CASSAZIONE SENTENZE

Bollo auto, la prescrizione è sempre triennale

La Corte di Cassazione, Sezione Sesta, con l’ordinanza del 25 agosto 2017 ha respinto il ricorso proposto da Equitalia contro la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio che aveva dato ragione a un contribuente che aveva impugnato l’avviso di intimazione di pagamento per la tassa automobilistica.

Nel caso specifico, Equitalia lamentava l’erroneità della pronuncia impugnata nella parte in cui aveva escluso che la mancata impugnazione della cartella di pagamento avesse comportato l’applicabilità nella fattispecie del termine ordinario decennale di prescrizione. La Suprema Corte ha però ribadito che la mancata impugnazione della cartella non trasforma la prescrizione “breve” in decennale.

Per i giudici del Palazzaccio anche per le tasse automobilistiche vale il principio di diritto espresso con la pronuncia delle Sezioni Unite (sentenza 23397/2016), che aveva già escluso la prescrizione decennale per le cartelle di pagamento relative ai contributi previdenziali e che aveva posto un punto fermo sull’annosa questione delle prescrizioni delle cartelle esattoriali notificate dagli agenti della riscossione e non opposte nei termini previsti dalla legge.

Gli Ermellini hanno così ricordato, proprio in virtù di tali principi giurisprudenziali, che la cartella di pagamento e gli altri titoli che legittimano la riscossione coattiva dei crediti dell’erario sono atti amministrativi e sono privi dell’attitudine ad acquisire efficacia di giudicato, che non possono equipararsi ai provvedimenti giudiziali (tra gli altri, sentenza e decreto ingiuntivo non opposto) ove l’eventuale credito ivi recato soggiace, ai sensi dell’art. 2953 codice civile, alla prescrizione ordinaria decennale.

Pertanto, anche in materia di tassa automobilistica resta la prescrizione triennale, pure nel caso di mancata impugnazione della cartella di pagamento.

Questa ordinanza va a corroborare l’attuale orientamento giurisprudenziale e per affermare questo importantissimo principio i giudici hanno richiamato e interpretato in via estensiva/analogica la sentenza n. 23397 del 2016 delle Sezioni Unite, relativa alla prescrizione breve delle cartelle di pagamento dei contributi previdenziali, a evidente tutela dei consumatori e degli automobilisti, considerato che opererà la prescrizione breve triennale delle cartelle di pagamento degli arretrati del bollo auto.

Pertanto, decorsi tre anni – a partire dal primo gennaio dell’anno successivo alla data prevista per il pagamento – la cartella di pagamento del bollo auto inviata dall’Ente di riscossione è illegittima in quanto il credito fatto valere è da ritenersi prescritto.

Pertanto, concludono i Supremi Giudici, “…Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 17 novembre 2016, n. 23397), hanno, per quanto in questa sede rileva, statuito che ‘il principio di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. conversione del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti — in ogni modo denominati di riscossione mediante ruolo’, di modo che, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo. Nella fattispecie in esame, avente ad oggetto riscossione di tassa automobilistica, soggetta a termine di prescrizione triennale, per effetto di quanto stabilito dall’art. 5 comma 51 del d. 1. n. 953/1982, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 53/1983 e modificato dall’art. 3 del d.l. n. 2/1986 convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 60/1986, la decisione della CFR in questa sede impugnata è conforme al succitato principio di diritto, non comportando la mancata impugnazione della cartella nei termini l’applicabilità del termine ordinario di prescrizione in ordine alla successiva notifica dell’intimazione di pagamento”.

 

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza n. 20425 del 25 agosto 2017

Presidente: SCHIRO’ STEFANO

Relatore: NAPOLITANO LUCIO

sul ricorso 26240-2015 proposto da:

EQUITALIA SUD SPA 11210661002, in persona del Responsabile del Contenzioso Esattoriale della Direzione Regionale del Lazio, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOACCHINO ROSSINI 18, presso lo studio dell’avvocato GIOIA VACCARI, che la rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

RINALDI ANNUNZIATINA;

– intimata –

avverso la sentenza n. 4136/01/2015 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE di ROMA, depositata il 15/07/2015;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19/04/2017 dal Consigliere Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto e diritto

La Corte, costituito il contraddittorio camerale ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., come integralmente sostituito dal comma 1, lett. e), dell’art. 1 – bis del di. n. 168/2016, convertito, con modificazioni, dalla L n. 197/2016;

dato atto che il collegio ha autorizzato, come da decreto del Primo Presidente in data 14 settembre 2016, la redazione della presente motivazione in forma semplificata, osserva quanto segue:

La CTR del Lazio, con sentenza n. 4136/01/2015, depositata il 15 luglio 2015, non notificata, accolse l’appello proposto nei confronti di Equitalia Sud S.p.A., dalla sig.ra Annunziatina Rinaldi, che si doleva della pronuncia a sé sfavorevole resa dalla CTP di Roma, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di intimazione di pagamento per tassa automobilistica relativa all’anno 2001.

Avverso la pronuncia della CTR l’agente della riscossione ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un solo motivo.

L’intimata non ha svolto difese.

Con l’unico motivo la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 2946 c.c. e dell’art. 2953 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., lamentando l’erroneità della pronuncia impugnata nella parte in cui ha escluso che la mancata impugnazione della cartella di pagamento, in relazione alla quale era stato poi emesso l’avviso d’intimazione impugnato, avesse comportato l’applicabilità nella fattispecie del termine ordinario decennale di

prescrizione.

Il motivo è da ritenersi manifestamente infondato.

Le Sezioni Unite di questa Corte (Cass. 17 novembre 2016, n. 23397), hanno, per quanto in questa sede rileva, statuito che «il principio di carattere generale, secondo cui la scadenza del termine perentorio sancito per opporsi o impugnare un atto di riscossione mediante ruolo o comunque di riscossione coattiva, produce soltanto l’effetto sostanziale dell’irretrattabilità del credito, ma non anche la c.d. ‘`conversione” del termine di prescrizione breve eventualmente previsto in quello ordinario decennale, ai sensi dell’art. 2953 c.c., si applica con riguardo a tutti gli atti — in ogni modo denominati di riscossione mediante ruolo», di modo che, ove per i relativi crediti sia prevista una prescrizione più breve di quella ordinaria, la sola scadenza del termine concesso al debitore per proporre l’opposizione, non consente di fare applicazione dell’art. 2953 c.c., tranne che in presenza di un titolo giudiziale divenuto definitivo.

Nella fattispecie in esame, avente ad oggetto riscossione di tassa automobilistica, soggetta a termine di prescrizione triennale, per effetto di quanto stabilito dall’art. 5 comma 51 del d. 1. n. 953/1982, convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 53/1983 e modificato dall’art. 3 del d.l. n. 2/1986 convertito, con modificazioni, dalla 1. n. 60/1986, la decisione della CFR in questa sede impugnata è conforme al succitato principio di diritto, non comportando la mancata impugnazione della cartella nei termini l’applicabilità del termine ordinario di prescrizione in ordine alla successiva notifica dell’intimazione di pagamento.

Il ricorso va dunque rigettato.

Nulla va statuito quanto alle spese del giudizio di legittimità, non avendo l’intimata svolto difese.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della 1. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1- bis dello stesso articolo 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 19 aprile 2017

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