CASSAZIONE

Cartella esattoriale su contributi previdenziali: decide il giudice ordinario

Cartelle esattoriali – Contributi previdenziali – Inps – Notifica – Competenza – Riparto di giurisdizione

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 30752 del 28 novembre 2018 hanno ribadito che la giurisdizione del giudice tributario ha ad oggetto solo i crediti erariali.

Il Legislatore tributario, con i decreti legislativi n. 545 e n. 546 del 31 dicembre 1992, ha dato esecuzione alla delega contenuta nell’art. 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413 per la revisione della disciplina e l’organizzazione del contenzioso tributario, dalla quale se ne può ricavare che la giurisdizione delle Commissioni tributarie, provinciali e regionali, comprende “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie”. Tra le novità più rilevanti introdotte dal D.lgs. 546/1992 va sottolineata la devoluzione alle Commissioni tributarie della giurisdizione in materia di tributi locali, le cui controversie, fino alla data di entrata in vigore della novella, erano attribuite alla cognizione del giudice ordinario, previo esperimento dei ricorsi amministrativi.

Tale devoluzione non ha tuttavia esaurito il procedimento di unificazione della giurisdizione tributaria, completato soltanto a seguito delle modifiche introdotte dall’art. 12 della legge 448/2001. Tuttavia, l’oggetto della giurisdizione tributaria ha subito, nel corso degli anni, modifiche e allargamenti, mentre erano invece escluse dalla competenza delle Commissioni provinciali e regionali le controversie relative a tributi come le tasse sulle concessioni comunali, in quanto la disciplina del contenzioso è la stessa delle tasse delle concessioni governative e non è attribuita alla competenza delle Commissioni tributarie, prevalendo la disposizione contenuta nella norma speciale rispetto a quella della norma generale. Ne fa parte anche l’addizionale comunale sul consumo di energia elettrica, in quanto si applicano le disposizioni sul contenzioso dell’imposta erariale sul consumo di energia elettrica poiché per le relative controversie si applicano le disposizioni sul contenzioso sul consumo di energia elettrica.

Rientrano nelle competenze della giustizia tributaria anche particolari tributi regionali, come quello speciale per il conferimento dei rifiuti nelle discariche.

Per gli altri tributi regionali la competenza delle Commissioni tributarie doveva essere valutata alla luce del disposto di cui all’art. 6, legge 281/1970, n. 281, che prevedeva che avverso l’accertamento e la riscossione, nonché per il rimborso dei tributi regionali, fatta salva l’azione giudiziaria avanti i giudici ordinari, poteva essere proposto, in luogo dei ricorsi previsti dalle leggi relative ai corrispondenti tributi erariali e comunali, il ricorso in via amministrativa al Presidente della giunta regionale.

Sempre nella formulazione previgente, a norma dell’art. 2, comma 2, del D.lgs. 546/1992, appartenevano a giurisdizione tributaria le controversie concernenti le sovraimposte e le imposte addizionali, nonché le sanzioni amministrative, gli interessi e altri accessori nelle materie di cui al comma 1. Pertanto, senza alcun dubbio, si riteneva che le controversie riguardanti sanzioni amministrative relative a tributi oggetto della giurisdizione tributaria rientrassero nell’ambito della stessa giurisdizione, a prescindere dal fatto che fossero state irrogate contestualmente alla liquidazione del tributo o in via autonoma.

Con l’art. 12, comma 2, della legge 22 dicembre 2001, n. 448, è stato poi introdotto un nuovo testo dell’art. 2, che ha esteso la sfera di cognizione delle Commissioni tributarie a tutte le controversie aventi a oggetto “i tributi di ogni genere e specie”, dando luogo a molteplici difficoltà interpretative dovendo di volta in volta individuare il concetto di “tributo”, come sostenuto dalla dottrina più attenta.

Come sostenuto da parte della dottrina, l’attribuzione ai giudici tributari delle controversie concernenti tutti i tributi, di ogni genere e specie, ha semplificato il compito degli interpreti, individuando l’autorità giudiziaria competente a conoscere delle liti in materia tributaria e, come ha affermato la dottrina, ha contribuito alla certezza del diritto.

Non si può tuttavia sostenere che i problemi relativi al riparto della giurisdizione tra i giudici tributari e i giudici ordinari, a decorrere dal 1°gennaio 2002, sono stati tutti risolti.

Se da un lato è semplice affermare la natura tributaria della maggior parte delle prestazioni pecuniarie obbligatorie, e attribuire di conseguenza alle Commissioni tributarie il relativo contenzioso, dall’altro è bene specificare che vi sono alcune prestazioni patrimoniali (tariffe, contributi, canoni, diritti, ecc.) per le quali l’esatta individuazione della natura giuridica è stata, ed è tuttora, oggetto di forti contrapposizioni, anche ai massimi livelli della giurisdizione. Peraltro, non esiste una norma definitoria della nozione tributo: il punto di approdo delle diverse prospettazioni risulta essere l’accoglimento di un criterio strutturale e funzionale che, alla definizione di tributo come “prestazione patrimoniale imposta caratterizzata dall’attitudine a determinare il concorso alle pubbliche spese”, accompagna la puntualizzazione che oggi, a fronte dell’attenuazione della concezione del tributo come espressione della sovranità dello Stato, risulta attenuato l’elemento della coattività.

L’art. 3-bis della legge 2 dicembre 2005, n. 248, ha in seguito modificato ulteriormente l’art. 2, aggiungendo al primo comma, dopo le parole “tributi di ogni genere e specie” la locuzione “comunque denominati”. Ne consegue che a prescindere, quindi, dal nomen iuris utilizzato, sia da ricondursi al predetto inciso tutto ciò che è possibile ricomprendere nella nozione di tributi. La nuova formula sottolinea con chiarezza l’attribuzione alla giurisdizione delle Commissioni tributarie di ogni nuovo tributo, senza la necessità di un’espressa disposizione in tal senso, come avveniva in precedenza. La giurisprudenza ha ripetutamente sostenuto che “appartiene alla giurisdizione esclusiva delle commissioni tributarie non solo la cognizione dell’obbligazione principale e di quella concernente la corresponsione degli interessi, anche anatocistici, ma altresì la cognizione della domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno da svalutazione monetaria sulla somma indebitamente versata e trattenuta, atteso che tale giudice ha gli stessi poteri istruttori del giudice civile per l’accertamento e la valutazione del rapporto e considerata l’inesistenza, tra le norme che disciplinano la giurisdizione delle commissioni tributarie, di una disposizione analoga a quelle che, fino all’entrata in vigore dell’art. 35 d.lgs. n. 80/1998, riservano, in caso di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, al giudice ordinario le questioni concernenti i cosiddetti diritti patrimoniali consequenziali”. (Cass., SS.UU., 4 ottobre 2002, n. 14274 e sentenza dell’8 febbraio2008, n. 3001; Cassazione civile, SS.UU., ordinanza 18/03/2010 n. 6539 e Cass. S.U. 13/07/2017, n. 17328).

Rientrano inoltre nell’ambito della giurisdizione tributaria le controversie relative ai provvedimenti di irrogazione di sanzioni, ma solo relativi alla violazione di norme tributarie. Ricordiamo, infine, che anche nel processo tributario, analogamente a quanto accade nel processo civile, è possibile proporre regolamento preventivo di giurisdizione, trovando applicazione, giusta il disposto dell’art. 1 comma 2 del medesimo D.lgs. 546/1992, l’art. 367 del c.p.c. Come nel processo civile, la proposizione del ricorso per il regolamento preventivo di giurisdizione è proponibile fino a che l’autorità giudiziaria non si sia espressa nel merito della controversia e non produce la sospensione automatica del giudizio, in attesa che la Suprema Corte si pronunci su quale sia il giudice dotato di potestas iudicandi nel caso concreto, che deve essere disposta dal giudice a quo con ordinanza ritenuta non manifestamente infondata e inammissibile la richiesta di regolamento.

Per espressa previsione normativa si applica, anche nel processo tributario, l’art. 59 della legge 69/2009, secondo cui il giudice che dichiara il proprio difetto di giurisdizione deve indicare il giudice che ritiene munito di giurisdizione. A fronte di tale dichiarazione la causa proposta al giudice dichiaratosi carente di giurisdizione deve essere riassunta, davanti al nuovo giudice, entro il termine perentorio di 3 mesi dal passaggio in giudicato del provvedimento che dichiara il difetto di giurisdizione.

Tornando al caso in esame, un contribuente si vedeva notificare alcuni avvisi di intimazione di pagamento che facevano riferimento ad altrettante cartelle esattoriali emesse ma mai pagate. Gli atti erano quindi impugnati innanzi alla CTP, eccependo la mancata notifica delle cartelle in questione, mai ricevute dal ricorrente. Si costituivano in giudizio l’Ufficio e l’Agente della riscossione che, tra l’altro, eccepivano il difetto di giurisdizione del giudice tributario in relazione a una cartella avente a oggetto crediti INPS. I giudici annullavano gli atti impositivi e lo stesso esito aveva il procedimento di appello. Anche la CTR, oltre a rilevare l’omessa notifica come eccepito dal contribuente, riteneva la causa non di competenza del giudice ordinario nemmeno per la parte dei crediti previdenziali, in quanto era messa in discussione la mera regolarità delle notifiche, non rilevando quindi il merito della pretesa portata vanti dall’Agente della riscossione.

Pertanto, risulta irrilevante che il contribuente eccepisca solo un vizio di notifica della cartella impugnata, avente a oggetto crediti INPS, e come riportano gli Ermellini: “… Il costante e condivisibile orientamento della Corte (cfr., ex multis, Cass. sez. un. 8/02/2008, n. 3001 ) ha affermato che oggetto dell’impugnazione non è la cartella di pagamento in sé, a causa di un vizio di notifica, ma il petitum che sta alla base della stessa, vale a dire, nel caso in esame, con riferimento alla cartella relativa a crediti previdenziali, un credito di natura contributiva, materia devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (giudice del lavoro) e non alla giurisdizione tributaria. La cartella di pagamento è uno strumento in cui viene enunciata una pregressa richiesta di natura sostanziale e non possiede alcuna autonomia che consenta di impugnarla prescindendo dagli atti in cui l’obbligazione è stata enunciata. Dunque, essa deve essere impugnata dinanzi al giudice ordinario, cui spetta la cognizione delle controversie in materia contributiva. Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 13/07/2017, n. 17328) hanno affermato che: «la giurisdizione si ripartisce tra giudice ordinario e tributario a seconda del credito azionato: le controversie in tema di cartelle di pagamento di natura tributaria, trattandosi di crediti erariali appartengono alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, stabilita in genere per “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati” (art. 2. comma 1, D.Igs. 546/92 che menziona espressamente all’art. 19, tra gli atti impugnabili, “il ruolo e la cartella di pagamento”).» Ne consegue l’accoglimento del primo motivo, per l’accertata giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell’impugnazione della cartella di pagamento n. 05720080007837715”.

 

Corte di Cassazione Sentenza 28 novembre 2018, n. 30752

 

Sul ricorso 2535-2017 proposto da:

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE S.P.A. (già EQUITALIA SUD S.P.A.) – DIREZIONE REGIONALE LAZIO, società con socio unico soggetta all’attività di direzione e coordinamento di Equitalia s.p.a., incorporante per fusione della Equitalia Sud s.p.a., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE MAZZINI 114/B, presso lo studio dell’avvocato SALVATORE COLETTA, rappresentata e difesa dall’avvocato MARIO SIGNORE;

– ricorrente –

contro AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

– ricorrente successivo –

nonché contro I.C.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3947/2016 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DI ROMA – SEZIONE DISTACCATA di LATINA, depositata il 17/06/2016. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’11/09/2018 dal Consigliere DOMENICO CHINDEMI;

udito il Pubblico Ministero, in persona dell’Avvocato Generale MARCELLO MATERA che ha concluso per l’accoglimento, p.q.r., del ricorso;

udito l’Avvocato Salvatore Coletta per delega orale dell’avvocato Mario Signore.

Ragioni della decisione

  1. Con il primo motivo di ricorso viene eccepito il difetto di giurisdizione del giudice tributario a favore del giudice ordinario, in relazione all’articolo 360, numero uno, c.p.c., censurando la sentenza 4., nella parte in cui la CTR riconosciuta la propria giurisdizione in ordine al procedimento di notifica di tutte le cartelle sottese all’intimazione di pagamento impugnate, senza alcuna distinzione in ordine alla natura del credito, benché la cartella n. 05720080007837715 avesse ad oggetto pacificamente crediti previdenziali; con il secondo motivo viene eccepita la nullità della sentenza in ordine ai dichiarati vizi di notifica delle cartelle sottese alle intimazione di pagamento in relazione all’articolo 360, numero 4, c.p.c., avendo fatto erroneo riferimento i giudici di appello al procedimento di notifica per irreperibilità relativa, mentre nel caso di specie trattavasi di irreperibilità assoluta; con l’ultimo motivo deduce error in procedendo, in relazione all’articolo 360 n 4 c.p.c., non avendo la CTR dichiarato l’inammissibilità del ricorso relativamente a tutte le contestazioni non inquadrabili quale “vizio proprio dell’intimazione di pagamento oggetto di lite”.
  2. Il primo motivo di ricorso è fondato.

Il costante e condivisibile orientamento della Corte (cfr., ex multis, Cass. sez. un. 8/02/2008, n. 3001 ) ha affermato che oggetto dell’impugnazione non è la cartella di pagamento in sé, a causa di un vizio di notifica, ma il petitum che sta alla base della stessa, vale a dire, nel caso in esame, con riferimento alla cartella relativa a crediti previdenziali, un credito di natura contributiva, materia devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario (giudice del lavoro) e non alla giurisdizione tributaria.

La cartella di pagamento è uno strumento in cui viene enunciata una pregressa richiesta di natura sostanziale e non possiede alcuna autonomia che consenta di impugnarla prescindendo dagli atti in cui l’obbligazione è stata enunciata. Dunque, essa deve essere impugnata dinanzi al giudice ordinario, cui spetta la cognizione delle controversie in materia contributiva.

Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. S.U. 13/07/2017, n. 17328) hanno affermato che: «la giurisdizione si ripartisce tra giudice ordinario e tributario a seconda del credito azionato: le controversie in tema di cartelle di pagamento di natura tributaria, trattandosi di crediti erariali appartengono alla giurisdizione delle Commissioni Tributarie, stabilita in genere per “tutte le controversie aventi ad oggetto i tributi di ogni genere e specie comunque denominati” (art. 2. comma 1, D.Igs. 546/92 che menziona espressamente all’art. 19, tra gli atti impugnabili, “il ruolo e la cartella di pagamento”).»

Ne consegue l’accoglimento del primo motivo, per l’accertata giurisdizione del giudice ordinario a conoscere dell’impugnazione della cartella di pagamento n. 05720080007837715.

Va rimessa alla sezione tributaria della Corte di Cassazione la decisione sugli ulteriori motivi di ricorso e sulle spese dell’intero giudizio.

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso, cassa la sentenza impugnata, dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario con riferimento alla cartella relativa a contributi previdenziali. Rimette alla sezione tributaria della Corte di Cassazione la decisione sugli ulteriori motivi di ricorso e sulle spese dell’intero giudizio.

Così deciso nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili il 11 settembre 2018

 

 

 

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