CASSAZIONE

Vendita on line e obblighi fiscali per le società residenti

Con una sentenza del 2014 la Corte di Cassazione ha deciso che non è possibile, per le società che operano in Italia attraverso piattaforme on line localizzate all’estero, accertare la sussistenza della residenza fiscale in Italia, anche se i clienti dei servizi prestati

sono italiani e l’attività viene svolta in Italia a seguito di una concessione rilasciata dallo Stato italiano.

Malta

Il caso considerato dalla Cassazione vede coinvolta una società di diritto maltese per la quale era stato ipotizzato il reato di omessa dichiarazione – ai sensi dell’art. 5 del D.Lgs. n. 74/2000 – in quanto, benché l’attività di giochi on line venisse gestita da una piattaforma web situata a Malta, dove inoltre si trovava anche la sede legale della società, era stata accertata la residenza nel nostro Paese a causa dell’oggetto sociale, ubicato in Italia.

Gli Ermellini, accogliendo la tesi sostenuta dalla difesa, hanno ritenuto che “…Peraltro, appare esservi stata una erronea applicazione anche delle norme internazionali contro le doppie imposizioni applicabili al caso di specie. Va invero considerato il ‘Modello di Convenzione sulla doppia imposizione sul reddito e sul patrimonio’ adottato dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) proprio per regolare a livello internazionale il fenomeno della cosiddetta doppia imposizione”.

Per evitare una doppia tassazione

Le convenzioni internazionali contro la doppia imposizione sono uno strumento di politica internazionale tributaria che serve proprio a evitare il fenomeno per cui lo stesso reddito venga assoggettato due volte a tassazione in due diversi Stati e rappresentano il risultato di un accordo tra due Paesi per disciplinare, sulla base del principio di reciprocità, la sovranità tributaria di entrambi.

Le convenzioni, che regolano infatti i rapporti tributari tra i soggetti che agiscono negli Stati firmatari della convenzione, hanno l’obiettivo di evitare la tassazione del reddito conseguito nel Paese in cui questo viene prodotto e in quello di residenza del soggetto che lo ha prodotto (persona fisica o giuridica che sia) e a prevenire l’evasione e l’elusione fiscale eliminando le doppie esenzioni.

Di solito questi accordi internazionali sono redatti sulla base di un apposito modello di convenzione elaborato in ambito OCSE, che viene aggiornato periodicamente, al quale l’Italia fa riferimento per regolamentare i propri accordi con i Paesi comunitari ed extracomunitari.

Possono riguardare le imposte sul reddito e, alle volte, anche alcuni elementi del patrimonio.

Come avviene per le convenzioni internazionali, anche quelle contro la doppia imposizione hanno un valore superiore a quello della norma nazionale e sono previsti dei casi in cui prevalgono su quest’ultima: il giudice tributario, in situazioni di questo tipo, è tenuto a disapplicare la legge interna per applicare quanto previsto dalla convenzione.

La “direzione effettiva”

In particolare, per ridurre la nascita e la proliferazione di fenomeni di doppia residenza (dual residence) ed evitare, di conseguenza, una doppia imposizione fiscale, l’art. 4 della Convenzione prevede che la persona giuridica si debba considerare residente solo nello Stato in cui è localizzata la sede di direzione effettiva dell’ente. E in base a quanto si legge nel Commentario all’art. 4 della Convenzione OCSE, si deve considerare come direzione effettiva il posto dove vengono eseguite le decisioni chiave per quanto riguarda la conduzione dell’attività societaria sotto il profilo manageriale e commerciale e, quindi, il luogo in cui la persona o il gruppo di persone (ad esempio, il consiglio direttivo) con la maggiore anzianità prende le proprie decisioni: in pratica, il posto dove sono determinate le iniziative che l’ente dovrà adottare.

Il criterio della sede di direzione effettiva, dunque, costituisce lo strumento da utilizzare per risolvere eventuali e potenziali ostilità tra diversi ordinamenti tributari e quindi per individuare l’unico Stato nel quale fissare la residenza fiscale.

I criteri e i principi stabiliti nella Convenzione OCSE hanno rappresentato la base per la negoziazione e la stesura degli accordi internazionali sulla doppia imposizione stipulati tra gli Stati membri dell’Organizzazione, diventando così le regole vincolanti per i Paesi firmatari, sulla base dei principi del diritto internazionale.

Per quanto riguarda la normativa nazionale, l’art. 75 del DPR n. 600/1973 stabilisce che nell’applicazione delle disposizioni relative alle imposte sui redditi sono fatti salvi gli accordi internazionali resi esecutivi in Italia, mentre l’art. 169 del DPR n. 917/1986 (TUIR) prevede che la deroga agli accordi internazionali è ammessa solo ed esclusivamente per il caso in cui le norme nazionali dovessero rivelarsi più favorevoli.

La sentenza è di grande attualità e importanza nell’odierno panorama economico, contraddistinto da attività e servizi on line che in pratica interessano qualunque tipo di attività, per i quali spesso capita che la localizzazione della piattaforma tecnologica per esercitare l’attività sia localizzata in Paesi a bassa fiscalità. E, considerata la situazione attuale, appare prevedibile che prima o poi la giurisprudenza, sia italiana che comunitaria, deciderà di prendere in considerazione la questione relativa alla “localizzazione della piattaforma tecnologica”.

Nel caso della sentenza del 2014, a Malta si trovavano la sede legale, quella amministrativa e anche – come stabilito dalla Suprema Corte – l’oggetto principale dell’attività, circostanza che ha in qualche modo agevolato la decisione degli Ermellini.

Fonte: http://www.eutekne.info


DPR n. 917/1986 – TUIR Art. 169 Accordi internazionali

  1. Le disposizioni del presente testo unico si applicano, se più favorevoli al contribuente, anche in deroga agli accordi internazionali contro la doppia imposizione.

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