ECONOMIA FISCALITA

Utilizzo del contante e riciclaggio, i dati del Mef

Lo scorso 12 giugno il Comitato di sicurezza finanziaria (CSF) ha pubblicato l’aggiornamento dell’Analisi nazionale sui rischi di riciclaggio e finanziamento del terrorismo, con i dati relativi al periodo 2014-2018.

Nel Comitato di Sicurezza Finanziaria sono rappresentati, oltre a quello dell’Economia e delle finanze, i Ministeri dell’Interno, della Giustizia, degli Affari esteri, dello Sviluppo economico, la Banca d’Italia, la Commissione nazionale per le società e la borsa, l’Istituto per la Vigilanza sulle Assicurazioni, l’Unità di informazione finanziaria, la Guardia di finanza, la Direzione investigativa antimafia, l’Arma dei Carabinieri, la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, l’Agenzia Dogane e Monopoli.

L’analisi è stata condotta da un gruppo di lavoro composto dalle Autorità partecipanti al CSF, da altre Amministrazioni con competenze specifiche e con la collaborazione dell’Istat, degli Ordini professionali e delle Associazioni private rappresentative delle categorie interessate.

Le informazioni sono contenute in un comunicato stampa del Mef. L’analisi si prefigge un duplice obiettivo: la valutazione del livello di rischio riciclaggio e di finanziamento del terrorismo in Italia e la valutazione dell’efficacia del regime antiriciclaggio e di contrasto del finanziamento del terrorismo. Per quanto concerne il terrorismo, l’individuazione dei flussi finanziari destinati al suo finanziamento risulta particolarmente complessa, poiché si tratta di valori esigui e con origine tipicamente lecita. L’analisi valuta, inoltre, l’efficacia del nostro sistema in termini di prevenzione, repressione e investigazione del fenomeno del riciclaggio di denaro per fini illeciti: risulta che “il sistema Italia”, nel suo complesso, fermi restando la presenza di rischi rilevati, è considerato capace di rispondere ai rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo.

Grazie alle modifiche normative effettuate dopo la prima Analisi nazionale dei rischi del 2014, anche a livello internazionale i presidi di prevenzione e repressione italiani sono riconosciuti “pienamente adeguati e ulteriormente rafforzati”. Come per la precedente rilevazione, in Italia la valutazione del rischio riciclaggio risulta “molto significativa”, visto che siamo nel gradino più alto della scala a 4 valori adottata; per quanto riguarda invece il finanziamento del terrorismo (di matrice nazionale e internazionale), il rischio è “abbastanza significativo” (valore 3 su 4).

La sintesi dell’analisi è disponibile sul sito del Dipartimento del Tesoro.

L’analisi

Viene effettuata un’analisi settoriale per ciascuna categoria di destinatari della disciplina antiriciclaggio: intermediari finanziari, professionisti e operatori non finanziari. Pur partendo dai dati e dalle informazioni disponibili, la valutazione è stata praticamente l’esito di un’analisi qualitativa e della convergenza dei giudizi delle Autorità partecipanti verso un parere condiviso, che si basa su dati e informazioni riferibili al periodo 2014-2018 ed è sviluppato su scale di quattro valori. Rispetto alla precedente valutazione, il modello di vigilanza e le attività di supervisione ora  tengono conto del relativo profilo di rischio anche in relazione alla natura, alle dimensioni e al tipo di attività svolta dai soggetti vigilati, per cui gli intermediari vigilati non sono più classificati in relazione alle dimensioni, ma alla rischiosità della loro operatività determinata sulla base di un sistema di indicatori statistici.

Riciclaggio

La valutazione deriva da fattori dei quali è permeato il sistema economico, come l’utilizzo ancora molto frequente di denaro contante, l’economia sommersa e le attività illegali, come lo spaccio di droga, il contrabbando di sigarette e la prostituzione. Per quella che tecnicamente è definita “economia non osservata”, l’Analisi si basa sui dati Istat del Report 2018, secondo i quali l’ammontare, nel 2016, arrivava alla spaventosa cifra di 210 miliardi di euro, equivalente al 12,4% del Pil. Il valore aggiunto generato dall’economia sommersa è di circa 192 miliardi di euro, quello connesso alle attività illegali di quasi 18 miliardi. L’uso del contante risulta ancora molto diffuso e continua a presentare un significativo fattore di rischio per il riciclaggio e l’evasione fiscale e, in relazione al riciclaggio, queste criticità accrescono la minaccia che proventi di reato, anche se non precisamente definiti, siano reinseriti nel circuito economico-finanziario.

Il denaro contante

Per quanto riguarda l’uso del contante, in Europa non esiste un divieto uniforme al di sopra di limiti predefiniti e la normativa in molti Paesi è assente, mentre in altri è differenziata. Un organismo europeo, il Supra National Risk Assessment, ha evidenziato che nei Paesi dove esiste un limite legale le debolezze legate alle transazioni con un elevato uso del contante sono maggiormente attenuate dal divieto di utilizzo eccedente tale limite; in questi Paesi i controlli mirati e la predisposizione di indicatori di anomalia permettono ai soggetti obbligati di inviare segnalazioni di operazioni sospette più precise e particolareggiate alle Financial Intelligence Unit, il che assicura una maggiore efficacia nel ridurre l’alto rischio legato al contante.

Nell’Eurozona, nel 2016 sono state eseguite 129 miliardi di transazioni in contanti, in maniera più significativa prevalentemente nei Paesi del Sud Europa, ma anche in Germania, Austria e Slovenia; in termini di valore delle transazioni, i Paesi con la percentuale più alta sono Cipro, Malta e la Grecia, seguiti dall’Italia, la Spagna e l’Austria.

Tra gli obiettivi dichiarati dell’Eurosistema troviamo quello di contrastare gli utilizzi illeciti del contante per finalità di riciclaggio, e in tale ambito si inserisce la decisione di sospendere l’emissione del taglio da 500 euro da gennaio 2019.

In Italia

Nel 2016 la Banca Centrale Europea ha eseguito un accurato studio presso punti vendita dell’Area euro per stimare il valore e il volume dei pagamenti in contanti rispetto agli altri strumenti di pagamento. Riguardo al campione di soggetti residenti in Italia, è emerso che nel 2016 il contante è stato lo strumento più utilizzato nei punti vendita, con l’86% delle transazioni regolato in contanti rispetto al 79% registrato nell’Area euro. In relazione alla distribuzione territoriale delle transazioni, l’elaborazione dei dati effettuata direttamente dalla Banca d’Italia ha evidenziato che il contante è lo strumento più utilizzato per le operazioni presso i punti vendita in tutte le Regioni italiane, anche se con differenze importanti. Il contante è risultato meno utilizzato al Nord e più diffuso al Centro e al Sud: le percentuali “più basse” di transazioni si sono avute in Lombardia (81%), Sardegna (82%) e Toscana (82%), mentre quelle più alte in Calabria (94%), Abruzzo, Molise e Campania (91%).

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