CASSAZIONE

Agevolazioni “Tremonti ambiente” solo quando il credito è stato richiesto in dichiarazione

Tributi – Tremonti ambientale – Impianto fotovoltaico – Agevolazione tributaria – Silenzio rifiuto dell’Amministrazione – Omessa dichiarazione integrativa – Diritto retroattivo all’agevolazione – Conseguenze

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 23877 del 4 agosto 2023 si è nuovamente occupata delle agevolazioni tributarie presenti nella cosiddetta “Tremonti ambiente” (legge 388/2000), legge successivamente abrogata (dall’art. 23, comma 7, Dl 83/2012 ), ma che per un certo periodo di tempo ha concesso agevolazioni fiscali alle Pmi che promuovevano investimenti finalizzati a prevenire e riparare danni ambientali, confermando che il contribuente può ovviamente ripartire il credito per la detassazione ambientale anche in uno degli anni successivi, ma solo e soltanto se sussistevano alcuni presupposti e, in particolare, se il bonus era stato richiesto nella dichiarazione dei redditi, anche integrativa, dell’anno in cui era maturato.

In sostanza gli Ermellini hanno confermato le osservazioni presenti nel ricorso della parte, che criticava l’interpretazione della CTR per non aver rilevato che in assenza della presentazione di una dichiarazione integrativa dei redditi con riferimento all’anno in cui la spesa era stata sostenuta, né che non era al contempo richiesto l’accesso al beneficio fiscale invocato. Pertanto la società doveva considerarsi decaduta dalla possibilità di proporre l’istanza di rimborso, come, conseguentemente, dovevano considerarsi inammissibili le richieste di rimborso proposte dalla contribuente in relazione agli anni successivi, nei quali la spesa era stata ripartita e in relazione ai quali le dichiarazioni integrative erano state presentate.

Senza la richiesta di accesso al beneficio nell’anno in questione, la PMI deve considerarsi decaduta dal diritto di chiedere il rimborso delle spese sostenute.

Ricordiamo che la legge 388/2000 prevedeva che la quota di reddito delle piccole e medie imprese destinata a investimenti ambientali non concorreva a formare il reddito imponibile ai fini delle imposte sui redditi. I beneficiari potevano effettuare una variazione in diminuzione dell’imponibile pari all’eccedenza degli investimenti ambientali realizzati nel periodo d’imposta rispetto alla media di quelli effettuati nei due periodi d’imposta precedenti.

Peraltro il presupposto fondante l’agevolazione consisteva nel fatto che il credito doveva essere richiesto in relazione alla dichiarazione dei redditi dell’anno in cui lo stesso era maturato, anche mediante la presentazione di una dichiarazione integrativa e sempre che ricorressero gli ulteriori presupposti di legge (tra gli altri, che non si fosse verificata una decadenza).

Pertanto gli Ermellini hanno considerato che l’art. 6, commi da 16 a 19, della Tremonti ambiente prevedeva che le piccole e medie imprese operanti in regime di contabilità ordinaria potessero non conteggiare nel reddito imponibile le spese sostenute per il miglioramento ambientale esprimendosi in merito al diritto retroattivo all’agevolazione e rigettando la richiesta del contribuente che chiedeva il rimborso delle spese per la realizzazione di un impianto fotovoltaico.

Tornando al caso di specie, il giudizio verte sul ricorso proposto da una società avverso il silenzio-rifiuto dell’Agenzia delle entrate formatosi sull’istanza di rimborso presentata, con riferimento alle imposte pagate negli anni dal 2012 al 2014, in relazione alle spese sostenute nel 2010 per realizzare un impianto fotovoltaico.

La società non richiedeva però di fruire dell’agevolazione fiscale in relazione ai costi sostenuti nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno d’imposta in cui la spesa era stata sostenuta, in considerazione dell’incertezza normativa che sussisteva circa la cumulabilità del beneficio con altre agevolazioni tributarie.

A seguito dei chiarimenti normativi intervenuti, aveva quindi ripartito il costo sostenuto negli anni successivi, in relazione ai quali presentava dichiarazioni integrative dei redditi, chiedendo di fruire dell’agevolazione e poter ricevere il rimborso. Rivolgendosi alla giustizia tributaria, la società incassava un diniego dalla CTP, che riteneva che la società fosse decaduta dalla possibilità di richiedere il rimborso, mentre di parere opposto era la CTR, che accoglieva l’appello della società.

Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione l’Amministrazione finanziaria, lamentando essenzialmente la violazione dell’art. 2, comma 8-bis, del DPR 322/1998 e dell’art. 6 della legge 388/2000, per non avere la CTR rilevato che la contribuente era decaduta dalla possibilità di richiedere il suddetto rimborso. La Corte di Cassazione ha ritenuto fondato tale motivo di ricorso, sostenendo che “… Con il suo primo motivo di ricorso, l’Amministrazione finanziaria critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR, per non aver rilevato che, in assenza della presentazione di una dichiarazione integrativa dei redditi con riferimento all’anno 2010, in cui la spesa è stata sostenuta ma non è stato domandato l’accesso al beneficio fiscale invocato, la richiesta di rimborso proposta dalla contribuente in relazione ad anni successivi, in cui la spesa è stata ripartita ed in relazione ai quali le dichiarazioni integrative sono state presentate, non poteva considerarsi ammissibile, essendo in ogni caso la società decaduta dalla possibilità di proporre l’istanza di rimborso, non avendo mai presentato una dichiarazione integrativa con riferimento all’anno, il 2010, in cui la spesa era stata sostenuta. 4.1. La CTR mostra di aver presente la problematica, infatti annota che la CTP aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente, anche osservando che “l’investimento era stato effettuato nel 2010 e, quindi, avrebbe dovuto essere rettificata la dichiarazione dei redditi riferita a quella annualità” (sent. CTR, p. III).  La CTR, invero, non pronuncia espressamente sul punto. Trattasi, peraltro, di questione di puro diritto, su cui questa Corte regolatrice è comunque chiamata a pronunciarsi. 5. Il motivo di ricorso appare fondato. È consentito al contribuente ripartire il credito d’imposta maturato in un anno negli anni successivi, ma il presupposto è che il credito sia stato richiesto in relazione alla dichiarazione dei redditi dell’anno in cui esso è maturato, anche mediante una dichiarazione integrativa, e sempre che ricorrano gli ulteriori presupposti di legge, tra cui che non si sia verificata una decadenza. 5.1. Nel caso di specie le somme spese per la realizzazione di un impianto fotovoltaico, di cui si domanda il rimborso, non sono state indicate al fine di fruire dell’agevolazione nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2010 dalla società, neppure mediante dichiarazione integrativa, e quindi non potevano essere ripartite negli anni successivi al fine di conseguirne il rimborso. Il primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate risulta pertanto fondato e deve essere accolto, cassandosi la decisione impugnata.  Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte può decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., rigettando gli originari ricorsi proposti dalla contribuente. Il secondo motivo di ricorso, relativo all’intervenuta decadenza dall’istanza di rimborso (ove volessero ritenersi tali le dichiarazioni integrative presentate per le annualità dal2012 al 2014 ed intervenute oltre il termine di quarantotto mesi di cui all’art.38 d.p.r. n.602/1973), come domandato anche dal PG., rimane assorbito.6. Le spese dei gradi di merito del giudizio possono essere compensate tra le parti, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della controversia”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 4 agosto 2023, n. 23877

sul ricorso proposto da:

Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla via dei Portoghesi n. 12 in Roma;

– ricorrente –

contro E. S. Energy Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv.to Rinuccia Marchisio, che ha indicato recapito PEC;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 712, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte il 21.6.2022, e pubblicata il 24.6.2022;

ascoltata, in camera di consiglio, la relazione svolta dal Consigliere Paolo Di Marzio;

la Corte osserva:

Fatti di causa

1. La E. S. Energy Srl presentava all’Amministrazione finanziaria istanza di rimborso con riferimento alle imposte pagate negli anni dal 2012 al 2014, nella misura complessiva di Euro 12.567.939,00, in relazione alle spese sostenute nel 2010 per realizzare un impianto fotovoltaico.

Riteneva la società di avere diritto alla restituzione, stante il disposto di cui all’art. 6, commi da 16 a 19, della legge n. 388 del 2000 (c.d. Tremonti Ambiente), la quale aveva previsto che le piccole e medie imprese, operanti in regime di contabilità ordinaria, avessero diritto a non conteggiare nel reddito imponibile le spese sostenute per il miglioramento ambientale.

L’Agenzia delle Entrate non rispondeva.

2. La contribuente impugnava il silenzio diniego opposto dall’Ente impositore alle sue richieste, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Torino, che riuniva i ricorsi e li rigettava, ritenendo che la società fosse decaduta dalla possibilità di richiedere il rimborso.

3. La contribuente spiegava appello avverso la decisione sfavorevole assunta dai giudici di primo grado, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Piemonte.

La CTR riteneva che la società non fosse decaduta dalla possibilità di richiedere il rimborso. In conseguenza riformava la decisione della CTP, ed affermava il diritto della contribuente a conseguire le restituzioni domandate.

4. Ha proposto ricorso per cassazione, avverso la decisione assunta dalla CTR, l’Amministrazione finanziaria, affidandosi a due strumenti di impugnazione. Resiste mediante controricorso la contribuente.

4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, nella persona del s. Procuratore Generale Paola Filippi, ed ha domandato accogliersi il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo.

Ragioni della decisione

1. Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Agenzia delle Entrate contesta la violazione dell’art. 2, comma 8 bis, del Dpr n. 322 del 1998, nella formula vigente ratione temporis, e dell’art. 6 della legge n. 388 del 2000, per non avere la CTR rilevato che la contribuente è decaduta dalla possibilità di richiedere il rimborso, non avendo mai presentato una dichiarazione dei redditi integrativa in relazione all’anno 2010, nel corso del quale è stata sostenuta la spesa che avrebbe originato il diritto alla restituzione per effetto dell’accesso all’agevolazione fiscale.

2. Mediante il secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Ente impositore critica la violazione dell’art. 38 del Dpr n. 602 del 1973 e dell’art. 2, comma 7, del Dpr n. 322 del 1998, in cui è incorso il giudice dell’appello per aver erroneamente ritenuto che le istanze di rimborso proposte dalla contribuente in relazione agli anni dal 2012 al 2014 dovessero ritenersi tempestive, in considerazione della presentazione di dichiarazioni dei redditi integrative, mentre le istanze di restituzione sono state proposte quando il termine di quarantotto mesi, di cui al ricordato art. 38, era ormai scaduto, e la società era ormai decaduta dalla possibilità di richiedere il rimborso.

3. Sembra opportuno evidenziare in premessa che, pacificamente, la società non ha richiesto di fruire dell’agevolazione fiscale in relazione ai costi sostenuti per l’impianto fotovoltaico nella dichiarazione dei redditi relativa all’anno 2010, in cui la spesa è stata sostenuta, in considerazione dell’incertezza normativa che sussisteva circa la cumulabilità del beneficio con altre agevolazioni tributarie.

A seguito dei chiarimenti normativi intervenuti, ha quindi ripartito il costo sostenuto negli anni dal 2012 al 2014, in relazione ai quali ha presentato a tal fine dichiarazioni integrative dei redditi, ed ha domandato di fruire dell’agevolazione e conseguire il rimborso. Risulta incontestato che la società non ha proposto una dichiarazione integrativa in relazione all’anno 2010.

4. Con il suo primo motivo di ricorso, l’Amministrazione finanziaria critica la violazione di legge in cui ritiene essere incorsa la CTR, per non aver rilevato che, in assenza della presentazione di una dichiarazione integrativa dei redditi con riferimento all’anno 2010, in cui la spesa è stata sostenuta ma non è stato domandato l’accesso al beneficio fiscale invocato, la richiesta di rimborso proposta dalla contribuente in relazione ad anni successivi, in cui la spesa è stata ripartita ed in relazione ai quali le dichiarazioni integrative sono state presentate, non poteva considerarsi ammissibile, essendo in ogni caso la società decaduta dalla possibilità di proporre l’istanza di rimborso, non avendo mai presentato una dichiarazione integrativa con riferimento all’anno, il 2010, in cui la spesa era stata sostenuta.

4.1. La CTR mostra di aver presente la problematica, infatti annota che la CTP aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente, anche osservando che “l’investimento era stato effettuato nel 2010 e, quindi, avrebbe dovuto essere rettificata la dichiarazione dei redditi riferita a quella annualità” (sent. CTR, p. III).

La CTR, invero, non pronuncia espressamente sul punto. Trattasi, peraltro, di questione di puro diritto, su cui questa Corte regolatrice è comunque chiamata a pronunciarsi. 5. Il motivo di ricorso appare fondato. È consentito al contribuente ripartire il credito d’imposta maturato in un anno negli anni successivi, ma il presupposto è che il credito sia stato richiesto in relazione alla dichiarazione dei redditi dell’anno in cui esso è maturato, anche mediante una dichiarazione integrativa, e sempre che ricorrano gli ulteriori presupposti di legge, tra cui che non si sia verificata una decadenza.

5.1. Nel caso di specie le somme spese per la realizzazione di un impianto fotovoltaico, di cui si domanda il rimborso, non sono state indicate al fine di fruire dell’agevolazione nella dichiarazione dei redditi dell’anno 2010 dalla società, neppure mediante dichiarazione integrativa, e quindi non potevano essere ripartite negli anni successivi al fine di conseguirne il rimborso. Il primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate risulta pertanto fondato e deve essere accolto, cassandosi la decisione impugnata.

Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, questa Corte può decidere nel merito, ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., rigettando gli originari ricorsi proposti dalla contribuente.

Il secondo motivo di ricorso, relativo all’intervenuta decadenza dall’istanza di rimborso (ove volessero ritenersi tali le dichiarazioni integrative presentate per le annualità dal2012 al 2014 ed intervenute oltre il termine di quarantotto mesi di cui all’art.38 d.p.r. n.602/1973) , come domandato anche dal PG., rimane assorbito.

6. Le spese dei gradi di merito del giudizio possono essere compensate tra le parti, mentre quelle del giudizio di legittimità seguono l’ordinario criterio della soccombenza, e sono liquidate in dispositivo, in considerazione della natura delle questioni affrontate e del valore della controversia.

La Corte di Cassazione,

P.Q.M.

accoglie il primo motivo di ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate, assorbito il secondo, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta gli originari ricorsi proposti dalla contribuente.

Compensa le spese processuali dei gradi di merito del giudizio tra le parti, e condanna la contribuente al pagamento delle spese processuali del giudizio di cassazione in favore dell’Agenzia che liquida in complessivi Euro 16.000,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, il 12 luglio 2023

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