Statuto del contribuente, le modifiche alla disciplina dell’interpello – 4
Prosegue la trattazione inerente la revisione dell’istituto dell’interpello operata dalla legge n. 23/2014 e dal D.Lgs. n. 156/2015, attuativo della legge delega, attraverso i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 9/E del 2016.
Le istanze di interpello
In relazione al requisito temporale il decreto 156/2015 conferma il carattere della preventività delle istanze (art. 2, comma 2), di cui fornisce una definizione generale valida per tutte le tipologie di istanze. Nonostante anche nella stesura precedente le istanze dovessero essere preventive, la preventività si articolava diversamente per le istanze di interpello ordinario rispetto a quelle di interpello in senso lato disapplicative: mentre per le prime valevano i termini ordinari di presentazione della dichiarazione dei redditi, per le seconde vigeva la regola del “tempo utile” e dovevano essere presentate 90 o 120 giorni – a seconda dei tempi di istruttoria diversi previsti per le singole tipologie – prima del termine di scadenza di presentazione della dichiarazione (Circ. 32/E del 2010).
A seguito delle novità introdotte le istanze, indipendentemente dalla tipologia di appartenenza, devono essere presentate:
→ prima della scadenza dei termini ordinari di presentazione della dichiarazione, se inerenti a comportamenti che trovano attuazione con la presentazione della dichiarazione. Non assumono rilievo i termini entro cui i contribuenti possono sanare l’omissione o correggere la dichiarazione presentata, né tanto meno i termini previsti, ad esempio, nel tipico caso delle istanze relative alle imposte sui redditi (comma 8-bis, art. 2, DPR 322/1998). Il riferimento alla dichiarazione come momento rilevante ai fini dell’attuazione del comportamento per le istanze relative alle imposte sui redditi e per quelle relative all’IVA, in quanto è comunque con la presentazione che il contribuente attua definitivamente il proprio comportamento. Quando le istanze riguardano questioni relative a dichiarazioni di più periodi di imposta (ad esempio, un’istanza sulle spese di ristrutturazione edilizia), in caso di istanze inoltrate oltre il termine di presentazione di una dichiarazione interessata dal quesito – di solito la prima – dovrà comunque essere “apprezzato l’interesse del contribuente a conoscere la risposta dell’amministrazione anche al fine di determinare il comportamento da tenere in sede di presentazione delle dichiarazioni relative ai periodi di imposta successivi”;
→ prima di assolvere l’obbligo fiscale oggetto dell’istanza o comunque connesso alla casistica, come nel caso degli interpelli per l’imposta di registro per i quali occorre far riferimento, ad esempio, alla presentazione dell’atto per la registrazione.
E’ fondamentale, ai fini della preventività, che le istanze presentate non interferiscano con attività di controllo già avviate, riferite o che comunque possano produrre effetti sul contribuente e di cui quest’ultimo sia formalmente a conoscenza se riguardanti la questione oggetto di interpello.
Le obiettive condizioni di incertezza
Il presupposto per la presentazione dell’istanza di interpello ordinario è la sussistenza di “obiettive condizioni di incertezza” ereditata dalla disciplina previgente e oggi citata espressamente nel comma 4 del nuovo art. 11. Tale condizione deve ricorrere sia per l’interpello ordinario puro sia per quello qualificatorio, per il quale l’obiettiva incertezza assume una prerogativa particolare in termini di peculiarità e non ricorrenza delle fattispecie o in termini di complessità. La norma, anziché fornire una definizione positiva, indica esplicitamente quando non sussistono obiettive condizioni di incertezza su portata e ambito applicativo delle disposizioni, cioè quando l’Amministrazione finanziaria “ha compiutamente fornito la soluzione di fattispecie corrispondenti a quella rappresentata dall’istante mediante atti resi pubblici nelle forme previste dall’art. 5 dello Statuto”.
Il contenuto delle istanze
L’istanza deve contenere i seguenti elementi (art. 3, comma 1, del decreto):
– i dati identificativi dell’istante ed eventualmente del suo legale rappresentante, compreso il codice fiscale;
– l’indicazione del tipo di istanza secondo la classificazione prevista dalla norma e l’esplicito riferimento alle disposizioni che regolano il diritto di interpello, in modo da permetterne una facile individuazione nel contesto dell’attività di consulenza e assistenza fornita dal Fisco;
– una specifica e dettagliata e descrizione del caso prospettato;
– le disposizioni di cui si richiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione;
– l’esposizione, “in modo chiaro e univoco, della soluzione proposta”, anche per poter valutare in sede di accertamento gli effetti dell’eventuale silenzio assenso formatosi sull’istanza;
– l’indicazione del domicilio e dei recapiti anche telematici dell’istante o dell’eventuale domiciliatario presso il quale effettuare le comunicazioni dell’Amministrazione finanziaria e rispondere;
– la firma dell’istante (o del legale rappresentante) o del procuratore generale o speciale incaricato ai sensi dell’art. 63, DPR 600/1973 o comunque del diverso soggetto legittimato alla presentazione con la relativa procura: in quest’ultimo caso, se la procura non è contenuta in calce o a margine dell’atto deve essere allegata all’istanza.
Riguardo all’indicazione della tipologia di istanza presentata, un determinato profilo del caso descritto può imporre all’Agenzia delle Entrate di effettuare ulteriori valutazioni, se riconducibili a una diversa tipologia di interpello: in questi casi, indipendentemente dalla presenza di due o più quesiti strettamente consequenziali, la risposta sarà comunque unica e verrà fornita nel più ampio termine di 120 giorni relativo a una o più delle richieste formulate, senza che si realizzi, trascorso il termine di 90 giorni, il silenzio assenso rispetto agli eventuali quesiti interpretativi contenuti nell’istanza. Il contribuente che intende presentare più quesiti privi del carattere di consequenzialità o di alcun collegamento tra loro, deve presentare diverse istanze di interpello.
L’istanza devono inoltre contenere:
– la documentazione rilevante ai fini della risposta che non è in possesso dell’Amministrazione finanziaria o di altre amministrazioni pubbliche indicate;
– i pareri tecnici dell’ufficio o dalla struttura competente, se la risposta dell’Agenzia delle Entrate presuppone l’esecuzione di accertamenti di natura tecnica non di sua competenza.
Il procedimento di istruttoria
Nel corso dell’istruttoria dell’interpello il decreto ha introdotto alcune importanti novità rispetto al passato. Una, significativa, concerne la regolamentazione di una fase nuova – quella di regolarizzazione – che discende dalla disciplina previgente, dove era prevista solo per il vizio di sottoscrizione, ma che rispetto al passato assume portata generale e che, per questa ragione, viene integralmente disciplinata tanto dal decreto quanto dal provvedimento.
Come si è detto nelle precedenti esposizioni, non tutti i requisiti previsti per le istanze hanno lo stesso peso, tanto che si differenziano in requisiti di ammissibilità dell’istanza e requisiti suscettibili di regolarizzazione.
Nel caso in cui, infatti, l’Agenzia riscontri che l’istanza è priva di uno dei requisiti del secondo tipo – indicazione del tipo di istanza secondo la classificazione prevista dall’art. 11, norme di cui si richiede l’interpretazione, esposizione della soluzione proposta, domicilio e recapiti anche telematici e sottoscrizione – è tenuta a invitare il contribuente a regolarizzare gli elementi mancanti.
Nella circolare 9/E si legge che “Interpretando lo spirito di favore sotteso all’istituto della regolarizzazione, si ritiene che è facoltà dell’amministrazione attivare la procedura non per effetto del mero riscontro della carenza, ma solamente nelle ipotesi in cui la mancanza di alcuni dati pregiudichi la possibilità di istruire l’istanza e di rendere una risposta nel merito”.
Questa precisazione assume particolare rilevanza con riferimento all’indicazione del tipo di istanza secondo la classificazione prevista dall’art. 11 dello Statuto e all’indicazione delle disposizioni di cui si richiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione; in relazione a detta rilevanza, nel documento di prassi l’Agenzia delle Entrate riporta alcuni esempi.
Esempio 1 – La regolarizzazione può non essere richiesta nei casi di omessa indicazione del riferimento all’art. 11 riguardo un’istanza relativa alla disciplina delle CFC, se dal contenuto della stessa emerge chiaramente che essa mira a ottenere un parere sull’idoneità degli elementi indicati nell’istanza ai sensi e per gli effetti di cui ai commi 5 e 8-ter dell’art. 167, TUIR. Al contrario, la regolarizzazione appare necessaria quando dal contenuto dell’istanza e dalla formulazione della richiesta risulta complicato dedurre se, rispetto alle disposizioni indicate, il contribuente intenda chiedere un parere di tipo strettamente interpretativo o, ad esempio, probatorio o disapplicativo.
Esempio 2 – Analogamente, si ritiene non necessario chiedere la regolarizzazione per assenza della mancata espressa indicazione delle norme di cui si chiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione quando risulti chiara, nella descrizione della problematica e nella esposizione della soluzione, la norma (o le norme) di riferimento. Viceversa, quando la mancata indicazione delle norme, o quantomeno del settore impositivo di riferimento, rende di fatto impossibile istruire le istanze, come si verifica soprattutto per le nuove istanze antiabuso (vista l’ampiezza del perimetro applicativo dell’art. 10-bis dello Statuto), la procedura di regolarizzazione deve essere necessariamente attivata.
Esempio 3 – Secondo l’Agenzia, in un’ottica di favore per i contribuenti, la procedura di regolarizzazione può essere avviata non solo dove i dati sopra citati siano carenti, ma anche quando le indicazioni fornite nell’istanza risultano contraddittorie e non permettono una trattazione dell’istanza. Si ipotizza, in proposito, il caso in cui il contribuente abbia erroneamente indicato come riferimento normativo l’art. 11, comma 1, lett. a) dello Statuto, ma la richiesta – sia nella parte esplicativa del fatto che nella descrizione della soluzione – risulti essenzialmente volta a ottenere un parere sulla idoneità delle prove presentate per l’accesso a un determinato regime. In questi casi l’Amministrazione finanziaria, invitando il contribuente alla regolarizzazione può chiedere di correggere il riferimento normativo inesatto o, al contrario, offrire la possibilità di illustrare meglio la richiesta rispetto alla tipologia di interpello richiamata.
Il procedimento di regolarizzazione è stato inoltre espressamente disciplinato prevedendo che l’ufficio competente a trattare l’istanza, entro trenta giorni dalla consegna o dalla ricezione della stessa, invita il contribuente alla regolarizzazione segnalando il dato o i dati carenti e che questi, nei trenta giorni successivi alla ricezione dell’invito dell’ufficio, provvede a regolarizzare l’istanza: dopo che la regolarizzazione sia stata correttamente effettuata, i termini per la risposta decorrono dalla consegna o ricezione non dell’istanza originaria, ma di quella regolarizzata.
Resta fermo – conclude la circolare 9/E – che l’Agenzia, trascorsi i trenta giorni previsti per la regolarizzazione, nei casi in cui la procedura non sia stata attivata o sia stata attivata solo in relazione ad alcune carenze riscontrate, può comunque richiedere al contribuente, anche dopo il questo termine, i dati che eventualmente si fossero rilevati carenti nel corso della lavorazione.
Nel caso in cui l’istanza integrata dal contribuente non arrivi nei termini fissati, la stessa è dichiarata inammissibile: in proposito l’Agenzia ritiene utile richiamare l’attenzione sulla circostanza che l’istanza regolare deve essere trasmessa con le stesse modalità previste per la presentazione dell’interpello (consegna a mano, raccomandata a/r, PEC o posta elettronica libera per i contribuenti cui ne è consentito l’uso); non potranno essere considerate utilmente presentate le istanze trasmesse con modalità diverse da quelle ammesse.