CASSAZIONE

Con la conferma del posto prenotato l’IVA è esigibile sui biglietti aerei non utilizzati e non rimborsabili

Con la sentenza del 23 dicembre, pronunciata nelle Cause riunite C-250/14 e C-289/14, gli euro giudici hanno fornito ulteriori istruzioni sulla normativa comunitaria che disciplina il fatto generatore dell’imposta e l’esigibilità riguardo alla vendita di biglietti aerei non utilizzati.

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Secondo i Giudici, l’Iva pagata dal passeggero al momento dell’acquisto del biglietto aereo è dovuta all’Erario all’atto dell’incasso del prezzo del biglietto, e ciò anche qualora il passeggero non effettui il volo e questi non possa ottenerne il rimborso.

La sentenza deriva da due casi simili, in cui due compagnie aeree in attività di trasporto passeggeri all’interno del territorio nazionale, non versavano all’Erario l’Iva riscossa sul prezzo di vendita dei biglietti emessi che non erano stati utilizzati dai passeggeri.

Analogamente succedeva anche per i servizi di trasporto passeggeri effettuati nell’ambito di un contratto di franchising esistente tra le due compagnie aeree, in base al quale una compagnia era incaricata della commercializzazione e della gestione della biglietteria per i voli di linea operati dall’altra compagnia aerea.

In tali casi, in base ai biglietti venduti ma non utilizzati, la compagnia incaricata della commercializzazione e della gestione della biglietteria versava alla compagnia delegata all’esecuzione del trasporto una compensazione forfettaria annuale, calcolata in misura percentuale (2%) del fatturato annuo (Iva inclusa) realizzato sui voli di linea operati in franchising.

Quest’ultima somma non era assoggettata ad Iva, in quanto reputata, dalle compagnie aeree, di natura puramente indennitaria.

A seguito di verifiche fiscali alle compagnie aeree veniva contestato il mancato versamento all’erario dell’Iva riscossa sui biglietti aerei emessi e scaduti in quanto non utilizzati dai passeggeri. Era, altresì, contestato il mancato assoggettamento ad Iva delle somme pagate a titolo di compensazione forfettaria in ragione dei biglietti emessi e non utilizzati dai passeggeri.

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Ne scaturiva un contenzioso nazionale nell’ambito del quale era chiesto alla Corte di Giustizia, nel suo ruolo di interprete della normativa dell’Unione, relativa all’IVA, di cui alla direttiva IVA 2006/112/CE di chiarire se:

  • l’emissione del biglietto potesse essere assimilata all’esecuzione effettiva della prestazione di trasporto e se le somme trattenute dalla compagnia aerea, qualora il titolare del biglietto aereo non avesse utilizzato il biglietto e qualora questo fosse scaduto, fossero soggette all’IVA;
  • nella predetta ipotesi, se l’imposta percepita dovesse essere versata all’erario a partire dal momento dell’incasso del prezzo, benché il viaggio potesse non aver luogo per fatto del cliente;
  • la somma forfettaria calcolata in percentuale del fatturato annuale realizzato sui voli di linea operati in franchising e trasferita da una compagnia aerea che per conto di un’altra ha emesso biglietti che scadono, potesse costituire un indennizzo non imponibile versato a quest’ultima, in riparazione del danno risarcibile subito a causa dell’inutile mobilitazione dei mezzi di trasporto, o una somma corrispondente ai ricavi dei biglietti emessi e scaduti.

Al fine di risolvere le questioni poste la Corte richiama, in via preliminare i principi della direttiva IVA secondo cui una prestazione di servizi può considerarsi effettuata a titolo oneroso quando tra il prestatore e il destinatario intercorre un rapporto giuridico nell’ambito del quale avvenga uno scambio reciproco di prestazioni e il compenso ricevuto dal prestatore costituisca il controvalore effettivo del servizio prestato al destinatario, precisando inoltre precisa che la controprestazione del prezzo del biglietto non dipende dalla presenza fisica del passeggero all’imbarco, ma è costituita dal diritto che ne deriva per il passeggero di usufruire dell’esecuzione del servizio di trasporto, indipendentemente dal fatto che il passeggero si avvalga di tale diritto. In altri termini, affinché l’IVA sia dovuta, è sufficiente che la compagnia aerea ponga il passeggero in condizione di usufruire del servizio di trasporto. Al riguardo la Corte precisa che l’IVA diviene esigibile all’atto dell’incasso del prezzo del biglietto. Ciò, indipendentemente dal fatto che l’incasso del prezzo del biglietto sia effettuato dalla stessa compagnia aerea, da un terzo che agisca in nome e per conto propri, o da un terzo che agisca in nome proprio, ma per conto della compagnia aerea.La Corte aggiunge altresì che, nell’ipotesi in cui un terzo (nel caso di specie, l’Air France-KLM) commercializzi i biglietti di una compagnia aerea (nel caso di specie, la Brit Air) nell’ambito di un contratto di franchising e a questa versi una somma forfettaria per i biglietti emessi e scaduti, l’IVA deve applicarsi anche a tale somma forfettaria. Del resto, evidenziano i giudici, la compagnia aerea non subisce alcun danno in conseguenza del fatto che il passeggero non si presenta all’imbarco.
Dal momento, infatti, che il passeggero versa la totalità del prezzo del servizio di trasporto al momento dell’acquisto del biglietto e la compagnia aerea conferma che un posto è prenotato in suo favore, la vendita è conclusa e definitiva. La compagnia aerea esegue la prestazione alla quale si è obbligata per il semplice fatto che il passeggero dispone del diritto di usufruire dell’esecuzione delle obbligazioni derivanti dal contratto di trasporto aereo di persone. L’assenza di un diritto al rimborso del prezzo del biglietto, nonché il fatto che la compagnia aerea si riserva il diritto rivendere il biglietto non utilizzato ad un altro passeggero, attesta il fatto – secondo i giudici – che la compagnia aerea non ha subito alcun pregiudizio. Pertanto, concludono i Giudici, : “ … Per questi motivi, la Corte (Prima Sezione) dichiara: 1) Gli articoli 2, paragrafo 1, e 10, paragrafo 2, della sesta direttiva 77/388/CEE del Consiglio, del 17 maggio 1977, in materia di armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – Sistema comune di imposta sul valore aggiunto: base imponibile uniforme, come modificata dalla direttiva 1999/59/CE del Consiglio, del 17 giugno 1999, e, successivamente, dalla direttiva 2001/115/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2001, devono essere interpretati nel senso che l’emissione da parte di una compagnia aerea di biglietti è soggetta all’imposta sul valore aggiunto, qualora i biglietti emessi non siano stati utilizzati dai passeggeri e questi ultimi non ne possano ottenere il rimborso.

2) Gli articoli 2, punto 1, e 10, paragrafo 2, primo e secondo comma, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 1999/59 e, successivamente, dalla direttiva 2001/115, devono essere interpretati nel senso che l’imposta sul valore aggiunto pagata al momento dell’acquisto del biglietto aereo dal passeggero che non abbia utilizzato il proprio biglietto diviene esigibile all’atto dell’incasso del prezzo del biglietto, indipendentemente dal fatto che tale incasso sia effettuato dalla stessa compagnia aerea, da un terzo che agisca in nome e per conto propri, o da un terzo che agisca in nome proprio, ma per conto della compagnia aerea.

3) Gli articoli 2, punto 1, e 10, paragrafo 2, della sesta direttiva 77/388, come modificata dalla direttiva 1999/59 e, successivamente, dalla direttiva 2001/115, devono essere interpretati nel senso che, nell’ipotesi in cui un terzo commercializzi i biglietti di una compagnia aerea per conto di questa nell’ambito di un contratto di franchising e ad essa versi, per i biglietti emessi e scaduti, una somma forfettaria calcolata in misura percentuale del fatturato annuale realizzato sulle tratte aeree corrispondenti, tale somma costituisce una somma imponibile in quanto corrispettivo di detti biglietti”.

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