CASSAZIONE

Solo se il primo invito a comparire contiene la proposta di adesione con i relativi importi.

La Corte di Cassazione con l’ Ordinanza n. 30577 del 20 dicembre 2017, respingendo un ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ha richiamato l’attenzione sugli effetti di un invito al contraddittorio ricevuto dal contribuente, in relazione alla possibilità di presentare, dopo il ricevimento dell’accertamento, una istanza di accertamento con adesione.

Nel ricorso principale l’Agenzia delle Entrate aveva contestato che la contribuente non avrebbe potuto presentare l’istanza di adesione, poiché aveva già ricevuto, in fase di controllo, un invito a comparire.

Correttamente la Corte ricorda come l’art.6 comma 2 del d.lgs. 19 giugno 1997 n.218 consente al contribuente che abbia ricevuto un avviso di accertamento, di presentare l’istanza di accertamento con adesione, da cui deriva l’effetto di sospensione del termine di impugnazione per il periodo di 90 giorni, alla condizione negativa che l’avviso di accertamento non sia già stato preceduto dall’invito a comparire di cui all’art.5 della stessa legge.

Come noto, dal punto di vista normativo, il “nuovo redditometro” prevede un doppio confronto con il contribuente, il quale prima si vede notificare un invito a comparire dove l’Amministrazione finanziaria si limita al reperimento, ove possibile, di tutta la documentazione idonea a fornire una prima depurazione delle spese giustificate e per chiarire il motivo dello scostamento tra spese attribuite e reddito dichiarato. Solo in un secondo momento, in ipotesi di mancata archiviazione della pratica, gli viene notificato l’invito al contraddittorio finalizzato all’accertamento con adesione.

Detto invito deve contenere la dettagliata proposta di accertamento con adesione formulata di propria iniziativa dall’ Ufficio impositore. La ratio della preclusione si individua nella inutilità della riattivazione della procedura di accertamento con adesione ad opera del contribuente, dopo che il medesimo tentativo di accertamento con adesione attivato dalla Amministrazione finanziaria non ha avuto esito positivo.

Ricordiamo al riguardo l’Ordinanza n. 11765/2014 che con una interpretazione più “garantista” e confacente ai più generali principi di collaborazione tra contribuente e Amministrazione finanziaria I Giudici di piazza Cavour avevano già riconosciuto l’opportunità di depositare il compendio probatorio anche in sede contenziosa qualora la richiesta dell’Ufficio non sia strettamente circostanziata ad uno specifico rilievo. Ad litteram, “… il fatto che la documentazione non sia stata esibita in sede amministrativa, può giustificare la condotta della Amministrazione che proceda ad accertamento, ma non determina la impossibilità di produrre tale documentazione in sede contenziosa; posto che tale significativa sanzione scatta solo ove la Amministrazione, invece di esercitare i propri poteri di indagine ed accertamento bancario, inviti il contribuente ad esibire la specifica documentazione relativa a tali rapporti”.

Questa posizione dei Massimi Giudici induce ad una interpretazione invece rigorosa del termine “invito” contenuto nella norma. Richiedendo che tale “invito” sia specifico e puntuale, oltre che accompagnato dall’avvertimento circa le conseguenze della mancata ottemperanza ai fini dell’applicazione del regime della preclusioni.

Nel caso in esame, invece, risultava dagli atti di causa che, a seguito della verifica effettuata dalla Guardia di Finanza e conclusa con la comunicazione del processo verbale di constatazione, la società verificata, proponeva all’Ufficio istanza di accertamento ai fini dell’eventuale definizione ai sensi dell’art.6 comma 1 del d.lgs. n.218 del 1997, alla quale faceva seguito un invito a comparire emesso dall’Ufficio.

Tale documento aveva il contenuto dell’ordinario invito a comparire presso l’Ufficio finanziario previsto dall’ art.32 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, e non invece il peculiare contenuto dello specifico invito a comparire previsto dall’art.5 comma 1 del d.lgs. n.218 del 1997.

Quindi nessuna preclusione si era prodotta.

Conferma la S.C.: “… L’art.6 comma 2 del d.lgs. 19 giugno 1997 n.218 consente al contribuente, che abbia ricevuto un avviso di accertamento, di presentare l’istanza di accertamento con adesione, da cui deriva l’effetto di sospensione del termine di impugnazione per il periodo di 90 giorni, alla condizione negativa che l’avviso di accertamento non sia già stato preceduto dall’invito a comparire di cui all’art.5 della stessa legge, invito contenente la dettagliata proposta di accertamento con adesione formulata di propria iniziativa dall’ Ufficio impositore. La ratio della preclusione si individua nella inutilità della riattivazione della procedura di accertamento con adesione ad opera del contribuente, dopo che il medesimo tentativo di accertamento con adesione attivato dalla Amministrazione finanziaria non ha avuto esito positivo.

Nel caso in esame, risulta dalla sentenza impugnata, e non è controverso tra le parti, che, a seguito della verifica effettuata dalla Guardia di Finanza e conclusa con la comunicazione del processo verbale di constatazione, la società verificata, in data 3.3.2000 proponeva all’Ufficio istanza di accertamento ai fini dell’eventuale definizione ai sensi dell’art.6 comma 1 del d.lgs. n.218 del 1997, alla quale faceva seguito un invito a comparire emesso dall’Ufficio. Dall’esame di detto documento (allegato al fascicolo della controricorrente) risulta che esso ha il contenuto dell’ordinario invito a comparire presso l’Ufficio finanziario previsto dall’ art.32 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, e non invece il peculiare contenuto dello specifico invito a comparire previsto dall’art.5 comma 1 del d.lgs. n.218 del 1997, mediante il quale l’Ufficio articola la proposta di accertamento con adesione, indicando , tra l’altro, “le maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti”, ossia la complessiva pretesa impositiva sulla quale viene esperito il tentativo di accertamento concordato. Ne deriva la correttezza della statuizione della Commissione tributaria regionale che ha ritenuto la ammissibilità della proposta di accertamento con adesione, ritualmente presentata dalla contribuente durante il termine per impugnare l’avviso di accertamento notificato il 23.12.2003, in quanto l’invito a comparire ricevuto dal contribuente anni addietro ( in data 18.4.2000) non era equiparabile allo specifico invito a comparire disciplinato dall’art.5 comma 1 d.lgs. n.218 del 1997, e pertanto non integrava la causa ostativa alla presentazione della proposta di accertamento con adesione di cui all’art.6 comma 2 d.lgs. n.218 del 1997”.

CORTE DI CASSAZIONE Ordinanza , n. 30577 del 20 dicembre 2017

Fatti di causa

A seguito di verifica fiscale conclusa dalla Guardia di Finanza con processo verbale di constatazione del 28.7.1999, l’ Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti di N.C. spa un avviso di accertamento con cui rettificava in lire 3.288.708.000 il reddito di impresa dichiarato in lire 303.154.000, accertando le maggiori imposte Irpeg, Irap ed Iva, oltre interessi e sanzioni. Successivamente veniva notificata alla società la cartella di pagamento relativa alla iscrizione a ruolo provvisorio della metà delle imposte accertate.

La società proponeva distinti ricorsi avverso l’avviso di accertamento e la cartella. La Commissione tributaria provinciale di Pordenone, riuniti i ricorsi, con sentenza n.42 del 2005 li accoglieva annullando l’avviso e la cartella.

L’Agenzia delle Entrate proponeva appello alla Commissione tributaria regionale che lo accoglieva parzialmente con sentenza del 29.1.2009, confermando l’avviso di accertamento “in relazione ai rilievi relativi alla cessione di beni per lire 245.086.347 e lire 37.745.149 in assenza di contabilizzazione e di fatturazione”. Preliminarmente il giudice di appello rigettava la richiesta dell’Ufficio di dichiarare inammissibile il ricorso introduttivo perché proposto oltre il termine di impugnazione di sessanta giorni, osservando che il contribuente aveva validamente formulato istanza di accertamento con adesione ai sensi dell’art.6 comma 2 del d.lgs. n.218 del 1997, non essendo stato precedentemente destinatario di un invito a comparire emesso a norma dell’art.5 del citato d.lgs.; pertanto doveva ritenersi applicabile la sospensione del termine di impugnazione per un periodo di novanta giorni.

Contro la sentenza di appello l’Agenzia delle Entrate ricorre per cassazione sulla base di due motivi.

La società N.C. resiste con controricorso e propone quattro motivi di ricorso incidentale.

Ragioni della decisione

Il ricorso principale è infondato.

1.Primo motivo: ”violazione e falsa applicazione degli artt.5 e 6 del d.lgs.n.218 del 1997 e dell’art.21 d.lgs. 546/1992, in relazione all’art.360 primo comma n.4 cod.proc.civ. “.

2.Secondo motivo: “violazione e falsa applicazione degli artt.5 e 6 del d.lgs.n.218 del 1997 e dell’art.21 d.lgs. 546/1992, in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod.proc.civ.”.

I motivi, da esaminare congiuntamente, attengono alla medesima questione prospettata come vizio del procedimento e come violazione di legge, relativa alla dedotta tardività del ricorso introduttivo a causa della inammissibilità della istanza di accertamento con adesione presentata dalla contribuente, con conseguente inapplicabilità della proroga di novanta giorni del termine per impugnare l’atto impositivo.

L’art.6 comma 2 del d.lgs. 19 giugno 1997 n.218 consente al contribuente, che abbia ricevuto un avviso di accertamento, di presentare l’istanza di accertamento con adesione, da cui deriva l’effetto di sospensione del termine di impugnazione per il periodo di 90 giorni, alla condizione negativa che l’avviso di accertamento non sia già stato preceduto dall’invito a comparire di cui all’art.5 della stessa legge, invito contenente la dettagliata proposta di accertamento con adesione formulata di propria iniziativa dall’ Ufficio impositore. La ratio della preclusione si individua nella inutilità della riattivazione della procedura di accertamento con adesione ad opera del contribuente, dopo che il medesimo tentativo di accertamento con adesione attivato dalla Amministrazione finanziaria non ha avuto esito positivo.

Nel caso in esame, risulta dalla sentenza impugnata, e non è controverso tra le parti, che, a seguito della verifica effettuata dalla Guardia di Finanza e conclusa con la comunicazione del processo verbale di constatazione, la società verificata, in data 3.3.2000 proponeva all’Ufficio istanza di accertamento ai fini dell’eventuale definizione ai sensi dell’art.6 comma 1 del d.lgs. n.218 del 1997, alla quale faceva seguito un invito a comparire emesso dall’Ufficio. Dall’esame di detto documento (allegato al fascicolo della controricorrente) risulta che esso ha il contenuto dell’ordinario invito a comparire presso l’Ufficio finanziario previsto dall’ art.32 d.P.R. 29 settembre 1973 n.600, e non invece il peculiare contenuto dello specifico invito a comparire previsto dall’art.5 comma 1 del d.lgs. n.218 del 1997, mediante il quale l’Ufficio articola la proposta di accertamento con adesione, indicando , tra l’altro, “le maggiori imposte, ritenute, contributi, sanzioni ed interessi dovuti”, ossia la complessiva pretesa impositiva sulla quale viene esperito il tentativo di accertamento concordato. Ne deriva la correttezza della statuizione della Commissione tributaria regionale che ha ritenuto la ammissibilità della proposta di accertamento con adesione, ritualmente presentata dalla contribuente durante il termine per impugnare l’avviso di accertamento notificato il 23.12.2003, in quanto l’invito a comparire ricevuto dal contribuente anni addietro ( in data 18.4.2000) non era equiparabile allo specifico invito a comparire disciplinato dall’art.5 comma 1 d.lgs. n.218 del 1997, e pertanto non integrava la causa ostativa alla presentazione della proposta di accertamento con adesione di cui all’art.6 comma 2 d.lgs. n.218 del 1997.

  1. B) Il ricorso incidentale è infondato.

1.Primo motivo: “art.360 n.3 cod.proc.civ. -violazione e/o falsa applicazione dell’art.15 comma 1 della legge 27.12.2002 n.289 e successive proroghe e modificazioni”, nella parte in cui la Commissione tributaria regionale ha ritenuto preclusa la definizione agevolata del processo verbale di constatazione avendo la contribuente ricevuto un invito al contraddittorio.

Il motivo è infondato.

La Commissione tributaria regionale ha correttamente interpretato l’art.15 comma 1 legge n.289 del 2002, osservando che la definizione del processo verbale di constatazione era preclusa dalla avvenuta comunicazione, prima dell’entrata in vigore della legge sul condono, dell’invito al contraddittorio pacificamente ricevuto dalla contribuente in data 18.4.2000.

2.Secondo motivo:”art.360 n.5 cod.proc.civ. -Omessa motivazione del giudice di appello sulla prospettata violazione dell’art.53 comma 1 e 56 del d.lgs. n.546 del 1992”, per omessa specificazione dei motivi di impugnazione in relazione all’art.15 comma 1 legge 289/2002. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata riporta ( a pag.6) il motivo di appello, avente i requisiti di specificità, con il quale l’Agenzia delle Entrate ha dedotto l’inapplicabilità dell’art.15 della legge 289 del 2002.

3.Terzo motivo:”art.360 n.5 cod.proc.civ. -Omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art.15 del d.lgs. n.546/92 ed artt.91 e 92 cod.proc.civ.”, nella parte in cui il giudice di appello ha disposto la compensazione delle spese.

Il motivo è infondato.

La Commissione tributaria regionale ha compensato le spese in ragione della soccombenza reciproca, costituente causa tipica di compensazione delle spese a norma dell’art.92 comma 2 cod.proc.civ.

4.Quarto motivo: “violazione dell’art.21 d.lgs. n.546 del 1992 combinato con l’art.34 1 comma lett.c) del d.I.30.9.2003, convertito nella legge 24.11.2003 n.326, in relazione all’art.360 primo comma n.3 cod.proc.civ.,” nella parte in cui il giudice di primo grado non ha ritenuto applicabile il differimento del termine per proporre ricorso avverso l’avviso di accertamento previsto dall’art.15 comma 8 legge 289 del 2002.

Il motivo è inammissibile per carenza di interesse, atteso che il ricorso contro l’avviso di accertamento è stato comunque ritenuto tempestivo dal giudice di appello per applicabilità della sospensione del termine di impugnazione prevista dall’art.6 comma 3 d.lgs. n.218 del 1997.

Si compensano le spese in ragione della soccombenza reciproca.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale. Compensa le spese.

 

 

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