ECONOMIA FISCALITA IVA LAVORO

Il contributo a fondo perduto non è trasmissibile agli eredi

A sostegno degli operatori economici colpiti dal Covid, è stato introdotto un contributo a fondo perduto a favore dei titolari di partita IVA, residenti o stabiliti in Italia, che svolgono attività d’impresa, arte o professione o producono reddito agrario (art. 1, Dl 41/2021). Il contributo spetta a

condizione che l’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell’anno 2020 sia inferiore almeno del 30% rispetto all’ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi del 2019. A quanti hanno attivato la partita IVA dal 1° gennaio 2019 il contributo spetta anche in assenza di tali requisiti, mentre non spetta, in ogni caso, nei casi di attività cessata al 23 marzo 2021, data di entrata in vigore del decreto legge.

Il caso di decesso del titolare dell’attività

Una signora, in qualità di erede, afferma che il marito ha svolto la sua attività di professionista fino al momento della sua scomparsa e, poiché non si erano concluse tutte le operazioni per la definizione dei rapporti ancora in corso relativi alle prestazioni professionali avviate fino al momento del decesso, e dovendo essere ancora emesse fatture per prestazioni già svolte ma non incassate, la partita IVA del de cuius risulta ancora attiva. La vedova, facendo riferimento al decreto legge 41/2021, sostiene che in relazione all’attività di lavoratore autonomo del marito risultano rispettate tutte le condizioni previste per beneficiare del fondo perduto, visto che nel 2019 l’ammontare dei compensi percepiti non ha superato i 10 milioni di euro e che l’ammontare medio mensile del fatturato nel 2020 è stato inferiore di oltre il 30% rispetto a quello del fatturato del 2019.

La signora chiede di sapere se il contributo sia erogabile a lei e al figlio, in qualità di eredi, considerato che la norma prevede che non spetta, in ogni caso, ai soggetti la cui attività risulti cessata alla data di entrata in vigore del citato decreto.

Così facendo prospetta il dubbio interpretativo relativo al significato attribuito alla nozione di “attività cessata” dalla quale dipende la spettanza o meno del contributo e, al riguardo, ritiene che nonostante il marito sia deceduto prima del 23 maggio 2021 – data di entrata in vigore del decreto legge – a tale data la sua attività non risultava essere cessata.  Secondo l’istante, infatti, la cessazione della partita IVA non è contestuale alla data del decesso, in quanto l’attività professionale prosegue anche dopo, fino alla completa riscossione dei crediti professionali non ancora fatturati al momento della morte.

La prassi a supporto

A sostegno della spettanza l’istante richiama i contenuti di vari documenti di prassi.

La circolare 11/E del 2007, nella quale si precisa che “l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, e, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale”.

La risoluzione 232/E del 2009, nella quale si legge che “la cessazione dell’attività per il professionista non coincide, pertanto, con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali. Fino al momento in cui il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento di incasso del corrispettivo, non realizza la riscossione dei crediti, la cui esazione sia ritenuta ragionevolmente possibile (perché, ad esempio, non è decorso il termine di prescrizione di cui all’art. 2956, comma 1, n. 2del codice civile) l’attività professionale non può ritenersi cessata”.

La risoluzione 34/E del 2019, n. 34/E, nella quale le Entrate hanno precisato che “in presenza di fatture da incassare o prestazioni da fatturare, gli eredi non possono chiudere la partita IVA del professionista defunto sino a quando non viene incassata l’ultima parcella”.

Infine, la risposta n. 20 del 2019, che ha confermato che “la cessazione dell’attività professionale, con conseguente cessazione della partita IVA, non può prescindere dalla conclusione di tutti gli adempimenti conseguenti alle operazioni attive e passive effettuate”.

Quando si ha la cessazione della partita IVA

Come precisato con la circolare 5/E dello scorso 14 maggio, per poter usufruire del contributo a fondo perduto serve, come ulteriore requisito – oltre che l’attività sia in corso alla data di entrata in vigore del decreto – che, al fine di accertare la cessazione dell’attività, si prescinda dalla volontà del soggetto di cessarla. Pertanto, affermano le Entrate nella risposta n. 565/2021, la cessazione dell’attività si configura, in ogni caso, anche nei casi in cui, prima della data di entrata in vigore del decreto legge, si verifichi il decesso del professionista e per questa ragione non si condivide il riferimento dell’interpellante alla circostanza che la partita IVA del de cuius sia ancora attiva per escludere la cessazione dell’attività, che impedisce l’accesso al contributo.

Rispetto al caso rappresentato, l’Agenzia ritiene che per beneficiare del contributo a fondo perduto non sia sufficiente che la partita IVA risulti ancora attiva per fatturare alcune prestazioni professionali fornite in precedenza e non ancora riscosse al momento del decesso, in quanto si deve tener conto del fatto che i documenti di prassi citati si inquadrano in un contesto differente, essendo diverse le finalità dei chiarimenti in essi contenuti.

Il fatto che la partita IVA sia tenuta aperta per riscuotere i compensi relativi a prestazioni professionali già fornite, infatti, non presuppone lo svolgimento di un’attività professionale ma risponde alla finalità di regolare i flussi economici di attività già svolte e concluse, per tutelare il gettito erariale ai fini dell’IVA. Invece, il contributo in questione è mirato a sostenere gli operatori colpiti da una riduzione del fatturato e dei corrispettivi in seguito all’emergenza epidemiologica.

Nel caso in questione il decesso del professionista si è verificato prima dell’entrata in vigore del Dl n. 41, per cui, a tale data, la sua attività era effettivamente cessata, anche in considerazione del fatto che il rapporto tra cliente e professionista viene instaurato nel presupposto, di natura fiduciaria, che l’incarico professionale possa essere svolto solo dal professionista che ha ricevuto l’incarico.

Inoltre, nelle specifiche tecniche per la trasmissione telematica delle istanze per il riconoscimento del contributo, allegate al provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 23 marzo 2021, viene espressamente specificato che “il soggetto richiedente il contributo non deve risultare deceduto (se persona fisica) alla data di presentazione dell’istanza ovvero cessato (se persona non fisica) alla data del 23 marzo 2021. Il mancato rispetto di tale requisito determina lo scarto dell’istanza in fase di accoglimento”.

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