CASSAZIONE

Una società in fase di start up che non supera il test di operatività non può considerarsi di comodo

La Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 12829 del 22 maggio 2017, intervenendo per un accertamento IVA verso una società in fase di start up che risultava “non operativa”, ha ritenuto che lo specifico Status di non operatività risultante dall’applicazione dei parametri non è permanente, ma va accertato ogni anno. In altre parole, basta il fatto di essere una start up per far decadere l’assolvimento dell’onere di contro-provare la presunzione legale di non operatività.

I giudici hanno però ricordato che se una società in fase di start up non supera il test di operatività, non può per questo automaticamente considerarsi “di comodo”, perché una società può essere non operativa anche nell’anno successivo con la conseguenza, ai fini del divieto di rimborso posto dall’art. 3, comma 45, della L. 662/1996, che il calcolo effettuato in base ai parametri legislativi relativi alla dichiarazione di un solo anno è insufficiente a dedurre l’assoluta non operatività della società o la sua non operatività per il periodo oggetto della parametrazione.

Per questi motivi la verifica dello status di società non operativa necessita dell’effettuazione del test di operatività di cui al comma 1 dell’art. 30 della legge n. 724/1994, per riscontrare se nell’ultimo anno la media dei ricavi effettivi, sia almeno pari al valore determinato mediante applicazione, alla media triennale dei valori attribuibili agli asset patrimoniali specificamente previsti dal citato comma 1, art. 30, delle percentuali ivi indicate, i cosiddetti ricavi presunti.

Peraltro, la Corte precisa che in materia di società di comodo i parametri previsti dall’art. 30 della legge n. 724/1994, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35, DL n. 223/2006, convertito nella legge n. 248/2006, sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali e un livello minimo di ricavi e proventi, “il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, spettando poi al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche e indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto” (Sez. 5, Sentenza n. 21358 del 21/10/2015).

Pertanto, la decisione presa precedentemente dalla CTR risulta pienamente conforme al principio di diritto sopra espresso, mentre censura la valutazione data dai giudici d’appello perché “… Il giudice tributario di appello non ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto e quindi della disposizione legislativa in oggetto, negando validità agli argomenti fattuali contro probatori proposti dalla società contribuente con una valutazione meritale del tutto sommaria, apodittica ed incompleta. In particolare la CTR non ha in alcun modo considerato la fase di start up nella quale si trovava ancora la società contribuente, allegata quale principale difesa da parte della medesima. Ne deriva palesemente la “falsa applicazione” della disposizione antielusiva de qua, cui dovrà pertanto porre rimedio il giudice del rinvio. Con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente di duole di un’ulteriore violazione dell’art. 30, comma 4 bis, legge 724/1994, poiché la CTR ha affermato la decisività del mancato raggiungimento dei limiti di ‘operatività’ per un solo anno di imposta. La censura è infondata. Va infatti ribadito che «In tema di imposta sul valore aggiunto (IVA), lo “status” di società non operativa risultante dall’applicazione dei parametri previsti dall’art. 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, non è permanente, ma va accertato anno per anno, ben potendo una società essere non operativa in un determinato esercizio sociale ed operativa in quello successivo, con la conseguenza, ai fini del divieto di rimborso posto dal comma 45 dell’art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che il calcolo effettuato in base ai parametri legislativi relativi alla dichiarazione di un solo anno è insufficiente a dedurre l’assoluta non operatività della società o la sua non operatività per il periodo oggetto della parametrazione» (Sez. 5, Sentenza n. 20702 del 01/10/2014, Rv. 632512 – 01). La sentenza impugnata è tutt’affatto difforme da tale principio di diritto, posto appunto che ha valutato la “non operatività” della società contribuente non con riferimento ad un’ altra annualità fiscale, bensì proprio a quella oggetto della verifica, limitando a ciò il suo giudizio di merito e perciò concretamente attuando il principio di diritto stesso. La dedotta violazione di legge pertanto non è sussistente. Peraltro va precisato che la massima citata non sta a significare che la verifica della “non operatività” di una società implichi che tale riscontro negativo debba essere necessariamente pluriennale, come capziosamente sostiene in memoria la ricorrente, bensì che tale accertamento -”anno per anno”- qualora esiti negativamente per un anno non si estende per sé solo ad altre annualità e quindi non implica l’attribuzione conseguenzialmente “automatica” della natura di “società di comodo” al soggetto imprenditoriale verificato. In altri termini la giurisprudenza citata è nel senso che l’accertata “non operatività” per un anno rimane limitata a quell’anno e che dunque il test di “operatività” e le relative controprove vanno riferite ad ogni singola annualità fiscale oggetto di verifica”.

 

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza 22 maggio 2017, n. 12829

Rilevato che:

Con sentenza in data 22 ottobre 2015 la Commissione tributaria regionale della Campania, sezione distaccata di Salerno, respingeva l’appello proposto da Artemisia H srl avverso la sentenza n. 8/8/13 della Commissione tributaria provinciale di Salerno che ne aveva respinto il ricorso contro l’avviso di accertamento IRES 2006. La CTR osservava in particolare che la società ricorrente non aveva assolto al proprio onere di contro provare alla presunzione legale di “non operatività” derivante dall’art. 30, comma 1, legge 724/1994.

Avverso la decisione ha proposto ricorso per cassazione la società contribuente deducendo due motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle entrate.

La ricorrente ha presentato memoria.

Considerato che:

Con il primo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente lamenta violazione dell’art. 30, comma 4 bis, legge 724/1994 e dell’ art. 41, Cost, poiché la CTR non ha adeguatamente considerato le ragioni di difesa che aveva proposto a fronte della presunzione legale di cui alla prima disposizione legislativa.

La censura è fondata.

Vi è anzitutto da ribadire che «In materia di società di comodo, i parametri previsti dall’art. 30 della legge n. 724 del 1994, nel testo risultante dalle modifiche apportate dall’art. 35 del d.l. n. 223 del 2006, convertito nella legge n. 248 del 2006, sono fondati sulla correlazione tra il valore di determinati beni patrimoniali ed un livello minimo di ricavi e proventi, il cui mancato raggiungimento costituisce elemento sintomatico della natura non operativa della società, spettando, poi, al contribuente fornire la prova contraria e dimostrare l’esistenza di situazioni oggettive e straordinarie, specifiche ed indipendenti dalla sua volontà, che abbiano impedito il raggiungimento della soglia di operatività e di reddito minimo presunto» (Sez. 5, Sentenza n. 21358 del 21/10/2015, Rv. 636908 – 01).

Il giudice tributario di appello non ha fatto corretta applicazione di tale principio di diritto e quindi della disposizione legislativa in oggetto, negando validità agli argomenti fattuali contro probatori proposti dalla società contribuente con una valutazione meritale del tutto sommaria, apodittica ed incompleta. In particolare la CTR non ha in alcun modo considerato la fase di start up nella quale si trovava ancora la società contribuente, allegata quale principale difesa da parte della medesima. Ne deriva palesemente la “falsa applicazione” della disposizione antielusiva de qua, cui dovrà pertanto porre rimedio il giudice del rinvio. Con il secondo motivo -ex art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.- la ricorrente di duole di un’ulteriore violazione dell’art. 30, comma 4 bis, legge 724/1994, poiché la CTR ha affermato la decisività del mancato raggiungimento dei limiti di “operatività” per un solo anno di imposta. La censura è infondata.

Va infatti ribadito che «In tema di imposta sul valore aggiunto (IVA), lo “status” di società non operativa risultante dall’applicazione dei parametri previsti dall’art. 30, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, non è permanente, ma va accertato anno per anno, ben potendo una società essere non operativa in un determinato esercizio sociale ed operativa in quello successivo, con la conseguenza, ai fini del divieto di rimborso posto dal comma 45 dell’art. 3 della legge 23 dicembre 1996, n. 662, che il calcolo effettuato in base ai parametri legislativi relativi alla dichiarazione di un solo anno è insufficiente a dedurre l’assoluta non operatività della società o la sua non operatività per il periodo oggetto della parametrazione» (Sez. 5, Sentenza n. 20702 del 01/10/2014, Rv. 632512 – 01).

La sentenza impugnata è tutt’affatto difforme da tale principio di diritto, posto appunto che ha valutato la “non operatività” della società contribuente non con riferimento ad un’ altra annualità fiscale, bensì proprio a quella oggetto della verifica, limitando a ciò il suo giudizio di merito e perciò concretamente attuando il principio di diritto stesso.

La dedotta violazione di legge pertanto non è sussistente.

Peraltro va precisato che la massima citata non sta a significare che la verifica della “non operatività” di una società implichi che tale riscontro negativo debba essere necessariamente pluriennale, come capziosamente sostiene in memoria la ricorrente, bensì che tale accertamento -”anno per anno”- qualora esiti negativamente per un anno non si estende per sé solo ad altre annualità e quindi non implica l’attribuzione conseguenzialmente “automatica” della natura di “società di comodo” al soggetto imprenditoriale verificato.

In altri termini la giurisprudenza citata è nel senso che l’accertata “non operatività” per un anno rimane limitata a quell’anno e che dunque il test di “operatività” e le relative controprove vanno riferite ad ogni singola annualità fiscale oggetto di verifica.

La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione al primo motivo, rigettato il secondo, con rinvio al giudice a quo per nuovo esame.

PQM

La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, rigetta il secondo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Commissione tributaria regionale della Campania, sezione distaccata di Salerno, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

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