LEGGI E SENTENZE

Stato di insolvenza e mancati pagamenti: riconosciute le difficoltà economiche dell’impresa

Una pronuncia del 2014 della Suprema Corte ha accolto il ricorso di un imprenditore che chiedeva la continuazione del reato tra bancarotta semplice e mancato versamento delle ritenute fiscali.

Il ricorso

cosa-fare-in-caso-di-bancarotta_9a6546e3e65daf762e1a88deaf43d95dIl Giudice per le indagini preliminari, in funzione di giudice dell’esecuzione, respingeva la richiesta avanzata dalla difesa del ricorrente di riconoscimento della continuazione tra i reati giudicati in due sentenze di condanna, rispettivamente per omesso versamento delle ritenute operate quale sostituto di imposta (violazione dell’art. 10-bis, D.Lgs. n. 274/2000) e per bancarotta semplice. Il Giudice osservava che, nonostante le due violazioni fossero state commesse nell’ambito della medesima gestione imprenditoriale, non era rilevabile un unico disegno criminoso per violazioni che hanno una diversa obiettività giuridica e che potevano, al più, trovare nelle difficoltà economica dell’impresa un unico movente.

Il Procuratore Generale, nella requisitoria scritta, concludeva per il rigetto del ricorso. Il contribuente ricorreva per cassazione sostenendo l’assenza o, comunque, la manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione.

L’ordinanza

Il giudice aveva fatto riferimento a un movente comune alle due violazioni, ma in realtà lo stato di insolvenza dell’imprenditore, che aveva determinato la dichiarazione di fallimento, era già presente in precedenza e si era manifestato con i ritardi e le omissioni dei versamenti dei pagamenti Inps, Iva e delle ritenute fiscali.

La condanna per bancarotta era giunta proprio perché l’imprenditore non aveva chiesto in proprio il fallimento, aggravando il proprio stato di dissesto e il mancato pagamento dei debiti fiscali costituiva, appunto, una condotta di aggravamento di tale stato.

La continuazione, secondo il ricorrente, doveva essere riconosciuta in applicazione del principio del favor rei.

Il Giudice si era limitato ad affermare l’assenza di un disegno criminoso comune, quanto all’accenno alla diversa obiettività giuridica delle due violazioni, questa non impediva il riconoscimento della continuazione e il provvedimento non teneva conto che si era trattato pur sempre di reati che avevano offeso il patrimonio dei creditori e dello Stato.

imprenditore-2-dmenticati-in-1Gli Ermellini, ritenendo valida la tesi del contribuente, hanno sancito che nel caso in cui si accerti che le due violazioni sono avvenute per un unico scopo, e che “Nel caso di specie, l’ordinanza accenna a un unico movente, costituito dalle difficoltà economiche dell’impresa; ma, tenuto conto che la condanna per bancarotta deriva dalla mancata richiesta di sentenza di fallimento in proprio, pur in presenza di grave dissesto, e la condanna per il reato di cui all’art. 10-bis, D.Lgs. n. 274 del 2000 consegue al mancato versamento delle ritenute operate quale sostituto di imposta, il Giudice avrebbe dovuto accertare se l’imprenditore, consapevole delle gravissime difficoltà in cui si dibatteva la sua impresa e avendo deciso di non farla fallire, utilizzando per i pagamenti più urgenti o, comunque, per la prosecuzione dell’attività, tutte le somme che aveva a disposizione, avesse contestualmente deciso di non versare le somme trattenute a titolo di ritenute fiscali, appunto per utilizzarle nella prosecuzione dell’attività imprenditoriale. L’esistenza di un unico disegno criminoso tra le due fattispecie è, quindi, astrattamente configurabile e dovrà essere approfondita in concreto dal Giudice dell ‘esecuzione”.

Il ricorso, dunque – secondo i giudici di Cassazione – con riferimento al mancato riconoscimento della continuazione, è da ritenere fondato.

Desidero ricevere in abbonamento gratuito il vostro periodico FiscotoDay