CASSAZIONE IVA

Decadenza agevolazioni prima casa: il fisco ha tre anni per recuperare l’IVA

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 15449 del 13 giugno 2018, ha ricordato che in materia di revoca dei benefici fiscali per l’acquisto della prima casa, qualora il contribuente abbia fruito dell’IVA ridotta, il potere dell’ufficio decade nei termini ordinari e non si applica la proroga di due anni prevista dalla legge sul condono del 2002. In caso di revoca del beneficio dell’IVA ridotta sull’acquisto della prima casa, a causa del mancato trasferimento della residenza nei termini di legge o del successivo riscontro delle caratteristiche di immobile di lusso, il termine decadenziale per la rettifica della maggiore imposta è quello ordinario di tre anni dall’acquisto; non è applicabile la proroga biennale prevista dalla legge 289/2002 perché trattasi di disposizione derogatoria di termini di decadenza e, in quanto tale, non estensibile a fattispecie diverse da quelle espressamente previste.

Ricordiamo che la Corte di Cassazione è intervenuta più volte per definire il termine entro il quale gli uffici possono verificare la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi per beneficiare delle agevolazioni fiscali in argomento. La giurisprudenza della stessa Corte non si è sempre espressa in modo univoco: in alcuni casi ha sostenuto che la maggiore imposta dovuta a seguito della revoca delle agevolazioni ha natura di imposta complementare, soggetta quindi al termine prescrizionale previsto dall’art. 78, DPR n. 131/1986, in base al quale “il credito dell’Amministrazione finanziaria per l’imposta definitivamente accertata si prescrive in dieci anni” (Cass. 21 maggio 1999 n. 4944), mentre in altre circostanze, invece, si è pronunciata per l’applicabilità del termine di decadenza previsto dall’art. 76, comma 2, T.U. 131/1986, in base al quale “l’imposta deve essere richiesta, a pena di decadenza, entro il termine di tre anni” (Cass. 17 settembre 1998 n. 92802 e 23 luglio 1999 n. 79473).

Le Sezione Unite della Cassazione hanno infine avallato l’indirizzo giurisprudenziale favorevole all’operatività del termine di decadenza triennale e hanno individuato le regole attinenti alla sua decorrenza (Cass., SS.UU., 21 novembre 2000 n. 11964).

Nel caso di acquisto da un’impresa con vendita soggetta a IVA, la disciplina agevolativa prevista per la cd. prima casa prevede, tra le imposte applicate in misura ridotta, l’applicazione dell’ IVA con aliquota al 4% (in luogo delle aliquote ordinarie del 10 o del 22%, determinate a seconda della classificazione dell’immobile). Tra le condizioni previste dalla norma del fruire dell’agevolazione prima casa, nell’ipotesi in cui il contribuente risieda in un comune diverso da quello in cui è ubicato l’immobile, vi è quella di traferire la residenza in tale comune entro 18 mesi dall’acquisto dell’abitazione: il mancato trasferimento della residenza nel termine dei 18 mesi comporta la decadenza dell’agevolazione in argomento. In questo caso l’Amministrazione finanziaria può richiedere la maggior imposta dovuta entro il termine decadenziale di tre anni ai sensi dell’art. 76, co. 2, del citato DPR n. 131.

Il Legislatore ha inoltre previsto una proroga biennale al termine entro cui l’Amministrazione è legittimata a richiedere la maggior imposta dovuta, con l’art. 11, co. 1, della legge n. 289/2002, limitando tale circostanza “ai fini delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni e sull’incremento di valore degli immobili”.

Nel caso in esame la controversia nasce da un avviso di liquidazione della maggiore IVA proposto dall’Ufficio tributario, con irrogazione di sanzioni, in seguito alla revoca dell’aliquota agevolata del 4% applicata dal contribuente in relazione all’operazione di acquisto di un immobile come prima casa, per effetto del mancato trasferimento della residenza nel comune ove l’immobile è ubicato nel termine decadenziale di 18 mesi.

I giudici tributari regionali, confermando la sentenza di primo grado, accolgono le ragioni del contribuente e annullano l’atto impositivo, in considerazione dell’avvenuta cessazione del termine triennale di cui all’art. 76, comma 2, del DPR n. 131/1986, non rilevando l’esistenza di nessuna delle ipotesi di proroga dei termini.

Ricorre l’Agenzia delle entrate lamentando violazione e falsa applicazione dell’art. 11, co. 1 e 1-bis della legge n. 289/2002.

La tesi difensiva proposta dal Fisco non convince gli Ermellini, che ritengono infondato il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate e confermano l’annullamento dell’avviso di liquidazione IVA.

La questione, infatti, concerne l’applicabilità della proroga biennale dei termini di accertamento di cui al citato art. 11 della legge n. 289 alle fattispecie di liquidazione della maggiore IVA per la decadenza dalla agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa.

Ma la norma in oggetto non prevede espressamente tale fattispecie, limitando la sua efficacia ai soli fini delle imposte di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni, nonché sull’incremento di valore degli immobili.

Pertanto, e in considerazione di quanto affermato, i Giudici di legittimità concludono che: “… Le Sezioni Unite civili, risolvendo il contrasto interpretativo insorto in relazione all’ambito di applicabilità dei citati commi 1 e 1-bis dell’art. 11, hanno di recente escluso la possibilità di una estensione applicativa delle citate norme, affermando il seguente principio di diritto: “In tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, il termine di cui all’art. 76, comma 1-bis, del d.P.R. n. 131 del 1986, per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta non può essere prorogato, ai sensi dell’art. 11, comma 1, della I. n. 289 del 2002, per le violazioni concernenti la fruizione dell’IVA agevolata al 4 per cento, in quanto l’art. 11 cit. fa espresso riferimento solo all’imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni, nonché sull’incremento di valore degli immobili, sicché, trattandosi di disposizione derogatoria di termini di decadenza, e, dunque, di stretta interpretazione, non è ammissibile, neppure attraverso una interpretazione logico-sistematica, un’operazione ermeneutica intesa ad assegnare all’Amministrazione finanziaria un più ampio termine per l’accertamento di un tributo per il quale esso non è espressamente previsto, senza che la diversa disciplina riservata a tributi differenti possa ritenersi irragionevole”( Sez. U, Sentenza n. 18574 del 22/09/2016, Rv. 641073 – 01). Il citato principio di diritto è stato affermato dalle Sezioni Unite con riferimento all’applicazione dell’aliquota agevolata del 4% ed al recupero della differenza di imposta versata, per le riscontrate caratteristiche di immobile di lusso, ma è suscettibile di piana applicazione, per medesimezza di ratio, anche nel caso in cui l’Agenzia ha proceduto alla liquidazione della imposta non versata per effetto della decadenza del contribuente dal beneficio legato all’acquisto della prima casa, non avendo trasferito la propria residenza nel luogo dell’immobile nel termine di 18 mesi. Il riconoscimento della natura di norma di stretta interpretazione, rende inammissibile qualsiasi interpretazione logico-sistematica che estenda il termine per l’accertamento di un tributo oltre quello espressamente previsto. Nel caso in esame la CTR ha correttamente applicato il principio di diritto, escludendo l’applicabilità della proroga biennale prevista dall’art. 11 della I. n. 289 del 2002 all’ipotesi di accertamento della maggiore IVA per decadenza dal beneficio della aliquota agevolata per la prima casa”.

 

 

CORTE DI CASSAZIONE Sentenza 13 giugno 2018, n. 15449

 

Sul ricorso proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis;

– ricorrente –

  1. P., difeso, come da mandato a margine del ricorso, dall’avv. Cinzia Tomasoni, del foro di Trento, presso il cui studio è elettivamente domiciliato, in Trento, Via degli Orti n. 15

– controricorrente e ricorrente incidentale avverso la sentenza n. 29/29/2011 della Commissione tributaria regionale del Veneto, depositata il 2.03.2011, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 23 gennaio 2018 dal dott. Andrea Nocera;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.sa Immacolata Zenoche ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri e l’avv. Paolo Ferrari.

Svolgimento del processo

  1. Con sentenza depositata il 2 marzo 2011, la Commissione tributaria regionale del Veneto ha respinto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate – Ufficio provinciale di Venezia, confermando la sentenza della CTP di Venezia, che aveva annullato l’avviso di liquidazione della maggiore IVA e irrogazione di sanzioni (per tale profilo già definito dal contribuente con il versamento in misura ridotta), in seguito alla revoca dell’aliquota agevolata del 4% applicata dal contribuente, ai sensi della Tabella A, parte seconda, allegata al d.P.R. n. 633 del 1972, in relazione alla operazione di acquisto di un immobile come prima casa, non avendo l’acquirente trasferito la propria residenza nel comune ove questo è ubicato nel termine decadenziale di 18 mesi.

La CTR, dopo aver respinto l’eccezione di parte contribuente di invalidità della notifica dell’atto di appello perché il plico ricevuto conteneva solo fogli bianchi, osservando sul punto che la parte non aveva dato alcuna prova della mancanza del contenuto della busta, ha motivato la propria decisione ritenendo che l’amministrazione finanziaria fosse decaduta dal potere di accertamento, in considerazione dello spirare del termine triennale di cui all’art. 76, comma 2, del d.P.R. n. 131 del 1986, non ricorrendo nel caso di specie l’accertamento di maggior valore e la conseguente liquidazione della maggiore imposta.

Avverso detta sentenza propone ricorso l’Agenzia delle entrate, affidando le proprie doglianze ad un unico motivo di ricorso.

La parte contribuente resiste con controricorso e propone ricorso incidentale condizionato, con un solo motivo di doglianza, illustrato da memoria ex art. 378 cod. proc. civ.

Il procedimento proviene da rinvio a nuovo ruolo disposto con ordinanza del 16.09.2015

Ragioni della decisione

  1. Con l’unico motivo di ricorso l’amministrazione finanziaria denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 11, comma 1 e 1-bis della I. n. 289 del 2002, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.

Osserva che la CTR ha erroneamente applicato la citata disposizione, ritenendo l’Ufficio decaduto dal potere di accertamento, limitando la proroga biennale di cui all’art. 11, commi 1 e 1-bis della I. n. 289 del 2002 alla sola ipotesi di accertamento del maggior valore dei beni oggetto di compravendita e non anche alla rettifica e liquidazione della maggiore imposta in relazione alla decadenza delle agevolazioni di cui al comma 1-bis per l’applicazione della aliquota agevolata del 4% per l’acquisto della prima casa.

  1. La controricorrente ha eccepito in via preliminare l’inammissibilità del ricorso per cassazione per intervenuta decadenza dall’impugnazione, essendo decorso alla data di notifica dello stesso il termine lungo ex art. 327 c.p.c., non potendo applicarsi il regime di sospensione previsto dalle disposizioni sul condono, trattandosi di lite che non rientra tra quelle definibili ex art. 39, comma 12, del d.l. n. 98/2011.

2.1. Con l’unico motivo di ricorso incidentale condizionato la parte contribuente ha denunciato la violazione e falsa applicazione dell’art. 22, comma 3, del d. Igs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., perché, a seguito della ricezione di un plico spedito dall’Agenzia delle entrate, nel quale erano contenuti alcuni fogli bianchi, il difensore supponendo che lo stesso si riferisse all’atto di impugnazione proposto, aveva contestato l’irregolarità della notifica senza avere riscontro alcuno dall’Ufficio appellante.

  1. E’ infondata l’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso sollevata dalla parte contribuente, non potendo ritenersi il provvedimento impugnato atto di mera liquidazione e riscossione, ma atto impositivo.

Assume, in tal senso, valore decisivo la effettiva funzione dell’atto, a prescindere dalla qualificazione formale. L’atto di liquidazione della maggiore IVA emesso a seguito della riscontrata successiva decadenza dal beneficio del versamento dell’imposta in misura ridotta, è, infatti, atto destinato ad esprimere, per la prima volta, nei confronti del contribuente una pretesa fiscale (maggiore di quella applicata dal contribuente), tale che la contestazione, ai fini dell’applicazione dell’art. 16 della I. n. 289 del 2002, è idonea ad integrare una controversia effettiva, e non apparente, sui presupposti e sui contenuti dell’obbligazione tributaria.

Il principio di diritto, espresso da questa Corte con specifico riferimento agli avvisi di liquidazione dell’imposta di registro (Sez. 5, n. 13136 del 24/06/2016, Rv. 640137 – 01; Sez. 5, Sentenza n. 20731 del 06/10/2010, Rv. 615427 – 01), è pacificamente applicabile alla fattispecie in esame, assumendo natura sostanziale di atto impositivo l’avviso di liquidazione della maggiore imposta per la decadenza dal beneficio per l’acquisto della prima casa.

3.1. L’unico motivo di ricorso è altresì infondato.

La questione posta verte sulla applicabilità della proroga biennale dei termini di accertamento di cui all’art. 11, commi 1 e 1-bis della I. n. 289 del 2002, alle fattispecie di liquidazione della maggiore IVA per la decadenza dalla agevolazione prevista per l’acquisto della prima casa.

Le citate disposizioni sono infatti previste ai soli fini dell’imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni, nonché sull’incremento di valore degli immobili, in ragione della sospensione prevista dall’art. 11, comma 10, del medesimo d. Igs. n. 289 del 2002.

Le Sezioni Unite civili, risolvendo il contrasto interpretativo insorto in relazione all’ambito di applicabilità dei citati commi 1 e 1-bis dell’art. 11, hanno di recente escluso la possibilità di una estensione applicativa delle citate norme, affermando il seguente principio di diritto: “In tema di agevolazioni per l’acquisto della prima casa, il termine di cui all’art. 76, comma 1-bis, del d.P.R. n. 131 del 1986, per la rettifica e la liquidazione della maggiore imposta non può essere prorogato, ai sensi dell’art. 11, comma 1, della I. n. 289 del 2002, per le violazioni concernenti la fruizione dell’IVA agevolata al 4 per cento, in quanto l’art. 11 cit. fa espresso riferimento solo all’imposta di registro, ipotecaria, catastale, sulle successioni e donazioni, nonché sull’incremento di valore degli immobili, sicché, trattandosi di disposizione derogatoria di termini di decadenza, e, dunque, di stretta interpretazione, non è ammissibile, neppure attraverso una interpretazione logico-sistematica, un’operazione ermeneutica intesa ad assegnare all’Amministrazione finanziaria un più ampio termine per l’accertamento di un tributo per il quale esso non è espressamente previsto, senza che la diversa disciplina riservata a tributi differenti possa ritenersi irragionevole”( Sez. U, Sentenza n. 18574 del 22/09/2016, Rv. 641073 – 01).

Il citato principio di diritto è stato affermato dalle Sezioni Unite con riferimento all’applicazione dell’aliquota agevolata del 4% ed al recupero della differenza di imposta versata, per le riscontrate caratteristiche di immobile di lusso, ma è suscettibile di piana applicazione, per medesimezza di ratio, anche nel caso in cui l’Agenzia ha proceduto alla liquidazione della imposta non versata per effetto della decadenza del contribuente dal beneficio legato all’acquisto della prima casa, non avendo trasferito la propria residenza nel luogo dell’immobile nel termine di 18 mesi. Il riconoscimento della natura di norma di stretta interpretazione, rende inammissibile qualsiasi interpretazione logico-sistematica che estenda il termine per l’accertamento di un tributo oltre quello espressamente previsto.

Nel caso in esame la CTR ha correttamente applicato il principio di diritto, escludendo l’applicabilità della proroga biennale prevista dall’art. 11 della I. n. 289 del 2002 all’ipotesi di accertamento della maggiore IVA per decadenza dal beneficio della aliquota agevolata per la prima casa.

  1. Il ricorso principale deve, dunque, essere rigettato.
  2. Il ricorso incidentale condizionato proposto deve ritenersi assorbito in conseguenza del rigetto del ricorso principale.
  3. La recente composizione del contrasto giurisprudenziale fonda giustificate ragioni che inducono la Corte a compensare integralmente le spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale; assorbito il ricorso incidentale; compensa le spese.

 

 

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