ECONOMIA

Transfer pricing: Mef, consultazione pubblica e contributi degli operatori

La scorso 21 marzo si è conclusa la consultazione pubblica intrapresa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze riguardo alle bozze di documenti elaborati da un gruppo di lavoro composto dal Dipartimento Finanze del Mef, Agenzia delle Entrate e Guardia di Finanza in materia di prezzi di trasferimento, materia complessa che coinvolge in maniera importante le attività dei gruppi multinazionali, in relazione all’attuazione della nuova disciplina introdotta dal decreto legge 50/2017 (art. 59), convertito dalla legge 96/2017.

Sono stati molteplici i contributi forniti da studi legali e tributari, gruppi multinazionali, società di consulenza e associazioni di categoria, che hanno fornito suggerimenti, valutazioni e spunti di riflessione, in un clima di generale apprezzamento del metodo di confronto utilizzato dal Ministero.

Tra gli operatori che hanno partecipato con commenti e proposte segnaliamo: ABI, American Chamber of Commerce in Italy, Associazione Italiana Dottori Commercialisti, Confindustria, Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti e degli Esperti Contabili, Grande Stevens Studio Legale Associato, Tremonti Romagnoli Piccardi e Associati.

Oggetto della consultazione sono state le linee guida per l’applicazione del nuovo criterio di determinazione dei prezzi di trasferimento nelle operazioni intercompany, che (art. 9 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni) non fa più riferimento al valore normale (art. 9, comma 3 del TUIR), ma al principio di libera concorrenza. È stata anche esaminata la possibilità che i gruppi multinazionali che subiscono rettifiche in aumento a seguito di contestazioni sul transfer pricing in un altro Stato fiscalmente collaborativo, subiscano la riduzione del reddito imponibile in Italia saltando la procedura amichevole.

I commenti sono disponibili online sul sito istituzionale del Ministero.

 

L’art. 110 del TUIR

Il transfer pricing identifica il procedimento atto a individuare il prezzo appropriato – transfer price – nel trasferimento della proprietà di beni/servizi/intangibili attraverso operazioni infragruppo e trova applicazione nel determinare il valore normale dei prezzi o dei profitti relativi a operazioni tra due imprese collegate residenti in Paesi a fiscalità diverse (cross-border). Poiché la disciplina dei prezzi di trasferimento è orientata a scongiurare l’erosione della base imponibile nazionale e ad assicurare una corretta ripartizione della pretesa impositiva tra Stati, il transfer pricing interessa le autorità fiscali a prescindere dal livello di tassazione effettiva in vigore nei Paesi in cui sono residenti o localizzate le imprese del gruppo coinvolte.

In Italia la normativa che regola il transfer pricing è contenuta nell’art. 110, comma 7, del TUIR, in base al quale sono fiscalmente irrilevanti gli scostamenti di prezzo che non trovano ragionevole giustificazione nelle dinamiche del mercato.

La nuova formulazione dell’art. 110 del TUIR – il cui comma 7 è stato sostituito dal comma 1 dell’art. 59, Dl 50/2017 – introduce il principio di libera concorrenza (arm’s length principle) al posto del riferimento al criterio del valore normale e amplia le ipotesi di riconoscimento delle variazioni in diminuzione del reddito imponibile: la nuova disposizione stabilisce, infatti, che la determinazione dei prezzi di trasferimento deve avvenire “sulla base delle condizioni e dei prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili”, in luogo del riferimento al principio del “valore normale” previsto dalla precedente formulazione. L’art. 9, comma 3, del TUIR definisce come valore normale (ora sostituito) “il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per i beni e i servizi della stessa specie o similari, in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui i beni o servizi sono stati acquisiti o prestati, e, in mancanza, nel tempo e nel luogo più prossimi”, che deve essere determinato facendo riferimento “in quanto possibile, ai listini o alle tariffe del soggetto che ha fornito i beni o i servizi e, in mancanza, alle mercuriali e ai listini delle camere di commercio e alle tariffe professionali, tenendo conto degli sconti d’uso”.

 

I tre documenti

Tra i contributi forniti dagli operatori ci sono stati anche quelli sui metodi per la determinazione dei prezzi di trasferimento, oltre alla necessità di chiarimenti e valutazioni da fornire sulla disciplina della procedura di rettifica in diminuzione dell’imponibile sulla base di una rettifica definitiva nello Stato estero.

In attesa dell’incontro pubblico con gli operatori intervenuti, che si terrà nel mese di maggio, i documenti oggetto di valutazione, osservazioni, suggerimenti ed eventuali proposte sono stati i seguenti:

– lo schema di decreto ministeriale, richiamato dal comma 7 dell’art. 110 del TUIR, che individua elementi utili per l’applicazione delle nuove norme in linea con le previsioni dell’art. 9 del Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni e delle Linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento;

– lo schema di provvedimento direttoriale delle Entrate previsto dall’art. 31-quater del DPR 600/1973;

– la traduzione in lingua italiana delle parti rilevanti delle linee guida OCSE sui prezzi di trasferimento, ai fini di una più agevole lettura.

Il primo dei tre documenti sarà illustrato in questo numero.

 

Ambito di applicazione e definizioni nello schema di DM

In questa sede andiamo a riassumere brevemente i punti salienti contenuti nello schema di DM, che per quanto concerne l’ambito di applicazione, tenendo conto delle migliori pratiche internazionali, fornisce le linee guida per l’applicazione delle disposizioni contenute nell’art. 110, comma 7, del TUIR, “ai fini del rispetto del principio di libera concorrenza ivi contenuto”.

Vengono poi elencate una serie di definizioni, tra le quali quella di “imprese associate”, intendendo l’impresa residente nel territorio dello Stato e le società non residenti nel momento in cui: 1) una di esse partecipa direttamente o indirettamente nella gestione, nel controllo o nel capitale dell’altra, oppure 2) la stessa persona o più persone partecipano direttamente o indirettamente nella gestione nel controllo o nel capitale di entrambe le imprese. Si definisce, poi, “partecipazione nella gestione, nel controllo o nel capitale”: a) la partecipazione che una persona o un’impresa detiene, direttamente o indirettamente, per oltre il 50% nel capitale di un’altra impresa; oppure b) l’influenza dominante che una persona o un’impresa ha sulle decisioni commerciali o finanziarie di un’altra impresa.

Sono “imprese indipendenti” quelle che non sono qualificabili come imprese associate.

E’ una “operazione controllata” qualsiasi operazione di natura commerciale o finanziaria tra imprese associate, “accuratamente individuata e delineata sulla base dell’effettivo comportamento tenuto dalle parti, anche se divergente da pattuizioni contrattuali espresse o in assenza delle stesse”. Mentre una “operazione non controllata” è qualsiasi operazione di natura commerciale o finanziaria tra imprese indipendenti.

Sono infine definiti “indicatori finanziari”: il prezzo, il rapporto tra il margine di profitto, lordo o netto, e un’appropriata base di commisurazione a seconda delle circostanze del caso (inclusi i costi, i ricavi delle vendite e le attività), e la percentuale di ripartizione di utili o perdite.

 

La nozione di comparabilità

Ai fini dell’applicazione delle disposizioni del comma 7 dell’art. 110 del TUIR, un’operazione non controllata si considera comparabile a una controllata quando:

  1. a) non sussistono differenze significative nelle relative condizioni tali da incidere in maniera rilevante sull’indicatore finanziario utilizzabile in applicazione del metodo più appropriato;
  2. b) in presenza delle differenze indicate alla lettera a), sia possibile effettuare in modo accurato rettifiche di comparabilità alle condizioni dell’operazione non controllata, in modo da eliminare gli effetti di tali differenze ai fini della comparazione.

Per stabilire se due o più operazioni siano comparabili tra loro, si devono considerare gli elementi economicamente rilevanti delle stesse, o fattori di comparabilità, comprese: a) le condizioni contrattuali delle operazioni; b) le funzioni svolte da ogni impresa in relazione alle operazioni, tenendo conto dei beni utilizzati e dei rischi assunti; c) le caratteristiche dei beni ceduti e dei servizi prestati; d) le circostanze economiche delle parti e le condizioni di mercato in cui operano; e) le strategie aziendali perseguite dalle parti.

 

Metodi per la determinazione dei prezzi di trasferimento

Nell’art. 4 dello schema di DM si legge che la valorizzazione di un’operazione controllata in base al principio di libera concorrenza è determinata applicando il metodo più appropriato alle circostanze del caso. Ad eccezione di un caso particolare (previsto dal comma 5), il metodo più appropriato deve essere selezionato fra i 5 indicati al comma 2 dello stesso art. 4, tenendo però conto dei seguenti criteri: i punti di forza e di debolezza di ciascun metodo a seconda delle circostanze del caso; l’’adeguatezza del metodo in considerazione della natura e delle caratteristiche dell’operazione controllata, come ricavate dall’analisi delle funzioni svolte da ciascuna impresa nell’operazione controllata, tenendo conto dei beni utilizzati e dei rischi assunti; la disponibilità di informazioni affidabili, soprattutto in relazione a operazioni non controllate comparabili; il grado di comparabilità tra l’operazione controllata e quella non controllata, considerando anche l’affidabilità di eventuali rettifiche di comparabilità necessarie per eliminare gli effetti delle differenze tra le operazioni in questione.

Il comma 2 sopra citato prevede che i metodi per la determinazione dei prezzi di trasferimento conformi al principio di libera concorrenza sono i seguenti:

  1. a) il metodo del confronto di prezzo, che si basa sul confronto tra il prezzo praticato nella cessione di beni o nelle prestazioni di servizi resi in un’operazione controllata con il prezzo praticato in operazioni non controllate comparabili;
  2. b) il metodo del prezzo di rivendita, basato sul confronto tra il margine lordo che un acquirente in un’operazione controllata realizza nella successiva rivendita in un’operazione non controllata con il margine lordo realizzato in operazioni non controllate comparabili;
  3. c) il metodo del costo maggiorato, basato sul confronto tra il margine lordo realizzato sui costi direttamente e indirettamente sostenuti in un’operazione controllata con il margine lordo realizzato in operazioni non controllate comparabili;
  4. d) il metodo del margine netto della transazione, impostato sul confronto tra il rapporto tra margine netto e una base di commisurazione appropriata, rappresentata, a seconda delle circostanze, da costi, ricavi o attività, realizzato da un’impresa in un’operazione controllata e il rapporto tra il margine netto e la stessa base realizzato in operazioni non controllate comparabili;
  5. e) il metodo transazionale di ripartizione degli utili, basato sull’attribuzione a ciascuna impresa associata che partecipa a un’operazione controllata della quota di utile o di perdita, derivante da tale operazione, determinata in base alla ripartizione che sarebbe stata concordata in operazioni non controllate comparabili.

 

 

 

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