Trasporto e consegna dei pasti a domicilio, quale aliquota IVA
Un Comune gestisce l’appalto del servizio di consegna pasti a domicilio in favore di cittadini in possesso delle caratteristiche previste dal regolamento comunale, e rappresenta che la ditta appaltatrice del servizio di fornitura dei pasti applica l’IVA nella misura del 10%, e che il servizio di consegna a domicilio viene effettuata da una diversa ditta appaltatrice.
Il Comune evidenzia che in materia di applicazione dell’IVA al servizio di consegna dei pasti, più volte dibattuto, si è espressa l’Amministrazione finanziaria e che la legge di bilancio per il 2021 (n. 178/2020), ha assoggettato all’aliquota del 10% “le cessioni di piatti pronti e di pasti che siano stati cotti, arrostiti, fritti o altrimenti preparati in vista della loro consegna a domicilio o asporto allineandoli alla stessa aliquota prevista per la preparazione degli stessi”.
A tale riguardo il Comune chiede chiarimenti in merito alla corretta individuazione dell’aliquota IVA applicabile al servizio di consegna dei pasti a domicilio e, in particolare, se questo debba essere equiparato all’aliquota del servizio di preparazione degli alimenti.
Normativa e prassi Ue
La direttiva 112/2006 prevede, in generale, che ogni cessione di beni o prestazione di servizi deve essere normalmente considerata distinta e indipendente e, come tale, valutata separatamente dal punto di vista dell’IVA. Secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia Ue, nel caso di “prestazione unica” sul piano economico, l’operazione non deve essere artificialmente scomposta per non alterare la funzionalità del sistema dell’IVA.
Si è in presenza di una prestazione unica quando le prestazioni e/o cessioni, pur formalmente distinte e suscettibili di essere eseguite separatamente, non sono tra loro indipendenti in quanto così strettamente connesse da formare, oggettivamente, una sola prestazione economica, la cui scomposizione avrebbe carattere artificiale (sentenza causa C251/05 del 2006). La stessa Corte di Giustizia precisa, inoltre, che una prestazione deve essere considerata accessoria a una prestazione principale quando “non costituisce per la clientela un fine a sé stante, ma il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore” (tra le altre, sentenze: 18 gennaio 2018, causa C463/16; 8 dicembre 2016, causa C208/15; 16 aprile 2015, causa C42/14).
Le prestazioni accessorie
L’articolo 12 del DPR 633/1972 stabilisce che le altre cessioni o prestazioni accessorie a una cessione di beni o a una prestazione di servizi, effettuati direttamente dal cedente o prestatore ovvero per suo conto e a sue spese, non sono soggette autonomamente all’imposta nei rapporti tra le parti dell’operazione principale.
Nella risposta 9/2023 l’Agenzia delle entrate evidenzia che in diversi documenti di prassi, in linea con i principi della giurisprudenza unionale, è stato chiarito che per non assoggettare autonomamente a IVA una cessione o una prestazione di servizi accessoria è necessario che l’operazione secondaria sia effettuata in presenza di determinate condizioni (risposte n. 163/2020 e 52/2022; risoluzioni 283/ 2009, 337/ 2008 e altre). Nello specifico, è stato precisato che possono qualificarsi accessorie, ai fini IVA, unicamente le operazioni che: integrano, completano e rendono possibile la prestazione principale; sono rese direttamente dallo stesso soggetto dell’operazione principale; sono rese nei confronti del medesimo soggetto (cessionario e/o committente) nei cui confronti viene effettuata l’operazione principale.
Riguardo al presupposto oggettivo, una cessione di beni o una prestazione di servizi risulta accessoria a un’operazione principale quando la integra, completa e rende possibile: non è dunque sufficiente una generica utilità della prestazione accessoria all’attività principale, bisogna che la prima formi un tutt’uno con l’operazione principale (risposta n. 306/ 2020, risoluzioni 25/2021e 88/2001).
Il capitolato d’appalto
Nel caso prospettato la società che effettua il servizio di consegna dei pasti a domicilio è diversa da quella appaltatrice del servizio di fornitura: in base a quanto previsto nel capitolato d’appalto, infatti, il suo compito è unicamente quello di prelevare gli alimenti cotti, trasportarli e consegnarli presso il domicilio delle persone beneficiarie, un servizio ben distinto da quello della loro fornitura, ossia della preparazione, cottura e confezionamento. In sostanza, si tratta di due soggetti che svolgono attività diverse, che non risultano essere connesse in maniera indissolubile tra di loro.
Alla luce di quanto esposto, dunque, l’Agenzia ritiene che il servizio di trasporto e consegna non possa considerarsi accessorio a quello di fornitura pasti ed essere equiparato al medesimo trattamento IVA, per cui dovrà essere assoggettato a un’aliquota differente.