CASSAZIONE FISCALITA

Accertamento sempre nullo se emesso prima dei 60 giorni, anche se nel frattempo sono giunte le osservazioni del contribuente

Tributi – IRPEF ed IRAP – Avviso di accertamento – Indagini bancarie – Violazione dell’art. 9, comma 10, della legge del 27 dicembre 2002, n. 289 e dell’art. 10, commi 1 e 2, della legge del 27 luglio 2000, n. 212 – Error in iudicando – Error in procedendo- Illegittimità

La Corte di Cassazione, nell’ordinanza 26932 del 13 settembre 2022 si è espressa su una dibattuta questione riguardante la possibile nullità dell’avviso di accertamento emesso prima del termine di 60 giorni decorrenti dalla chiusura delle operazioni di controllo o di verifica, ai sensi dell’art. 12, comma 7, della legge 212/2000, riaffermando che permane comunque la nullità dell’avviso di accertamento emesso prima dei 60 giorni.

In effetti, se non ricorrono specifiche ragioni di urgenza, l’avviso di accertamento è illegittimo qualora sia adottato prima della scadenza del termine di 60 giorni dalla data di rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte dell’organo di controllo: la previsione dell’art. 12, comma 7, legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) implica, in applicazione dell’art. 7, comma 1, legge 212/2000, artt. 3 e 21-septies, legge 241/1990, art. 42, comma 2, DPR 600/1973 e art. 56, DPR 633/1972, la sanzione di nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull’urgenza che ne ha determinato l’adozione.

Ciò, peraltro, senza che al criterio possa derogarsi nel caso che il contribuente presenti osservazioni prima dello spirare del termine previsto dall’art. 12, comma 7, legge 212/2000, posto che ai sensi di tale disposizione solo con lo spirare di detto termine si consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste all’Ufficio impositore.

In buona sostanza gli Ermellini, sulla scia di una nutrita giurisprudenza (v. ex multis Cass. Sent. n. 18906/ 2011 e n. 22320/2010), hanno confermato che l’osservanza dell’articolo 12, ultimo comma, quindi, non deve avvenire solo in ipotesi di verifica fiscale, con la conseguenza che il divieto di emanare atti impositivi prima dei 60 giorni trova applicazione anche in qualunque altra attività dell’Amministrazione, essendo del tutto irrilevante la denominazione tecnica e il verbale che ne consegue. Secondo i giudici di legittimità, infatti, si tratta di un termine posto a garanzia del pieno dispiegarsi del contraddittorio procedimentale, che costituisce primaria espressione dei principi, di derivazione costituzionale, di collaborazione e buona fede tra Amministrazione e contribuente.

Resta infine da considerare che comunque, nel tempo, si sono succedute diverse posizioni giurisprudenziali dove in un primo momento l’orientamento della Corte di Cassazione, in relazione alla legittimità dell’avviso di accertamento emesso prima dello spirare dei 60 giorni, è stato altalenante.

I Supremi giudici ritenevano prevalentemente valido e legittimo l’atto impositivo, anche se emesso prima dello scadere del termine di 60 giorni dalla conclusione della verifica fiscale, in quanto la sua notifica non determinerebbe in assoluto la nullità, attesa la natura vincolata dell’atto rispetto al verbale di constatazione sul quale si fonda e considerata la mancanza di una specifica previsione normativa in tal senso, restando comunque garantito al contribuente il diritto di difesa, tanto in via amministrativa, con il ricorso all’autotutela, quanto in via giudiziaria, entro il termine ordinario previsto dalla legge (v.  Cass. Sent. n. 21103/2011; n. 16992 /2012).

Anche in relazione all’emissione dell’avviso con il quale l’ufficio finanziario procede al recupero del credito di imposta, ai sensi della legge 388/2000, la Suprema Corte (Cass. Sent. n. 4687/2012) giudicava che lo stesso poteva essere emanato prima del termine dei 60 giorni  previsto in relazione all’avviso di accertamento, poiché, pur essendo i due atti parificati con riferimento alla loro natura, la diversa soluzione implicherebbe la surrettizia imposizione di un termine di legge non contemplato dalla normativa, senza che ciò sia necessario al fine di evitare pregiudizi per il contribuente, il quale è libero di impugnare sia l’avviso di recupero, sia l’avviso di accertamento, rispetto al quale il primo è comunque atto propedeutico.

In distinta occasione (Cass. Sent. n. 11944/2012) i Giudici di legittimità hanno ritenuto che l’esonero dell’osservanza del termine dei 60d giorni opera in presenza del requisito dell’urgenza dell’emissione dell’atto, anche se in questo non sia enunciato il fatto che ha determinato l’urgenza, poiché, a norma dell’art. 7 dello Statuto del contribuente, l’obbligo di motivazione si riferisce esclusivamente alle ragioni della pretesa tributaria, ma non anche ai tempi di emanazione dei provvedimenti impositivi o alle regole procedimentali (fattispecie nella quale l’esigenza di provvedere senza ritardo emergeva dall’adozione dell’atto in prossimità del decorso del termine di decadenza di cui all’art. 57, DPR 633/1972, in relazione ad un periodo di imposta).

Analogamente segnaliamo altra pronuncia (Cass. Sent., n. 22320/2010) con la quale è stato affermato che l’avviso di accertamento può essere emesso prima dei 60 giorni dal rilascio al contribuente della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni  ispettive, “salvo casi di particolare e motivata urgenza”.

La sanzione di invalidità dell’atto – prevista in via generale dall’art. 21-septies della legge 241/1990, e con specifico riferimento all’accertamento delle imposte sui redditi e dell’IVA, rispettivamente, dall’art. 42, commi 2 e 3, DPR 600/1973 e dall’art. 56, comma 5, DPR 633/1972 – consegue, quindi, solo quando l’avviso medesimo non rechi motivazione sull’eventuale urgenza che ne ha determinato l’adozione.

In applicazione di tale principio, la Suprema Corte ha cassato con rinvio la sentenza della CTR che aveva annullato un avviso di accertamento emesso prima dello spirare di 60 giorni, per non aver verificato se, nella motivazione dello stesso atto, fosse contenuto un riferimento specifico a eventuali ragioni di urgenza che giustificassero la deroga del termine.

Una delle rare pronunce favorevoli del medesimo periodo è l’Ordinanza della Cassazione n. 6088/2011, con la quale la Corte ritiene che la notifica dell’avviso di accertamento non può avvenire nei confronti del contribuente prima che siano decorsi – di regola e salvo casi di particolare e motivata urgenza – 60 giorni dal rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, potendo entro tale termine, da considerare perentorio e a sua garanzia, il contribuente comunicare osservazioni e richieste; né è rilevante il contenuto del predetto verbale, poiché se anche esso, come nel caso di specie, non contenga contestazioni, potrebbe comunque dar luogo all’emissione di avvisi di accertamento.

Dopo posizioni alterne l’indirizzo si è consolidato a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite (Cass. SS. UU. Sent. n. 18184/2013), alle quali era stato chiesto di stabilire se l’inosservanza del termine dilatorio di 60 giorni per l’emanazione dell’avviso di accertamento, termine decorrente dal rilascio al contribuente nei cui confronti sia stato effettuato un accesso, un’ispezione o una verifica nei locali destinati all’esercizio della propria attività, della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni, costituisca, nel silenzio della norma, una mera irregolarità sostanzialmente priva di conseguenze esterne, ovvero dia luogo, a eccezione di casi di “particolare e motivata urgenza”, a un vizio di legittimità dell’atto impositivo emesso ante tempus, che può essere fatto valere dal contribuente al fine di ottenere, per ciò solo, in sede contenziosa, l’annullamento dell’atto stesso.

La Suprema Corte ha optato per la seconda soluzione, stabilendo come prima di ogni altra cosa sia necessario attribuire dovuto rilievo già al solo fatto che la norma in esame è inserita nello Statuto dei diritti del contribuente, il cui articolo 1 stabilisce, al comma 1, che “le disposizioni della presente legge, in attuazione degli articoli 3, 23, 53 e costituiscono principi generali dell’ordinamento tributario e possono essere derogate o modificate solo espressamente e mai da leggi speciali”.

Tanto premesso e ritornando al caso in esame l’Agenzia delle entrate, a seguito di un controllo della Guardia di Finanza effettuato nei confronti di un professionista a cui aveva contestato rilevanti evasioni di IRPEF e IRAP mediante indagini bancarie estese anche ai familiari, emetteva gli avvisi di accertamento a titolo di IRPEF, addizionale regionale, IRAP, addizionale comunale, sanzioni e spese di notifica.

Il contribuente ha proposto ricorso alla giustizia tributaria, che lo ha accolto e dichiarato nullo l’accertamento. La CTR ha ribaltato il giudizio a favore dell’Agenzia e ne ha accolto l’appello. La sentenza è stata impugnata dal contribuente sulla scorta di nove motivi.  Si è costituita in giudizio con controricorso l’Agenzia delle entrate, chiedendo il rigetto del ricorso.

La Suprema Corte ha riconosciuto la validità delle argomentazioni difensive della parte contribuente, affermando che: “Tanto premesso, tenuto conto della regola stabilita dall’art. 276, secondo comma, cod. proc. civ. circa l’ordine logico – giuridico di trattazione delle questioni, vanno esaminati ed accolti l’ottavo ed il nono motivo di ricorso, la cui fondatezza assorbe ogni altra questione dibattuta fra le parti. La causa, infatti, può essere decisa sulla base della questione di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, secondo l’indirizzo espresso da questa Corte: «a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità di giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c.» (Cass. 11/05/2018, n. 11458, Cass.28/05/2014, n. 12002, Cass. S.U. 08/05/2014, n. 9936). Con l’ottavo ed il nono motivo di ricorso, il ricorrente lamenta l’error in procedendo e l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, il giudice di appello non si è pronunciato sulla presunta violazione, per l’anno 2002, dell’art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212 laddove dispone che l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima del termine di 60 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione, salvo casi di particolare motivata urgenza. Fin dal primo grado di giudizio, il contribuente censurava l’avviso di accertamento emesso in relazione a detta annualità deducendo la circostanza oggettiva che esso era basato su un PVC notificato il 27/11/2009 e l’accertamento era stato emesso in data 17/12/2009 e notificato il 19/12/2009 così violando l’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000. Il dato è pacifico perché è affermato dall’Agenzia delle Entrate a pag. 20 del controricorso allorquando ammette che, per evitare perdite del gettito erariale, sussistono le ragioni di urgenza richieste dalla normativa per non rispettare il termine dei 60 giorni decorrenti dal rilascio del verbale di chiusura delle operazioni di verifica, per l’emanazione dell’avviso di accertamento, ragioni che si asseriscono palesate nel PVC. Pacifico è anche che la C.t.r. abbia del tutto obliterato la relativa pronuncia mentre come è noto, sotto la rubrica « Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente» l’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 prevede che, nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.  Nel caso di specie, l’avviso di accertamento è stato notificato al contribuente a distanza di 23 giorni dalla consegna del PVC su cui lo stesso trovava fondamento. Con un noto arresto (Cass. 05/10/2012, n. 16999), questa Corte ha affermato come deve considerarsi che la Corte costituzionale (Ordinanza 24/07/2009, n. 244 ) e la Corte medesima (Cass.03/11/2010, n. 22320) hanno puntualizzato che la previsione dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 implica – in applicazione dell’art. 7, comma 1, legge n. 212 del 2000, artt. 3 e 21-septies, legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 42, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e art. 56 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 – la sanzione di nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull’urgenza che ne ha determinato l’adozione. E ciò, peraltro, senza che al criterio possa derogarsi nel caso che il contribuente presenti osservazioni prima dello spirare del termine previsto dall’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 posto che, ai sensi di tale disposizione, solo con lo spirare di detto termine, si consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste all’Ufficio impositore. 3. In conclusione, alla stregua delle considerazioni, che precedono – restando assorbite le ulteriori doglianze – s’impone, decidendo nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.), l’accoglimento del ricorso promosso dalla società contribuente con conseguenziale annullamento dell’avviso di accertamento impugnato. Le spese dei gradi di merito sono compensate mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale, non si applica l’art. 13, comma 1 –quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115”.

Corte di Cassazione – Ordinanza 13 settembre 2022, n. 26932

sul ricorso iscritto al n.27455/14 R.G. proposto da:

CAPOROSSI ALDO, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avvocato Prof. Giuseppe Marini, ed elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, via dei Monti Parioli, n. 48

 – ricorrente –

contro AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale sito in Roma, via dei Portoghesi n. 12

– controricorrente –

Avverso la sentenza della COMM. TRIB. REG. Toscana n. 700/1/14 depositata in data 02/04/14.

Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 giugno 2022 del consigliere dott.ssa Maria Luisa De Rosa.

Rilevato che

1. La Agenzia delle Entrate di Siena, a seguito di un controllo della Guardia di finanza effettuato nei confronti del professore, medico oculista, Aldo Caporossi (in particolare sulle movimentazioni bancarie), professionista a cui aveva contestato rilevanti evasioni di imposta IRPEF ed IRAP per gli anni dal 2001 al 2006, mediante indagini bancarie estese anche ai familiari, emetteva gli avvisi di accertamento per l’anno 2001 e per l’anno 2002, rispettivamente, n.ri T8V01030221122010 e R6K01030124/2009, per € 373.016,95 e € 268.526,25 a titolo di IRPEF, addizionale regionale, IRAP, addizionale comunale, sanzioni e spese di notifica.

2. Avverso tali avvisi di accertamento, proponeva ricorso il contribuente eccependo di aver definito l’anno 2001 aderendo al condono previsto dall’art. 9 legge 27 dicembre 2002 n. 289, l’inapplicabilità del raddoppio dei termini previsti dall’art. 43, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600 e la parziale infondatezza del recupero fiscale. L’Ufficio, invece, chiedeva la conferma del proprio operato.

3. La C.t.p. di Siena accoglieva il ricorso e dichiarava nullo l’accertamento.

4. L’Agenzia delle Entrate proponeva appello dinanzi la C.t.r. della Toscana deducendo l’applicabilità del raddoppio dei termini per l’accertamento ex art. 43, d.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, in presenza di violazioni costituenti reato in base alla legge 10 marzo 2000 n. 74, la non validità del condono e l’esistenza dei maggiori ricavi imponibili.

Si costituiva il contribuente chiedendo la conferma della sentenza di primo grado.

5. La C.t.r. della Toscana, con sentenza n. 700/1/14, depositata in data 02/04/2014, accoglieva l’appello dell’Ufficio.

La sentenza della C.t.r. è stata impugnata dal contribuente sulla scorta di nove motivi.

Si è costituita in giudizio con controricorso l’Agenzia delle Entrate, chiedendo il rigetto del ricorso.

La causa è stata discussa nella camera di consiglio del 7 giugno 2022, per la quale il contribuente ha depositato memoria.

Considerato che

1.1 Con il primo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. prov. civ. Violazione di legge. Violazione dell’art. 9, comma 10, della legge del 27 dicembre 2002, n. 289 e dell’art. 10, commi 1 e 2, della legge del 27 luglio 2000, n. 212 (cd. Statuto dei diritti del contribuente). Con esso ci si duole dell’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, non si è tenuto conto che era stata presentata, per gli anni 2001 e 2002, una domanda di condono tombale, la quale si sarebbe perfezionata anche a seguito della mancata contestazione specifica da parte dell’ufficio.

1.2 Con il secondo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ. Nullità dell’impugnata sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana per omessa pronuncia, da parte dei giudici di secondo grado, sul motivo di ricorso – ribadito nelle contraddizioni in appello – relativo alla tardività degli avvisi di accertamento de quibus per violazione dell’art. 43, comma primo, del d.P.R. del 29 settembre 1973 n. 600 e degli artt. 9, comma 10, e 10 della legge del 27 dicembre 2002, n. 289. Con esso ci si duole del difetto di motivazione nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non si è pronunciata sul tema della proroga biennale dei termini per l’accertamento prevista dall’art. 10 legge 27 dicembre 2002, n. 289, norma che disponeva una proroga di due anni dei termini per l’accertamento nei confronti di soggetti che non si fossero avvalsi delle forme di condono previsti dagli articoli 7, 8 e 9 della stessa legge, atteso che, non essendo stato il condono contestato, tale circostanza precluderebbe l’applicabilità della invocata proroga.

1.3 Con il terzo motivo di ricorso il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. Violazione di legge. Violazione dell’art. 43, comma primo, del d.P.R. del 29 settembre 1973 n. 600 e degli artt. 9, comma 10, e 10 della legge del 27 dicembre 2002, n. 289.

Con esso ci si duole dell’error in iudicando nella parte in cui non si sia tenuto conto della tardività degli avvisi rispetto al termine ordinario previsto dall’articolo 43 d.P.R. 600/1973.

1.4 Con il quarto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. Violazione di legge. Violazione dell’art. 43, commi primo e terzo, del d.P.R. del 29 settembre 1973 n. 600 e dell’art. 9, comma 10, della legge del 27 dicembre 2002, n. 289. Con esso ci si duole dell’error in iudicando nella parte in cui, in decisione, non si sia tenuto conto dell’adesione al condono il quale, una volta valido e perfezionato, avrebbe dovuto escludere la punibilità per i reati penali e che il reato era comunque prescritto al momento della notizia criminis con conseguente inammissibilità del raddoppio dei termini.

1.5 Con il quinto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 5, cod. proc. civ. Omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti.

Con esso ci si duole del vizio di motivazione nella parte in cui, nella sentenza impugnata, si palesi l’omesso esame di fatti decisivi che sono stati oggetto di discussione tra le parti e che attengono alle giustificazioni addotte sui movimenti bancari contestati.

1.6 Con il sesto motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ. Nullità della sentenza. Violazione dell’art. 116, comma primo, cod. proc. civ. per omessa valutazione di elementi istruttori offerti in entrambi i gradi di merito del presente giudizio. Con esso ci si duole dell’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, non si siano valutati elementi istruttori ossia fatti decisivi che sii ritengono non esaminati con riferimento al quinto motivo

1.7 Con il settimo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. Violazione di legge. Violazione degli artt. 38, comma quinto, e 39, comma primo, lett. d), del d.P.R. del 29 settembre 1973 n. 600. Con esso ci si duole dell’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, in violazione dell’art. 38, quinto comma, e art. 39, primo comma, lett. d), d.P.R. 600/1973, l’ufficio non avrebbe ritenuta presunta la spesa con redditi conseguiti in quote costanti nell’anno in cui è stata effettuata e nei cinque precedenti, viceversa addebitando per intero gli importi nell’anno in cui sono stati versati.

1.8 Con l’ottavo motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 4 cod. proc. civ. Nullità dell’impugnata sentenza della Commissione tributaria della Toscana per omessa pronuncia, da parte dei giudici di secondo grado, sul motivo di ricorso –ribadito nelle contraddizioni in appello – relativo alla nullità dell’impugnato avviso di accertamento per violazione dell’art. 12, comma 7, della legge del 27 luglio 2000, n. 212. Con esso ci si duole dell’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, il giudice di appello non si è pronunciato sulla presunta violazione, per l’anno 2002, dell’art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212 laddove dispone che l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima del termine di 60 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione, salvo casi di particolare motivata urgenza. 1.9 Con il nono motivo di ricorso, il ricorrente denuncia il vizio di cui all’art. 360, comma primo, n. 3, cod. proc. civ. Violazione di legge. Violazione dell’art. 12, comma 7, della legge del 27 luglio 2000, n. 212. Con esso si propone la stessa doglianza di cui all’ottavo motivo sotto il profilo dell’error in iudicando.

2. Tanto premesso, tenuto conto della regola stabilita dall’art. 276, secondo comma, cod. proc. civ. circa l’ordine logico – giuridico di trattazione delle questioni, vanno esaminati ed accolti l’ottavo ed il nono motivo di ricorso, la cui fondatezza assorbe ogni altra questione dibattuta fra le parti. La causa, infatti, può essere decisa sulla base della questione di più agevole soluzione, anche se logicamente subordinata, senza che sia necessario esaminare previamente le altre, imponendosi, secondo l’indirizzo espresso da questa Corte: «a tutela di esigenze di economia processuale e di celerità di giudizio, un approccio interpretativo che comporti la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica e sostituisca il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare ai sensi dell’art. 276 c.p.c.» (Cass. 11/05/2018, n. 11458, Cass.28/05/2014, n. 12002, Cass. S.U. 08/05/2014, n. 9936).

2.1 Con l’ottavo ed il nono motivo di ricorso, il ricorrente lamenta l’error in procedendo e l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, il giudice di appello non si è pronunciato sulla presunta violazione, per l’anno 2002, dell’art. 12, comma 7, legge 27 luglio 2000, n. 212 laddove dispone che l’avviso di accertamento non possa essere emanato prima del termine di 60 giorni dalla notifica del processo verbale di constatazione, salvo casi di particolare motivata urgenza. Fin dal primo grado di giudizio, il contribuente censurava l’avviso di accertamento emesso in relazione a detta annualità deducendo la circostanza oggettiva che esso era basato su un PVC notificato il 27/11/2009 e l’accertamento era stato emesso in data 17/12/2009 e notificato il 19/12/2009 così violando l’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000.

Il dato è pacifico perché è affermato dall’Agenzia delle Entrate a pag. 20 del controricorso allorquando ammette che, per evitare perdite del gettito erariale, sussistono le ragioni di urgenza richieste dalla normativa per non rispettare il termine dei 60 giorni decorrenti dal rilascio del verbale di chiusura delle operazioni di verifica, per l’emanazione dell’avviso di accertamento, ragioni che si asseriscono palesate nel PVC. Pacifico è anche che la C.t.r. abbia del tutto obliterato la relativa pronuncia mentre come è noto, sotto la rubrica « Disposizioni in materia di statuto dei diritti del contribuente» l’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 prevede che, nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza.

Nel caso di specie, l’avviso di accertamento è stato notificato al contribuente a distanza di 23 giorni dalla consegna del PVC su cui lo stesso trovava fondamento. Con un noto arresto (Cass. 05/10/2012, n. 16999), questa Corte ha affermato come deve considerarsi che la Corte costituzionale (Ordinanza 24/07/2009, n. 244) e la Corte medesima (Cass.03/11/2010, n. 22320) hanno puntualizzato che la previsione dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 implica – in applicazione dell’art. 7, comma 1, legge n. 212 del 2000, artt. 3 e 21-septies, legge 7 agosto 1990, n. 241, art. 42, comma 2, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e art. 56 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633 – la sanzione di nullità dell’avviso di accertamento emesso in violazione del termine dilatorio e in assenza di motivazione sull’urgenza che ne ha determinato l’adozione. E ciò, peraltro, senza che al criterio possa derogarsi nel caso che il contribuente presenti osservazioni prima dello spirare del termine previsto dall’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 posto che, ai sensi di tale disposizione, solo con lo spirare di detto termine, si consuma la sua facoltà di esporre osservazioni e richieste all’Ufficio impositore. 3. In conclusione, alla stregua delle considerazioni, che precedono – restando assorbite le ulteriori doglianze – s’impone, decidendo nel merito non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (ex art. 384, secondo comma, cod. proc. civ.), l’accoglimento del ricorso promosso dalla società contribuente con conseguenziale annullamento dell’avviso di accertamento impugnato. Le spese dei gradi di merito sono compensate mentre le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo. Rilevato che risulta soccombente parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura generale, non si applica l’art. 13, comma 1 –quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.

P.Q.M.

La Corte accoglie l’ottavo ed il nono motivo del ricorso, con assorbimento dei restanti motivi, cassa la sentenza impugnata, con conseguenziale annullamento dell’avviso di accertamento impugnato. Compensa le spese dei gradi di merito.

Condanna la Agenzia delle Entrate alla refusione delle spese di lite nei confronti della parte ricorrente che si liquidano in € 8.000,00 oltre ad € 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15% oltre ad IVA e c.p.a. come per legge. Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 7 giugno 2022

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