CASSAZIONE

Si compensa il credito effettuato anche senza dichiarazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 9081 del 7 aprile 2017, ha stabilito che il contribuente può portare in compensazione il credito IVA che non risultava in quanto non risultava la presentazione della relativa dichiarazione. Errore questo, come dimostrato, imputabile al solo intermediario abilitato, in quanto la società aveva regolarmente adempiuto tutte le prescrizioni contabili, comprese le liquidazioni periodiche e la comunicazione annuale IVA. Al riguardo si ricorda che sul tema della detraibilità del credito IVA maturato in un’annualità in cui il contribuente ha comunque omesso di presentare la relativa dichiarazione sono emersi, nel tempo, due differenti orientamenti della giurisprudenza di legittimità.

Secondo un primo orientamento, delineatosi nell’ormai lontano 1997 con riguardo all’assetto normativo del DPR. n. 633/1972, il contribuente che, avendo regolarmente annotato tutte le fatture dalle quali scaturisca un credito d’imposta e avendo operato la detrazione del credito nelle liquidazioni periodiche, non presenti poi la dichiarazione annuale, può computare l’imposta detraibile risultante dalle liquidazioni periodiche nella dichiarazione dell’anno successivo, atteso che “il diritto alla detrazione viene meno solo per i crediti d’imposta relativi ad operazioni non registrate o comunque non risultanti dalle liquidazioni periodiche, sia pure per mera omissione od errore materiale” (Cassazione, Sez. I, sentenza n. 544 del 20/1/1997). Ciò non fa venir meno il diritto al rimborso del credito stesso, poiché “la perdita di tale diritto, avendo natura di decadenza e cioè di sanzione, dovrebbe essere prevista dalla legge, mentre una previsione al riguardo manca nell’art. 30 del D.P.R. n. 633 del 1972 né è riscontrabile in altre norme dello stesso decreto presidenziale. Inoltre la negazione del diritto al rimborso determinerebbe un indebito incameramento del credito da parte dell’erario” (Cassazione, Sez. I, sentenza n. 2063 del 25/2/1998).

Tale tesi, tuttavia, a partire dal 2001 fu contraddetta da un altro più restrittivo orientamento, sviluppatosi negli anni con accenti praticamente costanti, secondo il quale il contribuente il quale, pur avendo computato le detrazioni per i mesi di competenza abbia omesso di computarle nella dichiarazione annuale, perde il diritto a dette detrazioni, ai sensi del 4° comma dell’art. 28 del citato DPR n. 633/1972, fermo restando il diritto al rimborso di quanto versato in eccedenza in applicazione del 2° comma dell’art. 30 del medesimo decreto (Cassazione, Sez. V, sentenze n. 1823 del 9/2/2001, n. 268 del 12/1/2012 e n. 13090 del 25/7/2012).

I Supremi Giudici ora hanno così riaffermato quanto già espresso dalla sentenza unitaria n. 17757 dell’8/9/2016, nella quale specificatamente si segnala che la neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale, l’eccedenza d’imposta – risultante da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto – sia riconosciuta dal giudice tributario se sono stati rispettati tutti i requisiti sostanziali per la detrazione; pertanto, in tal caso, il diritto di detrazione non può essere negato nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal Fisco a seguito di controllo formale automatizzato, laddove, pur non avendo il contribuente presentato la dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, sia dimostrato in concreto – ovvero non controverso – che si tratti di acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a IVA e finalizzati a operazioni imponibili.

Secondo gli Ermellini, nel caso di specie il contribuente ha diritto a riprendere il credito IVA scaturente dalla dichiarazione omessa se dimostra che deriva da acquisti effettuati nell’ambito dell’attività di impresa, e come tali detraibili. Resta invariata la possibilità degli uffici fiscali di contestare, anche attraverso l’iscrizione a ruolo, una dichiarazione che riporta un credito derivante da un’altra precedentemente omessa, poiché rientra nei controlli formali consentiti dalla norma.

Nello specifico, i giudici del Palazzaccio hanno voluto segnalare che “ In materia si sono di recente espresse le Sezioni Unite di questa Corte, che hanno così statuito: “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad iva e finalizzati ad operazioni imponibili” (Cass., sez. un., 08-09-2016, n. 17757). Alla luce di tale principio, il ricorso va dunque accolto, essendo rimasto incontestato che la società contribuente, pur omettendo la dichiarazione, abbia adempiuto alle prescritte periodiche registrazioni e liquidazioni dell’IVA”.

 

CORTE DI CASSAZIONE Sentenza n. 9081 del 7 aprile 2017

Ritenuto in fatto

La W. E. s.r.l., incorporante la YES s.r.l., proponeva ricorso dinnanzi alla C.T.P. di Pesaro avverso la cartella di pagamento emessa nei confronti di quest’ultima a seguito di iscrizione a ruolo dell’imposta IVA relativa all’anno 2003, che la società aveva indicato e utilizzato in compensazione, quale credito risultante dalla dichiarazione relativa all’anno precedente (2002), anno in cui la dichiarazione non era stata presentata. Deduceva la ricorrente che l’omessa presentazione della dichiarazione annuale IVA 2002 era da imputare all’intermediario abilitato e che la società aveva regolarmente adempiuto a tutte le prescrizioni contabili, comprese le liquidazioni periodiche e la comunicazione annuale dati IVA.

La pronuncia di accoglimento del ricorso veniva riformata, con sentenza del 25.3.2010, dalla C.T.R. delle Marche, la quale, in accoglimento dell’appello proposto dall’Ufficio, dichiarava la legittimità della cartella di pagamento impugnata.

Riteneva – in sintesi – il giudice di appello che il contribuente che vanti un credito IVA, nel caso in cui ometta di presentare la dichiarazione, non può riportare in detrazione l’eccedenza nell’anno di imposta successivo, ma soltanto richiedere il rimborso ai sensi dell’art. 30 D.P.R. 633/72, essendo in tal caso necessario accertare l’esistenza del credito.

Avverso la suddetta sentenza la società contribuente propone ricorso per cassazione, sulla base di cinque motivi.

Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Considerato in diritto

  1. Con il primo motivo la società ricorrente deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 30 D.P.R. 633/72 e dei principi e norme che regolano la detrazione fiscale (art. 360 n. 3 c.p.c.).

Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 19 D.P.R. 633/72 e dei principi e norme che consentono la detrazione fiscale sino al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto (art. 360 n. 3 c.p.c.).

Con il terzo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 28 D.P.R. 633/72 e dei principi e norme che regolano l’istituto del diritto alla detrazione (art. 360 n. 3 c.p.c.).

Con il quarto motivo si deduce violazione e falsa applicazione della sesta direttiva del Consiglio n. 77/388/CE del 17 maggio 1977 e dei principi e norme che regolano il diritto a detrazione dei paesi membri (art. 360 n. 3 c.p.c.).

Con il quinto motivo si deduce omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione della sentenza (art. 360 n. 5 c.p.c.).

  1. Con i cinque motivi di ricorso – che, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente – la società ricorrente pone la questione concernente la possibilità per il contribuente, in caso di omessa dichiarazione annuale IVA, di portare in detrazione il credito d’imposta nell’anno successivo.

In materia, si sono di recente espresse le Sezioni Unite di questa Corte, che hanno così statuito: “La neutralità dell’imposizione armonizzata sul valore aggiunto comporta che, pur in mancanza di dichiarazione annuale per il periodo di maturazione, l’eccedenza d’imposta, che risulti da dichiarazioni periodiche e regolari versamenti per un anno e sia dedotta entro il termine previsto per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, va riconosciuta dal giudice tributario se il contribuente abbia rispettato tutti i requisiti sostanziali per la detrazione, sicché, in tal caso, nel giudizio d’impugnazione della cartella emessa dal fisco a seguito di controllo formale automatizzato non può essere negato il diritto alla detrazione se sia dimostrato in concreto, ovvero non sia controverso, che si tratti di acquisti compiuti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati ad iva e finalizzati ad operazioni imponibili”(Cass., sez. un., 08-09-2016, n. 17757).

Alla luce di tale principio, il ricorso va dunque accolto, essendo rimasto incontestato che la società contribuente, pur omettendo la dichiarazione, abbia adempiuto alle prescritte periodiche registrazioni e liquidazioni dell’IVA.

La sentenza impugnata va quindi cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, con l’accoglimento del ricorso introduttivo della società contribuente.

Le spese dell’intero giudizio sono compensate tra le parti, essendo la pronuncia delle Sezioni Unite intervenuta dopo la proposizione del ricorso per cassazione.

P.Q.M.

Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso introduttivo della società contribuente. Spese dell’intero giudizio compensate.

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