CASSAZIONE

É legittimo il fermo amministrativo dell’auto del professionista?

Tributi – Riscossione coattiva – Fermo amministrativo dell’auto – Bene strumentale all’esercizio dell’attività – Impignorabilità

La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli, con la sentenza n. 20789 del 6 dicembre 2016, ha accolto il ricorso del contribuente e ha disposto che l’auto di un avvocato che sia inserita nell’elenco dei beni ammortizzabili non può essere sottoposta a fermo amministrativo che è misura cautelare propedeutica alla successiva espropriazione”, con la seguente sintetica motivazione: “Il ricorso è fondato e merita accoglimento … Il decreto legge n.69/2013, convertito in legge n. 98/2013, cd legge del fare, esclude la pignorabilità dei beni strumentali all’esercizio di una professione”. La sentenza, però, merita qualche parola di riflessione sull’argomento, che oltre a essere di interesse per molti automobilisti, ha determinato anche una dose d’incertezza sulla corrente linea giurisprudenziale. Di recente, con la conversione del richiamato Dl n. 69/2013, alla conferma delle disposizioni sulla estensione delle dilazioni dei pagamenti e sulla impignorabilità dell’abitazione principale, si è aggiunta l’importante novella del divieto di fermo dei veicoli strumentali all’attività d’impresa o all’esercizio della professione, previa adeguata dimostrazione della condizione di strumentalità che il debitore deve peraltro fornire entro 30 giorni dal ricevimento della suddetta comunicazione preventiva. Se viene recapitata una cartella esattoriale da Equitalia o da un qualsiasi altro ente preposto alla riscossione, e questa non viene pagata entro 60 giorni, scatta un procedimento cautelare e poi esecutivo di blocco dei veicoli a motore. Sono le procedure cosiddette di “ganasce fiscali”, attivate in seguito all’insolvenza di un debito, prese per cautelare il creditore. Oggetto del blocco sono tutti i veicoli a motore intestati al debitore: automobili, moto, scooter, macchine agricole, pullman, ecc.

Il fermo amministrativo è dunque l’atto con cui si dispone il blocco dei veicoli intestati al debitore, ricordando fra l’altro come la stessa Equitalia, con la circolare n. 105/2016, abbia manifestato l’intenzione di neutralizzare gli effetti del fermo amministrativo disponendone la sospensione una volta concessa e pagata la prima rata del piano di rateizzazione di un debito tributario, a prescindere dal momento in cui la dilazione sia stata richiesta. In un primo momento il contribuente riceve la comunicazione di preavviso di fermo amministrativo; con questo atto l’interessato è invitato a mettersi in regola nei successivi 30 giorni e informato che, in caso di mancato pagamento, si procederà all’iscrizione del fermo amministrativo sul veicolo corrispondente alla targa indicata. Il fermo non viene iscritto se il debitore dimostra, entro i 30 giorni, che il bene mobile è strumentale all’attività svolta dall’impresa o per la professione esercitata dal proprietario del veicolo (Dl n. 69 del 2013). Trascorsi 30 giorni dalla notifica del preavviso di fermo amministrativo senza che il contribuente abbia dato seguito al pagamento o alla rateizzazione di quanto richiesto, o in mancanza di provvedimenti quali sgravio o sospensione, si procede con l’iscrizione del fermo amministrativo al Pubblico Registro Automobilistico (PRA). La cancellazione del fermo può essere effettuata al saldo del debito o, in caso di rateazione, contestualmente al pagamento della prima rata, consegnando al PRA la liberatoria rilasciata da Equitalia. Nel caso in cui il contribuente proprietario del veicolo non proceda al pagamento di quanto richiesto, il mezzo potrà essere pignorato e venduto all’asta.

L’ipoteca immobiliare, invece, è l’atto che Equitalia iscrive presso la Conservatoria a garanzia del credito degli Enti impositori. L’ipoteca sugli immobili può essere iscritta, sempre previa comunicazione scritta e per debiti complessivamente non inferiori a 20.000 euro, e indirizzata al contribuente con la c.d. comunicazione di preavviso di iscrizione d’ipoteca, con la quale lo si invita a pagare le somme dovute entro 30 giorni. Trascorso il termine senza che il contribuente abbia dato seguito alla rateizzazione o al pagamento di quanto richiesto e in assenza di provvedimenti quali sgravio o sospensione, si procede con l’iscrizione dell’ipoteca. La cancellazione dell’ipoteca avviene, senza aggravio di ulteriori spese per il contribuente, contestualmente al saldo del debito; in caso di rateazione, dunque, con il pagamento dell’ultima rata. Dopo l’iscrizione di ipoteca, se il debito rimane insoluto o non rateizzato e non è oggetto di provvedimento di sgravio o sospensione, se il bene rientra nelle condizioni previste dalla legge Equitalia potrà procedere al pignoramento e alla vendita dell’immobile.

Le procedure esecutive per legge, invece, sono attivate, dopo gli atti previsti dalle procedure cautelari, per il recupero delle somme iscritte a ruolo dagli Enti impositori. Le procedure prevedono il pignoramento di somme e il pignoramento e la vendita dei beni mobili e immobili. Prima dell’avvio effettivo delle procedure di espropriazione forzata si procede con la notifica degli avvisi di intimazione, inviati per cartelle consegnate almeno un anno prima e per le quali non sono state attivate altre procedure. L’avviso di intimazione concede al contribuente 5 giorni di tempo (ovvero il maggior tempo previsto dalle singole disposizioni di legge in base alle quali si opera) per pagare o rateizzare,  oppure, nei casi previsti, per chiedere la sospensione della riscossione. L’avviso perde efficacia trascorsi 180 giorni dalla data di notifica, ma può essere rinnovato.

Al riguardo si ricorda che per il preavviso di ipoteca comunicato al debitore non è richiesta una specifica motivazione. In tal senso si è espressa recentemente la sentenza n. 33/24/2015 della CTR Lombardia secondo cui il preavviso equivale alla notifica del titolo esecutivo con il quale ha inizio l’espropriazione forzata immobiliare. Questo orientamento ribadisce quanto deciso dalla Suprema Corte di Cassazione con la sentenza n. 19667 del 2014: secondo i giudici il preavviso di iscrizione di ipoteca non è un provvedimento dell’autorità amministrativa, ma un atto preliminare del procedimento di riscossione compiuto da un soggetto privato, sebbene in forza di concessione amministrativa. Per questo motivo è da escludere l’applicabilità dell’art. 7, comma 1, dello Statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000), secondo cui “gli atti dell’amministrazione finanziaria sono motivati” in base a quanto prescritto dall’art. 3 della legge n. 241/1990 sulla motivazione dei provvedimenti amministrativi. È applicabile, invece, il capoverso dell’art. 7 contenente prescrizioni sul contenuto minimo degli atti riferibili anche ai concessionari (ad esempio, l’indicazione del responsabile del procedimento). L’avviso è, dunque, una comunicazione con funzione d’invito al pagamento del dovuto in forza di titoli esecutivi già formati nel procedimento, in linea con quanto prevede l’art. 49 del DPR n. 602/1973 in relazione ai poteri del creditore. Sotto questo profilo il preavviso è analogo alla notificazione di titolo esecutivo con la quale ha inizio l’espropriazione forzata immobiliare. Secondo i giudici della CTR Lombardia l’atto che preannuncia l’iscrizione d’ipoteca deve essere notificato al contribuente prima di essere eseguito, in virtù del rispetto del diritto di difesa mediante l’attivazione del contraddittorio endoprocedimentale; principio, anche questo, che ribadisce quanto sopra rappresentato dalla Cassazione. Infatti, il DLgs n. 546/1992, art. 21, prescrive che gli atti impugnabili, elencati nell’art. 19 del medesimo decreto (tra i quali è enunciata anche l’iscrizione ipotecaria) debbano essere impugnati entro 60 giorni dalla relativa notificazione. I giudici rilevano, infine, che quando si verificano i presupposti di legge, l’iscrizione ipotecaria è atto dovuto in base all’art. 77 del DPR 602/1973. Di conseguenza, una volta rispettate le garanzie di legge, il preteso vizio di motivazione non si tradurrebbe in ogni caso in motivo di nullità.

Tanto premesso, seguendo l’interpretazione offerta dalla CTP di Milano con la citata sentenza e seguita anche dai giudici napoletani, si potrebbe ritenere che la qualifica di strumentalità del veicolo è ragione di per sé bastante a impedire l’iscrizione del fermo amministrativo.

In sintesi, non si può iscrivere il fermo amministrativo sull’automobile del lavoratore nel caso in cui il bene sia uno strumento indispensabile per lo svolgimento dell’attività lavorativa. In proposito, sembra innanzitutto corretto rilevare che essa rappresenti un minus rispetto alla nozione di bene indispensabile per l’esercizio del mestiere. Ne consegue che in tutti i casi in cui è accertata quest’ultima, il divieto di iscrizione del fermo sarà pienamente vigente.

Così, già al momento della comunicazione dell’avviso di fermo – o, al più tardi, con l’iscrizione del vincolo al PRA – l’automobilista che non ha pagato le cartelle esattoriali notificategli da Equitalia può fare ricorso al giudice tributario contestando l’illegittimità del fermo per via della strumentalità dell’autoveicolo di proprietà del ricorrente, utilizzato per recarsi quotidianamente presso il luogo di lavoro. È importante fornire anche la prova del fatto che il posto di lavoro si trova a una distanza di diversi chilometri dal luogo di residenza, non percorribili altrimenti a piedi o facilmente con i mezzi pubblici.

Questo, però, non esclude che forse il vero problema interpretativo concerne l’esatta definizione della qualifica di strumentalità dei beni d’impresa o del professionista. Lo stato di bene strumentale inoltre, sconosciuto alla disciplina processuale civilistica, è ampiamente noto e indagato nell’ambito della disciplina del TUIR. Semplificando al massimo, è strumentale all’impresa o alla professione il bene suscettibile di cedere utilità pluriennali all’attività, in quanto tale connotato da legami di inerenza con quest’ultima e regolarmente riportato nei registri contabili. Il citato decreto del fare ha stabilito che il fermo auto non può essere iscritto se il debitore, entro 30 giorni dalla notifica del preavviso di fermo, dimostra a Equitalia che il bene mobile è strumentale all’attività di impresa o della professione. Tale beneficio non riguarda tutti i tipi di lavoratori, ma solo determinate categorie. Ad esempio, secondo alcuni giudici, l’automobile del lavoratore dipendente può essere oggetto di fermo auto in quanto la norma esclude solo le attività di tipo professionale o imprenditoriale. Cosa succede, dunque, in questi casi?

Qualora il contribuente eserciti attività di impresa o professione, egli può impedire l’iscrizione del fermo dimostrando che il veicolo che l’Agente della Riscossione intende “bloccare” è strumentale alla propria attività d’impresa o professionale. Per fornire tale dimostrazione è sempre meglio inserire il mezzo nei registri dei beni strumentali. La norma in questione vieta però solo l’iscrizione del fermo. Questo pertanto non pregiudica la possibilità che Equitalia avvii direttamente il pignoramento dell’automobile senza prima passare dal fermo. Per quanto possa sembrare assurdo, Equitalia che, seguendo tale impostazione, non potrebbe iscrivere il fermo sulle auto utilizzate per l’esercizio della professione o dell’impresa, può invece espropriarle del tutto, sempre se ricorrono alcune ben determinate condizioni.

La reale funzione del fermo, del resto, è di impedire che il mezzo, nelle mani del contribuente, possa deprezzarsi, rovinarsi o distruggersi. In definitiva, il fermo non è una misura rivolta a costringere il contribuente togliendogli uno dei beni primari, ma serve solo a garantire la buona riuscita del successivo pignoramento: è quindi strumentale a quest’ultimo (tant’è vero che viene chiamato “misura cautelare”). Ciò non toglie, però, che Equitalia possa benissimo fare a meno del fermo e procedere direttamente al pignoramento senza il passaggio intermedio (al contrario del pignoramento immobiliare dove, invece, l’iscrizione dell’ipoteca è condizione obbligatoria per poter procedere alla vendita giudiziaria con le aste).

Una attenuazione di questa contraddizione è comunque contenuta nel DPR n. 602/1973 art. 62 e art. 515, co. 3, cod. proc. civ. relativo ai pignoramenti immobiliari, che in realtà si riferisce ai pignoramenti mobiliari. Si dispone il divieto di espropriazione nei riguardi di un paniere di beni definiti “essenziali” che saranno individuati con apposito decreto del Ministero dell’Economia, adottato d’intesa con l’Agenzia delle Entrate e con l’Istat. Non è peraltro stabilito alcun termine per l’emanazione del suddetto decreto.

Tornando al caso di specie, i giudici tributari di Napoli hanno sinteticamente concluso affermando che “… Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Il decreto legge n. 69/2013 convertito in legge n. 98/2013, c.d. legge del fare, esclude la pignorabilità dei beni strumentali all’esercizio di una professione. Pertanto l’auto di un avvocata che come nel caso di specie, sia inserita nell’elenco dei beni ammortizzabili non può essere sottoposta al fermo che è misura cautelare propedeutica alla successiva espropriazione. Il provvedimento di fermo va quindi annullato e cancellata a cura e spese di Equitalia la relativa annotazione. Stante la particolarità della materia, la perdurante incertezza giurisprudenziale sul punto e la novità della questione concorrono giustificati motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese del giudizio”.

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COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE NAPOLI Sentenza 6 dicembre 2016, n. 20789

 

Fatto

(…) a mezzo del procuratore costituito, con ricorso spedito il 3.6.2016, depositato il 8.6.2016, notificato il 4.5.2016 all’Agente della riscossione, impugnava un provvedimento di fermo amministrativo da lui conosciuto 7.4.2016.

La parte riferiva di non aver mai ricevuto notifica del preavviso e che il veicolo era bene strumentale all’esercizio della sua attività come risultava dal registro dei beni ammortizzabili. Concludeva chiedendo che fosse annullato il preavviso di fermo con vittoria di spese del giudizio.

Con controdeduzioni del 7.10.2016 si costituiva l’agente della riscossione eccependo che non era necessaria la notifica di un atto di preavviso quando l’ultima cartella esattoriale era stata notificata da meno di un anno. Depositava relate di notifica di tutte le cartelle e chiedeva il rigetto del ricorso.

Con successive memorie del 10.11.2016 la parte eccepiva che Equitalia non poteva stare in giudizio a mezzo di un difensore, che alcune notifiche erano irregolari, alcune cartelle erano prescritte e che il fermo era comunque illegittimo se non preceduto entro il termine di trenta giorni da un avviso.

All’udienza del 25.11.2016, sulle conclusioni delle parti come da verbale, la causa era riservata in decisione.

Diritto

Il ricorso è fondato e merita accoglimento. Il decreto legge n. 69/2013 convertito in legge n. 98/2013, c.d. legge del fare, esclude la pignorabilità dei beni strumentali all’esercizio di una professione. Pertanto l’auto di un avvocata che come nel caso di specie, sia inserita nell’elenco dei beni ammortizzabili non può essere sottoposta al fermo che è misura cautelare propedeutica alla successiva espropriazione. Il provvedimento di fermo va quindi annullato e cancellata a cura e spese di Equitalia la relativa annotazione.

Stante la particolarità della materia, la perdurante incertezza giurisprudenziale sul punto e la novità della questione concorrono giustificati motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese del giudizio.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso. Compensa le spese

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