FISCALITA IVA

Spese sanitarie non pagate con la carta di credito: IVA e detraibilità per l’onere aggiuntivo?

Il tema della risposta 268 del 25 agosto 2020 è il regime IVA applicabile all’onere monetario aggiuntivo fissato per il pagamento di prestazioni mediche con un mezzo diverso dalla carta di credito, come possono essere, ad esempio, il bancomat o i contanti: in particolare, l’Agenzia delle entrate ha precisato quando una prestazione viene considerata accessoria ai fini IVA.

I due quesiti

Una S.p.A. titolare di una rete di poliambulatori medici fornisce, tra le altre, prestazioni sanitarie fatturate in regime di esenzione da IVA (art. 10, primo comma, n. 18), DPR 633/1972). Per tali prestazioni, dallo scorso mese di marzo la società ha iniziato ad addebitare, indicandolo separatamente in fattura, un onere monetario aggiuntivo di 5 euro quando il paziente non paga con la carta di credito (registrata sul suo sito).

Al fine di adempiere correttamente agli obblighi di trasmissione telematica dei dati al Sistema Tessera Sanitaria, i quesiti posti al riguardo sono due, volti a sapere se l’onere aggiuntivo possa qualificarsi:

a) ai fini IVA, come prestazione accessoria a quella ordinariamente soggetta al regime di esenzione (art. 12, decreto IVA);

b) ai fini IRPEF, come costo accessorio detraibile (art. 15, comma 1, lettera c, del TUIR).

Il principio di accessorietà

Nella risposta 268 l’Agenzia sottolinea che secondo l’art. 12 del decreto IVA il trasporto, la posa in opera, l’imballaggio, il confezionamento e le altre cessioni o prestazioni accessorie, effettuate direttamente dal cedente o prestatore o per suo conto e a sue spese, non sono soggetti autonomamente a imposta nell’operazione principale: se quest’ultima è soggetta all’imposta, i corrispettivi delle cessioni o prestazioni accessorie imponibili concorrono a formarne la base imponibile. In base al successivo art. 13, comma 1, la base imponibile è costituita dall’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione.

Il principio di accessorietà appena riportato implica che i corrispettivi relativi alle operazioni accessorie – quelli dovuti per operazioni che hanno una posizione secondaria rispetto a quella principale – concorrono a formare la sua base imponibile, anche se addebitati separatamente dal prezzo pattuito per l’operazione principale (art. 78, paragrafo 1, lettera b, Direttiva IVA).

Secondo la Corte di Giustizia Ue

Ai fini IVA, in diverse sentenze la Corte di Giustizia Ue afferma che una prestazione è considerata accessoria a quella principale quando costituisce per la clientela non un fine a sé stante, ma “il mezzo per fruire nelle migliori condizioni del servizio principale offerto dal prestatore” (tra le altre, sentenza 18/1/2018, causa C-463/16; 16/4/2015 causa C42/14; 19/7/2012, causa C-44/11; 25/2/1999, causa C-349/96). Non ha importanza il fatto che sia stabilito un unico prezzo, anche se la Corte rileva che tale eventualità possa costituire un indizio dell’unicità della fornitura: ciò che conta è la finalità per cui l’operazione è conclusa, e l’esame di tale finalità va compiuto valutando se l’operazione ha la funzione di integrare la prestazione principale migliorando le condizioni per usufruirne, e se nell’intenzione delle parti non persegua un fine autonomo. Nella causa C-276/09 del 2/122010, la Corte di Giustizia ha statuito che le spese supplementari non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizi distinta e indipendente, dopo aver tra l’altro premesso che “il ricevimento di un pagamento e la gestione di quest’ultimo sono intrinsecamente connessi ad ogni prestazione di servizi fornita a titolo oneroso”.

Le due risposte

Con riferimento al caso presentato, dunque, riguardo al primo quesito l’Agenzia ritiene che per i clienti che non hanno una carta di credito l’onere aggiuntivo rappresenta il mezzo necessario per fruire delle prestazioni mediche fatturate in regime di esenzione IVA dalla società, il che le qualifica, ai sensi del citato art. 12 del DPR 633/1972, ai fini IVA, come una prestazione accessoria a quella prestazione sanitaria, “di cui ne mutua il regime di esenzione”.

Rispetto al secondo quesito posto, il Fisco ricorda che dal 1° gennaio 2020 (art. 1, comma 679, legge 160/2019) la detraibilità di diversi oneri è condizionata al pagamento mediante versamento bancario o postale oppure mediante carte di debito, di credito e prepagate, ecc., fatta eccezione per l’acquisto di medicinali e di dispositivi medici e le prestazioni sanitarie rese da strutture pubbliche o private accreditate al Servizio sanitario nazionale. In tema di spese mediche, l’Amministrazione finanziaria ha più volte affermato – da ultimo, circolare 19/E del 2020 – che sono ammesse alla deduzione o alla detrazione solo quelle per prestazioni di natura sanitaria, rispondenti a trattamenti sanitari qualificati finalizzati alla cura di una patologia, effettuati da medici o da personale abilitato. Ne consegue che l’onere aggiuntivo addebitato in fattura per prestazioni sanitarie in regime di esenzione IVA, quando il paziente non paga con carta di credito, sia da ritenere un onere amministrativo, come ad esempio la spesa per la richiesta della cartella clinica: non avendo, quindi, natura sanitaria, non può fruire della detrazione fiscale.

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