CASSAZIONE SENTENZE

Cartella di pagamento nulla se la raccomandata è vuota, ma deve provarlo il contribuente

Pignoramento presso terzi – Cartella di pagamento – Busta vuota

Con la sentenza n.5397 del 18.03.2016 la Corte di Cassazione, in tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi del DPR 29 settembre 1973 n. 602, art. 26, respingendo le ragioni di un contribuente, il quale – a parere della Corte – non aveva fornito la prova dell’asserita assenza all’interno della busta notificatagli della cartella di pagamento contestata, il cui procedimento di notifica deve dunque ritenersi perfezionato, ha reputato che le cartelle di pagamento notificate dal postino con raccomandata a.r. sono da considerarsi nulle quando dentro la busta manca qualche foglio o è del tutto vuota.

Ma solo se il contribuente riuscirà a comprovare l’incompletezza del contenuto del plico.

Quindi, un cambiamento di interpretazione della Cassazione sul tema, che sembra aderire alla tesi più favorevole al fisco. La giurisprudenza ha nel tempo prodotto un susseguirsi di sentenze (Cass. ord. n. 9533/2015; Cass. sent. n. 4482/2015; Cass. sent. n. 2625/2015, Cass. n. 16949/2014, n. 6395/2014, n. 11708/2011; n. 14327/2009), per ribadire un principio ormai consolidato: nel caso in cui il contribuente contesti l’integrità o il contenuto della busta della cartella esattoriale, spettava a Equitalia dimostrare, con la cosiddetta “prova contraria”, cosa la stessa contenesse. E questo perché la semplice produzione della copia della busta in cui è contenuta la cartella, con la cartolina dell’avviso di ricevimento e l’estratto di ruolo, sono documenti insufficienti a dimostrare l’esatto contenuto della pretesa di pagamento. Insomma: spetta al mittente provare il contenuto della busta quando il destinatario contesta la raccomandata.

Nelle sentenze citate a sostegno della precedente interpretazione sostenuta dalla giurisprudenza e dalla stessa Cassazione negli anni passati, si precisava che la spedizione effettuata da Equitalia non dava, di per sé, garanzia che nella busta vi fosse effettivamente la cartella di pagamento. Al contrario, nel caso di notifica della cartella esattoriale mediante l’invio diretto di una busta chiusa raccomandata postale, spettava al mittente fornire la dimostrazione del suo esatto contenuto qualora il destinatario lo contesti. In caso di contestazione relativa al contenuto della busta spedita, l’onere della prova di detto contenuto spettava al mittente, anche quando si tratta del concessionario della riscossione che, come noto, benché soggetto privato, è dotato di poteri pubblici.   Dunque, detto in parole più semplici, se il contribuente nega di avere ricevuto la cartella di pagamento inviata per posta, spetta a Equitalia dimostrare l’esatto contenuto del plico raccomandato.

Il punto che ora ha generato il cambio di interpretazione potrebbe consistere proprio su a chi spetti dimostrare l’incompletezza della busta. Spostando sin qui l’onere della prova sul mittente si scaricava su quest’ultimo un compito difficilissimo da gestire, perché – essendo il plico ormai uscito dalla sua disponibilità materiale – difficilmente si potrebbe dimostrare di aver operato in modo corretto. Così considerando però, e ipotizzando comportamenti fraudolenti da parte dei contribuenti, chiunque poteva fingere di aver ricevuto una busta incompleta. L’Agente della riscossione, spesso non potendo provare il contrario, finiva per soccombere. Ecco presumibilmente la ragione del cambio di interpretazione della Cassazione che peraltro persiste nel sottolineare il principio cardine confermando la nullità della cartella di pagamento incompleta delle informazioni essenziali. Ora è il destinatario a dover dimostrare che il postino gli ha consegnato un atto incompleto. In sintesi, la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione è assolta dal notificante mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, poiché, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, la cartella esattoriale deve ritenersi a lui ritualmente consegnata, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 c.c., fondata sulle univoche e concludenti circostanze (integranti i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.) della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale. Presunzione superabile solo ove il destinatario medesimo dimostri di essersi trovato, senza colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione, come nel caso in cui sia fornita la prova che il plico in realtà non conteneva alcun atto al suo interno (ovvero conteneva un atto diverso da quello che si assume spedito).

Così concludono infatti i supremi giudici: “… Merita dunque di essere confermato il principio per cui, in tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26 (così come, più in generale, in caso di spedizione di plico a mezzo raccomandata), la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione è assolta dal notificante mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, poiché, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, la cartella esattoriale deve ritenersi a lui ritualmente consegnata, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., fondata sulle univoche e concludenti circostanze (integranti i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ.) della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, e superabile solo ove il destinatario medesimo dimostri di essersi trovato, senza colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione, come nel caso in cui sia fornita la prova che il plico in realtà non conteneva alcun atto al suo interno (ovvero conteneva un atto diverso da quello che si assume spedito). Ne consegue che, nel caso di specie, non avendo la contribuente fornito la prova dell’asserita assenza, all’interno della busta notificatagli in data 6 giugno 2007, della cartella di pagamento n. 014/2007/00169657/00/000, detta notifica deve ritenersi perfezionata, con conseguente tardività dell’impugnazione ai sensi dell’art. 21, D. Lgs. n. 546/1992, in quanto proposta dalla contribuente solo in data 16 gennaio 2008 (e dunque rivolta avverso l’estratto di cartella ricevuto in data 11 gennaio 2008 da E.E. s.p.a., su sua richiesta del 3 gennaio 2008)”.

notifica-per-posta

Corte di Cassazione

Sentenza n. 5397 del 18 marzo 2016

In data 7.9.2007 la “Congregazione Religiosa S.A.D.P.”, con sede in Bisceglie (BA), proponeva opposizione dinanzi al giudice del lavoro di Foggia avverso atto di pignoramento presso terzi del 4.9.2007 nel quale si faceva riferimento a due cartelle di pagamento, una delle quali, di importo pari a circa trenta milioni di euro, notificata in data 6.6.2007 ma che la contribuente dichiarava di non aver mai ricevuto, invocando perciò la nullità del ruolo, per mancata notifica della cartella di pagamento in questione.

Successivamente, in data 3.1.2008 la Congregazione chiedeva ad E.E. s.p.a. copia della cartella e della relativa relata di notifica, ottenendone in data 11.1.2008 un estratto, che provvedeva ad impugnare in data 16.1.2008 dinanzi alla C.T.P. di Bari, eccependo: a) l’omessa notifica della cartella; b) la nullità della cartella per omessa indicazione del responsabile del procedimento; c) il difetto assoluto di motivazione, poiché dalla lettura dell’estratto di cartella non si comprendevano le ragioni della richiesta avanzata; d) l’intervenuta decadenza in data 31.12.2007, nel caso la cartella conseguisse al controllo formale della dichiarazione relativa alle annualità 2002-2003; e) l’inesistenza di irregolarità od omissioni per le suddette annualità.

L’Agenzia delle entrate chiamava in causa E.T. s.p.a., chiedendo il rigetto delle contestazioni ed invocando la declaratoria di inammissibilità dei ricorso, in quanto tardivo. Allo stesso modo concludeva E., stante la correttezza della procedura di notificazione semplificata, eseguita a mezzo posta, con regolare avviso di ricevimento, ex art. 26, D.P.R. n. 602/73, eccependo altresì l’inammissibilità del ricorso in quanto rivolto contro un atto (estratto di cartella) non impugnabile ai sensi dell’art. 19, D.Lgs. n. 546/92.

Alla luce delle deduzioni e produzioni del terzo chiamato in causa, la contribuente precisava di aver ricevuto in data 6.6.2007 solo una busta “a sacco”, proveniente da E., ma priva di contenuto, e di aver segnalato l’anomalia alla mittente in data 19.6.2007, indicando anche il numero della raccomandata, senza ricevere però risposta.

La C.T.P. di Bari dichiarava inammissibile il ricorso della contribuente, sia perché rivolto contro atto non impugnabile, sia perché tardivo, in quanto la notifica del 6.6.2007, effettuata ai sensi dell’art. 26, D.P.R. n. 602/73, doveva ritenersi perfezionata per la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., che la destinataria non era riuscita a vincere fornendo la prova di aver ricevuto una busta vuota; peraltro, tale busta recava pacificamente la stampigliatura del numero della cartella (come da originale poi prodotto in appello) e la mittente aveva prodotto anche l’accettazione della relativa raccomandata, attestante che il plico aveva un peso compreso tra i 101 e i 250 grammi, compatibile con la voluminosità della cartella, risultante dal relativo estratto (che constava di trenta pagine stampate su un solo lato).

L’appello, proposto dalla Congregazione religiosa avverso la sentenza di primo grado, veniva accolto dalla C.T. della Puglia, la quale: a) respingeva l’eccezione di litispendenza sollevata dall’Agenzia delle entrate con riguardo all’opposizione alla medesima cartella proposta dinanzi al giudice del lavoro, trattandosi di due diversi ambiti di giurisdizione; b) riformava la declaratoria di inammissibilità del ricorso, perché rivolto contro atto non impugnabile, ritenendo che la contribuente, pur facendo impropriamente riferimento all’estratto, avesse in realtà inteso impugnare la cartella di pagamento, che aveva l’onere di indicare ma non di allegare al ricorso; c) riteneva nulla la notifica effettuata in data 6.6.2007, per non avere l’Agenzia delle entrate ed E. assolto l’onere di provare che la busta vuota ricevuta dalla contribuente conteneva la cartella, mai prodotta in giudizio, eventuali errori commessi dall’agente postale non potendo comunque ricadere sul destinatario, essendo stato in concreto appurato che la busta era aperta con il lembo autoincollante sostanzialmente integro; d) riteneva sussistente anche il vizio di motivazione della cartella, la cui mancata produzione non aveva consentito di verificare nemmeno se il titolo esistesse realmente, oltre che di quante pagine fosse formato e quale fosse il reale peso del contenuto della busta; e) riteneva infine fondata l’eccezione di decadenza dell’amministrazione finanziaria, alla data del 31.12.2007, ex artt. 36, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 46/99 e 25, comma 1, lett. a), D.P.R. n. 602/73, poiché la notifica del ricorso, avvenuta solo in data 16.1.2008, impediva ogni sanatoria della nullità della notifica della cartella.

Per la cassazione della sentenza d’appello, depositata il 5.3.2009, E.E. s.p.a. ha proposto ricorso affidato ad otto motivi.

La “Congregazione Religiosa S.A.D.P.” ha resistito con controricorso, chiedendo in via preliminare dichiarasi l’inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione attiva di E.E. s.p.a.

Anche l’Agenzia delle entrate ha svolto difese con controricorso.

Motivi di diritto

  1. Con il primo motivo di ricorso, E.E. s.p.a. deduce la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 24, co. 2, d.lgs. 546/1992 in relazione al disposto dell’art. 360, co. 4, c.p.c. – Error in procedendo».

1.1. Formula a tal fine il seguente quesito di diritto: «Affermi la S.C. che nel caso di specie, ha violato il disposto dell’art. 24, co. 2, d.lgs. 546/92, la Congregazione che, avendo affermato nel ricorso introduttivo di primo grado di non aver mai ricevuto notificazione della cartella controversa, abbia formulato nel corso dello stesso grado di giudizio, motivi di ricorso intesi a censurare le modalità con cui la notificazione della cartella controversa è stata in concreto effettuata, indipendentemente dalla produzione delle resistenti e sulla base di fatti ad essa già noti, e che, conseguentemente, il giudice di appello ha violato il disposto del precitato art. 24, co. 2, D.Lgs. 546/92 per aver dichiarato la nullità della notifica della cartella in accoglimento di motivi aggiunti inammissibilmente introdotti nel primo grado di giudizio».

  1. Anche con il secondo mezzo la ricorrente lamenta la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 24, co. 2, d.lgs. 546/1992 in relazione al disposto dell’art. 360, co. 4, c.p.c. – Error in procedendo».

2.1. Questo il correlato quesito di diritto: «Affermi la S.C. che nel caso di specie, ha violato il disposto dell’art. 24, co. 3, d.lgs. 546/92, la Congregazione che, avendo affermato nel ricorso introduttivo di primo grado di non aver mai ricevuto notificazione della cartella controversa, abbia proposto, nel corso dello stesso grado di giudizio, a udienza di trattazione già fissata, e senza farne espressa dichiarazione, integrazione dei motivi di ricorso in ordine a forme e modalità di notificazione con cui la cartella controversa è stata in concreto effettuata, e che, conseguentemente, il giudice di appello ha violato il disposto del precitato art. 24, co. 2, D.Lgs. 546/92 per aver dichiarato la nullità della notifica della cartella in accoglimento di motivi aggiunti inammissibilmente introdotti nel primo grado di giudizio».

  1. Analogamente, il terzo motivo di ricorso attiene alla censura di «Violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli art. 24, comma 4, art. 20, comma 1 e art. 22, comma 1, D.Lgs. 546/1992 in relazione al disposto dell’art. 360, co. 4, c.p.c. – Error in procedendo».

3.1. Il corrispondente quesito di diritto recita: «Affermi la S.C. che nel caso di specie, la Congregazione ha violato il combinato disposto di cui agli art. 24, comma 4, art. 20, comma 1 e art. 22, comma 1, D.Lgs. 546/1992, in quanto, dopo avere affermato nel ricorso introduttivo di primo grado di non aver mai ricevuto notificazione della cartella controversa, nel corso dello stesso grado di giudizio, ha proposto integrazione dei motivi di ricorso in ordine a forme e modalità di notificazione, senza notificare apposito atto alle controparti e senza curarne, nei trenta giorni successivi il deposito ai sensi delle norme citate e che, conseguentemente, il giudice di appello ha violato il disposto delle precitate norme di legge per aver dichiarato la nullità della notifica della cartella, in accoglimento dei motivi aggiunti così inammissibilmente introdotti nel primo grado di giudizio».

  1. Con il quarto mezzo viene invece censurata la «Motivazione insufficiente e contraddittoria circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.», per avere la C.T.R. «completamente omesso di prendere in considerazione il contegno processuale di controparte e soprattutto la significativa tempistica con cui la Congregazione ha reagito alla notizia della pendenza a suo carico di una cartella di rilevantissimo importo».
  2. Il quinto motivo di ricorso attiene alla «Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del D.P.R. 602/1973, In relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.».

5.1. Questo il correlato quesito di diritto: «Dica la Suprema Corte che E. ha validamente assolto all’obbligo di notificare la cartella impugnata, imposto dall’art. 26 d.p.r. 602/1973, con la consegna del plico chiuso all’agente postale in data 4 giugno 2007 per la spedizione a mezzo del servizio postale».

  1. Con il sesto mezzo si lamenta la «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2699, 2700 e 1335 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.».

6.1. Il corrispondente quesito di diritto recita: «Dica la Suprema Corte che la ricevuta comprovante l’accettazione, da parte dell’agente postale, della raccomandata destinata alla Congregazione nonché dell’avviso di ricevimento della stessa raccomandata, prodotti in giudizio da E., sono assistiti da fede privilegiata ex art. 2700 cod. civ. perchè provenienti da un pubblico ufficiale e che, pertanto, la stessa Congregazione, pur essendone onerata, non ha superato la presunzione di conoscenza del contenuto della raccomandata, ai sensi dell’art. 1335 c.c.».

  1. Il settimo motivo di ricorso riguarda la «Violazione e falsa applicazione dell’art. 21, comma 1, D.Lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.».

7.1. Il motivo è corredato dal seguente quesito di diritto: «Dica la Suprema Corte che, avendo la Congregazione Religiosa ricevuto regolare notifica della cartella di pagamento n. 014/2007/00169657/00/000 in data 6 giugno 2007, il ricorso notificato in data 16 gennaio 2008 è inammissibile per tardività ai sensi dell’art. 21, comma 1, D.Lgs. 546/1992».

  1. Con l’ottavo mezzo la ricorrente deduce infine la «Violazione e falsa applicazione degli artt. 25 del D.P.R. 602/1973 e 156, 3° comma, c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.».

8.1. Questo il correlato quesito di diritto: «Dica la Suprema Corte che la notifica della cartella di pagamento avvenuta in data 6 giugno 2007 è tempestiva ai sensi dell’art. 25 d.p.r. 602/1973 e che la pretesa nullità della stessa sarebbe stata, in ogni caso, sanata per effetto del disposto di cui all’art. 156, comma 3 c.p.c., dalla proposizione del ricorso in opposizione avverso la medesima cartella presentato dalla Congregazione in data 7 settembre 2007 dinanzi al Giudice del lavoro di Foggia».

  1. Va preliminarmente respinta l’eccezione di difetto di legittimazione attiva di parte ricorrente, sollevata in controricorso dalla “Congregazione Religiosa S.A.D.P.”, dal momento che E.T. s.p.a. è a tutti gli effetti parte del presente giudizio – avente ad oggetto la notifica di una cartella esattoriale – in quanto ivi chiamata in causa sin dal primo grado, ad opera dell’Agenzia delle entrate.
  2. Va invece accolta l’eccezione di inammissibilità del controricorso proposto dall’Agenzia delle entrate. Dovendo infatti esso qualificarsi come ricorso incidentale adesivo – dal momento che non contesta il ricorso principale proposto da E.T. s.p.a., ma vi aderisce – esso risulta tardivo, perché inoltrato alla spedizione solo in data 31.5.2010, oltre il termine lungo di cui all’art. 327 cod. proc. civ. (risalendo il deposito della sentenza impugnata al 5.3.2009). Invero, la diversa regola di cui all’art. 334 cod. proc. civ. che consente l’impugnazione incidentale tardiva nei confronti di qualsiasi capo della sentenza impugnata ex adverso, è applicabile solo all’impugnazione incidentale in senso stretto, che è quella proveniente dalla parte contro la quale è stata proposta l’impugnazione principale, o che sia stata chiamata ad integrare il contraddittorio, a norma dell’art. 331 cod. proc. civ. e non anche all’impugnazione incidentale diretta a chiedere la cassazione della sentenza per le stesse ragioni già fatte valere con il ricorso principale, ovvero (e a maggior ragione) per motivi diversi, la quale resta soggetta ai termini ordinari (Cass. n. 12780/2015, n. 1120/2014, n. 26505/2009, n. 7049/2007).
  3. Passando all’esame dei singoli motivi di ricorso, i primi tre presentano profili sia di inammissibilità che di infondatezza.

11.1. Essi difettano innanzitutto di autosufficienza, in quanto non vi è trascritto integralmente, né indicato puntualmente, il contenuto – o almeno l’esatta collocazione processuale – degli atti del giudizio di primo grado dai quali risulterebbe la denunziata proposizione, nel corso del giudizio di prime cure, di motivi nuovi ed ulteriori rispetto a quello originariamente proposto dalla contribuente, avente ad oggetto la mancata notifica della cartella esattoriale per cui è causa.

11.2. Peraltro, dall’esame degli atti di causa non emerge il denunziato error in procedendo che renderebbe addirittura nulla la sentenza gravata, per avere il giudice d’appello dichiarato la nullità della notifica della cartella in accoglimento di «motivi aggiunti inammissibilmente introdotti nel primo grado di giudizio», in violazione dell’art. 24, secondo comma, D.Lgs. n. 546/92.

11.3. Invero, la stessa ricostruzione dei fatti processuali contenuta nelle pagine 4 e 8 del ricorso, ed ancor meglio lo svolgimento del processo illustrato nella sentenza di primo grado, attestano che il principale motivo di impugnazione della contribuente è costantemente consistito nella “mancanza di qualsiasi valida notifica di una cartella di pagamento” (sentenza C.T.P., pag. 4), poiché l’originaria contestazione di “omessa notifica della cartella di pagamento” è stata semplicemente integrata, a seguito delle difese svolte dalla terza chiamata in causa (E.E. s.p.a.) nell’atto di costituzione del 5.6.2008, e segnatamente della produzione della “copia dell’avviso di ricevimento e della copia della distinta delle raccomandate consegnate all’ufficio postale” in occasione della notifica effettuata in data 6.6.2007, ai sensi dell’art. 26, D.P.R. n. 602/73 (sentenza C.T.P., pag. 2), sulla cui base la stessa E. aveva sollevato eccezione di inammissibilità del ricorso, in quanto proposto dalla contribuente avverso il semplice estratto di cartella di pagamento, recapitatole a mezzo posta in data 3.1.2008; la ricorrente ha quindi replicato anche depositando la documentazione elencata a pagina 3 della sentenza della C.T.P. (nota del 18.6.2007 contenente la richiesta di spiegazioni sulla busta, asseritamene vuota, ricevuta il 6.6.2007; nota di risposta del 29.7.2007 con cui E. comunicava l’annullamento di iscrizioni a ruolo a carico della contribuente; atto di pignoramento presso terzi notificato in data 4.9.2007 per omesso pagamento di cartelle esattoriali notificate in data 12.4.2007 e 6.6.2007; ricorso in opposizione proposto dinanzi al giudice del lavoro di Foggia, sull’erroneo presupposto che la cartella si riferisse ad addebiti contributivi).

11.4. Può dunque concludersi che si è di fronte non già a motivi nuovi, tardivamente introdotti in giudizio dalla contribuente, bensì ad ulteriori deduzioni e produzioni effettuate nel legittimo contraddittorio fra le parti, che hanno lasciato inalterato il fondamento dell’originaria contestazione.

  1. Il quarto motivo è ancor più radicalmente inammissibile, per violazione del disposto dell’art. 366-bis, cod. proc. civ. (cui la sentenza impugnata è soggetta, ratione temporis, in forza della disciplina transitoria di cui alla L. 18 giugno 2009, n. 69, art. 58, quinto comma), in base al quale i motivi riconducibili al n. 5) dell’art. 360, primo comma, cod. proc. civ. devono essere corredati – a pena di inammissibilità – dalla formulazione del c.d. “momento di sintesi” (o “quesito di fatto”), consistente in un apposito passaggio espositivo, distinto ed autonomo rispetto allo svolgimento del motivo e che sostanzi un quid pluris rispetto all’illustrazione del mezzo (Cass. s.u, n. 12339 del 2010; Cass. n. 8897 e n. 4309 del 2008; nn. 21194 e 24313 del 2014), finalizzato ad individuare, chiaramente e sinteticamente, il fatto controverso e decisivo per il giudizio in riferimento al quale la motivazione si assume omessa, ovvero insufficiente o contraddittoria, con specifica segnalazione delle ragioni per le quali la motivazione risulta inidonea a giustificare la decisione (ex plurimis, Cass. s.u. n. 20603 del 2007 e n. 11652 del 2008; Cass. n. 27680 del 2009).

12.1. Nel caso di specie, il motivo manca completamente di siffatto momento di sintesi (oltre che della chiara indicazione del fatto controverso e decisivo), senza che a tale carenza, anche grafica (cfr. Cass. n. 24313 del 2014), possa supplirsi attribuendo a questa Corte il potere di individuarne autonomamente una possibile (larvata) stesura nell’ambito dello svolgimento del motivo, poiché ne resterebbe svilita – rispetto ad un sistema processuale che già prevedeva la redazione del motivo con l’indicazione della violazione denunciata – la portata innovativa dell’art. 366-bis cod. proc. civ. consistente proprio nell’imposizione della formulazione di motivi contenenti una sintesi autosufficiente della censura, funzionale al miglior esercizio della funzione nomofilattica del Giudice di legittimità (cfr., ex multis, Cass. n. 16481 del 2014, n. 22591 del 2013 e n. 20409 del 2008).

  1. Il quinto, il sesto ed il settimo motivo, che in quanto connessi possono essere esaminati congiuntamente, sono invece fondati.

13.1. In sintesi, con essi sì chiede a questa Corte di affermare il principio per cui il soggetto che proceda alla notifica di cartella esattoriale, con la procedura di cui all’art. 26, D.P.R. n. 602/73, può limitarsi a consegnare il plico chiuso all’agente postale, per la sua spedizione, essendo assistiti da fede privilegiata ex art 2700 cod.civ. tanto l’accettazione quanto l’avviso di ricevimento della raccomandata, e gravando invece sul destinatario l’onere di superare la presunzione di conoscenza del contenuto della raccomandata, di cui all’art. 1335 cod. civ.

13.2. Sul tema si registra, invero, una certa divaricazione della giurisprudenza di legittimità, rispetto alla quale questo Collegio intende però aderire all’orientamento che risulta prevalente, in base al quale, ove il Concessionario si avvalga della facoltà, prevista dal D.P.R. 29 settembre 1913, n. 602, art. 26, di provvedere alla notifica della cartella esattoriale mediante raccomandata con avviso di ricevimento, ai fini del perfezionamento della notificazione è sufficiente – anche alla luce della disciplina dettata dal D.M. 9 aprile 2001, artt. 32 e 39 – che la spedizione postale sia avvenuta con consegna del plico al domicilio del destinatario, senz’altro adempimento a carico dell’ufficiale postale se non quello di curare che la persona da lui individuata come legittimata alta ricezione apponga la sua firma sul registro di consegna della corrispondenza, oltre che sull’avviso di ricevimento da restituire al mittente; ciò sarebbe confermato implicitamente anche dal penultimo comma del citato art. 26, secondo cui il concessionario è obbligato a conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o con l’avviso di ricevimento, in ragione della forma di notificazione prescelta, al fine di esibirla su richiesta del contribuente o dell’amministrazione (Cass. sez. III, sentenza n. 9246 del 7 maggio 2015; Cass. sez. V, sentenza n. 4567 del 6 marzo 2015; conf. tra le più recenti, Cass. n. 16949/2014, n. 6395/2014, n. 11708/2011; n. 14327/2009).

13.3. Ai predetti fini non si ritiene invece necessario che l’agente della riscossione dia la prova anche del contenuto del plico spedito con lettera raccomandata, dal momento che l’atto pervenuto all’indirizzo del destinatario deve ritenersi ritualmente consegnato a quest’ultimo in forza della presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ. superabile solo se io stesso destinatario dia prova di essersi incolpevolmente trovato nell’impossibilità di prenderne cognizione (Cass. n. 15315/2014, n. 9111/2012, n. 20027/2011). In altri termini, la prova dell’arrivo della raccomandata fa presumere l’invio e la conoscenza dell’atto, mentre l’onere di provare eventualmente che il plico non conteneva l’atto spetta non già al mittente (in tal senso, Cass. ord. n. 9533/2015, sent. n. 2625/2015, n. 18252/2013, n. 24031/2006, n. 3562/2005), bensì al destinatario (in tal senso, oltre ai precedenti già citati, Cass. sez. I, 22 maggio 2015, n. 10630; conf. Cass. n. 24322/2014, n. 15315/2014, n. 23920/2013, n. 16155/2010, n. 17417/2007, n. 20144/2005, n. 15802/2005, n. 22133/2004, n. 771/2004, n. 11528/2003, n. 12135/2003, n. 12078/2003, n. 10536/2003, n. 4878/1992, 4083/1978; cfr. Cass. ord. n. 20786/2014, per la quale tale presunzione non opererebbe – con inversione dell’onere della prova – ove il mittente affermasse di avere inserito più di un atto nello stesso plico ed il destinatario contestasse tale circostanza).

13.4. In effetti, l’orientamento prevalente risulta più rispettoso del principio generale di c.d. vicinanza della prova, poiché la sfera di conoscibilità del mittente incontra limiti oggettivi nella fase successiva alla consegna del plico per la spedizione, mentre la sfera di conoscibilità del destinatario si incentra proprio nella fase finale della ricezione, ben potendo egli dimostrare (ed essendone perciò onerato), in ipotesi anche avvalendosi di testimoni, che al momento dell’apertura il plico era in realtà privo di contenuto.

13.5. Merita dunque di essere confermato il principio per cui, in tema di notifica della cartella esattoriale ai sensi del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 26 (così come, più in generale, in caso di spedizione di plico a mezzo raccomandata), la prova del perfezionamento del procedimento di notificazione è assolta dal notificante mediante la produzione dell’avviso di ricevimento, poiché, una volta pervenuta all’indirizzo del destinatario, la cartella esattoriale deve ritenersi a lui ritualmente consegnata, stante la presunzione di conoscenza di cui all’art. 1335 cod. civ., fondata sulle univoche e concludenti circostanze (integranti i requisiti di cui all’art. 2729 cod. civ.) della spedizione e dell’ordinaria regolarità del servizio postale, e superabile solo ove il destinatario medesimo dimostri di essersi trovato, senza colpa, nell’impossibilità di prenderne cognizione, come nel caso in cui sia fornita la prova che il plico in realtà non conteneva alcun atto al suo interno (ovvero conteneva un atto diverso da quello che si assume spedito).

  1. Ne consegue che, nel caso di specie, non avendo la contribuente fornito la prova dell’asserita assenza, all’interno della busta notificatagli in data 6 giugno 2007, della cartella di pagamento n. 014/2007/00169657/00/000, detta notifica deve ritenersi perfezionata, con conseguente tardività dell’impugnazione ai sensi dell’art. 21, D. Lgs. n. 546/1992, in quanto proposta dalla contribuente solo in data 16 gennaio 2008 (e dunque rivolta avverso l’estratto di cartella ricevuto in data 11 gennaio 2008 da E.E. s.p.a., su sua richiesta del 3 gennaio 2008).
  2. Rispetto a tale conclusione, costituiscono semplici elementi di riscontro le ulteriori circostanze evidenziate dal giudice di prime cure, nel senso che all’atto dell’accettazione della raccomandata il plico risultava avere un peso compreso tra i 101 e i 250 grammi (compatibile con la voluminosità della cartella), che la busta recava la stampigliatura del numero della cartella in questione ed, infine, che in data 4.9.2007 la contribuente aveva già ricevuto atto di pignoramento presso terzi fondato, tra l’altro, sulla cartella di pagamento notificata in data 6.6.2007, della cui esistenza la “Congregazione Religiosa S.A.D.P.” era quindi venuta, in qualche modo, a conoscenza.
  3. All’accoglimento del suddetti motivi di ricorso, rispetto al quale resta assorbito l’esame dell’ottavo, segue la cassazione della sentenza impugnata.
  4. Non risultando necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, comma 2, cod. proc. civ. con la declaratoria di inammissibilità dell’originario ricorso della contribuente, in quanto tardivo.
  5. Sussistono giusti motivi, in considerazione del rilevato contrasto giurisprudenziale, per disporre l’integrale compensazione delle spese processuali tra tutte le parti.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i primi quattro motivi di ricorso; dichiara inammissibile il controricorso dell’Agenzia delle entrate; accoglie i motivi quinto, sesto e settimo, con assorbimento dell’ottavo, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, dichiara inammissibile l’originario ricorso della contribuente. Dispone l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti.

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay