Tassazione di atti giudiziari in cui è parte un’amministrazione dello Stato
Sono stati posti all’Agenzia delle Entrate alcuni quesiti riguardanti la corretta tassazione, ai fini dell’imposta di registro, di atti giudiziari emessi a conclusione di procedimenti, instaurati tra una pluralità di soggetti, ai sensi dell’art. 103 c.p.c. (litisconsorzio facoltativo) per la tutela di un diritto loro spettante nei confronti di un’amministrazione dello Stato.
Per la registrazione delle sentenze in cui è parte una Amministrazione dello Stato si applica quanto previsto dall’art. 59, comma 1, del DPR n. 131/1986 (TUR) che, alla lett. a) stabilisce la registrazione a debito, cioè senza il contemporaneo versamento delle imposte dovute, per le sentenze, i provvedimenti e gli atti in cui è parte, appunto, una amministrazione dello Stato.
I dubbi interpretativi rappresentati, riguardano, in particolare, la corretta applicazione dell’istituto della prenotazione a debito (art. 59, comma 1, lett. a, del TUR), nell’ipotesi in cui i procedimenti si concludano con la compensazione delle spese di giudizio. In proposito viene chiesto se, nel caso in cui il cancelliere proceda alla richiesta di registrazione della sentenza con prenotazione a debito, ai sensi dell’articolo 10 del TUR, le parti diverse dall’amministrazione dello Stato siano tenute al versamento dell’intera imposta, solo della metà o della quota di compensazione.
Tenuto conto, inoltre, che nei procedimenti in questione ciascuno dei partecipanti al litisconsorzio facoltativo è titolare di un rapporto giuridico autonomo e distinto rispetto a quello degli altri, si chiede: 1) se le parti processuali diverse dall’amministrazione dello Stato debbano rispondere solidalmente del pagamento dell’imposta dovuta per la registrazione della sentenza; 2) se ciascuno di essi debba rispondere esclusivamente dell’imposta relativa alla propria posizione giuridica.
In relazione al primo quesito, nella risoluzione n. 95/E del 19 novembre 2015 l’Agenzia ricorda che, in linea generale, per la registrazione delle sentenze relative a procedimenti in cui è parte un’amministrazione statale rileva la previsione dettata dal citato art. 59, comma 1, lett. a), del TUR, che stabilisce che si registrano a debito, ovvero senza contemporaneo pagamento dell’imposta, “le sentenze, i provvedimenti e gli atti che occorrono nei procedimenti contenziosi nei quali sono interessate le amministrazioni dello Stato…”.
Per l’applicazione di tale disposizione si deve tener conto di quanto previsto dal DPR 115/2002, il Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia, che all’art. 158 stabilisce, al comma 1, che “Nel processo in cui è parte l’amministrazione pubblica sono prenotati a debito, se a carico dell’amministrazione:(…); c) l’imposta di registro ai sensi dell’articolo 59, comma 1, lettere a) e b), del decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, nel processo civile e amministrativo; (…)”. Le spese prenotate a debito, ai sensi del comma 3 dell’art. 158, sono recuperate dall’amministrazione, insieme alle altre spese anticipate, in caso di condanna dell’altra parte alla rifusione delle spese in proprio favore.
Il successivo art. 159 stabilisce, inoltre, che, nel caso in cui la sentenza disponga la compensazione delle spese di giudizio “…se la registrazione è chiesta dall’amministrazione, l’imposta di registro della sentenza è prenotata a debito, per la metà o per la quota di compensazione, ed è pagata per il rimanente dall’altra parte; se la registrazione è chiesta dalla parte diversa dall’amministrazione, nel proprio interesse o per uno degli usi previsti dalla legge, l’imposta di registro della sentenza è pagata per intero dalla stessa parte”.
Dal quadro normativo descritto emerge che, nell’ipotesi di procedimenti nei quali è parte un’amministrazione statale che si concludano con la compensazione delle spese giudiziarie, l’imposta di registro è prenotata a debito per la metà o per la quota di compensazione, mentre il residuo dell’imposta va corrisposta dall’altra parte processuale. Tale principio si applica anche nel caso in cui provveda alla richiesta di registrazione, ai sensi dell’art. 10, lettera c), del TUR, il cancelliere che, dunque, nei casi in questione, richiede la prenotazione a debito per la metà o per la quota di compensazione dell’imposta di registro. La quota residua di imposta dovrà, quindi, essere corrisposta dall’altra parte processuale.
Se la parte privata non si attiva spontaneamente per il pagamento della propria quota dell’imposta di registro, il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate procederà alla notifica dei relativi avvisi nei confronti dei soggetti interessati.
In proposito, nella risoluzione si precisa che, anche se la prenotazione a debito sia richiesta esclusivamente per la metà o per la quota di compensazione dell’imposta dovuta per la registrazione della sentenza, il competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate procede, comunque, alla registrazione della sentenza stessa, ai sensi dell’art. 60 del TUR.
Ne consegue che devono dunque ritenersi superati i chiarimenti forniti con la risoluzione n. 450 del 2008 nella parte in cui si afferma che “…qualora la parte privata non si attivi spontaneamente per il pagamento della propria quota di imposta di registro, il competente Ufficio dell’Agenzia delle entrate procede alla liquidazione dell’imposta dovuta, previa sospensione della registrazione della stessa sentenza …”.
Per quanto riguarda, poi, il quesito relativo all’applicazione del principio di solidarietà passiva dell’imposta di registro, nel caso in cui gli attori diversi dallo Stato, partecipanti al giudizio nell’ambito di una procedura di litisconsorzio facoltativo, siano titolari di rapporti giuridici autonomi e distinti rispetto a quello degli altri attori, l’Agenzia sottolinea che, ai sensi dell’art. 57 del TUR, sono obbligati in solido al pagamento dell’imposta di registro “…le parti contraenti, le parti in causa, coloro che hanno sottoscritto o avrebbero dovuto sottoscrivere le denunce di cui agli articoli 12 e 19 e coloro che hanno richiesto i provvedimenti di cui agli articoli 633, 796, 800 e 825 del codice di procedura civile”. Dunque, per gli atti giudiziari l’obbligazione solidale grava, in linea generale, su tutte le parti in causa.
Nel documento di pressi si rammenta, inoltre, che il litisconsorzio facoltativo è disciplinato dall’art. 103 c.p.c. in base al quale “Più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che si propongono esiste connessione per l’oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando la decisione dipende, totalmente, dalla risoluzione di identiche questioni”. Nel caso di specie si tratta di un procedimento in cui, nell’ambito di un litisconsorzio f acoltativo, ciascuno degli attori ha agito in giudizio a tutela di un rapporto giuridico distinto e autonomo rispetto a quello proprio degli altri, anche se accomunati dalla stessa causa. Una questione analoga è stata oggetto di esame della sentenza 15 maggio 2006, n. 11149 della Corte di Cassazione, la quale ha precisato che “…in caso litisconsorzio facoltativo, pur nell’identità delle questioni, permane autonomia dei rispettivi titoli, dei rapporti giuridici e delle singole causae petendi, con la conseguenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte, con una propria individualità in relazione ai rispettivi legittimi contradditori; con l’ulteriore conseguenza che la sentenza che le definisce – sebbene formalmente unica – consta, in realtà, di tante pronunzie quante sono le cause riunite, le quali conservano la loro autonomia anche ai fini delle successive impugnazioni che ben possono svolgersi separatamente le une dalla altre…..(Cass.1103/2000)”. Su tali basi la Corte ha quindi affermato il principio secondo cui l’imposta di registro non colpisce l’atto ma il rapporto in esso racchiuso, con la conseguenza che, “le parti, fra le quali è sorto un determinato rapporto, non possono raffigurarsi come soggetti dell’imposta dovuta per un rapporto diverso e distinto”. Principi analoghi sono stati ribaditi nella sentenza 28 febbraio 2011, n. 4805, con la quale la Cassazione ha affermato che “L’esigenza di tenere distinte, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, le varie statuizioni della medesima sentenza – in quanto riferibili a distinti rapporti giuridici e quindi ad autonome cause riunite, in via originaria o successiva, solo ai fini del ‘simultaneus processum’ – risiede, peraltro, nella stessa logica, interna allo specifico presupposto – come descritto dal DPR n. 131 del 1986, artt. 1 e 7 – che deve essere individuato non nell’atto considerato in sé quale mero documento ma nell’atto giuridico avente contenuto economico in quanto considerato nella sua idoneità a produrre ricchezza e dunque sintomo di capacità contributiva”.
Alla luce, dunque, di quanto affermato dalla giurisprudenza di legittimità deve ritenersi che nel caso rappresentato in cui, nell’ambito di un litisconsorzio facoltativo ciascun soggetto agisca per la tutela di un autonomo diritto e le statuizioni della sentenza siano riferite distintamente a ciascun rapporto giuridico, ogni attore privato, parte del processo, risulterà responsabile del pagamento dell’imposta di registro relativa esclusivamente alla propria posizione giuridica; l’imposta dovrà essere, quindi, “liquidata pro-quota dall’ufficio nei confronti di ciascun attore, in ragione del rapporto giuridico oggetto della statuizione della sentenza allo stesso riferibile”.