Welfare aziendale e tassazione dei premi di risultato “ad personam”
Una società operante nel settore energetico chiede se la quota di retribuzione variabile (“Mbo”, Management by Objectives) correlata e quantificata in base al raggiungimento di obiettivi aziendali, convertita dal dipendente in prestazioni di welfare, possa essere esclusa da imposizione ai sensi dell’articolo 51 del DPR 917/1986 (TUIR); precisa, inoltre, che gli Mbo costituiscono piani di incentivazione corrisposti a fronte del
raggiungimento di obiettivi sia collettivi che individuali. Al riguardo, viene precisato il contribuente potrebbe destinare la quota convertibile in welfare a: versamenti volontari integrativi a fondi pensione; spese per attività ricreative ed educative (abbonamenti, palestra, viaggi, ecc.); spese per servizi di educazione e istruzione erogati dalle scuole di ogni ordine e grado (dall’asilo nido all’università), mensa scolastica, centri estivi e invernali, testi scolastici; servizi di assistenza per anziani o persone non autosufficienti (articolo 51, c.2, lettera f-ter); acquisto di abbonamenti per il trasporto pubblico (locale, regionale e interregionale), ecc. Secondo la società, inoltre, l’esclusione dal reddito di lavoro dipendente è legittima anche nel caso in cui i beni e servizi siano erogati a titolo premiale, per gratificare i lavoratori del raggiungimento di un obiettivo aziendale, ritenendo prevalente l’aspetto di fidelizzazione contenuto nella risoluzione 55/E del 2020.
Benefit e deroghe
L’articolo 51 del TUIR stabilisce che costituiscono reddito di lavoro dipendente “tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro”; sia gli emolumenti in denaro, dunque, sia i valori corrispondenti a beni e/o servizi percepiti dal dipendente in relazione al rapporto di lavoro costituiscono, in linea generale, redditi imponibili e concorrono alla determinazione del reddito di lavoro dipendente (principio di onnicomprensività). La norma citata individua deroghe specifiche, elencando opere, servizi, prestazioni e rimborsi spesa che non concorrono a formare la base imponibile o vi concorrono parzialmente, causa anche la circostanza che i benefit previsti non sempre assumono un aspetto strettamente reddituale. Pertanto, come riportato nella risoluzione 55/E del 2020, se tali benefit rispondono a finalità retributive (ad esempio, per incentivare la performance del lavoratore o di specifici gruppi di lavoratori), il regime di totale o parziale esenzione non può essere applicato.
Una disciplina agevolativa
Per i premi di risultato di ammontare variabile, la cui corresponsione sia legata a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza e innovazione, e le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa, la legge di Stabilità 2016 ha previsto un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%, entro l’importo complessivo di 3.000 euro lordi (comma 182). Tale disposizione agevolativa, però, come chiarito dalla circolare n. 28/E del 2016, fa riferimento a dei premi di risultato e degli utili specifici, per cui si applica esclusivamente in presenza delle condizioni stabilite al comma 182 della citata legge di stabilità 2016.
La risoluzione 55/2020
Nel caso in questione, sostiene l’Agenzia nella risposta n. 77/2025, le prestazioni di welfare che la società intende erogare costituiscono parte integrante di un sistema premiale che prevede l’erogazione di premi al raggiungimento di determinati obiettivi, convertibili a scelta del dipendente in alcune tipologie di benefit: la finalità di questo sistema incentivante appare chiaramente quella di incentivare la performance, più che la fidelizzazione del dipendente all’azienda.
Nel richiamare la risoluzione 55/E del 2020 citata dalla società istante, si evidenzia la parte in cui viene chiarito che “(…) Resta fermo che nell’ipotesi in cui il piano welfare fosse alimentato anche da somme costituenti retribuzione fissa o variabile degli aderenti, ovvero la parte di credito welfare non utilizzato si convertisse in denaro, rimarrebbe impregiudicata la rilevanza reddituale dei ”valori” corrispondenti ai servizi offerti agli stessi in base alle ordinarie regole dettate per la determinazione del reddito di lavoro dipendente (…)”. Il sistema incentivante Mbo, con la possibilità di conversione di somme di denaro in alcune tipologie di benefit, come descritto nel quesito, non soddisfa le caratteristiche richieste, non essendo infatti possibile rintracciare tra i beneficiari la caratteristica della “generalità” o della “categoria” di dipendenti; in effetti, prosegue l’Agenzia, i soggetti destinatari del welfare sono dipendenti individuati dalla società per essere assoggettati a valutazione della performance che possono, a determinate condizioni, convertire parte del premio di risultato ottenuto attraverso il raggiungimento di indici di performance, in welfare aziendale. Alla luce delle considerazioni esposte, i fringe benefit del sistema Mbo non rientrano tra quelli previsti dall’articolo 51 del TUIR: essendo destinati a un gruppo ristretto di lavoratori, e non a una generalità o a categorie ben definite, devono essere tassati come redditi di lavoro dipendente.