CASSAZIONE

E’ possibile modificare il classamento degli immobili ordinari senza il sopralluogo del Fisco

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5600 del 6 marzo 2017, rammenta che per gli immobili della categoria ordinaria il Fisco non è tenuto a eseguire un sopralluogo nel caso che voglia modificarne il classamento.

Ricordiamo che il classamento consiste nell’attribuire, alle unità immobiliari a destinazione ordinaria, la categoria e la classe di competenza e a quelle a destinazione speciale, la sola categoria.

La tipologia è assegnata in base alla normale destinazione funzionale per l’unità immobiliare, tenendo conto dei caratteri tipologici e costruttivi specifici e delle consuetudini locali. Ogni unità immobiliare è soggetta a una serie di controlli e verifiche per essere classificata in un sistema a fini fiscali.

Proprio il catasto ha l’incarico di classificare gli immobili e i terreni al fine di sottoporli alla esazione tributaria. Sebbene i documenti Docfa (DOcumento Catasto Fabbricati) siano inoltrati in maniera sempre più accurata dai professionisti del settore, non è insolita la prassi di alcuni uffici dell’Agenzia delle Entrare di procedere alla rettifica d’ufficio in modo unilaterale e senza alcun accertamento in loco. Con una certa sequenza vengono notificate ai contribuenti “richieste di riclassamento” dell’immobile, che comportano la variazione della categoria e classe e il conseguente variare (in aumento) della rendita catastale: l’ufficio modifica unilateralmente quanto documentato dall’utente nel Docfa.

Tale prassi era ritenuta illegittima anche alla luce di recenti sentenze – quella recentissima della Commissione Tributaria Regionale Liguria 747/2016, oltre alla n. 339/2014 della Corte di Cassazione e l’Ordinanza n. 19215/2012 – che affermavano in modo più o meno esplicito che solo attraverso la stima diretta degli immobili era possibile modificare il classamento e il conseguente importo del gravame fiscale.

La Cassazione, infatti, afferma il principio in base al quale, per procedere al classamento dell’immobile dopo la presentazione del relativo Docfa, è necessario che lo stesso venga previamente comunicato, ma l’ufficio tributario deve anche indicare gli elementi che hanno determinato il rifiuto di quanto proposto dal contribuente.

Da quanto si evince dalle predette pronunce, il sopralluogo ha la funzione di instaurare un confronto tra le parti (contribuente e Agenzia delle Entrate), al fine di concordare la esatta classificazione anche per evitare ab origine inutili contenziosi.

Ora, però, tornando alla causa in questione, il Fisco aveva provveduto a classificare diversamente alcune unità abitative di proprietà di un contribuente valutandole come villini. La modifica al classamento era stata impugnata dal proprietario, che aveva instaurato un contenzioso volto a ristabilire la preesistente situazione; secondo la CTR, infine, le doglianze del contribuente erano rigorose, in virtù della mancanza di una stima diretta fatta con sopralluogo e anche per un difetto di motivazione circa i criteri seguiti.

Gli Ermellini, dando ragione alla tesi dell’Agenzia delle Entrate, hanno invece ritenuto che: “ Con i due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, l’Agenzia denuncia la violazione dell’art. 11 del D.L. n. 70 del 1988 convertito nella legge n. 154 del 1988, dell’art. 4, comma 21 del D.L. n. 853/1984 e dell’art. 1, comma 3 del D.M. n. 701/1994, oltre che degli artt. 1, 6 e 7 del DPR n. 1148/49, in relazione all’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., in quanto erroneamente i giudici d’appello avrebbero ritenuto illegittimo il classamento effettuato senza stima diretta e dunque senza sopralluogo, per una categoria di beni, per i quali invece non sarebbe prevista la stima diretta con sopralluogo, ed, inoltre, anche a seguito della richiesta di variazione DOCFA da parte del contribuente, le caratteristiche tipologiche e costruttive dell’immobile per cui è controversia, erano rimaste invariate, rispetto alla categoria A/7 di appartenenza originaria.

L’articolata censura è fondata, in quanto ai sensi della normativa di cui si è denunciata la violazione (v. rubrica), per gli immobili che appartengono alla categoria ordinaria, ai fini del classamento, il metodo di stima non è la stima diretta, ma è la metodologia comparativa, basata sulle caratteristiche estrinseche ed intrinseche dell’immobile ed sulla sua ubicazione, in relazione alla tariffa prevista per la classe d’appartenenza, mentre è solo per gli immobili a “destinazione speciale” (come gli alberghi) il cui valore scaturisce dalla sommatoria di più fattori che risulta necessaria la stima diretta con sopralluogo; inoltre, la caratteristiche strutturali del compendio immobiliare oggetto di controversia, non risulta sostanzialmente variato, alla luce delle planimetrie richiamate dall’ufficio, rispetto alla originaria classificazione in A/7, e ciò nonostante le variazioni apportate, in quanto, quand’anche suddiviso in più unità immobiliari rientranti in un complesso condominiale, ai sensi della circolare n. 5 del 1992 del Ministero delle Finanze, ‘Catasto e servizi tecnici erariali’ la classificazione in villino richiede la sussistenza di uno spazio esterno (‘area coltivata o no a giardino’), ma non necessariamente esclusivo”.

martelletto e casa

 

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 6 marzo 2017, n. 5600

Fatto e Diritto

La decisione impugnata ha, in secondo grado, annullato un nuovo classamento di immobile che l’Agenzia aveva fatto nei riguardi di G.G.

Il Fisco aveva, con avviso di accertamento del 2012, modificato il classamento di alcune unità abitative, intestate al contribuente, valutandole come villini, con conseguente diversa rendita fiscale.

Il contribuente ha impugnato questa nuova classificazione dei suoi immobili, la CTR ha ritenuto viziato il classamento non solo per mancanza di una stima diretta, fatta con sopralluogo, ma altresì per l’assoluto difetto di motivazione circa i criteri seguiti.

L’Agenzia propone ricorso per cassazione con due motivi, cui resiste con controricorso il contribuente.

Con i due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, l’Agenzia denuncia, la violazione dell’art. 11 del D.L. n. 70 del 1988 convertito nella legge n. 154 del 1988, dell’art. 4 comma 21 del D.L. n. 853/1984 e dell’art. 1 comma 3 del D.M. n. 701/1994, oltre che, degli artt. 1, 6 e 7 del DPR n. 1148/49, in relazione all’art. 360. primo comma, n. 3 c.p.c., in quanto erroneamente i giudici d’appello avrebbero ritenuto illegittimo il classamento effettuato senza stima diretta e dunque senza sopralluogo, per una categoria di beni, per i quali invece non sarebbe prevista la stima diretta con sopralluogo, ed, inoltre, anche a seguito della richiesta di variazione DOCFA da parte del contribuente, le caratteristiche tipologiche e costruttive dell’immobile per cui è controversia, erano rimaste invariate, rispetto alla categoria A/7 di appartenenza originaria.

L’articolata censura è fondata, in quanto ai sensi della normativa di cui si è denunciata la violazione (v. rubrica), per gli immobili che appartengono alla categoria ordinaria, ai fini del classamento, il metodo di stima non è la stima diretta, ma è la metodologia comparativa, basata sulle caratteristiche estrinseche ed intrinseche dell’immobile ed sulla sua ubicazione, in relazione alla tariffa prevista per la classe d’appartenenza, mentre è solo per gli immobili a “destinazione speciale” (come gli alberghi) il cui valore scaturisce dalla sommatoria di più fattori che risulta necessaria la stima diretta con sopralluogo; inoltre, la caratteristiche strutturali del compendio immobiliare oggetto di controversia, non risulta sostanzialmente variato, alla luce delle planimetrie richiamate dall’ufficio, rispetto alla originaria classificazione in A/7, e ciò nonostante le variazioni apportate, in quanto, quand’anche suddiviso in più unità immobiliari rientranti in un complesso condominiale, ai sensi della circolare n. 5 del 1992 del Ministero delle Finanze, “Catasto e servizi tecnici erariali” la classificazione in villino richiede la sussistenza di uno spazio esterno (“area coltivata o no a giardino”), ma non necessariamente esclusivo.

Infine, va rilevato come, in tema di giudizio di cassazione, la causa, dovendo essere rinviata alla pubblica udienza allorché “non ricorrono le ipotesi previste all’articolo 375”, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ. (introdotto dal d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40), ben può essere definita con rito camerale anche nel caso in cui ricorra una ipotesi (tra quelle indicate dal citato art. 375, n. 5, cod. proc. civ.) diversa da quella opinata dal relatore nella relazione. (Nella specie, la Corte ha deciso per la manifesta infondatezza del ricorso, mentre il relatore aveva opinato nel senso della manifesta fondatezza). (Sez. U, Ordinanza n. 8999 del 16/04/2009, Rv. 607447).

La sentenza va, pertanto, cassata e rinviata nuovamente alla sezione regionale per la Campania, sezione distaccata di Salerno, in diversa composizione, affinché rivaluti la controversia, alla luce dei principi di diritto sopra esposti.

 

P.Q.M.

Accoglie il ricorso.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del presente giudizio di legittimità, alla Commissione tributaria regionale per la Campania, sezione distaccata di Salerno, in diversa composizione.

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