FISCALITA

Società tra avvocati, il reddito è d’impresa

Con istanza d’interpello è stato posto un quesito in merito alla natura del reddito prodotto dalle società tra avvocati (legge 247/2012), alla luce dei dubbi interpretativi sorti alla luce di una risoluzione dell’Agenzia riguardante tale tipologia di reddito e di una successiva risposta fornita a una consulenza giuridica riguardante le società tra professionisti.

In particolare, l’obiettiva incertezza interpretativa deriva dal fatto che in passato, con la risoluzione n. 118/E del 2003 l’Agenzia delle entrate, in relazione alle società costituite ai sensi dell’articolo 16 del D.L.gs. 96/2001 per l’esercizio in forma associata della professione di avvocato, ha affermato che producono reddito di lavoro autonomo poiché il richiamo alla normativa sulle Snc non va inteso nel senso che le società tra avvocati siano annoverabili fra le società commerciali. Mentre invece, con riferimento alle società tra professionisti, disciplinate dall’art. 10 della legge 183/2011 e dal successivo decreto ministeriale 8 febbraio 2013, n. 34, la stessa Agenzia, rispondendo a una consulenza giuridica, ha sostenuto che il reddito prodotto da tali società che possono essere costituite ricorrendo ai tipi societari delle società di persone di capitali o cooperative, deve considerarsi reddito di impresa.

Tutto ciò, presupponendo che non rileva l’esercizio dell’attività professionale, ma la veste societaria sotto la quale operano.

Di conseguenza, la società istante chiede chiarimenti in merito alla natura del reddito prodotto dalle società tra avvocati nella forma di società per azioni.

Secondo l’interpellante una società per azioni costituita per l’esercizio dell’attività di avvocato ai sensi della legge 247/2012, modificata dalla legge 124/2017, deve adottare il regime fiscale previsto per le società di capitali e, quindi, deve assoggettare il proprio reddito a IRES e il valore della produzione a IRAP.

 

La risoluzione 35/E del 7 maggio 2018

L’art. 4-bis della legge 247/2012, introdotto dall’art. 1, comma 141, della legge 124/2017, disciplina l’esercizio della professione forense in forma societaria. La norma precisa che la professione forense è consentita in forma societaria a società di persone, di capitali o cooperative iscritte in apposita sezione speciale dell’Albo tenuto dall’Ordine territoriale nella cui circoscrizione ha sede la stessa società, nel rispetto delle seguenti condizioni:

  1. a) i soci, per almeno due terzi del capitale sociale e dei diritti di voto, devono essere avvocati iscritti all’Albo o avvocati iscritti all’Albo e professionisti iscritti in Albi di altre professioni;
  2. b) la maggioranza dei membri dell’organo di gestione deve essere composta da soci avvocati;
  3. c) i componenti dell’organo di gestione non possono essere estranei alla compagine sociale e i soci professionisti possono rivestire la carica di amministratori.

Anche nel caso di esercizio della professione forense in forma societaria resta comunque fermo il principio della personalità della prestazione professionale; l’incarico può essere svolto soltanto da soci professionisti in possesso dei requisiti necessari per lo svolgimento della specifica prestazione professionale richiesta dal cliente. La responsabilità della società e quella dei soci non esclude la responsabilità del professionista che ha eseguito la specifica prestazione, mentre la sospensione, cancellazione o radiazione del socio dall’Albo nel quale è iscritto costituisce causa di esclusione dalla società.

Considerato che sul piano civilistico le società tra avvocati sono costituite secondo i modelli regolati dai titoli V e VI del codice civile, non costituiscono un genere autonomo con causa propria, ma appartengono alle società tipiche regolate dal codice civile e, come tali, sono soggette alla disciplina legale del modello societario prescelto.

Secondo l’Agenzia, ne consegue che in assenza di una norma esplicita l’esercizio della professione forense svolta in forma societaria costituisce attività d’impresa, risultando determinante il fatto di operare in una veste giuridica societaria piuttosto che lo svolgimento di un’attività professionale.

Tale interpretazione, si legge nel documento di prassi, è confermata anche dalla Direzione legislazione tributaria e federalismo fiscale del Dipartimento delle Finanze che, a seguito di una richiesta di parere formulata dall’Agenzia delle entrate, ha risposto (nota n. 43619 del 19 dicembre 2017 evidenziando che per queste società in assenza di deroghe espresse nella disposizione “sembra difficile valorizzare l’elemento oggettivo della professione forense esercitata a discapito dell’elemento soggettivo dello schermo societario”.

La società tra avvocati si discosta, infatti, dalla precedente società tra avvocati disciplinata dal decreto legislativo 96/2001, visto che quest’ultimo individuava un nuovo modello societario assoggettato a una autonoma disciplina i cui aspetti di maggior rilievo riguardavano l’oggetto dell’attività, gli obblighi di registrazione, il regime di responsabilità e i rapporti con i clienti, e che, come precisato con la risoluzione 118/E del 2003, il rinvio alle disposizioni che regolano le società in nome collettivo operava ai soli fini civilistici, poiché consentiva di determinare le regole di funzionamento del modello organizzativo, mentre ai fini fiscali, per ragioni di coerenza del sistema impositivo, occorreva dare risalto al reale contenuto professionale dell’attività svolta.

In relazione agli elementi illustrati, quindi, l’Agenzia ritiene che anche sul piano fiscale alle società tra avvocati costituite sotto forma di società di persone, di capitali o cooperative, si applichi quanto previsto dagli articoli 6, ultimo comma, e 81 del TUIR, per cui il reddito complessivo delle società in nome collettivo e in accomandita semplice, delle società e degli enti commerciali, da qualsiasi fonte provenga, è considerato reddito d’impresa.

Viene quindi condivisa la soluzione prospettata dalla società istante, nel senso che una società per azioni costituita per l’esercizio dell’attività di avvocato debba adottare il regime fiscale previsto per le società di capitali e, dunque, deve assoggettare a IRES il reddito prodotto e ad IRAP il valore della produzione

 

 

 

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