ECONOMIA FISCALITA

Contratto di compravendita: quali tasse in caso di risoluzione consensuale

La Risposta 439/2019 verte sulla tassazione ai fini dell’imposta di registro dell’atto di risoluzione per “mutuo consenso” della compravendita immobiliare. Nell’istanza di interpello viene infatti rappresentato che

in data 9 maggio 2014 un contribuente ha venduto a una signora il diritto di piena proprietà per la quota indivisa di ½, e il diritto di nuda proprietà per la restante quota indivisa di 1/2, di un appartamento.

Il corrispettivo della vendita, ammontante a 220.000 euro, per l’accordo stipulato tra le parti, doveva essere interamente versato entro il 31 dicembre 2019, senza interessi. Successivamente, le parti hanno deciso di non dar seguito al pagamento dell’importo pattuito, ma di procedere alla sottoscrizione di un contratto di risoluzione per “mutuo consenso”, senza corrispettivo, del precedente contratto di compravendita.

Secondo l’istante l’unica obbligazione derivante dall’atto di risoluzione per mutuo consenso della compravendita è quella a carico della parte acquirente di restituire l’immobile alla parte venditrice. In particolare, sostiene che in questo caso non si integri il presupposto per l’applicazione della disciplina prevista per i trasferimenti immobiliari dall’art. 1 della Tariffa, Parte I, allegata al DPR 131/1986, poiché la consegna dell’immobile al proprietario originario non rileva ai fini dell’imposta proporzionale di registro.

A sostegno della tesi prospettata cita:

– la sentenza della Corte di Cassazione del 31 ottobre 2012, n. 18844, con la quale gli Ermellini hanno affermato che il contratto di mutuo consenso è un contratto autonomo, dotato di un’autonoma causa, concluso allo scopo di annullare gli effetti del precedente atto, qualunque ne sia la causa;  

– la risoluzione n. 20/E del 14 febbraio 2014, sostenendo che le considerazioni nella stessa contenute, in materia di risoluzione per mutuo consenso di un atto donazione, siano efficaci anche per il caso di risoluzione per mutuo consenso di un atto di compravendita.

Per queste ragioni, il contribuente sostiene che il contratto di risoluzione in commento dovrà scontare le imposte di registro, ipotecaria e catastale nella misura fissa di 200 euro ciascuna.

Detto ciò, con l’interpello chiede avere di chiarimenti sulla corretta tassazione, ai fini dell’imposta di registro, applicabile all’atto di risoluzione della compravendita immobiliare.

Il codice civile

Nel fornire i chiarimenti richiesti, l’Amministrazione finanziaria richiama l’art. 1372 del codice civile (“Efficacia del contratto”),  che stabilisce che “Il contratto ha forza di legge tra le parti. Non può essere sciolto che per mutuo consenso o per cause ammesse dalla legge”.

Lo scioglimento consensuale del rapporto contrattuale per mutuo consenso rientra nella più vasta tipologia delle cause risolutive del contratto, essendo l’espressione dell’autonomia negoziale dei privati, che sono liberi di regolare gli effetti prodotti da un precedente negozio e, quindi, di sciogliere il vincolo contrattuale, anche indipendentemente da eventuali fatti o circostanze sopraggiunte, che possono impedire o modificare il compimento dell’accordo originario.

Come asserito anche dalla Suprema Corte, con il mutuo consenso le parti concludono volontariamente “un nuovo contratto di natura solutoria e liberatoria, con contenuto uguale e contrario a quello del contratto originario” (Cass. n.17503 del 30 agosto 2005).

L’art. 28, DPR 131/1986

Per quanto attiene al trattamento tributario da applicare, ai fini della tassazione indiretta, all’atto di risoluzione, l’Agenzia evidenzia che l’art. 28 del DPR 131/1986 prevede:

– al comma 1, che la risoluzione del contratto sia soggetta all’imposta in misura fissa se dipende da clausola o da condizione risolutiva espressa contenuta nel contratto stesso, ovvero stipulata mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata entro il secondo giorno non festivo successivo a quello in cui è stato concluso il contratto. Se è previsto un corrispettivo per la risoluzione, sul relativo ammontare si applica l’imposta proporzionale prevista dall’art. 6 o quella prevista dall’art. 9 della parte prima della tariffa;

– al comma 2, che in ogni altro caso l’imposta è dovuta per le prestazioni derivanti dalla risoluzione, considerando comunque, ai fini della determinazione dell’imposta proporzionale, l’eventuale corrispettivo della risoluzione come maggiorazione delle prestazioni stesse.

Ai fini fiscali, quindi, si deve distinguere l’ipotesi di clausola risolutiva espressa, contestuale al contratto originario o entro il secondo giorno dalla stipula del contratto, dall’ipotesi in cui le parti, attraverso un’autonoma espressione negoziale, decidano per la risoluzione dello stesso contratto originario. Questo perché nel primo caso, si applica l’imposta proporzionale solo se per la risoluzione è previsto un corrispettivo e solo sull’ammontare di quest’ultimo, mentre in caso contrario, si applica l’imposta in misura fissa.

Nel caso diverso in cui la risoluzione del contratto originario avvenga mediante apposito negozio, la norma citata prevede la tassazione in misura proporzionale, da applicare alle prestazioni derivanti dalla risoluzione; la stessa tassazione proporzionale si applicherà, inoltre, all’eventuale importo della risoluzione.

Le ordinanze della Cassazione

E su questo tema vengono citate due recenti ordinanze della Cassazione, n. 5745 del 9 marzo 2018 e n. 24506 del 5 ottobre 2018, nelle quali, per la tassazione della risoluzione ai fini dell’imposta di registro, si ritiene rilevante la presenza o meno della clausola risolutiva espressa nell’accordo originario. Secondo la Suprema Corte, infatti, l’assenza di questa clausola nel contratto originario (ovvero se non stipulata entro il secondo giorno successivo), preclude l’applicazione del comma 1 dell’art. 28. Con l’ordinanza n. 5745 del 2018, in particolare, la Suprema Corte ha affermato che il mutuo dissenso è un nuovo contratto, con contenuto eguale e contrario a quello originario, soggetto all’art. 28,comma 2, del citato DPR 131/1986. Quindi, la retrocessione della proprietà del bene oggetto del precedente atto di compravendita deve essere tassata autonomamente ai fini dell’imposta di registro, applicando l’aliquota in misura proporzionale prevista per i trasferimenti immobiliari dall’art. 1 della Tariffa, Parte Prima allegata al TUR.

Quale tassazione

In base alle considerazioni sopra esposte, dunque, a differenza di quanto sostenuto dal contribuente, all’atto di risoluzione per mutuo consenso oggetto dell’interpello si devono applicare l’imposta di registro in misura proporzionale del 9% e le imposte ipotecaria e catastale nella misura di 50 euro ciascuna.

La Risposta 439/2019 si conclude con la precisazione che per il caso in esame non sono applicabili le conclusioni contenute nella risoluzione 20/E del 2014, che è relativa a una diversa tipologia (un atto di donazione).

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay