CASSAZIONE

Verifiche fiscali e contraddittorio preventivo: il Fisco deve specificare quali documenti richiedere

Tributi – Contenzioso tributario – Utilizzabilità documenti non esibiti in fase amministrativa – Richiesta di esibizione fatture di acquisto – Fatture differite – Mancata esibizione relativi documenti di trasporto – Assenza di richiesta esplicita – Ammissibilità in giudizio

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 32207 del 10 dicembre 2019, intervenendo in materia di contraddittorio preventivo ha stabilito che il contribuente può contestare l’accertamento basato sulle fatture differite non prodotte esibendo i documenti di trasporto: ciò in quanto la preclusione all’utilizzo dei documenti non opera per quelli che non siano stati richiesti in maniera specifica.

Pertanto, appare evidente che l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del DPR 600/1973, solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova incombe sull’Amministrazione, costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza.

Brevemente sono da rammentare altre interpretazioni giurisprudenziali, che si sono succedute nel tempo sulla complessa materia che riguarda il contraddittorio preventivo con il contribuente. Gli ultimi anni sono stati connotati da un forte dibattito circa l’obbligatorietà o meno dell’attivazione del contraddittorio preventivo tra contribuenti e Amministrazione finanziaria e, conseguentemente, sugli effetti che il mancato esperimento di tale pratica abbia sugli atti adottati dall’ente impositore.

La tesi ritiene che senza il contraddittorio preventivo l’accertamento rischia di essere illegittimo si è affermata con alcune pronunce delle Sezioni unite, che hanno attribuito alla fase del contraddittorio un ruolo sempre più centrale ai fini della validità dell’atto impositivo.

Le Sezioni unite, con la sentenza 19667/14, hanno ribadito che incombe sugli uffici un generale obbligo di attivare sempre il contraddittorio preventivo rispetto all’adozione di un provvedimento che possa incidere negativamente sui diritti e sugli interessi del contribuente: in caso contrario l’atto è nullo e si tratta di un principio applicabile a qualsiasi procedimento amministrativo tributario, a prescindere del nome dell’atto emesso.

A onor del vero, nella prassi il soggetto controllato è invitato prima dell’emissione dell’avviso di accertamento per giustificare le entrate e le uscite. Ciò nondimeno, l’opinione dell’ufficio in ordine a quanto ritenuto giustificato e quanto sarà poi oggetto di rettifica si scopre solo con il provvedimento; quindi, affinché sia un vero e proprio diritto al contradditorio, e non una mera formalità di consegna di atti, è necessario che esso venga concretamente attivato.

La Cassazione (ordinanza 24739/2013) ha precisato, inoltre, che il contraddittorio deve avere carattere sostanziale e non solo formale, proprio per la funzione di garanzia che deve ricoprire. Gli Ermellini, pertanto, hanno ritenuto che non è possibile considerare “contraddittorio” la mera ricezione di documenti da parte dell’ufficio, pur redigendo a tal fine un verbale di comparizione, chiamato appunto “verbale di contraddittorio”.

Seguendo poi i principi ulteriormente confermati dalle Sezioni unite, il contribuente deve quindi essere informato della pretesa che l’Amministrazione emetterà a suo carico e la mera convocazione per fornire documentazione non potrà di per sé assolvere l’onere di contraddittorio preventivo richiesto.

Un aiuto alla comprensione della vexata quaestio può venire allora dall’ordinanza 27 maggio 2014, n. 11765, nella quale i giudici di Piazza Cavour stabilivano che l’inutilizzabilità dei documenti prodotti tardivamente, prevista dall’art. 32, DPR 600/1973, non può comprimere il diritto di difesa del contribuente: com’è noto, tale disposizione prevede che i dati e i documenti non esibiti o non trasmessi in risposta agli inviti dell’Amministrazione non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente, ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa.

Il contribuente può depositare la documentazione, allegandola al ricorso di primo grado, esclusivamente se dichiara di non aver potuto adempiere prima alle richieste dell’ufficio per cause a lui non imputabili.

Di frequente, tuttavia, il contribuente non riesce a produrre i documenti richiesti nei termini indicati dall’ufficio, vedendosi successivamente contestare la loro utilizzabilità in giudizio. I giudici di legittimità sono intervenuti chiarendo che la disposizione sui documenti prodotti tardivamente deroga ai principi previsti dagli articoli 24 e 53 della Costituzione e che, pertanto, deve essere interpretata in modo da non ledere il diritto di difesa del contribuente, condannandolo a pagamenti non dovuti.

Di conseguenza, l’impossibilità di esibire la documentazione richiesta in sede amministrativa non comporta automaticamente l’inutilizzabilità di tali documenti in sede contenziosa. Anche la stessa Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 25/E del 6 agosto 2014, nel dettare disposizioni su accertamento, prevenzione e contrasto all’evasione, ha rilevato l’importanza del rapporto con il contribuente che “nell’ambito dell’attività di controllo, si declina attraverso la partecipazione del cittadino al procedimento di accertamento mediante il contraddittorio, sia nella fase istruttoria sia nell’ambito degli istituti definitori della pretesa tributaria”.

In questo quadro generale, in attesa che si esplichino le novità introdotte con l’articolo 4-octies del decreto-legge 30 aprile 2019, n. 34 (conv. con mod., dalla legge 28 giugno 2019, n. 58), che introduce per gli avvisi di accertamento emessi dal 1° luglio 2020  un nuovo obbligo per l’Amministrazione finanziaria – che sarà tenuta ad avviare, necessariamente e nei casi espressamente previsti, un contraddittorio con il contribuente per definire in via amministrativa la pretesa tributaria – appare dunque evidente che ad oggi  la preclusione alla produzione in giudizio di documenti non esibiti in sede di contraddittorio preventivo deve essere quindi interpretata in senso restrittivo e, come riportato dalla Suprema Corte con ulteriori pronunzie, la n. 27069/ 2016 e in particolare la n. 10670/2018 – dove il Fisco aveva invitato il contribuente a giustificarsi nel contraddittorio, ma non lo aveva informato dei rischi della mancata ottemperanza all’invito – occorre innanzitutto una specifica e puntuale richiesta dell’ufficio del documento, con l’avviso che l’omissione comporta l’inutilizzabilità dello stesso in sede contenziosa.

Tanto premesso, e tornando al caso in esame, le Entrate notificavano un questionario a una S.r.l. chiedendo, tra l’altro, l’esibizione di n. 21 fatture di acquisto di merci, con l’avviso che la mancata produzione avrebbe comportato l’inammissibilità di tali documenti nell’eventuale futura sede contenziosa.

La soc. contribuente adempiva a quanto richiesto, ma l’Agenzia le notificava un avviso di accertamento per l’anno 2004 a mezzo del quale ricostruiva i ricavi della società tenendo anche conto della mancata produzione, da parte della stessa, dei documenti di trasporto relativi alle fatture oggetto del questionario.

L’atto veniva impugnato e la CTP accoglieva il ricorso.  

La decisione veniva ribaltata in appello, dove la CTR evidenziava che l’operato dell’ufficio era da considerarsi privo di difetti. Da qui il ricorso in Cassazione, dove la società in fondo ribadiva che l’ufficio avesse richiesto solo le fatture e non anche i documenti di trasporto ad esse collegati, con la conseguenza che tali documenti erano producibili in giudizio e utilizzabili per contrastare la pretesa erariale.

La tesi difensiva e i documenti prodotti dalla società contribuente hanno convinto la Suprema Corte, che ha osservato: “… Invero, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova incombe sull’Amministrazione, costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza (Cass., 27 dicembre 2016, n. 27069; Cass., 10670/2018). Nella specie, non è contestato che vi sia stato l’ordine di esibizione in relazione alle fatture di acquisto e che vi sia stato anche l’avvertimento in ordine alla mancata ottemperanza. Tuttavia, si ritiene (Cass., 2 dicembre 2015, n. 24503; Cass., 11 agosto 2016, n. 16960) che la dichiarazione del contribuente di non possedere libri, registri, scritture e documenti, specificamente richiestigli dall’Amministrazione finanziaria nel corso di un accesso, preclude, a norma dell’art. 52, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, la valutazione degli stessi in suo favore in sede amministrativa o contenziosa e rende legittimo l’accertamento induttivo, a condizione che sia, da un lato, non veritiera e, dall’altro, cosciente e volontaria e, cioè, dolosa, diretta ad impedire l’ispezione documentale (Cass., 9 novembre 2016, n. 22743; Cass., Sez.Un., 25 febbraio 2000, n. 45), mentre, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata e sistematica, il contribuente può sempre contrastare efficacemente i risultati dell’accertamento induttivo con la produzione in giudizio dei documenti che non era stato in grado di esibire in precedenza per causa a lui non imputabile (forza maggiore, fatto del terzo, caso fortuito).

Per questa Corte, a sezioni unite, infatti, a norma dell’articolo 52, quinto comma del d.P.R. n. 633 del 1972, perché la dichiarazione, resa dal contribuente nel corso di un accesso, di non possedere libri, registri, scritture e documenti (compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sia obbligatoria) richiestigli in esibizione determini la preclusione a che gli stessi possano essere presi in considerazione a suo favore ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, occorre: la sua non veridicità o, più in generale, il suo concretarsi – in quanto diretta ad impedire l’ispezione del documento – in un sostanziale rifiuto di esibizione, accertabile con qualunque mezzo di prova e anche attraverso presunzioni; la coscienza e la volontà della dichiarazione stessa; il dolo, costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell’accesso, possa essere effettuata l’ispezione del documento; pertanto non integrano i presupposti applicativi della preclusione le dichiarazioni (il cui contenuto corrisponda al vero) dell’indisponibilità del documento, non solo se la questa sia ascrivibile a caso fortuito o forza maggiore, ma anche se imputabile a colpa, quale ad esempio la negligenza e imperizia nella custodia e conservazione (Cass., sez.un., 25 febbraio 2000, n. 45; Cass., n. 8645/2019; Cass., 21 marzo 2018, n. 7011; Cass., 8 marzo 2017, n. 5914). Occorre, dunque, una puntuale richiesta dei documenti da parte della amministrazione accompagnata dall’avvertimento in ordine alle conseguenze della mancata ottemperanza (Cass., n. 10670/18).

12.2. Nella specie, però è pacifico che l’amministrazione abbia chiesto esclusivamente le fatture di acquisto, ma non ha espressamente chiesto anche la produzione dei documenti di trasporto. Né può valere la circostanza che, trattandosi di fatture “differite” di cui all’art. 21 comma 4 d.p.r. 633/1972, che recano dunque l’indicazione al loro interno dei documenti di trasporto, l’ordine di esibizione era riferito anche a questi ultimi.

Invero, il divieto di utilizzazione dei documenti non prodotti va letto alla luce del principio di collaborazione e buona fede (in senso oggettivo), espressamente enunciato nell’art. 10 della legge 212/2000, gravante su entrambe le parti, nel corso del procedimento amministrativo. Pertanto, da un lato, l’Amministrazione procedente deve formulare una richiesta di informazioni e documenti specifica ed adeguata al caso concreto, mentre dall’altro, il contribuente deve assumere un comportamento collaborativo e trasparente, anch’esso rispettoso dei canoni di correttezza e diligenza (Cass., 7011/2018; Cass., 8539/14; Cass., sez.un., 45/2000). Infatti, l’inottemperanza del contribuente a seguito dell’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, ex art. 32, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, comporta l’inutilizzabilità in sede amministrativa e processuale solo dei documenti espressamente richiesti dall’Ufficio, in quanto detta disposizione normativa deve essere interpretata in coerenza con il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e con il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. (Cass., 22 giugno 2018, n. 16548).

Pertanto, l’Amministrazione avrebbe dovuto chiedere in modo specifico e puntuale anche la produzione dei documenti di trasporto oltre che delle fatture, non potendosi arguire dalla richiesta di produzione delle sole fatture che, trattandosi di fatture “differite”, l’ordine di esibizione doveva intendersi esteso anche ai documenti di trasporto, necessariamente indicati in tale tipologie di fatture.

13. I motivi quarto, quinto, sesto, settimo ed ottavo di ricorso sono assorbiti, stante l’accoglimento dei primi tre motivi di impugnazione; sicché il giudice del rinvio dovrà procedere ad una nuova valutazione degli elementi istruttori, tenendo conto dei documenti di trasporto prodotti dalla contribuente nel giudizio di primo grado. 14. Il nono motivo è fondato. Invero, il giudice di appello, pur avendo accolto integralmente l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate su entrambe le contestazioni (la prima relativa alle n. 21 fatture di acquisto merci non corredate dai relativi documenti di trasporto; la seconda relativa agli 8 cantieri realizzati con merci che però non risultavano presenti tra le rimanenze finali al 31 dicembre 2004), ha omesso del tutto di fornire la giustificazione della fondatezza del gravame della Agenzia delle entrate in relazione a tale secondo rilievo (ossia con riferimento agli 8 cantieri). 15.La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, che si atterrà anche al seguente principio di diritto: 1. “in tema di accertamento tributario, l’inottemperanza del contribuente, a seguito dell’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 32 comma 4 d.p.r. 600/1973, comporta l’inutilizzabilità, in sede amministrativa e contenziosa, solo dei documenti espressamente richiesti dall’Ufficio, sicché la richiesta di fatture “differite” ai sensi dell’art. 21 comma 4 d.p.r. 633/1972, non si estende ai documenti di trasporto, pure indicati nelle stesse, essendo necessario un ordine specifico in tal senso”, e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità”.

Corte di Cassazione – Sentenza 10 dicembre 2019, n. 32207

Sul ricorso iscritto al n. 24316/2012 R.G. proposto da

D. A. s.r.I., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Marco Annecchino, elettivamente domiciliata presso il suo studio in Roma, Via Cassiodoro n. 1/a, giusta procura speciale a margine del ricorso

– ricorrente –

contro Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore pro-tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 è domiciliata

– controricorrente –

avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Campania, n. 107/17/2012 depositata il 29 marzo 2012.

Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 ottobre 2019 dal Consigliere Luigi D’Orazio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott.ssa Immacolata Zeno, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione, assorbito il terzo motivo, con il rigetto dei motivi settimo e ottavo

udito l’Avv. Marco Annecchino, per la società ricorrente e l’ Avv. Salvatore Foraci per l’Avvocatura Generale dello Stato

Fatti di causa

1. L’Agenzia delle Entrate emetteva avviso di accertamento nei confronti della D.A. S.r.l., per l’anno 2004, sulla base della documentazione esibita dalla società in risposta al questionario, con ricostruzione dei ricavi, tenendo conto sia della mancata esibizione dei documenti di trasporto in relazione a n. 21 fatture di acquisto di merci, con indicazione della sola città di riferimento, con maggiori ricavi per € 142.757,00, sia in relazione alla esistenza di 8 cantieri, effettivamente aperti ed individuati, per i quali non vi erano fatture, in quanto realizzati con merci non presenti tra le rimanenze finali al 31-12-2004, con maggiori ricavi per € 34.525,00.

2. La società nel ricorso deduceva che l’Ufficio non aveva mai fatto richiesta dei documenti di trasporto e che gli 8 cantieri erano stati regolarmente denunciati.

3. La Commissione tributaria regionale della Campania accoglieva l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Benevento, che aveva accolto il ricorso della società, in quanto l’Agenzia delle entrate aveva chiesto l’esibizione solo delle fatture di acquisto e delle schede contabili, sicché non vi era stata alcuna richiesta dei documenti di trasporto. Le bolle di accompagnamento prodotte dalla società, quindi, indicavano i cantieri destinatari delle forniture. Quanto agli 8 cantieri, anch’essi destinatari di merce acquistata dalla società, gli stessi erano identificabili perché siti in località attigue alla città di Benevento. Per il giudice di appello, invece, trattandosi di fatture “differite” di cui all’art. 21, comma 4, d.p.r. 633/1972, era necessario indicare data e numero dei documenti di trasporto, sicché l’ordine di esibizione delle fatture di acquisto coinvolgeva anche i documenti di trasporto da esse richiamate. Le dichiarazioni sostitutive rese dal legale rappresentante della ditta fornitrice, per indicare il cantiere di Benevento, non avevano alcuna efficacia in sede giurisdizionale. La destinazione al cantiere R. di Benevento per le fatture da 13 a 696 non era certa, in quanto in alcuni casi vi erano altre destinazioni.

4. Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione la società, depositando anche memoria scritta.

5. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Ragioni della decisione

1. Con il primo motivo di impugnazione la società deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 32, commi 4 e 5, del D.P.R. n. 600/1973, nonché degli artt. 21 e 52, comma 5, del d.p.r. 633/1072, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”in quanto il giudice di appello ha affermato che, trattandosi di fatture “differite”, per le quali occorreva indicare data e numero del documento di trasporto, la richiesta di esibizione da parte dell’Ufficio “coinvolgeva” anche i documenti di trasporto richiamati nelle fatture. Tuttavia, l’ufficio non ha mai richiesto, in maniera diretta ed esplicita, l’esibizione dei documenti di trasporto.

L’indicazione di data e numero dei documenti di trasporto nelle fatture “differite”, prevista dall’art. 21 comma 4 del d.p.r. 633/1972, non comporta che la richiesta dell’esibizione delle fatture di acquisto, ai sensi dell’art. 32, commi 4 e 5 del d.p.r. 600/1973, mediante questionario fiscale, debba comprendere anche i documenti di trasporto da esse richiamate, in assenza di una espressa richiesta dell’Ufficio.

2. Con il secondo motivo di impugnazione la ricorrente lamenta “violazione e falsa applicazione dell’art. 10 della legge 212/2000, in relazione all’art. 360, n. 3 c.p.c.”, in quanto il giudice di appello, nel consentire all’Amministrazione finanziaria di estendere la portata delle richieste documentali anche ad atti non esplicitamente richiesti, viola l’art. 10 della legge 212/2000, che impone che i rapporti tra contribuente ed amministrazione siano improntati al principio di collaborazione e buona fede. Tra l’altro la contestazione della mancata esibizione dei documenti di trasporto è avvenuta solo in secondo grado.

3. Con il terzo motivo di impugnazione la ricorrente si duole della “violazione e falsa applicazione dell’art. 57 del d.lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.”, in quanto l’eccezione di inutilizzabilità dei documenti è stata sollevata dall’Ufficio solo in sede di appello, quindi in violazione dell’art. 57 d.lgs. 546/1992, trattandosi di eccezione nuova, relativa alla tardività della produzione documentale.

4. Con il quarto motivo di impugnazione la ricorrente deduce “violazione e falsa applicazione dell’art. 7 del d.lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c”, in quanto il giudice di appello ha escluso l’efficacia probatoria delle dichiarazioni rese da terzi, mentre per la giurisprudenza di legittimità tali dichiarazioni hanno, comunque, valore indiziario.

5. Con il quinto motivo di impugnazione la ricorrente si duole della “omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio” (art. 360 n. 5 c. p.c.)”, in quanto il giudice di appello avrebbe dovuto tenere conto delle dichiarazioni rese da Domenico Romano, riportate integralmente nel ricorso per cassazione, da considerarsi come elementi indiziari a sostegno delle ragioni della contribuente.

6. Con il sesto motivo di impugnazione la ricorrente lamenta “insufficiente e omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.)”, in quanto il giudice di appello si è limitato ad affermare che “dall’analisi puntuale e dettagliata dei documenti di trasporto esibiti” emerge che “in alcuni casi” i documenti di trasporto richiamavano luoghi di destinazione generici o località diverse site nel comune di Benevento, mentre in altri casi mancava il documento di trasporto. Tale motivazione è, quindi, generica, in quanto non identifica esattamente quali e quanti sono i casi di cui sopra.

7. Con il settimo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “insufficiente e omessa motivazione circa fatti controversi e decisivi per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.)”, in quanto nell’atto di appello l’Ufficio contesta la decisione di prime cure in relazione alle fatture dal n. 13 al n. 696 emesse dalla Ben.Con fornitrice di calcestruzzo, poiché in tale decisione si era stabilito che era chiara la destinazione di tali forniture, attraverso i documenti di trasporto, al cantiere R. di Benevento. Nel gravame l’Agenzia delle entrate indica i documenti che il giudice di primo grado non aveva ben compreso, e segnatamente i documenti di trasporto correlati alle fatture di acquisto nn. 223, 315, 538, 570, che recavano l’indicazione come luogo di destinazione del Comune di Benevento, 365, che indicava come destinazione Pacevecchia, 486, con documenti di trasporto non allegato, 604 con destinazione San Nicola Manfredi. L’errore del giudice di primo grado avrebbe, dunque, riguardato solo n. 7 fatture sulle 21 contestate dall’Ufficio. Il giudice di appello, però, in accoglimento dell’appello proposto dalla Agenzia delle entrate, ha confermato integralmente l’avviso di accertamento, quindi ha ritenuto che vi fossero rilievi dell’Ufficio, non solo per le 7 fatture di cui sopra, ma per tutte le 21 fatture di acquisto. La Commissione regionale, però, in motivazione non si sofferma su tutte le 21 fatture, mentre, avendo riformato in toto la sentenza di prime cure, avrebbe dovuto valutare tutte le 21 fatture.

8. Con l’ottavo motivo di impugnazione la ricorrente deduce “nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.”, in quanto, mentre l’Agenzia, con l’atto di appello, ha contestato le valutazioni del primo giudice solo su 7 fatture di acquisto (223, 315, 538, 570, 365, 486 e 604), il giudice di appello ha riformato la decisione con riferimento a tutte le fatture, incorrendo nel vizio di ultra petizione in violazione dell’art. 112 c.p.c..

9. Con il nono motivo di impugnazione la ricorrente lamenta “omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio (art. 360 n. 5 c.p.c.)”, in quanto la contestazione della Agenzia delle entrate riguardava due distinte riprese a tassazione: la prima riguardante le 21 fatture di acquisto merci, non corredate dai relativi documenti di trasporto; la seconda in relazione a n. 8 cantieri “dettagliatamente indicati”, presso i quali sarebbero state portate merci per un importo di € 34.525,00, che però non risultavano presenti tra le rimanenze finali al 31-12-2004, né i relativi cantieri risultavano tra quelli indicati sulle fatture da emettere alla stessa data. Il giudice di primo grado aveva accolto le censure mosse dal ricorrente ad entrambi i rilievi, annullando per intero l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle entrate ha impugnato la sentenza sotto entrambi i profili. Il giudice di appello, pur accogliendo il gravame della Agenzia delle entrate, ha omesso del tutto di fare menzione delle merci relative agli 8 cantieri.

10. I motivi primo, secondo e terzo, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione, sono fondati, nei limiti di cui in motivazione.

10.1. Invero, costituiscono dati pacifici e incontestati che l’Agenzia delle entrate ha inviato un questionario alla D.A. s.r.l., che la richiesta di esibizione da parte dell’Agenzia ha riguardato le fatture di acquisto delle merci, ma non espressamente i documenti di trasporto. I documenti di trasporto sono stati prodotti dalla società solo in sede di giudizio di primo grado, ma non in sede amministrativa nel termine concesso dagli organi di accertamento, munito dell’avvertimento della impossibilità di produzione successiva in sede sia amministrativa che giudiziale.

La questione, dunque, si incentra sulla “estensione” dell’ordine di esibizione relativo alle fatture di acquisto delle merci, anche ai documenti di trasporto, che risultavano indicati nelle fatture.

Infatti, ai sensi dell’art. 21 comma 4 d.p.r. 633/1972, lettera a, in relazione alle “fatture differite”, si prevede che “la fattura è emessa al momento dell’effettuazione dell’operazione determinata a norma dell’art. 6….in deroga a quanto previsto nel primo periodo:a) per le cessioni di beni la cui consegna o spedizione risulta da documenti di trasporto o da altro documento idoneo a identificare i soggetti tra i quali è effettuata l’operazione ed avente le caratteristiche determinate con d.p.r. 472/1996…può essere emessa una sola fattura, recante il dettaglio delle operazioni, entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione delle medesime”.

Ai sensi dell’art. 1 del d.p.r. 14.8.1996, n. 472, “Con effetto dalla data di entrata in vigore del presente regolamento cessano di avere efficacia, fatta eccezione per quanto riguarda la circolazione dei tabacchi e dei fiammiferi, nonché dei prodotti sottoposti al regime delle accise, ad imposte di consumo od al regime di vigilanza fiscale di cui agli articoli 21, 27 e 62 del testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni penali e amministrative, approvato con decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, le disposizioni riguardanti l’obbligo di emissione del documento di accompagnamento dei beni viaggianti contenute nel decreto del Presidente della Repubblica 6 ottobre 1978, n. 627”.

Si prevede, inoltre, all’art. 1 comma 3, dello stesso d.p.r., che “Il documento previsto dall’art. 21, quarto comma, secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, contiene l’indicazione della data, delle generalità del cedente, del cessionario e dell’eventuale incaricato del trasporto, nonché la descrizione della natura, della qualità e della quantità dei beni ceduti”.

Si evidenzia, dunque, che la formazione di un documento di trasporto da cui risultino la data, il cedente, il cessionario e il trasportatore, nonché la natura, qualità e quantità dei beni, pur non essendo obbligatoria ai sensi dell’art. 1 d.p.r. 472/1996, almeno per le operazioni nazionali, consente di differire l’emissione della fattura ai sensi dell’art. 21 comma 4 d.p.r. 633/1972.

10.2. Occorre ora stabilire se l’ordine di esibire le fatture ai sensi dell’art. 32 comma 4 d.p.r. 600/1973, impartito dall’Amministrazione, ricomprendesse o meno anche la produzione dei documenti di trasporto, trattandosi di fatture differite ai sensi dell’art. 21 comma 4 d.p.r. 633/1972.

11. Anzitutto, deve essere esaminata l’eccezione sollevata dalla contribuente, per cui l’Agenzia delle entrate avrebbe dovuto eccepire l’inutilizzabilità dei documenti, perché prodotti tardivamente (solo in sede di giudizio, e non nel termine concesso nella fase amministrativa dalla Guardia di Finanza), nel giudizio di primo grado e non, per la prima volta, in sede di appello.

11.1. Tale eccezione è infondata.

11. 2. Invero, per questa Corte l’omessa o intempestiva esibizione da parte del contribuente di dati e documenti in sede amministrativa è sanzionata con la preclusione processuale della loro allegazione e produzione in giudizio, che prevale rispetto all’art. 58, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 e che non può ritenersi sanata ove l’Amministrazione finanziaria non sollevi la relativa eccezione in sede di udienza di discussione della causa, atteso il carattere perentorio del termine di cui all’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, sottratto alla disponibilità delle parti (Cass., 9 novembre 2016, n. 22745).

11. 3.Va anche aggiunto che le norme che prevedono preclusioni assertive ed istruttorie nel processo civile sono preordinate a tutelare interessi generali e la loro violazione è sempre rilevabile d’ufficio, anche in presenza di acquiescenza della parte legittimata a dolersene (Cass., sez. 3, 26 giugno 2018, n. 16800). Allo stesso modo il giudice tributario ha il potere-dovere di accertare d’ufficio la tempestività della produzione di nuovi documenti e di dichiarare d’ufficio l’inammissibilità delle produzioni tardive (Cass., 8 luglio 2016, n. 14074, anche se nel vigore del vecchio art. 36 d.p.r. n. 636 del 1972).

12. Una volta stabilito che l’Agenzia delle entrate ben poteva sollevare in appello l’eccezione di inutilizzabilità dei documenti (di trasporto) prodotti in prime cure dalla società, deve valutarsi la fondatezza di tale eccezione.

12.1. Invero, l’omessa esibizione da parte del contribuente dei documenti in sede amministrativa determina l’inutilizzabilità della successiva produzione in sede contenziosa, prevista dall’art. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973, solo in presenza dello specifico presupposto, la cui prova incombe sull’Amministrazione, costituito dall’invito specifico e puntuale all’esibizione, accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della sua mancata ottemperanza (Cass., 27 dicembre 2016, n. 27069; Cass., 10670/2018).

Nella specie, non è contestato che vi sia stato l’ordine di esibizione in relazione alle fatture di acquisto e che vi sia stato anche l’avvertimento in ordine alla mancata ottemperanza.

Tuttavia, si ritiene (Cass., 2 dicembre 2015, n. 24503; Cass., 11 agosto 2016, n. 16960) che la dichiarazione del contribuente di non possedere libri, registri, scritture e documenti, specificamente richiestigli dall’Amministrazione finanziaria nel corso di un accesso, preclude, a norma dell’art. 52, comma 5, del d.P.R. n. 633 del 1972, la valutazione degli stessi in suo favore in sede amministrativa o contenziosa e rende legittimo l’accertamento induttivo, a condizione che sia, da un lato, non veritiera e, dall’altro, cosciente e volontaria e, cioè, dolosa, diretta ad impedire l’ispezione documentale (Cass., 9 novembre 2016, n. 22743; Cass., Sez.Un., 25 febbraio 2000, n. 45), mentre, secondo un’interpretazione costituzionalmente orientata e sistematica, il contribuente può sempre contrastare efficacemente i risultati dell’accertamento induttivo con la produzione in giudizio dei documenti che non era stato in grado di esibire in precedenza per causa a lui non imputabile (forza maggiore, fatto del terzo, caso fortuito).

Per questa Corte, a sezioni unite, infatti, a norma dell’articolo 52, quinto comma del d.P.R. n. 633 del 1972, perché la dichiarazione, resa dal contribuente nel corso di un accesso, di non possedere libri, registri, scritture e documenti (compresi quelli la cui tenuta e conservazione non sia obbligatoria) richiestigli in esibizione determini la preclusione a che gli stessi possano essere presi in considerazione a suo favore ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa, occorre: la sua non veridicità o, più in generale, il suo concretarsi – in quanto diretta ad impedire l’ispezione del documento – in un sostanziale rifiuto di esibizione, accertabile con qualunque mezzo di prova e anche attraverso presunzioni; la coscienza e la volontà della dichiarazione stessa; il dolo, costituito dalla volontà del contribuente di impedire che, nel corso dell’accesso, possa essere effettuata l’ispezione del documento; pertanto non integrano i presupposti applicativi della preclusione le dichiarazioni (il cui contenuto corrisponda al vero) dell’indisponibilità del documento, non solo se la questa sia ascrivibile a caso fortuito o forza maggiore, ma anche se imputabile a colpa, quale ad esempio la negligenza e imperizia nella custodia e conservazione (Cass., sez.un., 25 febbraio 2000, n. 45; Cass., n. 8645/2019; Cass., 21 marzo 2018, n. 7011; Cass., 8 marzo 2017, n. 5914).

Occorre, dunque, una puntuale richiesta dei documenti da parte della amministrazione accompagnata dall’avvertimento in ordine alle conseguenze della mancata ottemperanza (Cass., n. 10670/18).

12.2. Nella specie, però è pacifico che l’amministrazione abbia chiesto esclusivamente le fatture di acquisto, ma non ha espressamente chiesto anche la produzione dei documenti di trasporto. Né può valere la circostanza che, trattandosi di fatture “differite” di cui all’art. 21 comma 4 d.p.r. 633/1972, che recano dunque l’indicazione al loro interno dei documenti di trasporto, l’ordine di esibizione era riferito anche a questi ultimi.

Invero, il divieto di utilizzazione dei documenti non prodotti va letto alla luce del principio di collaborazione e buona fede (in senso oggettivo), espressamente enunciato nell’art. 10 della legge 212/2000, gravante su entrambe le parti, nel corso del procedimento amministrativo. Pertanto, da un lato, l’Amministrazione procedente deve formulare una richiesta di informazioni e documenti specifica ed adeguata al caso concreto, mentre dall’altro, il contribuente deve assumere un comportamento collaborativo e trasparente, anch’esso rispettoso dei canoni di correttezza e diligenza (Cass., 7011/2018; Cass., 8539/14; Cass., sez.un., 45/2000).

Infatti, l’inottemperanza del contribuente a seguito dell’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, ex art. 32, comma 4, del d.P.R. n. 600 del 1973, comporta l’inutilizzabilità in sede amministrativa e processuale solo dei documenti espressamente richiesti dall’Ufficio, in quanto detta disposizione normativa deve essere interpretata in coerenza con il diritto di difesa sancito dall’art. 24 Cost. e con il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost. (Cass., 22 giugno 2018, n. 16548).

Pertanto, l’Amministrazione avrebbe dovuto chiedere in modo specifico e puntuale anche la produzione dei documenti di trasporto oltre che delle fatture, non potendosi arguire dalla richiesta di produzione delle sole fatture che, trattandosi di fatture “differite”, l’ordine di esibizione doveva intendersi esteso anche ai documenti di trasporto, necessariamente indicati in tale tipologie di fatture.

13. I motivi quarto, quinto, sesto, settimo ed ottavo di ricorso sono assorbiti, stante l’accoglimento dei primi tre motivi di impugnazione; sicché il giudice del rinvio dovrà procedere ad una nuova valutazione degli elementi istruttori, tenendo conto dei documenti di trasporto prodotti dalla contribuente nel giudizio di primo grado.

14. Il nono motivo è fondato.

Invero, il giudice di appello, pur avendo accolto integralmente l’appello proposto dalla Agenzia delle entrate su entrambe le contestazioni (la prima relativa alle n. 21 fatture di acquisto merci non corredate dai relativi documenti di trasporto; la seconda relativa agli 8 cantieri realizzati con merci che però non risultavano presenti tra le rimanenze finali al 31 dicembre 2004), ha omesso del tutto di fornire la giustificazione della fondatezza del gravame della Agenzia delle entrate in relazione a tale secondo rilievo (ossia con riferimento agli 8 cantieri).

15.La sentenza impugnata deve, quindi, essere cassata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, che si atterrà anche al seguente principio di diritto: 1. “in tema di accertamento tributario, l’inottemperanza del contribuente, a seguito dell’invio del questionario da parte dell’Amministrazione finanziaria, ai sensi dell’art. 32 comma 4 d.p.r. 600/1973, comporta l’inutilizzabilità, in sede amministrativa e contenziosa, solo dei documenti espressamente richiesti dall’Ufficio, sicché la richiesta di fatture “differite” ai sensi dell’art. 21 comma 4 d.p.r. 633/1972, non si estende ai documenti di trasporto, pure indicati nelle stesse, essendo necessario un ordine specifico in tal senso”, e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie i motivi primo, secondo, terzo e nono; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata, in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria regionale della Campania, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del 23 ottobre 2019

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