CASSAZIONE

E’ atto interno la richiesta di revisione catastale presentata dal Comune

Accertamento fiscale – Unità immobiliare – Rendita catastale – Revisione del classamento

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 21176 del 19/10/2016, ha ricordato che nella procedura di revisione del classamento catastale, secondo le regole stabilite dalla legge finanziaria per il 2005, la richiesta del Comune agli uffici provinciali dell’Agenzia del Territorio è un atto interno che non costituisce fondamento dell’azione amministrativa, “essendo previsto al solo fine di facilitarla”. Di conseguenza, eventuali vizi che riguardano l’atto non possono essere fatti valere dai contribuenti interessati ma soltanto dall’ente.

Il classamento di un immobile è necessario per l’attribuzione della rendita catastale, che di fatto esprime il valore di ogni unità. Bisogna dunque considerare sia le singole caratteristiche dell’immobile, sia il contesto in cui è ubicato. Ogni unità immobiliare è qualificata con una determinata categoria e, in relazione alla “qualità” dell’immobile, con una specifica classe. Per ogni Comune è stabilita una tariffa per ogni classe, che moltiplicata per la dimensione del fabbricato, fornisce la rendita catastale.

Ricordiamo in premessa che nella revisione del classamento catastale restano ancora molte questioni aperte, che hanno interessato frequentemente i giudici tributari, soprattutto quelle legate alla c.d. “Riclassificazione degli immobili” e sulle quali i Supremi Giudici sono intervenuti con interpretazioni a volte non univoche, ritenendo però illegittimo il riclassamento catastale che non indica gli elementi necessari per giustificare le ragioni della variazione. Attualmente appare consolidato tra i giudici tributari l’orientamento, confermato anche dalla più recente giurisprudenza di legittimità (per tutte, Cassazione, sentenza 3394/14), secondo il quale devono essere considerati illegittimi gli avvisi di accertamento per nuovi classamenti quando dalla generica motivazione dell’atto non sia possibile comprendere le modalità di rilevazione dei valori medi, né gli atti di trasferimento monitorati e rilevati, né la metodologia e la bontà dei sistemi di rilevazione, né la specifica menzione dei rapporti e del relativo scostamento, con conseguente limitazione del diritto di difesa del contribuente interessato; in questi casi il singolo contribuente si trova nell’impossibilità di verificare se sussistano realmente le anomalie poste a base della revisione del classamento (quale imprescindibile presupposto dell’atto di riclassamento) e se, e in qual misura, dette anomalie incidano sulla classe dei singoli immobili. La mera indicazione della nuova classe non è, infatti, di per sé sufficiente a offrire elementi idonei a far comprendere il motivo dello specifico mutamento. Principio peraltro già in linea con quanto affermato dalla sentenza 31 ottobre 2014, n. 23247, la quale esprime un principio di diritto che in linea con quanto stabilito secondo consolidato orientamento (Cass. n. 9626 del 2012; ord. 19814 del 2012; n. 21532 del 2013; n. 17335 del 2014; n. 16887 del 2014), ha ritenuto nella fattispecie che gli atti catastali, trattandosi di provvedimenti amministrativi non possono più riportare ai fini del classamento i soli dati catastali degli immobili. Tale principio, fissato in considerazione delle incertezze proprie del sistema catastale italiano che non detta una specifica definizione normativa delle categorie e classi catastali, è stato affermato proprio per consentire al contribuente di individuare agevolmente il presupposto dell’operata riclassificazione e approntare le consequenziali difese, e per delimitare, in riferimento a dette ragioni, l’oggetto dell’eventuale successivo contenzioso, essendo precluso all’Ufficio di addurre in giudizio cause diverse rispetto a quelle enunciate. Ricordiamo in proposito che il D.P.R. 23 marzo 1998, n. 138 è stato il riferimento prioritario usato per rinnovare il sistema catastale come luogo d’interconnessione tra le funzioni civili e le funzioni tributarie e delinearne l’architettura, e che l’atto di attribuzione del classamento catastale ha natura di atto di giudizio o di valutazione, che comporta un apprezzamento del valore dell’immobile alla luce della situazione esistente alla data di presentazione della domanda di accatastamento.

Peraltro, trattandosi di una stima tecnica, vincolata dalla disciplina catastale e fondata sulla presa d’atto di una situazione preesistente, l’atto di classamento ha natura dichiarativa ed effetti retroattivi. Tuttavia, per assicurare un adeguamento dinamico alla realtà effettiva, il classamento può essere oggetto di revisione parziale. Oltre che all’interessato, la legittimazione a proporre l’istanza di revisione spetta al Comune, che deve attivarsi in relazione alle unità immobiliari site in una determinata microzona, laddove “il corrispondente valore medio catastale, ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili, si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali” (art. 1, co. 335, l. 30 dicembre 2004, n. 311). Si tratta di una fattispecie generale, che ricorre qualora il Comune riscontri uno scostamento rilevante di valori catastali tra microzone analoghe o contigue.

In questo caso il Comune presenta domanda all’Agenzia del Territorio che, verificati i presupposti, attiva il procedimento di revisione. La revisione è richiesta pure in altre due fattispecie: quando il Comune constata l’esistenza di immobili di proprietà privata non accatastati ovvero in presenza di “situazioni di fatto non coerenti con i classamenti catastali per intervenute variazioni edilizie” (art. 1, co. 336, l. n. 311/2004).

Il procedimento coinvolge il proprietario e l’Agenzia del Territorio. Al proprietario o al titolare di diritti reali è indirizzata una formale “richiesta, contenente gli elementi constatati, tra i quali, qualora accertata, la data cui riferire la mancata presentazione della denuncia catastale”: il destinatario della richiesta è tenuto a presentare gli “atti di aggiornamento redatti ai sensi del regolamento di cui al d.m. 19 aprile 1994, n. 701 del Ministro delle finanze”, ossia i tipi mappali aggiornati e da accatastare. L’art. 74, comma 1, L. n. 342/2000 dispone inoltre che a decorrere dal primo gennaio 2000 gli atti attributivi o modificativi delle rendite catastali per i terreni e per i fabbricati sono efficaci dalla notificazione ai soggetti intestatari: non è più sufficiente la comunicazione della rendita, ma è necessaria la notificazione dall’Ufficio del Territorio al contribuente e al Comune interessato, in conformità alle norme del procedimento.

Ai sensi dell’art. 2, comma 2, D.lgs. n. 546/1992, il termine di sessanta giorni per la proposizione del ricorso decorre dalla data della notifica. Considerato che non sempre sussiste coincidenza tra il soggetto interessato e il contribuente, che ha diritto all’effettiva conoscenza degli atti (art. 6, l. 27 luglio 2000, n. 212, c.d. Statuto del contribuente), anche a tutela del diritto di difesa (art. 24 Cost.) è necessaria la notifica rituale della rendita al contribuente e al possessore del bene. In mancanza di notifica, il Comune non può chiedere il pagamento di sanzioni e interessi al soggetto passivo dei tributi locali, trattandosi di violazione non imputabile al contribuente. Anche in questo caso la Corte di Cassazione era intervenuta quando l’atto impositivo emanato dall’autorità fiscale era genericamente motivato con la semplice dichiarazione che il Comune avesse richiesto la revisione del classamento ai sensi dell’art. 1 del comma 335, L. 311/2004, non ritenendo ciò giustificabile da una indefinita affermazione di “evoluzione del mercato immobiliare”.

Ebbene, sempre secondo gli Ermellini (sentenza 13 giugno 2012, n. 9629; sentenza n. 4507 del 25 febbraio 2009), in relazione al contenuto minimo della motivazione dell’atto di riclassamento di un immobile già munito di rendita catastale, si deve considerare che:

  1. a) se il nuovo classamento è stato adottato, ai sensi del comma 335 della legge n. 311/2004, art. 1, nell’ambito di una revisione dei parametri catastali della microzona in cui l’immobile è situato, giustificata dal significativo scostamento del rapporto tra valore di mercato e valore catastale in tale microzona rispetto all’analogo rapporto nell’insieme delle microzone comunali, l’atto deve indicare la specifica menzione dei suddetti rapporti e del relativo scostamento;
  2. b) se la variazione è stata effettuata ai sensi della legge n. 311/2004, art. 1, comma 336, in ragione di trasformazioni edilizie subite dall’unita immobiliare, l’atto deve recare l’analitica indicazione di tali trasformazioni;
  3. c) nell’ipotesi di riclassificazione avvenuta ai sensi della legge n. 662/1996, art. 3, comma 58, l’atto deve precisare a quale presupposto – il non aggiornamento del classamento o la palese incongruità rispetto a fabbricati similari – la modifica debba essere associata, specificamente individuando, nella seconda ipotesi, i fabbricati, il loro classamento e le caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento.

Del pari, non può ritenersi sufficiente il riferimento a non meglio precisati “interventi pubblici per la riqualificazione della viabilità interna e dell’arredo urbano”, nonché ad “interventi da parte dei privati per la ristrutturazione degli edifici” esplicitato nella citata sentenza.

Nel caso di specie la controversia nasce dall’impugnazione dei contribuenti di un accertamento recante la revisione del classamento di alcune unità immobiliari alla quale l’amministrazione aveva proceduto ai sensi e sulla base della previsione di cui all’art. 1, comma 335, legge n. 311/2004, della determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio del 16 febbraio 2005, della richiesta del Comune del 14 ottobre 2005 diretta ad ottenere la revisione del classamento delle unità di proprietà privata ubicate nelle microzone individuate nella planimetria allegata all’avviso, e della determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio con la quale era stato attivato l’indicato processo di revisione. Al riguardo si segnala la presa di posizione degli Ermellini che hanno voluto così concludere: “… Con il quarto motivo, i contribuenti denunciano l’illegittimità della richiesta del Comune di XXX inerente la revisione del classamento perché adottata in violazione delle norme previste dal testo unico sugli enti locali. Il motivo non è fondato sulla base di quanto affermato da questa Corte secondo cui: “In tema di revisione del classamento catastale, la richiesta del Comune agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio ai sensi dell’art. 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è un atto interno, che non costituisce il fondamento dell’azione amministrativa, essendo previsto al solo fine dì facilitarla, per cui eventuali vizi attinenti la sua legittima provenienza non possono essere fatti valere dal contribuente, ma esclusivamente dall’ente, la cui volontà si assume non validamente espressa, attesa anche la possibilità dì una ratifica” (Cass. n. 17328 del 2014). Con il quinto motivo, i contribuenti lamentano la carenza di potere del Direttore dell’Agenzia del Territorio di aggiornare il valore medio di mercato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004. Il motivo, peraltro generico nella sua formulazione, non è fondato in quanto la determinazione del Direttore dell’Agenzia del Territorio del 16 febbraio 2005, che l’amministrazione pone a supporto motivazione dell’atto di classamento impugnato, è perfettamente coerente con le disposizioni di cui al comma 339 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 e pienamente rispettosa di quanto prescritto dalla norma. Pertanto il ricorso deve essere respinto. La particolarità della fattispecie e le incertezze registrate negli orientamenti giurisprudenziali giustificano la compensazione delle spese”.

 

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CORTE DI CASSAZIONE Sentenza n. 21176 del 19 ottobre 2016

Svolgimento del processo

La controversia concerne l’impugnazione da parte dei contribuenti di un accertamento recante la revisione del classamento di alcune unità immobiliari in Milano alla quale l’amministrazione aveva proceduto ai sensi e sulla base della previsione ci cui all’art. 1, comma 335, legge n. 311 del 2004, della determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio del 16 febbraio 2005, della richiesta del Comune di Milano del 14 ottobre 2005 diretta ad ottenere la revisione del classamento delle unità di proprietà privata ubicate nelle microzone individuate nella planimetria allegata all’avviso, e della determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio con la quale era stato attivato l’indicato processo di revisione.

I contribuenti lamentavano che:

– la revisione della rendita di alcune delle unità immobiliari oggetto dell’accertamento per le quali era stata presentata denuncia di variazione successivamente alla legge n. 17 del 1985, avrebbe richiesto una stima dell’Immobile con sopralluogo;

– la strada, via Broletto, ove erano situate le unità immobiliari oggetto dell’accertamento aveva subito nel corso degli anni una situazione di “degrado”, individuata dai contribuenti, oltre che nella già risalente realizzazione (anni ‘60) della linea 1 della metropolitana, nel passaggio (ad alta frequenza) di cinque linee tranviarie sulla sede stradale, nell’assoluta difficoltà di parcheggio, nella rilevante mancanza di negozi commerciali con presenza del tutto prevalente di uffici e aziende di credito;

– la motivazione dell’accertamento era carente dell’indicazione di un qualsiasi elemento che giustificasse le ragioni di passaggio di alcune unità immobiliari ad una superiore categoria catastale; né erano state specificate le caratteristiche delle classi di provenienza e di quelle di nuova attribuzione o ancora le ragioni della limitazione della revisione ad alcune microzone, nonostante fosse stata tutta la città ad essere interessata dal miglioramento dei servizi, dal potenziamento dei trasporti, dalla creazione di nuove linee metropolitane, di una maggiore internazionalizzazione;

– non era stata rispettata la normativa che presiede alle procedure di classificazione catastale, in quanto l’impugnato accertamento faceva riferimento ad un mutamento dei valori di mercato (e non catastali), omettendo di assumere a parametro comparativo i tradizionali elementi di raffronto;

– la mancata considerazione della detraibilità delle spese di manutenzione e il mancato riferimento alla superfiche delle singole unità Immobiliari;

– l’illegittimità, per non aver tenuto conto di tutti gli elementi specificati nell’art. 2 del d.P.R. n. 138 del 1998, della delibera del Comune dì Milano di individuazione delle microzone e l’illegittimità, per travisamento di potere e violazione di legge, della determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio del 16 febbraio 2005;

– l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004;

– l’incompetenza del dirigente comunale a chiedere la revisione, essendo il relativo potere riservato alla giunta;

– la mancata motivazione dei dati presi a fondamento per la richiesta di revisione, in particolare con riferimento alla ritenuta percentuale di scostamento della media delle altre microzone.

La Commissione adita accoglieva il ricorso limitatamente al classamento delle unità immobiliari contraddistinte con i subalterni 5 e 704 del foglio 389, particella 61, in quanto il classamento in A/2 presuppone caratteristiche specifiche che mancano nello stabile di via Broletto.

L’appello dei contribuenti era rigettato con la sentenza in epigrafe, avverso la quale i contribuenti medesimi propongono ricorso per cassazione con 5 motivi. L’amministrazione resiste con controricorso.

In prossimità dell’udienza i ricorrenti hanno depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ. unitamente a documenti il cui elenco hanno notificato alla controparte.

Motivazione

  1. Con il primo motivo, i contribuenti denunciano la violazione delle norme e dei principi che regolano la motivazione degli atti in materia catastale: era stata denunciata la mancata giustificazione (anche in giudizio) da parte dell’Agenzia del Territorio di quali caratteristiche avessero le singole unità immobiliari per vedersi attribuita una classe superiore e su tale motivo di censura la sentenza impugnata nulla ha detto, omettendo di motivare sulle ragioni della propria decisione risolta, così, in una mera affermazione.
  2. La censura è inammissibile in quanto essa ha sostanzialmente ad oggetto, come fa trasparire la stessa formulazione letterale dell’epigrafe del motivo, l’atto di accertamento e non, come dovrebbe, la sentenza impugnata. A quest’ultima poi non si imputa in realtà un vizio di violazione di legge come nell’epigrafe prefigurato, bensì un vizio di motivazione, così dimenticando che non è possibile una censura riferita contestualmente ad una pluralità delle ipotesi normativamente previste: come questa Corte ha avuto modo di affermare, “ il giudizio di cassazione è un giudizio a critica vincolata, delimitato e vincolato dai motivi di ricorso, che assumono una funzione identificativa condizionata dalla loro formulazione tecnica con riferimento alle ipotesi tassative formalizzate dal codice di rito” (Cass. n. 19959 del 2014; v. anche Cass. n. 21099 del 2013).
  3. A ben vedere il motivo è comunque infondato.

3.1. Come emerge da quanto riportato nello stesso ricorso, l’atto di accertamento indicava che l’amministrazione aveva proceduto ai sensi e sulla base della previsione dì cui all’art. 1, comma 335, legge n. 311 del 2004, della determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio del 16 febbraio 2005, della richiesta del Comune di Milano del 14 ottobre 2005 diretta ad ottenere la revisione del classamento delle unità di proprietà privata ubicate nelle microzone individuate nella planimetria allegata all’avviso, e della determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio con la quale era stato attivato l’indicato processo di revisione.

3.2. Questo assetto motivazionale sembra essere provvisto dei requisiti di congruità e sufficienza indicati dalla giurisprudenza di questa Corte, la quale ritiene che l’obbligo di motivazione dell’atto di classamento resti assolto una volta che sia stato evidenziato, al fine di delimitare l’ambito delle ragioni deducibili dall’Ufficio nella fase contenziosa, il presupposto dell’accertamento risultante, laddove esso tragga impulso da una c.d. “verifica per microzone”, dalla previsione di cui all’art. 1, comma 335, legge n. 311 del 2004 e dalla determinazione del direttore dell’Agenzia del Territorio del 16 febbraio 2005 e nell’allegazione (o Integrale riproduzione) della richiesta del Comune dalla quale il potere di rettifica ha tratto impulso (v. Cass. n. 21532 del 2013; n. 17322 del 2014).

  1. Il Collegio è consapevole che l’approdo giurisprudenziale della Corte sul punto non è stato esente da incertezze, oscillando tra una più intensa e una minore rigidità delle scelte interpretative: l’orientamento or ora ricordato può, tuttavia, costituire un condivisibile “punto di equilibrio” per la sua maggiore idoneità a cogliere II senso della ratio sottesa alla disciplina relativa alla revisione catastale prescritta dall’art. 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004.
  2. Quest’ultimo intervento del legislatore si iscrive nel faticoso percorso del processo di riforma legislativa del catasto, da tempo intrapreso nel paese: riforma sollecitata dalla necessità di eliminare, o quanto meno di ridurre significativamente, la sperequazione creata a livello impositivo dallo squilibrio che per alcuni immobili si registra tra i valori catastali in larga parte riferiti ad anni risalenti e i valori di mercato degli stessi immobili accresciuti notevolmente dalla collocazione di essi in un mutato sistema economico-culturale dell’assetto urbano.
  3. Siffatto processo ha da ultimo trovato sbocco nella legge delega n. 23 dell’11 marzo 2014 il cui art. 2 prevede proprio l’attuazione di procedure per la revisione del catasto fabbricati nelle quali il valore di mercato gioca un ruolo di rilievo, con il coinvolgimento dei comuni nel cui territorio sono collocati gli immobili: ma un primo deciso passo in avanti del processo evolutivo di cui si è fatto cenno è stato proprio rappresentato dall’art. 1, comma 335, della legge n. 311 del 2004, a norma del quale “…la revisione parziale del classamento delle unità immobiliari di proprietà privata site in microzone comunali, per le quali il rapporto tra il valore medio di mercato individuato ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 23 marzo 1998, n. 138, e il corrispondente valore medio catastale ai fini dell’applicazione dell’imposta comunale sugli immobili si discosta significativamente dall’analogo rapporto relativo all’insieme delle microzone comunali, è richiesta dai comuni agli Uffici provinciali dell’Agenzia del territorio”.
  4. Pertanto la motivazione dell’atto di classamento, che non è un atto di imposizione fiscale, trova riferimento, ai fini della propria sufficienza, nella peculiare normativa ora citata, in quanto presupposto della revisione è il riallineamento resosi essenziale per il registrato significativo scostamento di valore rispetto all’insieme delle microzone comunali, senza che sia necessario indicare specifiche caratteristiche dell’immobile alle quali deve essere invece attento un diverso tipo di atto di classamento, che trova in altre norme la propria giustificazione (come ad es. quello previsto dal comma 336 dell’art. 1 della stessa legge 311 del 2004, che richiede la presenza di innovazioni specifiche concernenti l’immobile in esame ed esige, quindi, in questo caso, e solo in questo caso, che la motivazione dell’atto di revisione riporti l’analitica indicazione delle trasformazioni subite dal bene; oppure quello previsto dall’art. 3, comma 58, della legge 662 del 1996, nella parte in cui si riferisce alla palese incongruità del classamento dell’immobile oggetto di revisione rispetto a fabbricati similari: è in questa seconda ipotesi, e solo in questa, che l’atto impositivo, come afferma Cass. n. 2184 del 2015, dovrà indicare la specifica individuazione di tali fabbricati, del loro classamento e delle caratteristiche analoghe che li renderebbero similari all’unità immobiliare oggetto di riclassamento).
  5. Il contribuente, tuttavia, ben potrà poi dare liberamente prova, nella fase contenziosa, del fatto che il proprio immobile abbia caratteristiche tali da sottrarlo alla ratio del riclassamento per microzona di appartenenza, caratteristiche rispetto alle quali non si pongano (o possano recedere) le esigenze perequative che hanno motivato l’accertamento in coerenza con il disegno del legislatore.
  6. Il fatto che la revisione del classamento ex art. 1, comma 335, legge n. 311 del 2004 non sia condizionata alle specifiche tecniche dell’unità immobiliare, bensì esclusivamente ai parametri relativi alla microzona alla quale quest’ultima appartiene, rende evidente l’insussistenza di un obbligo dell’Agenzia al sopralluogo (in materia v. anche Cass. n. 21923 del 2012).
  7. Con II secondo motivo i contribuenti denunciano vizio di violazione di legge in ordine all’affermazione del giudice di merito circa il carattere risalente delle variazioni DOCFA, evidenziando che tale documentazione non è stata depositata agli atti del giudizio.

10.1. I ricorrenti, tuttavia, sembrano così dimenticare che è stata la propria difesa a far leva sulla supposta esistenza di tale documentazione per contrastare la fondatezza dell’accertamento attribuendo ad essa quel carattere di decisività che il giudice d’appello semplicemente non ha riconosciuto. Peraltro gli stessi ricorrenti, a ben vedere, hanno fatto richiamo alla predetta documentazione – che avrebbe testimoniato una variazione di alcuni degli immobili in questione conseguente «a interventi di divisione, fusione, o diversa distribuzione degli spazi interni» – per reclamare la necessità di un sopralluogo, possibilità che abbiamo già visto esclusa dalla natura della revisione del classamento regolata dall’art. 1  comma 335, della legge n. 311 del 2004.

10.2. Sicché il motivo non è fondato.

  1. Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano un vizio di violazione di legge in quanto solo in secondo grado l’Agenzia avrebbe prodotto una documentazione – la scheda della microzona estratta dalle delibere del Comune di Milano e il prospetto con i calcoli dei rapporti delle microzone – a sostegno dell’accertamento, e ai contribuenti non sarebbe stato così consentito di replicare efficacemente.

11.1. Il motivo non è fondato. L’orientamento di questa Corte è nel senso che «in materia di contenzioso tributario, l’art. 58 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, consente la produzione nel giudizio di appello di qualsiasi documento, pur se già disponibile in precedenza» (Cass. n. 22776 del 2015).

  1. Con il quarto motivo, i contribuenti denunciano l’illegittimità della richiesta del Comune di Milano inerente la revisione del classamento perché adottata in violazione delle norme previste dal testo unico sugli enti locali.

12.1. Il motivo non è fondato sulla base di quanto affermato da questa Corte secondo cui: “In tema di revisione del classamento catastale, la richiesta del Comune agli uffici provinciali dell’Agenzia del territorio ai sensi dell’art. 1, comma 335, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, è un atto interno, che non costituisce il fondamento dell’azione amministrativa, essendo previsto al solo fine dì facilitarla, per cui eventuali vizi attinenti la sua legittima provenienza non possono essere fatti valere dal contribuente, ma esclusivamente dall’ente, la cui volontà si assume non validamente espressa, attesa anche la possibilità dì una ratifica” (Cass. n. 17328 del 2014).

  1. Con il quinto motivo, i contribuenti lamentano la carenza di potere del Direttore dell’Agenzia del Territorio di aggiornare il valore medio di mercato secondo le modalità stabilite con il provvedimento di cui al comma 339 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004.

13.1. Il motivo, peraltro generico nella sua formulazione, non è fondato in quanto la determinazione del Direttore dell’Agenzia del Territorio del 16 febbraio 2005, che l’amministrazione pone a supporto motivazione dell’atto di classamento impugnato, è perfettamente coerente con le disposizioni di cui al comma 339 dell’art. 1 della legge n. 311 del 2004 e pienamente rispettosa di quanto prescritto dalla norma.

  1. Pertanto il ricorso deve essere respinto. La particolarità della fattispecie e le incertezze registrate negli orientamenti giurisprudenziali giustificano la compensazione delle spese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso. Compensa le spese.

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