LEGGE

Statuto del contribuente, le modifiche alla disciplina dell’interpello – 2

Prosegue la trattazione inerente la revisione dell’istituto dell’interpello operata dalla legge n. 23/2014 e dal D.Lgs. n. 156/2015, attuativo della legge delega, attraverso i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 9/E del 2016.

L’interpello probatorio

La categoria dell’interpello probatorio raggruppa tutte le istanze, prima disciplinate in maniera eterogenea, volte a ottenere un parere sulla sussistenza delle condizioni o sulla idoneità degli elementi probatori richiesti dalla norma ai fini dell’accesso a un determinato regime fiscale, nei casi espressamente previsti, sulla base di un approccio fondato sulla tassatività dei casi. E’ stato chiarito che l’interpello probatorio, a differenza di quello ordinario, non è attivabile per qualsiasi caso in cui il contribuente ritenga utile una valutazione dell’Amministrazione finanziaria, ma solo nelle ipotesi in cui tale facoltà sia esplicitamente prevista nelle norme di riferimento attraverso l’espresso richiamo dell’art. 11, comma 1, lettera b) dello Statuto del contribuente. Il riferimento all’accesso a un determinato regime fiscale va interpretato in senso ampio, comprensivo non solo delle ipotesi di accesso propriamente inteso (ad esempio, le istanze per l’accesso al regime del consolidato mondiale – art. 132 del TUIR), ma anche dei casi in cui si parla della non operatività di determinate limitazioni o dell’applicabilità di regole speciali rispetto a quelle ordinariamente applicabili: è il caso, ad esempio, degli interpelli relativi alle cosiddette Controlled Foreign Companies (CFC). per le quali oggetto dell’istanza è la non operatività della tassazione per trasparenza o degli interpelli di cui all’art. 113 del TUIR attraverso i quali, nell’ambito degli interventi volti a recuperare crediti o derivanti dalla conversione in azioni di nuova emissione dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria, gli enti creditizi e finanziari richiedono l’applicazione delle regole fiscali dettate per i crediti in luogo di quelle previste per le partecipazioni acquisite.

L’accorpamento di diverse ipotesi di istanze in una unica categoria denominata, appunto, istanze probatorie, facilita la distinzione tra questo tipo di interpelli e le altre categorie, sia in riferimento agli interpelli qualificatori sia in riferimento alla categoria degli interpelli disapplicativi (art. 11, comma 2).

Una delle principali novità del decreto, infatti, si trova nella definizione della categoria degli interpelli probatori rispetto a quella degli interpelli disapplicativi alla quale “la prima risulta storicamente affine”, tenuto conto che alcune ipotesi, considerate disapplicative in senso stretto o in senso lato secondo la disciplina previgente (circolare 32/E del 2010), oggi rientrano nel perimetro applicativo degli interpelli probatori.

Questa distinzione assume particolare rilievo non solo per la facoltatività delle prime istanze rispetto alle seconde, ma anche a causa della previsione, da parte del decreto:

– di veri e propri obblighi di segnalazione in dichiarazione, diversamente costruiti a seconda che l’istanza sia stata o meno presentata e in funzione della risposta ricevuta, introdotto per le ipotesi che costituivano oggetto di un obbligo di presentazione dell’interpello prima delle modifiche del decreto;

– del conseguente diverso trattamento sanzionatorio previsto nelle diverse ipotesi.

Prima di elencare le ipotesi riconducibili alla categoria degli interpelli probatori, nella circolare 9/E si richiama l’attenzione sulla circostanza che tale tipologia, unificando una serie di casi eterogenei sulla base della finalità di sollecitare un parere dell’Agenzia sulla idoneità degli elementi probatori a disposizione del contribuente, fa ricadere in capo a quest’ultimo l’onere di fornire nell’istanza ogni elemento di valutazione utile ai fini della risposta. In presenza di istanze contenenti un numero di elementi probatori non sufficiente a convincere l’Amministrazione finanziaria sulla idoneità del quadro probatorio rappresentato, l’Agenzia non sarà tenuta a inviare una richiesta di documentazione integrativa di nuovi e diversi elementi probatori, “dovendosi, invece, considerare ‘non idonea’ la prova fornita ai fini dell’accesso al regime richiesto”.

Detto questo, la categoria degli interpelli probatori comprende le seguenti ipotesi tassativamente individuate dal legislatore:

  1. a) istanze di interpello previste dall’art. 110, comma 11, TUIR. In proposito la circolare ricorda che per effetto delle modifiche apportate dall’art. 5, comma 1, lett. a) del D.Lgs. n. 147/2015, dal periodo di imposta in corso alla data di entrata in vigore dello stesso, in luogo della pregressa indeducibilità delle spese e degli altri componenti negativi, è stata introdotta la regola secondo cui “Le spese e gli altri componenti negativi derivanti da operazioni, che hanno avuto concreta esecuzione, intercorse con imprese residenti ovvero localizzate in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati sono ammessi in deduzione nei limiti del loro valore normale, determinato ai sensi dell’art. 9”;
  2. b) istanze di interpello di cui all’art. 167 del TUIR (CFC), attraverso le quali il contribuente può fornire anticipatamente la dimostrazione delle condizioni previste dal comma 5 e dal comma 8-ter del medesimo articolo al fine di acquisire il parere dell’Amministrazione (interpello ex obbligatorio);
  3. c) istanze presentate ai sensi dell’art. 113 del TUIR dagli enti creditizi, concernenti la non applicazione del regime di participation exemption (art. 87 del TUIR) con riferimento alle partecipazioni acquisite nell’ambito degli interventi finalizzati al recupero di crediti derivanti dall’acquisizione di partecipazioni o dalla conversione in azioni di nuova emissione dei crediti verso imprese in temporanea difficoltà finanziaria (interpello ex obbligatorio);
  4. d) istanze di interpello per la continuazione del consolidato (art. 124, comma 5, del TUIR), presentate in occasione della effettuazione di alcune operazioni di riorganizzazione altrimenti interruttive dello stesso, tese a verificare che anche dopo l’effettuazione di tali operazioni permangono tutti i requisiti previsti dalle disposizioni di cui agli artt. 117 e seguenti previste ai fini dell’accesso al regime (interpello ex obbligatorio);
  5. e) istanze di interpello per l’accesso al consolidato mondiale che, da condizione di accesso al regime (art. 132, comma 2, lettera d-bis, oggi abrogata), per effetto delle modifiche apportate dal decreto, diviene strumento volto a dimostrare la sussistenza delle condizioni previste dalla legge per la valida adesione al regime (interpello ex obbligatorio);
  6. f) istanze delle società che presentano i requisiti per essere considerate “non operative” e istanze delle società in perdita sistematica, ai sensi dell’art. 30 della legge n. 724/1994 (interpello ex obbligatorio). Al riguardo si fa presente che per effetto della riformulazione del comma 4 bis del citato art. 30, la possibilità di non applicare la disciplina in esame sulla base di un’autovalutazione della sussistenza delle condizioni, collegata alla eliminazione di una forma di interpello obbligatorio, produce i suoi effetti sull’intera disciplina, compresa la previsione del comma 4 secondo cui l’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione presentata ai fini dell’IVA non è ammessa al rimborso né può costituire oggetto di compensazione o di cessione. Da ciò deriva che le società che ritengano sussistenti le “oggettive situazioni che hanno reso impossibile il conseguimento dei ricavi, degli incrementi di rimanenze e dei proventi nonché del reddito…..”, di cui al comma 4-bis, e intendano richiedere il rimborso IVA annuale, possono attestare la sussistenza delle “oggettive situazioni” presentando una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà mediante sottoscrizione dell’apposito campo del quadro VX della dichiarazione IVA. In proposito il documento di prassi chiarisce che con la sottoscrizione di tale dichiarazione sostitutiva, la società attesta di essere una “start-up innovativa” oppure di essere una società operativa “ex lege”, in quanto: supera il test di operatività previsto dall’art. 30, c. 1, legge n. 724/1994 e non è in perdita sistematica (art. 2, DL n. 138/2011); sussistono i motivi di esclusione dalla disciplina sulle società di comodo (art. 30, c. 1, legge n. 724); sussistono le situazioni oggettive di disapplicazione della disciplina sulle società non operative e sulle società in perdita sistematica stabilite nei provvedimenti del Direttore dell’Agenzia emanati ai sensi del comma 4-ter dell’art. 30; sussistono le condizioni oggettive di cui al comma 4-bis del citato art. 30 e non è stata presentata istanza di interpello.

In presenza di dichiarazione sostitutiva sottoscritta e in assenza di ulteriori cause ostative, l’ufficio consente l’erogazione del rimborso. In alternativa alla dichiarazione sostitutiva, le società possono presentare preventivamente un’istanza di interpello ai fini della disapplicazione della disciplina delle società non operative e/o della disciplina delle società in perdita sistematica;

  1. g) istanze previste ai fini del riconoscimento del beneficio ACE (art. 1, DL n. 201/2011, convertito con la legge n. 214/2011), in presenza di operazioni potenzialmente suscettibili di comportare indebite duplicazioni di benefici, ai sensi dell’art. 10 del DM 14/3/2012 (interpello ex obbligatorio).

Nella circolare si fa presente che l’art. 7 del D.Lgs. n. 156/2015 ha modificato le disposizioni sostanziali elencate nelle lettere da a) a g) principalmente per riordinare le norme di riferimento nella parte in cui presupponevano l’obbligatorietà della presentazione dell’interpello come condizione di accesso, fruizione, applicazione o non applicazione di un determinato regime: tali modifiche incidono, in definitiva, “non sul regime sostanziale di riferimento o sulle condizioni previste dalle medesime disposizioni – che restano immutate rispetto al passato – ma solo sulle condizioni estrinseche di fruizione del regime medesimo”.

L’interpello anti-abuso

La lettera c) del comma 1 dell’articolo 11 ha introdotto l’ interpello anti abuso con l’intento di sostituire l’interpello antielusivo (art. 21, comma 9, legge n. 413/1991), al quale il nuovo interpello si sovrappone limitatamente a quei casi compresi nel campo di applicazione della vecchia disposizione “che si connotavano per una spiccata ed evidente ratio antielusiva”.

Queste le differenze rispetto al perimetro applicativo dell’art. 21 della legge 413/1991:

→ nel nuovo interpello antiabuso non sono comprese le istanze relative a ipotesi di interposizione ai sensi dell’art. 37, comma 3, DPR 600/1973 (in relazione alle quali è presentabile un’istanza di interpello ordinario), né quelle concernenti la qualificazione di una determinata spesa tra quelle di pubblicità e di propaganda o tra quelle di rappresentanza, ai sensi dell’art. 108 del TUIR, che rientrano tra le ipotesi di interpello ordinario qualificatorio;

→ in seguito all’abrogazione dell’art. 37-bis del medesimo DPR 600 e alla sua sostituzione con il nuovo art. 10-bis dello Statuto, il tema dell’abuso del diritto è diventato tema “generale”, applicabile a qualunque fattispecie e in relazione a qualsiasi settore impositivo.

In considerazione della portata generale dell’abuso, che rispetto al passato è riferibile a qualunque operazione (fatti, atti e contratti) e soprattutto a qualsiasi profilo impositivo, le istanze presentate non potranno genericamente limitarsi a chiedere il parere delle Entrate sulla abusività di una determinata operazione o fattispecie, ma dovranno contenere, nel dettaglio:

– gli elementi qualificanti l’operazione (o le operazioni);

– il settore impositivo rispetto al quale l’operazione pone il dubbio applicativo;

– le precise norme di riferimento, comprese quelle passibili di una contestazione in termini di abuso del diritto in relazione all’operazione rappresentata;

– le “valide ragioni extrafiscali, non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”.

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