’ in questo complesso e impegnativo contesto che si inserisce la proposta, nel corso della XVII legislatura, di un testo unificato sui progetti di legge già in iter parlamentare, di regolamentazione della materia e di riconoscimento dell’attività di cura non professionale e gratuita del caregiver.

Il caregiver può essere considerato come l’assistente familiare volontario che ogni giorno e senza ricevere un compenso assiste un parente non autosufficiente, prestando assistenza 24 ore su 24, in maniera:

  • diretta, tramite le cure primarie che l’invalido non riuscirebbe a compiere da solo, come ad esempio vestirsi, cucinare, medicare, pulizie domestiche, ecc.;
  • indiretta, occupandosi degli aspetti burocratici e amministrativi che riguardano il parente o sorvegliandolo in forma attiva, intervenendo in caso di pericolo, o passiva, controllandolo fisicamente. Per l’attuazione della norma si dovrà aspettare il decreto del Ministero del Lavoro, da emanare entro 90 giorni dall’entrata in vigore della legge di bilancio 2018 e una circolare INPS che a oggi non è stata ancora pubblicata.

Tra le misure di sostegno e le nuove forme di aiuto inserite nei disegni di legge si trovano, tra le altre, la possibilità per il caregiver di lavorare part-time o in modalità telelavoro al fine di conciliare le esigenze di assistenza familiare con quelle lavorative, l’accesso all’Ape sociale, l’inserimento dei caregiver tra i lavoratori che svolgono attività gravose e un contributo di 1.900 euro, da erogare, se approvato, sotto forma di:

  • contributo economico a titolo di rimborso spese per chi assiste un familiare ultra ottantenne;
  • detrazione fiscale per chi assiste un familiare disabile entro il terzo grado di parentela di età pari o superiore a 80 anni, che andrebbe ad aggiungersi alle altre agevolazioni vigenti per l’assistenza a disabili e non autosufficienti. Per ottenere la detrazione il caregiver dovrebbe presentare lo stato di famiglia attestante la convivenza con la persona assistita e l’Isee.

In Europa diversi Paesi si sono già dotati di una legislazione specifica per i caregiver: tra questi, Francia, Polonia, Gran Bretagna, Spagna, Romania e Grecia.

E’ ora che ciò avvenga in Italia.

 

 

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